27 gennaio “Giorno della Memoria”

Riproduciamo, a beneficio di tutti, il testo integrale della legge che ha istituito il Giorno della Memoria Legge n. 211 del 20 luglio 2000

Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

Art. 1

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetti i perseguitati.

Art. 2

In occasione del “Giorno della memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

23.826 sono gli italiani deportati (22.204 uomini e 1.514 donne) che furono deportati nei lager nazisti per motivi politici. Di questi 10.129 non tornarono.

I dati sono in una ricerca promossa dall’Aned, Associazione Nazionale Ex Deportati, e svolta dai ricercatori del Dipartimento di Storia dell’Università di Torino che hanno lavorato sugli archivi ufficiali dei campi di concentramento, dei ministeri dell’Interno di Austria e Germania e della Croce Rossa incrociando le informazioni con gli elenchi dei deportati che in questi decenni sono stati ricostruiti e conservati sia da singoli deportati e dalle loro associazioni, sia da istituti storici locali.

Antifascisti della prima ora, partigiani, prigionieri di guerra ma anche criminali abituali detenuti nelle carceri italiane e consegnati dalla Repubblica di Salò ai tedeschi, asociali, politici ebrei, lavoratori civili emigrati in Germania, cattolici: per ciascuna di queste categorie nei campi di sterminio c’era una sigla di identificazione.

11.432 furono designati come ‘Schutzhaftling’ (deportati per motivi di sicurezza), 3.723 come ‘Politisch’ (in buona parte già presenti nel Casellario politico centrale dell’Italia fascista), 801 erano AZR, abbreviazione di “Arbeitszwang Reich”, ovvero ‘asociali’, categoria di solito attribuita ai criminali comuni e in alcuni casi a soldati imprigionati dopo l’8 settembre. KGF, “Kriegsgefangene” erano i prigionieri di guerra; BV, “Berufsverbrecher”, criminali comuni; altri ZA, “Zivilarbeit”, lavoratori civili; “Geistlicher”, religiosi; “Pol Jude” o “Schutz Jude” erano gli ebrei considerati anche oppositori politici.

Diversa la classificazione ma uguale il destino: schiavi del Terzo Reich, manodopera per le esigenze della macchina bellica di Hitler. Le morti furono, sul totale, 10.129, una percentuale vicina al 50%, che arrivò al 55% nel lager di Mauthausen. Fu tuttavia Dachau, con 9.311 persone, il luogo con il maggior numero di deportati politici; a seguire, Mauthausen con 6.615, Buchenwald con 2.123, Flossenburg con 1.798, Auschwitz con 847 e via via gli altri campi. Dall’incrocio dei dati, balza evidente il fatto che oltre il 25% dei deportati fu catturato in operazioni di rastrellamento: in 716 di queste – di cui si conosce la composizione dei reparti – ben 224 (il 31,3%) furono condotte unità militari o di polizia di Salò.

Giorgio Rochat storico che si è occupato degli aspetti “statistici” scrive:

Ebrei.

Le lunghe, accurate ricerche di Liliana Picciotto Fargion per il Centro di documentazione ebraica contemporanea danno un totale di 5916 morti dei 6746 ebrei italiani deportati in Germania e nominativamente accertati, cui sono da aggiungere 305 ebrei uccisi in Italia e un migliaio di deportati per i quali le notizie sono incomplete. Sono gli italiani uccisi perché ebrei; altri ebrei italiani, che caddero come partigiani, sotto i bombardamenti o per altre cause, sono logicamente compresi in queste voci.

Deportati politici nei lager nazisti.

Gli italiani deportati nei campi di sterminio furono 45 / 46 000, i sopravvissuti il 10 per cento. Sono cifre abbastanza sicure. Da questi 40/41 000 morti bisogna detrarre circa 7000 ebrei già contati sopra e un certo numero di partigiani mandati a morire in Germania. Non abbiamo però alcun elemento per sapere quanti fossero costoro per evitare di conteggiarli due volte, come caduti partigiani e come caduti nei campi di sterminio. Operiamo quindi una forzatura e diamo l’unica cifra “inventata” di queste nostre pagine (perché calcolata senza riferimenti almeno parziali), ossia diciamo che dei circa 34 000 morti in Germania (abbiamo già tolto gli ebrei)

10 000 sono da contare tra i caduti partigiani e 24 000 come deportati politici.


Le iniziative sul  territorio di Brindisi:

Giornata della Memoria nei saloni della Prefettura il 27 gennaio alle ore 11 si ricorda una delle pagine più tragiche della storia europea del ‘900, ci sarà una delegazione di studenti, il Prefetto consegnerà le medaglie d’onore a cittadini che hanno vissuto l’esperienza dell’internamento.

 

Giornata della Memoria: alla scuola Pertini incontro con militare deportato e “La Vita è bella”

In occasione della giornata della memoria, in data 27/01/2015, alle ore 9.00, nell’Aula Magna “Sandro Pertini” della Scuola Secondaria di primo grado, al quartiere Sant’Elia, le classi 2A-2B-2C-3A-3B incontreranno il sig. Ambrogio Colombo, militare durante la Seconda Guerra Mondiale.Il sig. Ambrogio, per ventuno mesi, fu prigioniero nel campo di concentramento di Dachao e verrà a raccontare agli alunni dell’I.C. Sant’Elia-Commenda le sue dolorose vicende, perché nessuno dimentichi.

Gli alunni rivolgeranno al sig. Colombo alcune domande, per meglio comprendere le condizioni di vita in cui versavano i prigionieri in quel campo di concentramento.

Dopo l’incontro, che avverrà alle ore 9.00, gli alunni vedranno il film “ La vita è bella” sulle cui tematiche i docenti apriranno alla fine un dibattito. All’evento saranno presenti anche i genitori.

 

San Pancrazio l’assessorato alla cultura organizza nell’aula consiliare alle 17,30 la proiezione di documentari sulla deportazione, poi ci sarà la declamazione di poesie di Primo Levi e di Joyce Lussu oltre che l’ascolto di canzoni di Francesco Guccini.

 

Comune di Erchie con ANPI Brindisi 27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2015-01-26

ore 17,30 auditorium scuola media G.Pascoli Erchie iniziativa Voci della memoria

con la proiezione di un documentario film “prima di tutto l’uomo” di Elio Scarciglia, ci sarà poi la testimonianza del sig. Nicola Santoro internato n.159534; i Cantacunti faranno un“il bosco di betulle”; infine ci sarà il cortometraggio “una voce lontana” a cura dei ragazzi della scuola media; mora Giuseppe Morleo .

 

 

Francavilla Fontana il liceo classico “Lilla” e l’ANPI organizzano per il 28 gennaio presso il cinema teatro Italia alle ore 9 la giornata della memoria nell’occasione incontreranno il sig. Ambrogio Colombo, militare durante la Seconda Guerra Mondiale, internato prima a Peschiera poi preso in carico dalle truppe SS deportato al campo di Dachau successivamente fui trasferito nel campo di Kottern.

Poi ci sarà la proiezione di un documentario film “prima di tutto l’uomo” di Elio Scarciglia il documentario inizia un viaggio a ritroso nel tempo, si indaga sui diritti negati all’uomo nell’imminente passato, varie testimonianze raccontano di fatti e misfatti del secolo scorso. Si parte dalla Casa Rossa di Alberobello e si approda alla Risiera di San Sabba di Trieste. Il sud e il nord legati da una bellissima figura di uomo libero, Vincenzo Antonio Gigante, nato a Brindisi, che, pronto a sacrificare anche la vita per i propri ideali, viene arrestato e infine deportato nell’unico campo di concentramento italiano con forno crematorio, la Risiera di San Sabba appunto, dove fu torturato e ammazzato dai nazisti, senza però rivelare i nomi dei suoi compagni.

Sulla deportazione, nei locali del liceo classico da giorni è esposta la mostra dell’ANED:

 

Intervento di Ambrogio Colombo al teatro Italia di Francavilla Fontana, giorno 28 gennaio.

 


[..]Avrete notato che ho una medaglia: è quella che l’ex- Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto donarmi e che mi è stata consegnata il 27 gennaio 2011, in prefettura dall’allora sindaco di Brindisi Onorevole Mennitti.

Venendo al nostro incontro, vi dirò che, malgrado i miei quasi 95 anni, ricordo quel periodo come fosse ieri, anche se sono trascorsi quasi settant’anni dai tragici avvenimenti che coinvolsero il nostro paese dal 1943 al 1945 e penso, con una punta di sofferenza, che oramai siamo rimasti in pochi a testimoniare quelle vicende dolorose che vanno ricordate “perché nessuno dimentichi”.

Per voi giovani le parole “deportazione, internamento, prigionia, lager, sterminio, reduci” sono termini appresi leggendo i libri; a me rievocano luoghi, persone e fatti drammatici vissuti da giovane: avevo 23 anni.

Con l’entrata dei Tedeschi in Italia, dopo l’8 settembre del 1943, fui fatto prigioniero e, avendo rifiutato di collaborare con i fascisti, fui rinchiuso nel Castello di Peschiera sul Garda con centinaia di altri militari.

Il18 settembre venimmo caricati su carri bestiame militari, senza ricevere né acqua, né cibo per tutto il tragitto. Iniziò, così, il viaggio verso la Germania e ricordo che non ci era nemmeno permesso di soddisfare i bisogni più elementari. Per quattro giorni vivemmo tra fame, sporcizia e paura, ignari del nostro destino.

Finalmente il 22 settembre arrivammo a destinazione e stanchi, sporchi e impauriti venimmo caricati come bestie su camion e internati nel lager di Dachau. (Dachau si trova nella regione tedesca della Baviera, a 12 Km a nord-ovest di Monaco ed è, ancor oggi, tristemente famosa per la presenza di un campo di concentramento di prigionieri politici, istituito all’avvento del regime hitleriano nel 1933.)

Dal 30-01-1933 al 1945 vi morirono più di 300.000 persone (avversari politici del nazismo).

A tale proposito, non posso ignorare i 3.000.000 di esseri umani dei campi di concentramento di Auschwitz- Birkenau, in Polonia, sterminati anche nei “forni crematori” e, per la maggior parte, Ebrei.

A Dachau fummo consegnati alle S. S. (servizi di sicurezza di Hitler), denudati, rasati a zero, privati di tutto, vestiti di grigio come carcerati, con due zoccoli di legno ai piedi, tipo olandese e con a disposizione soltanto una gavetta e un cucchiaio di alluminio. Venimmo accatastati in capannoni, su letti a castello di legno. Il vitto giornaliero consisteva in un pezzo di pane nero di circa 165 grammi e una scodella di brodaglia a base di rape, crauti e bucce di patate.

Da quel momento non ero più un uomo, ma solo un numero: il 54007.

Il 28 settembre 1943, con un altro centinaio di prigionieri, venni trasferito nel lager di Kempten, sempre nella bassa Baviera. Si viveva un vero e proprio inferno tra fame, malattie, maltrattamenti, bombardamenti e morti.

Intanto, la città di Monaco subiva pesanti bombardamenti da parte degli Alleati a causa della presenza della vicina fabbrica di aerei: la Messersshmitt che cominciò a costruire nuovi tipi di bombe.

Pur debilitati dagli stenti e dai maltrattamenti, venimmo usati per ogni tipo di lavoro nei campi e nelle strade per l’intera giornata. Sotto i bombardamenti e controllati a vista, rientravamo sfiniti nel campo per riprendere, il giorno dopo, gli stessi pesanti lavori. Intanto l’avanzata delle truppe russe, da Oriente e di quelle degli Alleati (Inglesi e Americani) da Occidente, provocò la perdita di militari

tedeschi e sollevò il problema della mancanza di manodopera nelle industrie. Ciò ci permise di essere utilizzati per lavori all’esterno del campo, di godere di maggiore libertà personale, di poter recuperare un po’ più di forze, potendo reperire, di nascosto, del cibo per alimentarci. Questa la mia vita per 21 mesi dei quali, a conclusione, voglio ricordare due soli episodi.

Il primo: approfittando di un momento di disattenzione delle S.S., tentai di fuggire, nascondendomi di giorno e cercando di allontanarmi, di notte La mia fuga, però, durò solo 48 ore. Avevo dimenticato che vestito da prigioniero, con la testa rasata e gli zoccoli non mi sarebbe stato possibile non essere riconosciuto. Ripreso e portato nel piazzale del campo, in presenza degli altri internati, mi furono inflitte 15 frustate; fui lasciato lì per l’intera giornata con un cartello appeso al collo su cui era scritto: “ICH BIN ZURUCK”- “IO SONO TORNATO”. Ricordo che due prigionieri si presero cura di me per oltre 20 giorni, mi curarono con impacchi di acqua fredda

e fette di patate sulle piaghe. Piano piano, giorno dopo giorno, le ferite guarirono; mi fu così possibile riprendere la vita di campo, impegnato in lavori all’interno del lager.

 

L’altro episodio attiene la mia liberazione. Mentre gli Americani avanzavano verso Berlino da una parte e i Russi dall’altra, incolonnati, venimmo spostati per la ricerca di altri campi di prigionia. Il 5 maggio 1945, all’ingresso di un paesino, sentimmo che da un balcone una donna gridava: “American panzer!”- “Carri armati americani!”. Si verificò un grande scompiglio tra le S.S. che non tardarono a darsi alla fuga; la guardia al mio fianco estrasse la pistola, sparò al suo cane e fuggì anche lui.

Fummo così salvati. Aspettammo gli Americani che ci dettero subito assistenza, ci ripulirono, ci sfamarono e ci visitarono. Finalmente ero libero! Trattenuto per farmi recuperare un po’ le forze, dopo oltre 20 giorni, e precisamente il primo giugno 1945, accompagnato dalla Croce Rossa Internazionale, arrivai a Bolzano accolto dal Comitato di Liberazione Nazionale “Alto Adige”. Un volontario del Comitato stesso mi accompagnò con la sua auto a Milano dove trovai la mia casa distrutta dai bombardamenti. Tramite il Centro Reduci, fui messo in contatto con quello di Castelnuovo nei Monti di Reggio Emilia; lì seppi che mia moglie Annita che aveva lavorato come tranviera a Milano si era rifugiata presso la madre a Vetto (RE) dove mi recai e potei abbracciarla insieme con mia figlia Marisa.

Iniziò qui la mia rinascita fisica e morale, dopo 21 mesi di “schiavitù” che mi avevano ridotto ad una larva umana.

Oggi sono qui non solo perché invitato, ma perché questa mia testimonianza serva a tutti per ricordare una pagina delle più tristi della seconda guerra mondiale e perché “i giovani sappiano e gli anziani ricordino” l’orrore della guerra.

Come vedete, dopo tante sofferenze, si può rinascere e il mio impegno, dopo la liberazione, è continuato nell’ambito dell’attività sindacale, civile e sociale che cerco ancora di portare avanti, perché voi giovani non siate costretti a vivere i periodi bui vissuti da me e perché mai più vengano calpestati i diritti dell’uomo.

 

Grazie Ambrogio Colombo

 

 

Napoli convegno:“il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)”

Il convegno è l’esito del progetto di ricerca nazionale: “il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)” promosso dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI) e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per il 70° anniversario del 1943-1945. La ricerca ha costituito un importante avanzamento delle conoscenze storiche sul tema e nei lavori del convegno si offre al dibattito tra storici e alla pubblica coscienza civile. Il gruppo di lavoro, costituito da storici di rilievo nazionale, ha lavorato su base territoriale, in stretta collaborazione con il presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia. Coordinato da Enzo Fimiani, si è avvalso di Isabella Insolvibile e Guido D’Agostino per il Sud; Chiara Donati e Gabriella Gribaudi per il Centro; Toni Rovatti e Luca Baldissara per il Nord. Nel convegno, sono poi stati coinvolti studiosi in rappresentanza di molte realtà di ricerca italiane. La questione storica della partecipazione attiva dei meridionali alle varie forme di Resistenza appare ancora un nodo irrisolto, anche sul piano della memoria civile. I lavori del gruppo di ricerca dell’ANPI si sono inseriti sulla scia di un rinnovamento degli studi sull’argomento, dopo decenni di sottovalutazione, segnando concreti passi in avanti soprattutto per quanto riguarda i numerosi episodi resistenziali nel sud, intesi nell’accezione più larga; l’arricchimento documentario; la conoscenza del diretto coinvolgimento di meridionali in eventi e formazioni partigiane nel centro-nord; l’attenzione verso percorsi biografici esemplari; l’approccio al momento del “ritorno”, con i fenomeni di riconoscimento/disconoscimento dell’esperienza partigiana nell’Italia della ricostruzione postbellica.

 

Giovedì 22 gennaio

ore 15.00

Apertura dei lavori e indirizzo introduttivo

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Saluti

Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)

Renata De Lorenzo (presidente Società Napoletana di Storia Patria)

Antonio Amoretti (presidente Comitato provinciale ANPI Napoli)

Presiede

Guido D’Agostino

(presidente Istituto campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “V. Lombardi”, Napoli – INSMLI)

Il progetto di ricerca dell’ANPI:

ricerca storica e impegno civile

Enzo Fimiani (coordinatore della ricerca) Meridionali e Resistenza nell’Italia del Sud

Isabella Insolvibile

Discussant:

Giuseppe Aragno, Vito A. Leuzzi,

Giuseppe C. Marino

 

Venerdì 23 gennaio

ore 9.00

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Centro Chiara Donati

Discussant

Giovanni Cerchia, Felicio Corvese

pausa caffè

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Nord

Toni Rovatti

Discussant

Carmelo Albanese, Rocco Lentini

Il fondo archivistico dell’Ufficio per il servizio riconoscimento  qualifiche e ricompense ai partigiani (Ricompart)

Carlo M. Fiorentino (Archivio Centrale dello Stato, Roma)

buffet

Venerdì 23 gennaio

ore 14.30

Il contributo dei meridionali alla Resistenza in Piemonte

Claudio Dellavalle (presidente Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “G. Agosti”, Torino)

Discussant

Aldo Borghesi, Rosario Mangiameli,

Pantaleone Sergi

Tavola rotonda conclusiva

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Luca Baldissara (Università di Pisa)

Alberto De Bernardi (vicepresidente nazionale INSMLI, Milano)

Gabriella Gribaudi (Università di Napoli Federico II


Il 22 e 23 gennaio si è svolto, a Napoli, l’annunciato Convegno dell’ANPI nazionale sul “Il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia”. Il Convegno è pienamente riuscito, per l’elevatezza delle relazioni e dei contributi (in particolare, quello della tavola rotonda conclusiva), con una larga presenza, costante, assidua e fortemente interessata. In seguito, si pubblicheranno gli atti e si potrà constatare quali siano stati in concreto, i risultati delle ricerche storiche compiute, su un fronte molto vasto, che non riguardava solo il “contributo” dei meridionali che si sono trovati a combattere nel nord, ma intendeva valutare l’apporto complessivo del Sud alla liberazione del Paese, nelle tante forme che esso ha assunto. Si trattava cioè, di prendere in considerazione anche l’insieme degli atti di protesta,

di reazione, di rivolta, compiuti non solo in Campania, ma in tutte le regioni del mezzogiorno, comprese le isole maggiori. E si trattava di considerare, accanto alla resistenza armata, anche il fenomeno enorme e grandioso della Resistenza non armata, che si risolse nell’aiuto ai rivoltosi, nell’assistenza ai prigionieri, ai fuggiaschi ed ai feriti. Un complesso di atti e di vicende estremamente significative e complesse, di cui si è cercato di operare una completa ricostruzione storica, nei limiti di quanto il tempo ed i mezzi consentissero e con la riserva di ulteriori approfondimenti. Il Convegno non aveva la pretesa di essere esaustivo, ma di segnare qualche punto fermo, su cui fondare le future riflessioni e indagini. E su questo piano, esso è apparso veramente riuscito. Ripeto: pubblicheremo gli atti e tutti potranno giovarsi di questo contributo alla ricostruzione di una verità storica, che si imponeva; intanto, il Convegno ci ha fornito due punti fermi, di cui ognuno dovrà tener conto in futuro: che è giusto parlare di “partecipazione” più che di “contributo” del mezzogiorno alla liberazione dell’Italia; e che la Resistenza ha avuto un inequivocabile connotazione nazionale, per la semplice ragione che in essa fu coinvolto l’intero Paese, sia pure con forme e modalità diverse, ma con assoluta unitarietà di obiettivi. Di questi risultati siamo fieri. Li dobbiamo soprattutto all’opera delle tre ricercatrici che così bene hanno lavorato (Isabella Insolvibile, Chiara Donati e Toni Rovatti), all’apporto volontario e disponibile dei tre “tutors” (Prof. Luca Baldissara, Prof.ssa Gabriella Gribaudi e il Dott. Guido D’Agostino, Direttore dell’Istituto campano per la storia della Resistenza); ma li dobbiamo anche ai contributi che sono venuti dai discussants e alla partecipazione alla tavola rotonda conclusiva del Prof. Alberto De Bernardi, Vicepresidente dell’INSMLI. Dobbiamo anche ringraziare tutta l’ANPI di Napoli, che a partire dal suo Presidente, si è prodigata per la riuscita del Convegno, lo staff dell’ANPI nazionale, che ha lavorato con impegno ed alacrità, a partire dal responsabile dell’area del Mezzogiorno, Vincenzo Calò fino ai membri della Segreteria nazionale e a tanti altri. Un grazie di cuore anche al Sindaco, Luigi De Magistris, che ha voluto assistere all’inizio dei lavori, ci ha onorati con un discorso che era assai di più di un semplice saluto e ci ha fornito anche piacevoli esempi della tradizionale ospitalità napoletana; infine un grazie alla Società napoletana di storia patria ed alla sua Presidente Prof.ssa De Lorenzo, che hanno ospitato il Convegno con cordialità e amicizia. Insomma, una nuova pagina della storia della Resistenza che in qualche modo stiamo scrivendo e ricostruendo in questi anni difficili. Faremo in modo che essa diventi parte essenziale delle comuni coscienze sul tema; sarà così compiuto, finalmente, anche un atto di giustizia nei confronti del Mezzogiorno.

 

 

 

 

Riforme: era (ed è) una questione democratica


Riforme: era (ed è)una questione democratica

Appello dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ai parlamentari, ai partiti, alle cittadine e ai cittadini

Il 29 aprile 2014 l’ANPI Nazionale promosse una manifestazione al teatro Eliseo di Roma col titolo “Una questione democratica”, riferendosi al progetto di riforma del Senato ed alla legge elettorale da poco approvata dalla Camera.

Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti; ma adesso che si vorrebbe arrivare ad un ipotetico “ultimo atto” (l’approvazione da parte del Senato della legge elettorale in una versione modificata rispetto al testo precedente, ma senza eliminare i difetti e le criticità; e l’approvazione, in seconda lettura, alla Camera della riforma del Senato approvata l’8 agosto scorso, senza avere eliminato i problemi di fondo) è necessario ribadire con forza che se passeranno i provvedimenti in questione (pur non in via definitiva) si  realizzerà un vero e proprio strappo nel nostro sistema democratico.

Non è più tempo di inascoltate argomentazioni e bisogna fermarsi all’essenziale, prima che sia troppo tardi.

Una legge elettorale che consente di formare una Camera (la più importante sul piano politico, nelle intenzioni dei sostenitori della riforma costituzionale) con quasi i due terzi di “nominati”, non restituisce la parola ai cittadini, né garantisce la rappresentanza piena cui hanno diritto per norme costituzionali. Una legge elettorale, oltretutto, che dovrebbe contenere un differimento dell’entrata in vigore a circa un anno, contrariamente a qualunque regola o principio (le leggi elettorali si fanno per l’eventualità che ci siano elezioni e non dovrebbero essere soggette ad accordi particolari, al di là di ogni interesse collettivo).

Quanto al Senato, l’esercizio della sovranità popolare presuppone una vera rappresentanza dei cittadini fondata su una vera elettività. Togliere, praticamente, di mezzo, una delle Camere elettive previste dalla Costituzione, significa incidere fortemente, sia sul sistema della rappresentanza, sia su quel contesto di poteri e contropoteri, che è necessario in ogni Paese civile e democratico e che da noi è espressamente previsto dalla Costituzione (in forme che certamente possono essere modificate, a condizione di lasciare intatte rappresentanza e democrazia e non sacrificandole al mito della governabilità).

Un sistema parlamentare non deve essere necessariamente bicamerale. Ma se si mantiene il bicameralismo, pur differenziando (come ormai è necessario) le funzioni, occorre che i due rami abbiano la stessa dignità, lo stesso prestigio, ed analoga elevatezza di compiti e che vengano create le condizioni perche l’eletto, anche al Senato, possa svolgere le sue funzioni “con disciplina e onore” come vuole l’articolo 54 della Costituzione.

Siamo dunque di fronte ad un bivio importante, i cui nodi non possono essere affidati alla celerità ed a tempi contingentati.

In un momento di particolare importanza, come questo, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, affrontando i problemi nella loro reale consistenza e togliendo di mezzo, una volta per tutte, la questione del preteso risparmio con la riduzione del numero dei Senatori, perché uguale risultato potrebbe essere raggiunto riducendo il numero complessivo dei parlamentari.

Ai parlamentari, adesso, spetta il coraggio delle decisioni anche scomode; ed è superfluo ricordare che essi rappresentano la Nazione ed esercitano le loro funzione senza vincolo di mandato (art. 67 della Costituzione) e dunque in piena libertà di coscienza.

Ai partiti, se davvero vogliono riavvicinare i cittadini alle istituzioni ed alla politica, compete di adottare misure e proporre iniziative legislative di taglio riformatore idonee a rafforzare la democrazia, la rappresentanza e la partecipazione anziché ridurne gli spazi. Ai cittadini ed alle cittadine compete di uscire dal rassegnato silenzio, dal conformismo, dalla indifferenza e far sentire la propria voce per sostenere e difendere i connotati essenziali della democrazia, a partire dalla partecipazione e per rendere il posto che loro spetta ai valori fondamentali, nati dall’esperienza resistenziale e recepiti dalla Costituzione.

L’Italia può farcela ad uscire dalla crisi economica, morale e politica, solo rimettendo in primo piano i valori costituzionali e le ragioni etiche e di buona politica che hanno rappresentato il sogno, le speranze e l’impegno della Resistenza.

Dipende da tutti noi.

L’ANPI resterà comunque in campo dando vita ad una grande mobilitazione per informare i cittadini e realizzare la più ampia partecipazione democratica ad un impegno che mira al bene ed al progresso del Paese.

La Segreteria Nazionale ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia)

 

 

i tragici fatti di Parigi

L’ANPI si unisce al cordoglio, allo sdegno, alla protesta e all’impegno per la libertà di tante nazioni europee ed extraeuropee dopo i tragici fatti di Parigi. C’è troppa violenza nel mondo e dobbiamo essere pronti a reagire con forza e tempestività a tutti gli attentati alla vita e alla convivenza civile.



 

A Brindisi manifestazione la sera dell’8 gennaio in piazza Sottile De Falco