Nel Mezzogiorno la resistenza militare e civile assunse un carattere «patriottico» e spontaneo. Gli italiani in Puglia non si divisero e si assistette a forme eroiche e coraggiose di opposizione alla violenza nazista che ebbe un carattere punitivo e razzista come attestano le note vicende di Cefalonia, di Barletta, e di tanti altri centri della Puglia e della Basilicata. Centinaia di pugliesi persero la vita nella resistenza antinazista, molti altri morirono nei campi di concentramento, migliaia di soldati pugliesi mantennero alto l’onore e il giuramento prestato, furono catturati nei Balcani, nelle isole dello Jonio e dell’Egeo e deportati dagli uomini di Hitler.
Nella realtà pugliese reagirono ai misfatti germanici contro la popolazione civile diversi vescovi e semplici frati, in alcuni casi persino ex podestà, senza considerare l’apporto di molti reparti e singoli ufficiali e soldati nella resistenza a Barletta, Bari, Bitetto, in tanti altri centri della Murgia, del Nord Barese e della Capitanata. Nel Salento si costituirono le prime formazioni militari che combatterono con coraggio a fianco degli Alleati contro i nazisti (battaglia di Montelungo, liberazione di alcune città del Nord Italia). Una delle più belle pagine della resistenza italiana è stata scritta dai pugliesi alle Fosse Ardeatine. Qui persero la vita, tra gli altri, un insegnante, Gioacchino Gesmundo e ad un sacerdote, Don Pietro Pappagallo, ambedue di Terlizzi, ai quali furono concesse le più alte onorificenze della Repubblica, nata dalla Resistenza. Don Pietro è stato inserito dall’attuale Pontefice nell’elenco dei martiri del XX secolo.
Il riferimento all’antifascismo e alla Resistenza fu poi uno dei caratteri costitutivi e fondanti della Costituzione alla cui elaborazione dette un apporto di altissimo livello politico, giuridico e culturale la classe dirigente pugliese, formata da personalità di diversa ispirazione ideale, tra cui Di Vittorio, Moro, Codacci Pisanelli, Stampacchia, Fioritto, Assennato.
E’ opportuno richiamare alla memoria le parole pronunciate da Aldo Moro nel trentennale della Resistenza in un discorso svolto a Bari il 21 dicembre 1975: «Il nostro antifascismo non è dunque solo una nobilissima affermazione ideale, ma un indirizzo di vita, un principio di comportamenti coerenti. Non è solo un dato della coscienza, il risultato di una riflessione storica; ma è componente essenziale della nostra intuizione politica, destinata a stabilire il confine tra ciò che costituisce novità e progresso e ciò che significa, sul terreno sociale come su quello politico, conservazione e reazione».
(tratto da un articolo di Vito Antonio Leuzzi, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 8 aprile 2003)