[..] Infine, un carattere tutto particolare essa ebbe nell’Italia meridionale, un altro settore si può dire ancora inesplorato da questo punto di vista: qui infatti, dove la guerra operava la sua maggiore pressione, fu più urgente e grave la scelta a chiunque vestisse una divisa: ed ebbe modo di manifestarsi in pieno la spaccatura che divideva l’esercito in seguito all’opera nefasta del fascismo. In contrasto con i molti generali fuggiaschi o disposti a ogni compromesso col tedesco, la vecchia casta militare mandò gli ultimi vividi sprazzi; pur essendo ormai incapace d’agire organicamente, bruciò le sue energie residue in episodi individuali di sicuro valore: il generale Ferrante Gonzaga, comandante di una divisione costiera a Salerno, sorpreso
con pochi uomini da una pattuglia germanica, si rifiutò sotto la minaccia delle armi su di lui puntate, di impartire l’ordine della resa ai suoi uomini e affrontò senza esitazione la morte cadendo trucidato sul posto; con la stessa serenità e in circostanze simili affrontò la fucilazione il comandante del 48° reggimento fanteria di Nola insieme ai suoi ufficiali. Una notevole resistenza si attuò, contrariamente agli ordini superiori, in alcune caserme di Napoli, e un carattere più esteso ebbe la reazione dell’esercito in Puglia; a Bari il generale Bellomo con pochi ardimentosi, marinai, soldati e operai, assicurò la difesa del porto battendosi come « un civile qualunque » nel corpo a corpo che segui con i reparti tedeschi (lo stesso Bellomo finì poi fucilato dagli alleati sotto l’accusa di avere provocato la morte d’un prigioniero inglese).
In Sardegna maggiori che in ogni altra parte d’Italia furono le possibilità offerte al nostro esercito per eliminare le truppe tedesche stanziate nella parte meridionale dell’isola, assai inferiori per numero anche se superiori per armamento. C’era a nostro vantaggio, prima di ogni altro elemento, la compattezza delle Forze Armate, composte in gran parte di reparti sardi, tenute lontane dalla corrosione del periodo badogliano, inserite invece in un ambiente tradizionalmente ostile al fascismo « fenomeno del continente» (né lo stato d’animo della popolazione sarda era soltanto spontaneo: vi agivano gruppi attivi di antifascisti, che da Sassari diramavano il giornale clandestino «Avanti Sardegna!» già dal maggio ’43 incitante alla lotta antitedesca e alla guerriglia). Tale possibilità fu sprecata dal Comando che, dopo essersi accordato con i tedeschi per un’evacuazione pacifica, solo il 13, in seguito ad ordini ricevuti dal Comando supremo, decise di attaccarli, quando già con rapidissima manovra essi avevano raggiunto i porti d’imbarco nella parte settentrionale.
Troppo tardi per tagliare loro la strada, appena in tempo per accelerarne la fuga e impossessarsi d’un notevole bottino dì guerra. Le speranze dei patrioti sardi andarono deluse e solo alla Maddalena s’ebbe un rilevante fatto d’armi, quando l’isola fu riconquistata da marinai e operai in un’aspra battaglia (8- 11 settembre).
Comunque il bilancio non può considerarsi del tutto negativo: poiché furono quei corpi d’armata rimasti in Sardegna, in mezzo al generale sbandamento, la leva su cui cercò d’insistere il governo Badoglio in Italia meridionale per rivendicare un maggior contributo bellico a fianco degli alleati .
Nel Mezzogiorno infine, più che in ogni altra parte d’Italia, la resistenza dell’esercito rifluì quasi subito nella resistenza della popolazione civile e vedremo nell’ultima parte di questo capitolo come e perche questo accadde.
da: Roberto Battaglia Storia della Resistenza italiana 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945. Torino 1964- L’8 settembre- La Resistenza delle forze armate nel territorio nazionale Pag. 88-89