L’ANPI di Brindisi si unisce al dolore della famiglia di Oscar Pronat, dei compagni, degli amici e di quanti per l’intera sua vita di combattente per la libertà, lo hanno amato e stimato. Oscar Pronat era uno dei più apprezzati e stimati iscritti della nostra Associazione.
Figura storica del Pci brindisino Oscar, è stato consigliere comunale (per due mandati), segretario del Sindacato postelegrafonici della Cgil-Fip. La sua è stata una vita dedicata all’antifascismo militante e alla lotta per la democrazia. E’ stato internato nei lager nazisti, patriota col compagno Gigante in quel di Trieste nel 1944. Questa sua terribile e coraggiosa esperienza di vita ha ispirato un lavoro teatrale, “Italiano, prigioniero sono” solo pochi anni fa andata in scena nel Nuovo Teatro Verdi di Brindisi tra la commozione generale. Nacque a Brindisi il 25 novembre 1923. A 18 anni si arruolò in Marina. Dopo il corso di motorista navale richiese di essere destinato al 12°gruppo di sommergibilisti. L’8 settembre 1943, dall’isola di Scoglio Olive, base dei sommergibili, da un comunicato radio del nuovo capo del Governo fascista Badoglio, apprese che la guerra contro americani, inglesi e francesi era terminata e che si sarebbe continuato a combattere contro i tedeschi qualora avessero invaso l’Italia. Questa notizia fece scoppiare il caos specialmente negli ambienti militari, non c’erano più ordini precisi e fu carneficina.
Così Oscar si imbarcò sulla nave “Eridania” che, dirigendosi verso Taranto, fu attaccata dagli aerei “Stuka” che imposero un cambio di rotta. Sbarcato a Fiume fu arrestato dai soldati del Generale Gambara, un italiano schieratosi con i tedeschi e a questi fu consegnato il 14 Settembre 1943. Fu portato a Venezia dove i tedeschi gli chiesero di combattere a fianco al loro esercito e, al suo rifiuto, fu caricato insieme ad altri su treni della deportazione. Dopo due giorni giunse a Furstenberg-Oder in Germania. A piedi, camminando nella neve, raggiunse il “lager 3b”coperto da sputi ed insulti. Fu spogliato e marchiato con il numero 310584.
Dopo gli strazi fisici e psicologici, nell’aprile 1945 approfittando del caos provocato dai bombardamenti, scappò rifugiandosi in uno scantinato sepolto dalle macerie di un palazzo. I soldati russi lo trovarono e gli fornirono un salvacondotto. A 21 anni tornò nella sua città che oggi lo piange e lo celebra.
L’ANPI Brindisi
Pubblichiamo qui di seguito il breve e sentito ricordo che ne ha fatto Emanuele Castrignanò a nome dei familiari, degli amici e dei compagni nella cerimonia funebre :
Sono grato a Lucia per avermi scelto per leggere quanto Lei stessa, a nome dei fratelli, ha voluto scrivere per salutare papà Oscar.
La ringrazio, anche, perché, mi offre l’opportunità, salutandolo, di inchinarmi dinnanzi ad un uomo, come Oscar.
Un grande uomo: marito e padre esemplare.
Cittadino e lavoratore virtuoso. Combattente per la libertà. Antifascista. Internato nei lager nazisti, dopo essere stato arrestato a Fiume dai soldati del Generale Gambara, un italiano schieratosi con i tedeschi. Al suo rifiuto di combattere con i tedeschi, fu caricato sul treno che lo portò a Fustemberg, in Germania, nel lager 3b. Liberato dai russi. Tornò in Italia. Aveva 21 anni.
A Brindisi si impegnò nel PCI e nel Sindacato dei Postelegrafonici CGIL. Resta una figura storica di militante comunista.
Distintosi, sempre, per essere “persona” e non “personaggio”.
Sento ancora l’eco dell’ultima chiacchierata fatta, non molte sere fa, nella clinica Salus.
Lucidissimo nelle analisi e nei giudizi.
Impressionante.
Di un realismo, direi, spietato. Forse, perché, ormai, profondamente estraneo e disgustato da certa politica. Distaccato da un mondo che lo aveva deluso. E questo suo distacco rendeva ancor più libero, il suo già libero pensiero.
Quella sera, tra una battuta e l’altra contro Berlusconi, si soffermò, più del solito e con, meravigliato per me, entusiasmo, su Papa Francesco. Avrei dovuto portargli un libro. Non ho fatto in tempo.
La stessa sera nel salutarmi, mi baciò la mano e mi disse: “sei fortunato, come lo sono stato io con mia moglie, ad avere tu una moglie così affianco”.
Mi verrebbe da dire, semplicemente: “ Oscar, un uomo sino in fondo”, ma avendo conosciuto ed apprezzato il suo modo di essere e di testimoniarlo, mi va di aggiungere, come diceva Don Tonino Bello “ un uomo sino in alto”, perché “in fondo” si annidano le debolezze, le miserie e le cattiverie umane, “in alto” si respirano i grandi valori, e lui aggiungeva si respira santità.
Tra l’atro, perché non dire così di Oscar, uomo profondamente laico, che ha sempre vissuto per affermare e difendere alti valori quali la pace, la giustizia, l’uguaglianza?
Sempre dalla parte dei giusti, dei deboli, dei bisognosi, sempre contro ogni forma di sopraffazione e/o corruzione.
Trasparenza e coerenza, anche se scomode. Dall’apparente sguardo severo, lo era soprattutto con se stesso,
Renè Bazin, un romanziere francese , a cavallo tra fine ottocento ed inizio novecento, ci ricorda che “Occorre accettare la morte come un atto della vita”.
E’ difficile.
Una Sentenza indiana dice che : “ Gli artefici di opere buone non devono essere pianti. Essi continuano a vivere”.
Lo stesso Foscolo, senza sconfessare la sua posizione materialista, di negazione di ogni trascendenza, canta, nei Sepolcri, la sacralità della tomba, luogo sacro di ideali da trasmettere nel tempo.
L’uomo muore, ma se ha saputo vivere e morire per i propri ideali, ne lascia il ricordo ai posteri che li faranno rivivere.
Ed Oscar, continuerà a vivere, non nel semplice ricordo di quanti lo hanno conosciuto e voluto bene, ma in quello che ha fatto, in quello che ha lasciato.
E continuerà a vivere, soprattutto, nell’incommensurabile amore della sua famiglia, che nessuna cosa terrena potrà mai cancellare.
Nella stessa cerimonia sempre Emanuele Castrignanò ha dato la voce ad una lettera dei figli di Oscar:
A NOSTRO PADRE
Pensavamo di essere pronti!
Pronti a separarci da te.
Ma non è cosi.
Non si è mai intimamente pronti a separarsi dalle persone care.
Sei stato, sempre sarai, il nostro faro.
La tua forza, il tuo rigore morale, sono stati per noi esempio e motore delle nostre vite.
• Il tuo grande amore per la mamma, per noi figli e per i tuoi nipoti,
• Il tuo profondo senso di giustizia sociale,
• La coerenza delle tue azioni,
• L’inesauribile umanità insieme con il desiderio di spenderti sempre in favore dei più deboli.
Sono i valori che ci hai trasmesso.
Perfino dopo la tragica esperienza del lager, non ti abbiamo mai sentito pronunciare parole o frasi xenofobe.
Hai sempre saputo distinguere con enorme lucidità dove si annida il male e dove è racchiuso il bene.
Ci hai insegnato a comprendere che gli uomini nascono uguali ma, spesso, sono resi diversi dalle avversità della vita.
Nella tua convinta laicità, hai considerato sacri l’amore per la famiglia ed il rispetto per l’amicizia.
Queste cose, insieme a tutto quanto altro di buono e di bello alberga in te, saranno le cose per cui sarai giudicato con umana e pietosa considerazione, al di là ed al di fuori di ogni rispettabile fede religiosa.
Ciao papà!
NOI TUOI FIGLI E TUOI NIPOTI, INSIEME CON LA MAMMA, SAREMO SEMPRE LA TUA FAMIGLIA.
FINCHE’ VIVREMO, TU SARAI IMMORTALE NEI NOSTRI CUORI.
Nella giornata che ricorda l’immane tragedia, l’orrore per lo sterminio e la persecuzione del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi di concentramento, si ricordano tre brindisini morti in lager diversi.
GIGANTE Antonio Vincenzo. Nato a Brindisi il 3 febbraio 1901 . Muratore. Dirigente comunista. Denunciato al Tribunale speciale nel 1934, al termine di una condanna ventennale, per “costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda”, viene internato il 3 gennaio 1942. Evaso nel settembre 1943. Diventa responsabile della Resistenza a Trieste. Catturato dai nazisti nel novembre 1944 ed ucciso nella risiera di San Saba. Medaglia d’oro al valor militare.
CHIONNA Umberto Nato a Brindisi il 28.1.1911 – Operaio. Falegname alla Pirelli Bicocca. Residente a Milano, via Farini 35. Arrestato a 15 anni a Brindisi e condannato dal Tribunale Speciale a tre anni. Arrestato nuovamente è inviato al confino a Lipari. Il 17 marzo 1944 è arrestato a casa, di notte in seguito agli scioperi del marzo 1944. È deportato a Mauthausen, poi trasferito a Gusen, infine torna a Mauthausen dove muore il 23 aprile 1945.
FAGGIANO Pompilio Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Militare coniugato con due figli, ucciso a Bolzano il 19 settembre del ‘44. Partito da Brindisi il 25.02.1944 da per una missione di sabotaggio, sbarcò con altro agenti nella notte tra il 27 ed il 28 febbraio 1944 a sud di Pesaro. Arrestato successivamente, fu ucciso nel lager di Bolzano il 12.09.1944. Viene concessa la medaglia al valor militare.
Il giorno della memoria è anche una memoria di triangoli identificativi, di colori diversi, di stoffa colorata: giallo (o una stella di David composta da due triangoli sempre gialli) per gli ebrei; rosso per i prigionieri politici; marrone per gli “zingari”; nero per gli “asociali” (mendicanti, vagabondi, venditori ambulanti, malati di mente, disabili, alcolisti, prostitute, lesbiche), rosa per gli omosessuali, viola per i Testimoni di Geova, azzurro per i fuoriusciti (quasi sempre oppositori del nazismo poi rientrati in patria), verde per i delinquenti comuni.
Domenica 10 gennaio, una cerimonia partecipata è stata posta in Ostuni, dinanzi alla casa natale di Antonio Ayroldi in Corso Cavour n. 52, una “pietra d’inciampo” (Stolpersteine), un monumento originale e diffuso, ideato dall’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare le persone che hanno perso la vita per mano dei nazi-fascisti.
Antonio Ayroldi fu uno degli ultimi fucilati delle fosse Ardeatine . Ufficiale dell’esercito italiano, dopo l’8 Settembre 1943 non diede seguito alle insistenti richieste di presentarsi al comando tedesco ed entrò in contatto con la Resistenza romana. Scoperto insieme ad altri nel corso di una riunione clandestina fu imprigionato in Via Tasso . Torturato, fu condotto e ucciso alle Ardeatine dopo neanche un mese di prigionia. Antonio Ayroldi è Medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
La Pietra d’inciampo ( Stolpersteine) dell’artista tedesco Gunter Demnig è l’azione di aggregare nel selciato stradale, accanto all’abitazione della vittima del nazismo, una piccola pietra d’ottone delle dimensioni di un sampietrino sulla quale è inciso il nome e l’anno di nascita e di morte della vittima . Con questa azione semplice ma altamente simbolica si intende ridare un nome a chi è stato ridotto ad un numero . L’espressione ” inciampo ” deve intendersi in senso visivo e mentale , per far fermare a riflettere chi si imbatte , anche casualmente nell’opera .
La cerimonia, dell’installazione della pietra, era iniziata a con l’ intervento del sindaco di Ostuni, Gianfranco Coppola, seguito da quello di Isabella Ayroldi, nipote di Antonio che, insieme a sua sorella Antonella, portano avanti il lavoro di sensibilizzazione e testimonianza iniziato da loro padre Carlo. Isabella, visibilmente emozionata, ha letto un messaggio di sua zia Isabella, sorella di Antonio, che vive a Roma e non ha potuto presenziare alla cerimonia, ma ha voluto essere comunque presente con il suo vibrante ricordo a un momento così importante per la sua famiglia. Si sono poi susseguiti i saluti di Annunziata Ferrara, dirigente scolastica del Liceo Classico e Scientifico “Pepe-Calamo” che ha ricordato l’importanza di questi accadimenti tragici nella memoria soprattutto delle giovani generazioni e l’intervento del partigiano Pietro Parisi, che ha voluto prendere la parola per offrire la sua testimonianza.
La cerimonia è poi continuata a Palazzo di Città dove l’iniziativa è ripresa con la trasmissione di un video in ricordo del Maggiore Ayroldi, con una vecchia intervista audio del compianto fratello Carlo, intervallata dai canti partigiani eseguiti dai ragazzi del gruppo teatrale “Officina del Sole”, guidati da Alessandro Fiorella, e dalle letture dei ragazzi del Liceo Classico “Antonio Calamo”, che hanno rappresentato alcuni testi e lettere di e su Antonio Ayroldi. A chiudere la cerimonia, l’intervento di Lidia Menapace, partigiana politica e scrittrice, ultranovantenne che ha contribuito a scrivere un pezzo di storia dando il suo apporto attivo alla Resistenza. A chiudere la cerimonia “Mare Nostrum”, un canto inedito presentato dai ragazzi dell’”Officina del Sole”, a suggellare una giornata che grazie a una mattonella d’ottone incastonata in un marciapiede, si è dato un contributo a rafforzare di una memoria collettiva. Al’iniziativa era presente una delegazione dell’ANPI.
Ci ha colpito in modo particolare una lettera apparsa sul sito: http://www.piazzasalento.it/ del 25 novembre di questo anno, racconta una storia di violenze sulle donne nel lontano ’42, fatti accaduti a Gallipoli nel cosiddetto “Capo di Lecce”, perché qualcuno non finga e continui a dire che i fascisti non sono mai esistiti o che erano tutti brave persone, come scrive la stessa autrice della lettera, il tempo è trascorso, gli autori delle violenze, sono morti da tempo, come scrive la lettera firmata, ma rimane storia terribile ed un “contesto” di cui è bene tenerne memoria, ed è questa la ragione della pubblicazione sul sito dell’ANPI di Brindisi.
Quel Ferragosto del ’42 che non dimenticherò mai. Per giustizia, non deve scomparire con me
Caro direttore,
ti prego di pubblicare la mia lettera, per non dimenticare. Era il giorno di Ferragosto del 1942 e io avevo 8 anni. Vivevo a Gallipoli Vecchia con solo mia madre, perché il mio papà era in guerra. Quasi tutti i padri delle mie amiche erano in guerra e c’era molto poco da mangiare. Quel giorno a tavola c’era un po’ di pane e la scapece. Io, bambina, odiavo la scapece che sapeva di aceto e stavo facendo i capricci per non mangiarla. A pomeriggio saremmo andate, io e la mamma, a piedi ad Alezio, dove si festeggiava la Lizza e avremmo venduto dei cappellini fatti all’uncinetto da lei, così avremmo avuto qualche soldo. Mi prometteva la mamma che lì avremmo comprato qualcosa di più buono da mangiare. All’improvviso quattro uomini sfondarono la porta ed entrarono in casa. Urlavano, la mamma piangeva, io pure. La nostra vicina entrò e, anche lei piangendo, li tirava per la camicia e chiamava aiuto. Ma nessuno veniva. Si sapeva di loro. Entravano nelle case dove sapevano che non c’erano uomini e aggredivano le donne. Erano camicie nere. Gente potente, sapevano di essere intoccabili e così era. Ci spogliarono entrambe e mi costrinsero a guardare mentre approfittavano della mia mamma e la picchiavano. Poi si gettarono addosso a me. Ci dicevano che nessun uomo c’era a difenderci, nessuna legge, neanche Dio. Ricordo benissimo le loro voci, i loro volti, la loro puzza. All’improvviso, come erano venuti, se ne andarono ed entrarono nella casa accanto alla nostra. Lì i bambini erano sei, maschietti e femminucce. Li sentivo piangere, li sentivo urlare. Mia madre mi chiese di non raccontare niente a nessuno.
Non ci fu mai nessun Ferragosto nella mia vita. In quel giorno andavo via da Gallipoli. E non andai mai più neanche ad Alezio. Tornarono ancora. E andarono in altre case. La guerra finì, papà tornò, non gli dicemmo mai nulla, ma quei mostri restarono a vivere le loro vite come se niente fosse. Chi lavorava come impiegato pubblico, chi aveva l’impresa, chi affittava appartamenti.
Quando mi sposai avevo paura di mio marito e non sono mai stata veramente felice con lui, anche se è sempre stato un brav’uomo. Hanno approfittato di tante altre bambine della città vecchia. Non sono mai stati puniti. Alcune, da grandi, hanno provato a denunciarli ma sono state prese per pazze o trattate come prostitute in cerca di denaro. Io non ho mai svelato il segreto a mio marito, né ai miei figli. Temevo facessero una pazzia. Sono morti tutti quei quattro, da vecchi. Sono andata a ciascun funerale, perché volevo vederli morti. Tante volte ho sognato che li stavo uccidendo io… Pochi anni fa è morto l’ultimo, vecchio vecchio, non lasciava l’anima a Dio. Al suo funerale ho raccontato tutto alla figlia, quasi della mia età. Bastardo, aveva una figlia della mia età. All’inizio ha finto di non credermi, ma poi è venuta a cercarmi per offrirmi dei soldi. Le ho fatto una scenata e l’ho cacciata fuori di casa, quella stessa casa in cui suo padre era entrato e non una volta sola.
Prima di morire, voglio lasciare questo ricordo, perché qualcuno non finga e continui a dire che i fascisti non sono mai esistiti o che erano tutti brave persone.
Lettera firmata, Gallipoli
Si ringrazia il direttore di Piazzasalento Fernando D’Aprile
La lettera è sul sito: http://www.piazzasalento.it/ del 25 nov 2015, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
La lettera era già presente sul numero 17 di Piazzasalento 27 agosto- 9 settembre 2015
“Sul conto delle sottonotate persone si è proceduto nei loro confronti a perquisizione domiciliare senza nulla rinvenire, ad eccezione in quella eseguita nella casa del comunista Ricci (1) , nella quale sono stati rinvenuti gli acclusi allegati a sfondo patriottico “Appello ai giovani d’Italia” e una scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani.”(2)
Questo si legge in un rapporto dattiloscritto della Compagnia di Brindisi esterna appartenente alla Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Bari, in data 11 ottobre 1943, indirizzato alla regia questura di Brindisi.
La scheda relativa ad arruolamento ai reparti volontari italiani sequestrata dai carabinieri nell’abitazione di Francesco Ricci a Ceglie Messapica, è l’occasione per raccontare una storia piccola e poco nota della Legione volontaria salentina, questa è la dizione usata in diversi documenti dell’epoca, Legione nota anche come garibaldina. Poche sono le notizie di questo episodio in questa parte del Sud, accaduto tra settembre e ottobre del ’43, in qualche modo una particolarità tutta locale, è in pratica il racconto di un tentativo mancato di reclutare ed organizzare partigiani.
Ad un mese dal suo insediamento a Brindisi, la vocazione reazionaria del regno del Sud è tutta in questa azione che è una delle tante volte a reprimere i soliti “sovversivi”, come se nulla fosse cambiato. L’elenco di persone da perseguitare è sempre quello del ventennio fascista, non a caso anche la denominazione nel rapporto dei Reali Carabinieri non è mutata , si titola sempre Elenco delle persone pericolose da arrestare in determinate contingenze: il Ricci comunista e tanti altri antifascisti di varia fede politica continuano ad essere persone pericolose per Badoglio, il re e la corte fuggita frettolosamente a Brindisi.
Nella stessa operazione di sequestro è ritrovato un volantino titolato Appello ai giovani d’Italia indirizzato anche agli universitari che farebbe supporre che il Ricci assieme a tutti gli altri componenti Fronte Nazionale della provincia (prima denominazione del CLN) reputasse come interlocutori fondamentali per un arruolamento di volontari i giovani e gli studenti.
L’attenzione ai giovani è, per esempio, confermata nell’appello diffuso nelle tre provincie del Salento, il 12 settembre del 1943, dal Fronte Nazionale/ CLN. E’ scritto: molti dei nostri giovani si sono offerti a costruire una legione volontaria al servizio della Patria (3) (ovviamente, contro l’invasore tedesco e il regime fascista). Qualche giorno dopo sempre lo stesso Fronte Unico Nazionale delle province Salentine ribadisce in un Ordine del giorno, in una proposta articolata di collaborazione con il governo Badoglio: Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia(4).
Nel verbale dell’ottava seduta del Comitato del Fronte Nazionale di Brindisi del 14 settembre, avvenuta nello studio dell’avvocato Giovanni Stefanelli, si sostiene che i componenti il Comitato provinciale approvano un ordine del giorno (un Promemoria) da sottoporre alle Autorità militari italiane [..]composto di sei punti [..] tra i quali[..] sono elencati i desiderata del Comitato stesso riguardante i termini di collaborazione con il Governo Badoglio per la epurazione da farsi in seno alla provincia ed alle FF.AA. degli elementi fascisti, l’appello di fornitura di armi a tutti gli aderenti al Comitato prov. onde poter combattere [..] il comune nemico, nonché la richiesta di un locale per le riunioni del Comitato stesso. Infine si approva di lanciare un Manifesto incitante i Salentini a costituire delle «Legioni Garibaldine» di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia(5) .
Il verbale concludeva con la designazione di chi doveva occuparsi di propagandare le posizioni del Comitato in provincia attraverso un manifesto: l’avvocato Palermo(6) e De Tommaso (7) . Il Promemoria approntato per l’occasione prevedeva tra gli altri punti un Permesso di circolazione per tutto il territorio della Provincia di Brindisi al fine di effettuare propaganda pro Legione Salentina. Per tale scopo può essere, previa requisizione, utilizzata la macchina dell’ing. Dall’Olio (8) (Michele dell’Olio era il direttore della società SACA dal 1934, anno di costituzione della società, al 1943 ); la Concessione al Comitato Provinciale ed ai sottocomitati della Provincia di locali (possibilmente ex fascisti) ad uso ufficio reclutamento volontari (9); ed infine l’Autorizzazione a raggiungere Taranto con auto per incontrare i componenti il Comitato locale e prendere accordi per l’organizzazione del volontariato (10).
Il 16 settembre del ’43 il Fronte nazionale delle Province Salentine approva un’altra proposta di confronto con il “governo di Brindisi”. Era frutto di una riunione a cui avevano partecipato componenti dei Comitati di Brindisi, Lecce e Taranto, i sottoscrittori del documento erano: Vito Mario Stampacchia, Alfredo Bernardini, Mose Cohen, Francesco Dongiovanni, Antonio Fiocca, Biagio Giordano, Gino Liaci, Luigi Lopez y Royo, Vittorio Maradei, Pietro Massari, Mario Montessori, Tarquino Panzera, Ernesto Romano, Francesco Spinelli, Alessandro Persone, Luigi Vallone, Felice Assennato, Arturo Sardelli, Guido Zaccaria, Donato Ruggiero, Guglielmo Cafiero.
La posizione dei Comitati salentini, sintetizzata in Ordine del Giorno, era la base di una proposta di collaborazione con il governo monarchico di Brindisi ad una delle condizioni Che al Fronte Unico Nazionale si dia l’autorizzazione di formare, sotto il controllo del Governo responsabile, legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina, concorrano a scacciare lo straniero dal sacro suolo d’Italia (11).
In quei giorni della seconda decade di settembre i Comitati di Brindisi e di Lecce continuano a consultarsi con frequenza ravvicinata e spesso con riunioni congiunte, così come ripetuto è il riferimento che il Comitato di Brindisi fa nei suoi verbali di riunioni alla questione della Legione Salentina, che diventa un refrain e un’ossessione. Essa è citata nella undicesima riunione del 21 settembre, per l’opportunità di iniziare una sottoscrizione da parte di elementi antifascisti a pro delle erigende Legioni Volontarie (12). Il 24 settembre vengono approvati due Manifesti da fare affiggere e da dispensare alla cittadinanza: il 1° rivolto a tutto il Salento, il 2° rivolto alla città di Brindisi; entrambi concernenti l’appello indirizzato a tutte le forze del Paese per combattere, con ogni mezzo, il nazifascismo e per spronare i salentini ad accorrere fra le schiere dei futuri volontari (13). Nel verbale della seduta del 5 ottobre si fa richiesta al Governo oltre che della facoltà di pubblicare periodici; anche l’autorizzazione di organizzare le legioni dei Volontari. Nello stesso documento il Fronte Nazionale fa presente i voti di moltissimi giovani del Salento perché sia autorizzata la costituzione una Legione Volontaria volta a combattere per la liberazione della Patria(14).
Non è solo nelle tre provincie del Salento che ci sono moltissimi giovani pronti ad a proporsi volontari contro i nazifascisti, a Bari, nel periodo dopo l’8 settembre molti sono i giovani che vogliono imbracciare le armi.Claudio Pavone scrive ne “I Gruppi Combattenti Italia“: Verificatosi il crollo dell’8 settembre, fu proprio in Puglia, nelle «provincie del re », che avvennero i primi tentativi di organizzare un volontariato. A Bari veniva affisso un manifesto, a firma di esponenti comunisti, socialisti, democristiani e del partito d’azione, in cui sì chiamavano i cittadini alle armi annunziando l’apertura presso il Fronte Nazionale d’Azione, dell’arruolamento per la guerra ai tedeschi. In pochi giorni sembra si radunassero quattro o cinquecento giovani, guardati con sospetto dalle autorità britanniche e italiane, tanto che il questore Pennetta fu dell’opinione che l’arruolamento turbava l’ordine pubblico, prese posizione contro di esso e fece fermare per alcune ore il socialista Larecchiuta e l’azionista Lapriora(15) .
Anche un’altra fonte conferma queste notizie. Difatti Agostino Degli Espinosa nella sua opera Il regno del Sud scrive: a Bari, [..]. Nello smarrimento generale, tuttavia, le autorità civili rimanevano salde al loro posto, e le direzioni dei due partiti attivi, il Comunista e quello d’Azione, a cui si univano uomini rappresentativi dei democristiani e dei socialisti non ancora organizzati a partiti, assumevano un deciso atteggiamento combattivo. Ad iniziativa di uomini che successivamente si sarebbero affermati nel giuoco politico, veniva stampato ed affisso un manifesto, a firma dei quattro partiti da essi rappresentati, in cui si chiamavano i cittadini alle anni e si annunciava che presso la sede del Fronte Nazionale d’Azione era aperto l’arruolamento dei volontari (16). Inoltre viene data una stima della quantità di volontari meridionali in prevalenza coinvolti a vario titolo nella sfortunata esperienza dei reparti volontari: Sembra, da testimonianze e da documenti che ho potuto raccogliere, che si arrivò a più di un migliaio di persone (17).
Ma nel Salento, a Lecce nella riunione del 24 settembre 1943 , il Comitato organizzativo dei volontari decide di denominare la legione Legione Volontaria Garibaldina. Essa sarà per ora costituita da tre nuclei principali: Lecce, Brindisi e Taranto, dei quali potranno far parte volontari di ogni regione d’Italia e ai quali faranno capo nuclei secondari da costituire nei centri minori delle province.
La Legione è completamente indipendente dai partiti e non costituisce l’emanazione di alcuna organizzazione a sfondo politico; alla base del suo ordinamento è il rispetto delle istituzioni vigenti, nella convinzione che unico scopo di essa deve essere la lotta a fondo contro i tedeschi e i fascisti, per la liberazione del suolo della Patria.
Il Comitato stabilisce che la Legione sia organizzata secondo il vigente ordinamento dell’Esercito ed esprime il voto che ciascun nucleo sia affidato, per il comando, a un ufficiale superiore dell’Esercito in S.P.E. (Servizio Permanente Effettivo) e proveniente dal S.P.E.. e ciò affinché sia garantita la massima efficienza del reparto, anche dal punto di vista tecnico e disciplinare. Il comando della Legione viene affidato al col. Cohen, mutilato di guerra, proveniente dal S.P.E., al quale dà mandato di predisporre nel più breve tempo possibile l’organizzazione del reparto, in accordo con le autorità superiori dell’esercito. […]
Su proposta del col. Cohen si decide che la Legione abbia amministrazione autonoma, con fondi forniti da tutti coloro che, non essendo in grado per qualsiasi motivo di partecipare attivamente alla vita della Legione, vorranno costituirsi soci sostenitori di essa.
Nelle attuali contingenze e nella difficoltà di avere immediatamente vestiario e armamento, si dispone l’uso di un bracciale tricolore e di un fazzoletto rosso, mentre sarà studiata l’uniforme adatta.
In attesa dell’armamento ogni comando di nucleo procurerà di avere a disposizione, mercé l’interessamento dell’autorità militare, ogni tipo di arma in distribuzione alle forze armate nostre e alleate(18) .
Dunque il 24 settembre 1943 si decide di formare subito la Legione volontaria garibaldina, che tende ad avere contatti, pur partendo da presupposti politici dissimili, con il tentativo di costituire nell’Italia meridionale un corpo di volontari, “I Gruppi Combattenti Italia” (19) .promosso da Benedetto Croce(20) , Il comando dei “Gruppi Combattenti Italia” con sede in Napoli, fu affidato al generale Giuseppe Pavone, ufficiale(21).
La spinta al reclutamento dei volontari Salentini, nasce da premesse politiche in qualche modo diverse dal movimento dei Gruppi Combattenti Italia, infatti il Croce puntava a salvare la casa regnante e lo stato liberale pensava che l’abdicazione di Vittorio Emanuele III e la partecipazione alla liberazione del paese dai tedeschi sarebbero state condizioni sufficienti. L’obiettivo dei Comitato del Fronte Nazionale/ CLN è quello di unire le forze antifasciste nello sforzo di liquidare il fascismo ed il nazismo, mediare con il governo Badoglio ma nello stesso tempo lottare per evitare una restaurazione del vecchio quadro politico pre-fascista.
Il movimento antifascista pugliese che va organizzandosi attorno al Fronte Nazionale /CLN, come si è visto, ha difformità politiche e diversa visione dall’idea che Benedetto Croce ha sul ruolo dei volontari, anche il termine “Garibaldino”è interpretato e usato diversamente , per i Comitati del fronte Nazionale/CLN è il simbolo essenzialmente laico e di radicale opposizione al passato che si vuole combattere, per Croce è invece un machiavellismo, utile solo all’iniziativa momentanea (come il Garibaldi che nel 1859 e nel I860 consegna nelle mani del re il potere). Per i Comitati del fronte Nazionale/CLN del Salento, Garibaldi è un valore strategico, pieno di contenuti rivoluzionari e repubblicani, ribadito più volte, diversi documenti attestano questa ostinata volontà, come il verbale del 14 settembre del Comitato di Brindisi che parla di costituire delle Legioni Garibaldine di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia (22). Come nell’Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine redatto a Lecce, 16 settembre che afferma di formare legioni di volontari, che, rinverdendo la tradizione garibaldina. E a maggior ragione il termine è presente nel Verbale del Comitato organizzativo della legione volontaria “Garibaldina”. Stilato nella già ricordata riunione del 24 settembre 1943 a Lecce, che chiarisce la volontà dei componenti del Comitato: .. Su proposta di Montessori, e dopo breve discussione, il Comitato decide di denominare la legione « Legione Volontaria Garibaldina»(23) .
La spinta a combattere il nazifascismo in tutta la Puglia in quei giorni di settembre ’43 è molto forte, e come si è visto molti sono i volontari, numerosi giovani vogliono prendere le armi contro tedeschi e fascisti, ma la maggioranza di essi non voleva arruolarsi nell’esercito regolare (24) , con una chiara presa di distanze dal regio esercito che oltre che essere permeato da persone e cultura reazionarie, era gravato dall’ombra della pesante debacle del l’8 settembre. Una organizzazione militare autonoma è punto fondamentale tra moltissimi aspiranti volontari e tra tutti gli antifascisti che cercano di organizzare una riscossa democratica.
Armare la popolazione civile, è uno degli obbiettivi discriminanti degli antifascisti, è una parola d’ordine agitata fin da prima dell’8 settembre dai dirigenti dei partiti politici antifascisti in tutto il Paese, in molti vi era già consapevolezza di ciò che sarebbe stato il drammatico sbocco della situazione italiana. Ma a nulla era servito, in quanto il governo Badoglio e le forze monarchiche e reazionarie che lo reggevano, avevano una profonda diffidenza all’idea di dare armi al popolo, è la sfiducia di una “casta” autoritaria e conservatrice, fortemente compromessa con il ventennio fascista, la sola idea di in un popolo in armi e di un qualunque ruolo attivo del popolo diverso dall’obbedienza cieca alla gerarchia. Tale timore era prevalso su ogni altra considerazione.
Che la “casta” sia invisa è confermato dalle parole scritte da Giaime Pintor (25) combattente antifascista, in una lettera indirizzata al fratello, scritta a Napoli il 28 novembre del ’43 pochi giorni prima della sua morte, lettera divenuta famosa perché ha le caratteristiche di un testamento politico antifascista di alto valore: “Qualcuno degli amici che è da questa parte vi potrà raccontare come nella mia fuga da Roma sia arrivato nei territori controllati da Badoglio,come abbia passato a Brindisi dieci pessimi giorni presso il Comando Supremo e come, dopo essermi convinto che nulla era cambiato fra i militari, sia riuscito con una nuova fuga a raggiungere Napoli.” (26) è questo il giudizio definitivo di Giaime Pintor, egli pensa che da Brindisi non è possibile fare la lotta contro l’occupante nazifascista. Brindisi piena di ufficiali in massima parte chiaramente fascisti, sintetizza bene l’impressione radicatasi nell’animo di coloro che consideravano primo dovere organizzare la lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. Doveva quindi sgorgare del tutto naturale l’idea di dar vita a corpi di volontari indipendenti dalla vecchia organizzazione militare (27).
Lo stesso autore poi continua: lo Stato italiano, sconquassato dagli eventi dell’8 settembre, appariva in amplissime zone dello stesso territorio meridionale come qualcosa sulla cui semplice sussistenza era lecito il dubbio. Questa sensazione trovava un terreno particolarmente favorevole nell’animo di coloro che, dalla rabbia impotente sofferta nei giorni susseguenti all’armistizio, erano indotti a trarre la conclusione, frutto di sdegno morale prima ancora che di riflessione politica, che monarchia e Badoglio non dovessero mai più riaversi dallo spaventoso collasso. I giovani che avevano ben presto cominciato ad affluire nel Mezzogiorno, attraversando con grave rischio le linee e reduci, magari, dalla sfortunata difesa di Roma, o quelli che avevano partecipato alle vittoriose quattro giornate di Napoli durante le quali non si era vista traccia di generali, trovavano strana e indisponente la pretesa del governo di Brindisi di costituire l’unico centro di vita del Paese, l’unica autorità attorno alla quale raggrupparsi per organizzare la lotta contro i nazifascisti- D’altronde, cosa era stato possibile vedere dell’atteggiamento governativo in quei primi giorni di « regno del sud ».(28)
Quindi questi volontari anche meridionali non furono soltanto un’espressione velleitaria (29) come qualche ricerca storiografica postuma ha velocemente liquidato, non c’era per i volontari alcun motivo di gioia a servire nelle salmerie o essere ausiliari degli alleati o portare le stellette regie. In particolare in Puglia dentro il fronte delle forze antifasciste, altre ai socialisti e ai comunisti, è forte l’influenza del movimento liberalsocialista, azionista e di Giustizia e Libertà. Molti degli esponenti di questi movimenti sono tra i più attivi nei costituiti Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione. Il movimento liberalsocialista possiede una forte carica antimonarchica, oltre che antifascista, e riscuote molte simpatie negli ambienti giovanili e studenteschi delle città pugliesi: i sentimenti repubblicani animano la maggior parte dei giovani volontari.
L’esistenza di un dualismo politico, è descritto in un episodio accaduto a Bari (30) tra i Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione/CLN ed il regno del Sud dalle esplicite caratteristiche autoritarie. Il dualismo e l’accentuata differenza si nutrono inizialmente anche sul tipo di forma militare, repubblicana e autonoma o monarchica, da dare alla lotta antitedesca e antifascista. Il dualismo politico continuerà ad alimentarsi per molti mesi ancora, ben oltre la breve stagione dei volontari italiani, almeno sino alla costituzione del governo Bonomi nel giugno ‘44.
Esiste una prova che ha più valore di un modulo d’arruolamento rinvenuto durante una perquisizione o dei vari verbali di riunione e appelli dei Comitati provinciali del Fronte Nazionale d’Azione/CLN per la Legione Volontaria Garibaldina: è la testimonianza di Vittorio Bodini (31), che parla di un tentativo vero, per andare a combattere nel corpo italiano del generale Pavone. Bodini organizza e guida, il 4 novembre, un gruppo di ventuno giovani studenti leccesi che finge d’essere una squadra di calcio e prova a raggiungere il paese di Nocera in Campania. Il noto poeta e letterato ha lasciato scritte diverse pagine di questa esperienza, che sono la prova del viaggio compiuto dai volontari salentini, ma sono anche una descrizione piena di riflessioni politiche e sociali ed istantanee sulla parte del mezzogiorno attraversata in quel difficile autunno del ‘43 (32) .
Un fallimento scrive subito Bodini: questo è il giudizio da cui parte per raccontare della spedizione. Il gruppo da subito si deve muovere in forma clandestina, camuffandosi come un comitiva di sportivi perché sa dell’ostilità del governo Badoglio che può addirittura farli arrestare e deferirli al Tribunale di guerra in ogni momento.
Il Vittorio Bodini che li guida è nel poco noto ruolo di politico e di antifascista, di attivo oppositore al regime dalla iniziale fede azionista. Scrive il 12 dicembre ‘43, commentando a caldo la sua esperienza di volontario, in una lettera ad un amico: (…) questa guerra è un appuntamento con la mia coscienza, forse la sola occasione che sarà data al mio antifascismo e al mio amore per l’Italia (se non anche ai miei sentimenti antitedeschi) di scontrarsi con la partita della vita (…) nel caso si riesca a realizzare questo nostro santo desiderio, ritengo però necessario il nome di Garibaldi, unica garanzia che potremmo opporre alle false interpretazioni in cui la nostra risoluzione può incorrere e la espressa apoliticità di noi volontari (33).
I volontari garibaldini del Salento guidati da Bodini, per trovare uno sbocco all’azione, erano stati indirizzati verso in una caserma di Nocera appartenente ai Gruppi Combattenti Italia, dove il generale Pavone addestrava e organizzava i volontari voluti e promossi da Benedetto Croce, ad indicare quella meta era stato l’ing. Montessori, componente il Comitato d’Azione/CLN leccese che aveva collegamenti con il Gen. Pavone.
Il gruppo dei volontari salentini aveva intrapreso quel viaggio rischioso e clandestino senza sapere che già dal primo di novembre i Gruppi Combattenti Italia (34) erano stati sciolti e la caserma chiusa. Giunti alla meta, dopo un viaggio ferroviario movimentato che da Lecce si era snodato tra varie fatiche per Francavilla, Taranto e Potenza, Vittorio Bodini scrive: Arrivammo a Nocera all’alba. Le vie del paese erano deserte. Entrammo in un caffè a bere qualcosa di caldo e a chiedere della caserma dei volontari. C’erano il padrone e dei vecchi che giocavano a carte in un angolo. Nessuno ci volle dir nulla. Nessuno aveva mai sentito parlare del corpo dei Volontari.[..] Girammo per il paese ancora addormentato[..] Volle il caso che incontrassimo uno del paese e gli ponessimo la solita domanda proprio all’altezza di un grande portone chiuso. Gli parve che non fosse il caso di dire di no. Ci indicò il portone e disse:
— È lì ma è chiuso da due giorni.
Vittorio Bodini più avanti aggiunge: Si diceva che dietro questa linea di condotta degli Alleati ci fossero le pressioni esercitate su di essi da Badoglio, preoccupato che, oltre tutte le armi che venivano date ai partigiani del Nord, vi fossero anche nel Sud partigiani armati.
Pochi giorni di ritardo, la caserma dei volontari organizzati dal generale Pavone era chiusa per sempre. Non starò a descrivere, annota Vittorio Bodini, l’amarezza e lo sdegno dei miei compagni, abbastanza giovani da non riuscire a credere che gli ideali che li avevano spinti a partire — il corpo sanguinante della patria, la lotta dei fratelli del Nord, questo senso meraviglioso di solidarietà da parte di chi nessun pericolo minacciava direttamente — potevano essere così facilmente, così impunemente calpestati, travolti dal più meschino degli intrighi (35).
Il primo novembre il generale Pavone ha già ricevuto dal colonnello Huntington la fredda lettera di congedo, Il colonnello dell’O.S.S. , scrive lo storico Pavone, si limitava infatti a dire che avrebbe preso altrove gli uomini di cui aveva bisogno, e che col I° novembre non sarebbero stati più fomiti né viveri né vestiario. I Gruppi Combattenti Italia erano finiti (36).
Il governo Badoglio aveva vinto, aveva ottenuto dagli alleati di essere l’unico interlocutore. Già il 10, settembre, era stato emanato un bando per lo scioglimento di tutte le formazioni di volontari; questo dava il colpo di grazia ai precoci tentativi pugliesi, per evitare che vi fossero anche nel Sud partigiani armati (37).
Lo stesso giorno 10, era apparso, con chiara funzione di contraltare, un manifesto del Comando Militare Italiano di Napoli, in cui si invitavano, «presi gli accordi col Comando degli Alleati», all’arruolamento volontario i giovani delle classi dal 1910 al 1925 (38).
C’è una piccola traccia nella città di Brindisi del più meschino degli intrighi, una prova dell’opposizione alla formazione dei volontari del governo Badoglio, è una copia di un telegramma dalla precedenza assoluta, diramato l’8 ottobre del ‘43 ai Prefetti di Bari, Brindisi, Taranto, Lecce, Potenza, Matera, Cagliari, Sassari, Nuoro, Foggia, S.E. Generale Basso Cagliari:Vostra Eccellenza vorrà’ disporre perché’ su tutta stampa locale sia dato massimo rilievo seguente comunicato due punti virgolette Comunicato del Governo punto a capo Punto Nessuno virgola individuo virgola ente od associazione e’ autorizzato a procedere alla formazione di bande di volontari punto Solamente l’Esercito e’ incaricato di ricevere virgola armare ed istruire volontari punto Chiunque operi contrariamente a queste tassative disposizioni sarà’ immediatamente arrestato e deferito al Tribunale di guerra punto Badoglio chiuse virgolette Punto Superfluo aggiungere che bande eventualmente già costituite o in corso di costituzione vanno immediatamente sciolte e diffidati prontamente di astenersi da ulteriore attività’ in merito punto Assicuri punto Capo Governo Badoglio.(39)
Queste primi esperimenti di volontariato nati nel Mezzogiorno, questo tentativo di partigiani armati nel Sud come scriveva Bodini, è ingeneroso definirli velleitari, questi tentativi erano stati fatti da uomini in carne ed ossa, di volontari che pagarono talvolta con la vita (40) come Giaime Pintor o Paolo Petrucci ucciso alle Fosse Ardeatine (41) , in tanti altri casi si andò ben oltre l’essere addetto alle salmerie, o a zappare trincee e o guidare un mulo, basta ricordare per esempio l’iniziativa di Raimondo Craveri (42) , che costituì l’Organizzazione per la Resistenza Italiana(O.R.I.) (43) che diede un contributo prezioso alla resistenza.
In conclusione una poesia di Vittorio Bodini che conferma la convinzione dell’intrigo ordito sulla testa dei giovani volontari, del tradimento nei confronti della generazione i cui ideali potevano essere così facilmente, così impunemente calpestati, travolti dal più meschino degli intrighi tramato contro i giovani meridionali che volevano fare i partigiani:
COLONNA PAVONI (44)
Qualcuno forma a Nocera
una brigata garibaldina.
Badoglio parlò con gli inglesi
per farla sciogliere:
promise in cambio i volontari del re.
Di Nocera Campana ho mangiato il pane,
ho rubato i loti che fra le dita si spegnevano
come lampadine d’un presepe viola.
Chi arrivò prima fu
paracadutato.
Giaime Pintor morì.
Gli altri, chi tornò a casa
e chi andò a Napoli.
E a Napoli uno sciame di bimbette
sul lungomare
appuntavano sul petto ai soldati negri
medagline di prima comunione.
Di Donato Peccerillo
ATTENZIONE le riproduzioni de: il Volantino “Appello ai Giovani d’Italia”, 18 settembre 1943; la Scheda “Arruolamento ai <<Reparti Volontari Italiani>>”[ 1943]; il Telegramma della Presidenza del Consiglio dei ministri ai prefetti, 8 ottobre 1943 sono “Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, autorizzazione dell’Archivio di Stato di Brindisi, n.03/15. Riproduzione vietata”.
note
1. Francesco Ricci nasce a Ceglie Messapica (Br) il 2 febbraio 1895 da Angelo e Vincenza Sisto. Figura di spicco nel panorama antifascista clandestino della provincia di Brindisi, forma la sua coscienza politica in seno alla famiglia d’origine, considerata «un punto di riferimento del socialismo cegliese». Di professione ebanista (poi anche rappresentante di commercio), nel 1924 Ricci risulta tra i sovversivi inclusi nello schedario della questura di Lecce. Nel dicembre 1936, emigra in Francia. Anche qui svolge il ruolo di “emissario”, trasmettendo direttive, informazioni e materiale di propaganda ai compagni di fede del suo paese natale, a volte nascosti in pacchi inviati alla sorella Maria. Con questo stesso intento rientra clandestinamente in Italia in più occasioni, a Milano come a Ceglie. Non a caso in seguito sarà individuato dall’OVRA quale capo dell’organizzazione comunista clandestina di tutta la provincia di Brindisi.Da fuoriuscito Ricci mantiene i contatti attraverso una fitta corrispondenza. A Francesco Barletta Ricci confida, nell’aprile del 1937, che sta per unirsi ai rivoluzionari spagnoli -a maggio infatti la polizia lo segnala a Carrieres sur Seine in un reparto di volontari per la Spagna– ma poi non lascia la Francia. Nell’agosto 1937, in seguito ad una operazione dell’OVRA in provincia di Brindisi, alcuni sovversivi responsabili di attività comunista subiscono l’arresto, compreso il fratello di Francesco, Arcangelo Ricci. I maggiori esponenti del movimento, tra i quali Francesco Ricci, sono deferiti al Tribunale speciale per la Difesa dello Stato che, il 22 dicembre 1937, ricercato è iscritto nella Rubrica di frontiera, nel 1938 è anche inserito nel Bollettino delle Ricerche come «comunista d’arrestare». Ricci rimane a Parigi sino al settembre 1942 quando, arrestato dai tedeschi, è costretto a far ritorno in Italia. Tradotto nelle carceri di Roma, il 14 novembre 1942 il Tribunale speciale lo condanna a 15 anni di reclusione. Sconta un anno di pena a S. Gimignano e dopo la scarcerazione, avvenuta il 19 agosto 1943 alla caduta del fascismo, rientra a Ceglie Messapica. In seguito Ricci partecipa alla costituzione dei Comitati di Liberazione provinciali. (Note biografiche a cura di Elena Lenzi)
2. Archivio di Stato Brindisi Busta 854 Questura II° e III° Versamento Gabinetto
3. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979
4. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, , Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
5. Ibidem.
6. Palermo Vittorio “Originario di Ceglie Messapica, dove è nato nel 1906, fin dalla metà degli anni ’30 aveva assunto posizioni sempre più critiche verso il regime ed aveva preso contatti con la figura di maggiore spicco del movimento antifascista di Ceglie, quel Francesco Ricci Già nella primavera del 1937, pertanto, era segnalato alle autorità di polizia di frontiera perché fosse sottoposto agli opportuni controlli al suo ritorno da un viaggio in Francia dove si sospettava che prendesse contatti col Ricci, fuoriuscito da qualche mese, riportando in patria clandestinamente materiale di propaganda.Palermo stabilì i contatti di cui era, a sua insaputa, sospettato, ma evitò prudentemente di presentarsi alla frontiera con materiale compromettente e poté quindi tornare senza pericolo in Italia. Negli anni successivi, soprattutto dopo lo scoppio della guerra, diede alla sua attività antifascista maggiore continuità prendendo contatti con intellettuali e professionisti antifascisti della provincia.” a Brindisi è solo nel mese di agosto di quella calda estate del ’43 i principali esponenti dell’antifascismo locale si riuniscono per la prima volta ufficialmente nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, per formare « un comitato provinciale di concentrazione antifascista» e per costituire « un primo nucleo del Comitato stesso » da allargare poi « con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si attengano alle direttive seguite dal Comitato Provinciale del Fronte Nazionale ». Sin dall’inizio l’avv. Vittorio Palermo appare, l’uomo di punta del comitato. Nell’aprile del ’41, coinvolto nelle indagini condotte sull’attività del gruppo di Tommaso Fiore in Puglia e già in precedenza ripetutamente diffidato egli era stato prelevato nella sua casa di Latiano dal commissario regionale dell’OVRA. In seguito era stato trasferito e trattenuto alcuni giorni nel carcere di Bari. Qui era venuto in contatto con alcuni dei più importanti tra quelli che sarebbero poi diventati i suoi amici antifascisti, con i quali non avrebbe più interrotto i collegamenti allora allacciati. Tra essi l’avv. Michele Cifarelli, l’avv. Domenico Pastina di Trani, gli avv. Vito Mario Stampacchia e Michele De Pietro di Lecce ed altri, tutti arrestati a seguito del ritrovamento da parte della polizia politica di un elenco del prof. Fiore di tutti gli antifascisti nazionali e regionali che si avvicendavano nella sua casa di via Q. Sella a Bari. Attorno a Palermo, già da questa prima riunione del 9 agosto 1943 ritroviamo altre figure dell’antifascismobrindisino del periodo della clandestinità: tra esse l’ing. Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli, Guglielmo Cafiero, che insieme con i vari De Tommaso, Mauro, Prampolini, Ribezzi, Ostuni e Patrono avevano costituito il cuore forte dell’opposizione al regime e il tramite con ambienti antifascisti che operavano al di fuori della provincia ed ai quali alcuni di loro erano legati da rapporti di parentela, di fraterna amicizia o di lavoro e di studio. (Nel 1936 cominciò a dispiegarsi l’opera di vari gruppi antifascisti ai quali parteciparono numerosi giovani, tra i quali Giuseppe Patrono ed attorno ai quali gravitarono l’avv. Vittorio Palermo, l’ing. Sala, il Cafiero ed altri. L’attività di questi gruppi non rimase isolata, ma per il tramite di Patrono e Palermo si stabilirono contatti frequenti con gli ambienti universitari di Napoli, Pisa e Fircnze, centri nei quali — com’è noto — operavano note personalità antifasciste. È appena il caso, infine, di ricordare, oltre ai numerosi militanti comunisti incarcerati o confinati, alcune note figure dell’antifascismo socialista come Felice Assennato, Beniamino Andriani e Arturo Sardelli.) da note di Franco Stasi in La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
7. De Tommaso Giuseppe di Francesco e di Siracusa Anna Rosa, nato a Brindisi il 19 marzo 1906, res. a Brindisi, celibe, meccanico, comunista. Arrestato il 7 novembre 1931 perché, come capo dell’organizzazione comunista locale, si manteneva in contatto con i fiduciari dei comuni della provincia e con i sovversivi delle provincie vicine. Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Brindisi con ord. del 5 gennaio 1932. Sedi di confino: Ponza, Tremiti. Liberato il 6 novembre 1936 per fine periodo. Periodo trascorso in carcere e al confino: anni cinque. Sin dal 1924 manifestò idee comuniste, fu fiduciario del partito a Brindisi ed esplicò attività antinazionale venendo più volte sottoposto a fermi e perquisizioni che portarono al sequestro di giornali sovversivi. Per sfuggire alla sorveglianza si faceva quindi indirizzare la corrispondenza di natura politica presso il cognato, inviando viceversa la sua sotto lo pseudonimo « Vladimiro ». da Katia Massara: “Il popolo al confino- la persecuzione fascista in Puglia; Archivio centrale dello Stato Ministero per i Beni culturali e Ambientali Ufficio centrale per i beni archivistici 1991;
8 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
9 .Ibidem.
10. Ibidem.
11. Odg del Fronte Nazionale delle Province Salentine Lecce, 16 settembre 1943 a cura di M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 262-264
12. La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
13. Ibidem.
14. Ibidem.
15. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955
16. Agostino Degli Espinosa il regno del Sud (Migliaresi, Roma, 1946; 2a ed., Parenti, Firenze, 1955; Editori Riuniti Roma 1973).
17. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962
18. Verbale del Comitato organizzativo della legione volontaria “Garibaldina”- Lecce in M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979 pag 264,265
19. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962
20. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955 -I primi suggerimenti di costituire legioni volontarie combattenti con bandiera italiana accanto agli alleati erano stati dati al generale americano William Donovan, capo dell’O.S.S. (Office of Strategie Service), da Raimondo Craveri e Pasquale Schiano al campo di Pesto e, subito dopo, da Benedetto Croce il 22 settembre a Capri.
21. Claudio Pavone: I gruppi combattenti “Italia” in fascismo e antifascismo testimonianze e contributi (1936-1948) lezioni e testimonianze II° volume Felrinelli 1962: [..] di sentimenti antifascisti, allontanato da tempo dall’esercito. Uomo onesto e valoroso, egli si dimostrò tuttavia, sia dal punto di vista tecnico che da quello politico, non completamente all’altezza del compito di guidare una cosi difficile impresa, del cui significato patriottico ebbe un alto concetto, ma che non riuscì ad adeguare alla situazione di emergenza, cosi lontana dai tradizionali schemi militari, dai quali egli ancora troppo si lasciò guidare.
22 . La provincia di Brindisi tra fascismo e democrazia – di Nicola Colonna, Franco Stasi Fasano : Grafischena, 1979
23. M. De Giorgi, C. Nassisi Antifascismo e lotta di classe nel Salento 1943-1947 .Lecce 1979
24. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955- Claudio Pavone scrive: Degli Espinosa, da cui traiamo queste notizie ci narra inoltre di un suo colloquio a Bari, in ottobre, con il capitano inglese Robertson. Il Robertson disse che i volontari erano numerosi, ma nella grande maggioranza non volevano arruolarsi nell’esercito regolare.
25 .Giaime Pintor, letterato e giornalista, nato a Roma il 1919, è antifascista e antinazista, il 10 sett. 1943 partecipa alla difesa di Roma a Porta S. Paolo; Caduta la Capitale, varca le linee tedesche e si porta a Brindisi, deluso dall’ambiente che trova nel regno del sud si reca in Campania e lavora con altri giovani alla formazione di un corpo di Volontari della libertà. Fallita questa impresa, nel tentativo di ripassare le linee per recarsi nel Lazio a organizzare la Resistenza di gruppi partigiani, cadde ucciso da una mina a Castelnuovo al Volturno (Campobasso) il 1° dicembre del 1943, poco prima di partire quasi avesse una premonizione, aveva scritto una lucida lettera-testamento al fratello minore, Luigi.
26. Giaime Pintor: Napoli, 28 novembre 1943, dalla lettera al fratello Luigi.
27. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955
28. Ibidem.
29 . I gruppi combattenti Italia , pag252-256 in Storia della Resistenza la guerra di liberazione in Italia 1943-1945 vol. I° Editori Riuniti Roma 1987
30. Agostino Degli Espinosa il regno del Sud (Migliaresi, Roma, 1946; 2a ed., Parenti, Firenze, 1955; Editori Riuniti Roma 1973).- l’esistenza di quel dualismo politico che poi si sarebbe affermato, per cui gli atti delle autorità pubbliche si duplicavano di iniziative rivoluzionarie. E siffatto dualismo generò subito un urto, poiché il questore [che] agì contro l’iniziativa dell’arruolamento che a termini di legge violava l’ordine pubblico. Stimolato dall’estrema gravità del momento, alla stessa guisa degli uomini che si accingeva a colpire, egli procedette a restaurare l’ordine compromesso e, poco dopo l’affissione dei manifesti, il tipografo Canfora, l’azionista Lapriora ed il socialista Larecchiuta venivano fermati. Fu un fermo di poche ore, ma l’episodio bastò a sviluppare una vicendevole diffidenza fra gli uomini dei partiti e quelli degli organi statali che le circostanze chiamavano invece a collaborare
31. Bodini, Vittorio. – Poeta, studioso e saggista, nato a Bari da famiglia leccese il 6 gennaio 1914, morto a Roma il 19 dicembre 1970. . Influenzato dal gusto ermetico negli anni precedenti la guerra, esordì nel 1952 con la raccolta La luna dei Borboni. Diresse la rivista L’esperienza poetica (1954-56) che perseguiva un rinnovamento della poesia in collegamento con le istanze di rinnovamento sociale del Sud. Nel 1956 pubblicò Dopo la luna e nel 1967 la raccolta Metamor. Nel 1972 è apparsa, postuma, la sua opera poetica completa: Poesie (1939-70). Docente di letteratura spagnola all’univ. di Bari, ha lasciato versioni da Lorca, P. Salinas e Cervantes, nonché i volumi di saggi Studi sul barocco di Gongora (1964) e Segni e simboli nella “Vida es sueño” (1968).Nel 1941 Vittorio Bodini, sente la necessità, l’urgenza morale dell’impegno civile, della partecipazione attiva alla cospirazione antifascista. È difficile dire quando questo atteggiamento, che è prima etico che politico, si concreti in una partecipazione alla attività clandestina; Bodini non ha esitazioni a fissare questa data che confermerà in un taccuino degli anni ’60, nel quale annotava di aver fatto parte fin dal 1941 di « Giustizia e Libertà », testimonianza confermata da Vittore Fiore, nel suo « ricordo » di Vittorio Bodinini.
Già nel novembre del ’42, gli atteggiamenti di sfida, assunti anche pubblicamente da Bodini non potevano essere più ignorati dalle autorità locali del PNF; il fiduciario del fascio scriveva che Bodini era: « un intellettualoide vanesio e tendenzialmente antifascista ». Dall’ottobre del ’42 egli non fu più « un poeta in una trasognata isola irreale », si lanciò nell’attività clandestina, tenne i contatti con i liberal-socialisti fiorentini e col gruppo di «Giustizia e Libertà », attorno a Tommaso Fiore.
Bodini compì anche alcuni viaggi a Firenze, quasi sicuramente alla fine del ’42 e poi certamente nel marzo e nel maggio del ’43. Un riferimento indiretto lo si può trovare nella sua poesia « Notte di guerra », ispirata al bombardamento di Foggia del 30 maggio ’43 da cui egli era passato a qualche giorno di distanza. Egli fece la spola tra Lecce e Bari divenendo uno dei corrieri di « Italia libera ». È così attivo nell’attività di « Giustizia e Libertà » da rappresentare con B. Liguori il gruppo al Congresso clandestino di Firenze (5 settembre ’43). Al suo ritorno a Lecce si apre uno scontro all’interno della locale sezione, sul problema della epurazione degli iscritti compromessi con il fascismo, che vede Bodini schierato su posizioni di intransigenza tali da portarlo con altri suoi compagni a formare una sezione « autonoma », che rientrerà nel partito d’Azione dopo una mediazione di Calace e di Cifarelli nel novembre del ’43.
Bodini non seguirà di persona queste vicende perché coinvolto nel tentativo di partecipare alla formazione di un Corpo di volontari da :Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi
32. Vittorio Bodini : Appunti di un volontario mancato; Taccuino della spedizione; La colonna Pavoni; in : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) Millella Le 1984, curatore F. Grassi,
33. Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi
34. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955,- “Il mattino del I° novembre Pavone ricevette dal colonnello Huntington la lettera di risposta al promemoria : era una fredda lettera di congedo, annunciato con una burocratica perifrasi. Il colonnello dell’O.S.S. si limitava infatti a dire che avrebbe preso altrove gli uomini di cui aveva bisogno, e che col I° novembre non sarebbero stati più fomiti né viveri né vestiario. I Gruppi Combattenti Italia erano finiti. Alla Nota 110 « Licenziamento del servo » fu il primo irato commento di PAVONE (Diario, 1° novembre), « Data l’estrema penuria di viveri e l’impossibilita di armare con i nostri mezzi anche piccole unita militari in vista di un impiego regolare, data l’aggiunta impossibilità di provvedere locali per l’acquartieramento e l’addestramento senza ildiritto di requisizione, il ritiro dell’appoggio alleato equivaleva ad una condanna a morte della nostra iniziativa»: cosi scrive F. CARACCIOLO, op. cit., p. 9. Pasquale Schiano mi ha testimoniato della imbarazzante situazione in cui vennero a trovarsi quegli uomini che gli anglo-americani avevano di loro iniziativa mandato dietro le linee e che, tornando dalle loro missioni (ma alcuni non tornarono più), trovarono disciolto il corpo cui appartenevano: alcuni di essi, ricorda Schiano, finirono addirittura nei campi di concentramento della Tunisia.
35 .Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi
36. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955
37. Vittorio Bodini : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) – introduzione: per un profilo politico di Vittorio Bodini. Millella Le 1984, curatore F. Grassi
38. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955
39. Archivio di Stato Brindisi Gabinetto Busta 74 fasc 12
40. Claudio Pavone I Gruppi Combattenti Italia – Un fallito tentativo di costituzione di un corpo di volontari nell’Italia Meridionale (settembre-ottobre 1940 ) a cura dell’istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Milano 1955
41. Paolo Petrucci Nato a Trieste il 1° agosto 1917, fucilato alle Fosse Ardeatine (Roma) il 24 marzo 1944, professore. Al momento dell’armistizio si trovava a Roma. Partecipò così ai combattimenti contro i tedeschi a Palidoro. Quando i nazisti occuparono la Capitale, il giovane granatiere decise di passare in clandestinità. Con gli amici Paolo Buffa e Aldo Sanna, “Pietro Paolucci” – questo il nome di copertura – partì verso il Sud con lo scopo di promuovere la costituzione di un corpo di “Volontari per la libertà”. Non fu possibile realizzare il progetto, per cui Petrucci, con Buffa e Giaime Pintor (che avevano incontrato nell’Italia già liberata), decisero di tornare a Roma per organizzare gruppi di partigiani nel Lazio. Nel tentativo di ripassare le linee lungo il Garigliano, i giovani antifascisti finirono su un campo minato. Pintor saltò in aria su una mina e gli altri decisero di tornare indietro. Addestrati dagli Alleati, dopo due settimane “Paolucci” e Buffa furono paracadutati su Monte Rotondo, di dove poi raggiunsero, a Roma, la casa della comunista Enrica Filippini che li ospitò, consentendogli di organizzare azioni di propaganda antinazista, che raggiunsero il culmine con le manifestazioni degli studenti romani. L’attività di Petrucci e dei suoi durò giusto un mese. Il 14 febbraio 1944 le SS irruppero nell’abitazione della Filippini e vi arrestarono la padrona di casa, Cornelio e Vera Michelin-Salomon, Paolo Buffa e “Pietro Paolucci”. Per tutti la solita trafila in via Tasso e poi il processo, nel corso del quale Petrucci, forse grazie al suo nome di copertura, fu assolto. Ciò non impedì ai tedeschi di farlo rinchiudere nel terzo braccio di Regina Coeli, dal quale uscì soltanto per essere trucidato alle Fosse Ardeatine.
42. Raimondo Craveri (Napoli, 1912 – Roma, 16 ottobre 1992) è stato un intellettuale antifascista, cognato di Croce, fu tra i fondatori del Partito d’ azione. Dopo l’8 settembre 1943, è a Salerno, dove, con Alberto Tarchiani e Alberto Cianca, e con l’avallo di Croce morale dello stesso Croce lanciarono l’ idea di una formazione di volontari che avrebbe dovuto prender parte, combattendo in prima linea, al fianco degli eserciti anglo-americani, nella guerra per la liberazione dell’ Italia soggiogata dai nazisti. Dopo avervi consentito, gli anglo-americani, al momento della sua realizzazione, non ne vollero più sapere. Il loro rifiuto era dovuto al desiderio di Churchill di non consentire che degli italiani, e soprattutto non degli italiani tendenzialmente repubblicani, acquistassero troppi meriti. Craveri non si rassegnò , tuttavia. Propose agli americani la creazione di un servizio di contatti ed aiuti ai partigiani dell’ Italia settentrionale. Questa volta trovò ascolto durevole. Il servizio, diretto da Craveri, con la denominazione di ORI, si costituì ed operò molto efficacemente. Procurò parecchi avio-lanci di armi ai partigiani.
43. [..] una parte degli uomini che erano stati raccolti da Pavone, furono rilevati da Craveri per l’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana), che egli reclutò per l’OSS ( Office of Strategic Services) dopo essere stato avvicinato a Capri nel settembre dal generale Donovan. Lo aiutava nell’impresa uno scienziato napoletano, il dottor Enzo Boeri, le cui simpatie politiche (come quelle di Craveri) oscillavano fra il PDA e il PLI.
Coordinata dall’OSS, l’ORI operava spesso in più stretti rapporti con i CLN e i partiti politici che non le SF (Special Force) britanniche.
Fin dal settembre l’ORI collaborò alla spedizione della prima missione alleata (Law) nel Nord. Trasportata da un sottomarino e diretta a Lavagna in Liguria, essa era guidata da un nipote di Matteotti, Guglielmo (Minot) Steiner, e comprendeva Fausto Bazzi e Guido De Ferrari. Alla missione si aggiunsero poi Piero Caleffi del PDA di Genova e altri, tra cui il radiotelegrafista Giuseppe Cirillo che più tardi proseguì la sua attività presso la direzione milanese della
Resistenza.
Nell’ottobre l’ORI di Craveri stabilì un contatto radio con il servizio informazioni clandestino della Otto, appena organizzato a Genova da Ottorino Balduzzi, sostenitore a quell’epoca del PDA. [..] Parri fu in grado di servirsi frequentemente dei servizi della Otto e di comunicare grazie a essa con gli Alleati. Sia l’ORI che le SF si servirono in seguito regolarmente del servizio informazioni della Franchi che le succedette, istituito da Edgardo Sogno e da altri autonomi.( Da Charles F. Delzell I Nemici di Mussolini. storia della resistenza armata al regime fascista, Castelvecchi Roma 2014)
44.Vittorio Bodini : Appunti di un volontario mancato; Taccuino della spedizione; La colonna Pavoni; in : I fiori e le spade. Scritti civili (1931-1968) Millella Le 1984, curatore F. Grassi.
Era caldo quel pomeriggio del 9 agosto del ’43 a Brindisi, nello studio dell’avvocato Vittorio Palermo in Via Palestro angolo via Mazzini nei pressi di piazza Cairoli, dove adesso ci sono gli uffici dell’INAIL. Alle ore 3 del pomeriggio si riunirono con l’avvocato Vittorio Palermo, Guglielmo Cafiero, Donato Ruggiero, l’ingegnere Pietro Sala, l’avvocato Giovanni Stefanelli. Nasceva così il Comitato Provinciale di concentrazione antifascista a Brindisi, noto anche come Fronte Nazionale d’Azione, quello che in seguito sarà molto più noto come Comitato di Liberazione Provinciale di Brindisi.
Il promotore di questa tempestiva iniziativa antifascista in città fu dunque l’avvocato Vittorio Palermo originario di Ceglie Messapica ma operante da tempo in città. Egli aveva avuto il merito tenere le fila di un gruppo di antifascisti brindisini che, come è annotato nel verbale della loro prima riunione, alcuni dei quali erano diggià in intenso e quotidiano contatto da un paio d’anni fra loro ed altri elementi antifascisti pugliesi ed italiani.
La figura dell’avvocato Vittorio Palermo oggi è ormai poco nota. Va a merito dell’avvocato Augusto Conte l’avere, in più occasioni, fatto una ricognizione biografica attenta e puntuale sulla persona di Vittorio Palermo che ci permette di mantenerne vivo il ricordo. Di seguito pubblichiamo alcuni stralci:
[..]Palermo, Vittorio (Ceglie Messapica, 17.7.1906 – Brindisi, 27.4.1981). Il giovane Vittorio aveva l’animo di un poeta in un temperamento di rivoluzionario. La sua vita e la sua opera costituiscono testimonianza della lotta per le libertà sostenute dalla Avvocatura, nell’esercizio della funzione difensiva e nell’impegno politico-sociale.
Dopo la laurea in Giurisprudenza nell’Università di Roma, da giovane e brillante Avvocato nel 1936 si era schierato contro il fascismo, assumendo contatti con note personalità antifasciste nazionali, tanto che nel 1937 era segnalato alle autorità di frontiera perché fosse controllato al rientro da un viaggio in Francia, essendo sospettato di contatti (in realtà mantenuti) con i fuoriusciti clandestinamente.
Conclusa l’esperienza politica dopo la Liberazione si dedicò alla professione forense, con Studio professionale nella natia Ceglie Messapica e in Brindisi, per poi stabilirsi definitivamente nel capoluogo; nel suo Studio si formarono tanti giovani praticanti. Nel contempo prevalse in lui, sul contestatore politico, l’animo del poeta, tornandosi a dedicarsi alla poesia, alla musica, al teatro, sue passioni giovanili di quando era “ignaro del dolore!”.
Componeva versi dai quali traspariva un senso di doloroso struggimento e il suo raccoglimento nella preghiera.
Prese parte all’associazione “Amici della Musica” e si interessò al teatro, nel quale, giovanissimo aveva rappresentato commedie, allora in voga, di Sem Benelli.
Nell’attività professionale riversava quella poetica che lo animava anche nel modo di esporre le questioni che trattava, con riferimento ai classici della poesia.
Nessuno avrebbe individuato nel fine professionista la persona descritta in un verbale di polizia:
“L’anno 1943, addì sei del mese di novembre, nella R. Questura di Brindisi. Innanzi al sottoscritto,Commissario di PS., è presente l’Avvocato Palermo Vittorio fu Giuseppe e di Leuzzì Angela, nato a Ceglie Messapica il 17 luglio 1906, qui residente in via Mazzini, n. 50, il quale viene diffidato ai sensi dell’art. 64 della Legge di PS. a non promuovere manifestazioni del Comitato del Fronte Nazionale di Azione, e non tenere riunioni in pubblico né adunanze, manifestazioni, conferenze e simili, anche in luoghi chiusi, avvertendolo che in caso contrario saranno adottati nei di lui confronti più severi provvedimenti di polizia, indipendentemente dalla denunzia all’Autorità Giudiziaria. Letto, confermato e sottoscritto. F.to Avv. Vittorio Palermo. F.to Delle Canne Antonio – Commissario di PS. “,
[..]La sua attività di antifascista si era intensificata subito dopo l’inizio della guerra nel 1941, venendo coinvolto nelle indagini compiute su Tommaso Fiore; fu temporaneamente detenuto nel Carcere di Bari ove venne in contatto con l’Avv. Michele De Pietro c l’Avv. Michele Cifarelli (poi Senatori della Repubblica) che il 16.11.1943 gli scrisse: “Carissimo Vittorio, ti presento l’Avv. Arduino Cerniti di Venezia, che ora fa parte del Nostro Comitato di Liberazione. Egli Ti esporrà a voce la situazione. Io sintetizzo: 1) Ci siamo costituiti in Comitato di Liberazione. 2)Abbiamo votato gli ordini del giorno di cui ti invio copia. 3)Cerchiamo di prendere adeguatamente contatto con la Commissione di controllo. 4)Invitiamo voi di Brindisi e gli amici di Lecce e Taranto, per il tuo tramite, a far altrettanto. Occorrono al massimo chiarezza, fermezza e rapidità. Ti abbraccio. Saluto tutti gli altri amici di Brindisi. Auguri. Tuo Michele Cifarelli.”
Vittorio metteva a disposizione sé stesso e il suo Studio (il locale interpartiti era stato requisito).
Il Comitato di Liberazione lo designò a Sindaco di Brindisi, ma la nomina risultò troppo estremista alla Commissione Alleata di Controllo, per cui fu designato il rappresentante di un partito più moderato.
Agli entusiasmi della liberazione seguirono le delusioni: l’accesso alle cariche politiche di persone compromesse con il passato regime, il rallentamento della epurazione, anche a seguito dell’amnistia non volendo i vertici della politica alimentare il risentimento, lo convinsero a mettersi in disparte e a dedicarsi alla professione e alla coltivazione del sentimento dell’arte.
(da: Avvocati e Giuristi Illustri Salentini dal XVI al XX Secolo a cura di Augusto Conte, Sergio Limongelli, Stefano Vinci, Edizioni Grifo, Lecce, dicembre 2014)
Fra qualche giorno ricorre il 72° del 25 luglio 1943 una data importante, anche a Brindisi qualcosa accadde:
A Brindisi
subito dopo il 25 luglio del ’43
Ieri in questo capoluogo verificavasi at seguito notizie dimostrazione pubblicate stampa qualche chiassata ad opera una ventina studenti che raggiungevano sede GIL per asportare emblemi fascisti et tentavano affissione manifestino poligrafato carattere antifascista. Capeggiatori arrestati(1).
Quello ieri era riferito al 28 luglio del 1943, il capoluogo in questione era la città di Brindisi e la chiassata della ventina di studenti è la notizia che mette la cittadina in pari con i fatti della storia e di molti altri luoghi del Paese dove si era festeggiato quel 25 luglio e le grandi illusioni che si portava dietro come l’idea che la guerra potesse finire come per magia in un istante.
Forse l’iniziativa locale non era della stessa portata e misura di altre realtà, per giunta accadeva con qualche giorno di ritardo, ma l’importante era che anche in Brindisi, malgrado il telegramma del prefetto, l’ordine pubblico, a lui tanto caro, non era stato normale, anche in città c’era stata una manifestazione antifascista, a dispetto della nomea di essere un luogo refrattario.
Era calda quell’estate del ’43, molte sono le testimonianze che lo confermano, ricordi orali, documenti vari e persino alcune biografie lo confermano, ma il caldo descritto supera la dimensione meteorologica per un tragico susseguirsi di fatti.
Quella del luglio ’43, è una storia particolare, fatta di alti e bassi per gli italiani, all’inizio del mese c’era stato lo sbarco degli americani e degli inglesi in Sicilia. Era la conclusione di un calvario di notizie che nel recente passato si erano andate accumulando, dalla ritirata in Russia alle sconfitte in Nord Africa. Inoltre già da tempo, dal ’40 in poi, gli italiani avevano conosciuto la guerra totale, il terrore che colpiva dall’alto la popolazione civile inerme, i bombardamenti avevano distrutto e ucciso in ogni città dal nord al sud del Paese. Infine quel 25 luglio del ’43 aveva sparso per la penisola quell’ euforico clima pericoloso, un entusiasmo tragicamente ingenuo si era impadronito di moltissimi italiani. Mussolini era stato costretto alle dimissioni, così era stato annunciato alla radio che testualmente dichiarava: “Attenzione, attenzione: Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni, dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, e Segretario di Stato, presentate da Sua Eccellenza, il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio.”
La fine del regime al potere dal 1922 e il seguente arresto di Mussolini oltre che la formazione del Governo Badoglio furono accolte con manifestazioni di gioia, sia gli antifascisti che le persone comuni scesero in piazza per distruggere e danneggiare molti dei simboli e delle sedi del regime fascista, inneggiando alla democrazia e alla pace.
Quel 28 luglio del ‘43, il giorno della chiassata ad opera una ventina studenti a Brindisi, aveva avuto ben altro e sanguinoso sviluppo a Bari, dove si erano contati venti morti, circa una cinquantina di feriti. Erano caduti in via Niccolò Dell’Arca, erano in maggioranza giovani, operai e studenti, erano stati uccisi dai colpi esplosi da un reparto dell’esercito e da cecchini appostati nella vicina sede della federazione del Partito fascista, essi, soldati e fascisti, avevano sparato contro un pacifico corteo che andava ad accogliere gli antifascisti all’uscita del carcere.
Quei giorni di luglio in Puglia sono caldi, c’erano state già altre manifestazioni, in provincia di Brindisi il 26 di luglio, in un telegramma il prefetto Pontiglione (questo era il nome) scrive: Segnalati lievi incidenti nei Comuni S. Vito Normanni et Torchiarolo dove sono state tolte da casa fascio targhe indicative et ritratti duce senza reazione da parte fascisti(2).
Anche in provincia di Brindisi, dalle sedi fasciste, vengono tolte insegne e ritratti di Mussolini a San Vito dei Normanni e a Torchiarolo il prefetto è costretto a comunicare che vi sono stati incidenti probabilmente a seguito di manifestazioni spontanee antifasciste.
Per la verità queste notizie su Brindisi e dintorni erano già state date dallo studioso Francesco Barra(3) negli atti di un convegno promosso dalla regione Campania nel ’75, il 25 luglio nel mezzogiorno aveva rappresentato una anomalia rispetto alla vulgata prevalente, come per esempio è dimostrato da un importante testo del 1969 quale L’Italia dei 45 giorni che succintamente sul mezzogiorno dichiarava: la quasi totale assenza di manifestazioni di rilievo nei centri principali. A Napoli come a Bari, a Taranto come a Brindisi non si segnalano grandi dimostrazioni, né astensioni dal lavoro. La presenza antifascista appare subito assai limitata e comunque in grado di influenzare solo indirettamente l’opinione pubblica attraverso ristretti ambienti professionali e intellettuali.
Dunque i fatti del 25 luglio ’43 hanno questa impronta assai limitata, in questa lettura ciò che accade al sud avviene solo per l’azione di ristretti ambienti professionali e intellettuali, che sono in grado di influenzare solo indirettamente l’opinione pubblica (?),stante queste premesse su molti fatti nel mezzogiorno se ne era quasi persa la memoria, a maggior ragione si erano persi pezzi di memoria locale di quel decisivo e drammatico 1943, in tal modo e inspiegabilmente diversi ricordi affondarono senza quasi lasciare tracce.
Dunque la provincia di Brindisi, stante queste notizie più volte e diversamente documentate e/o dimenticate e/o riscoperte e/o sottovalutate, non è quel territorio che a volte è considerato come amorfo e refrattario, a Brindisi come in altre parti della Puglia per quanto ristretti gli ambienti professionali e intellettuali avevano comunque lanciato la sfida democratica ed antifascista a ridosso del fatidico 25 luglio, e la cosa non è di poco conto.
Ciò che manca davvero è la conoscenza dei nominativi dei Capeggiatori arrestati o almeno qualcuno dei nomi della ventina di studenti partecipanti della cosiddetta chiassata, che in realtà è un piccolo corteo, il primo antifascista dopo un paio di decenni, che si reca verso la sede della Gioventù Italiana del Littorio, uno dei tanti luoghi del regime nella città, si recano in quel posto per abbatte stemmi e simboli del fascismo. L’abbattimento dei simboli della dittatura è del tutto coerente con ciò che accade in molte parti del Paese dal nord al sud con ristrette o numerose manifestazioni.
Poco o nulla si conosce delle altre manifestazioni, dei lievi incidenti, citati dal telegramma prefettizio, di San Vito e di Torchiarolo, anche per queste due località non è dato sapere molto sulla iniziativa antifascista.
Il telegramma del 29 luglio, indirizzato al Ministero dell’Interno del prefetto di Brindisi, parla inoltre di un volantino, precisamente di un manifestino poligrafato che i dimostranti cercano anche di affiggere, e che sicuramente hanno diffuso lungo il percorso della manifestazione.
Su questo volantino, è possibile fare una supposizione sufficientemente plausibile sulla sua individuazione, il cui testo è di seguito trascritto:
Cittadini,
Nell’ora sua più tragica, dopo oltre un ventennio di sofferenze e di martirii, per la volontà del Popolo che, se persegue gli inderogabili suoi diritti, vince alla fine ogni barriera, la Patria nostra si riscuote da un obbrobrioso letargo per ritornare, rinnovata di spiriti, nel consorzio delle Nazioni Civili.
E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.
Sentite, dunque, di quest’ora, tutta l’austerità: di quest’ora che matura i destini della Nazione.
Riprendete le tradizioni veramente grandi e gloriose del nostro Risorgimento, e non siate sordi ai bisogni dell’età che preme a sorgere, dell’età che, pur fra strazi e ruine inenarrabili e infinite, già sorge e chiede giustizia e libertà per tutti in una pacifica fratellanza di Popoli.
E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.
Vigilate nell’opera.
Copie di questo testo di volantino sono circolate in molte parti del Salento dopo il 25 luglio del ’43, all’epoca, tra l’altro, non dovevano essere molti i volantini che vi circolavano. Di quello in questione alcune copie si sono conservate in alcune raccolte locali(5), E’ questa un’alba, non è ancora il giorno è il brano-riflessione contenuta nel testo del volantino e ripetuto per ben due volte che dimostra da parte degli autori la consapevolezza della fase difficile ma decisiva che stava per iniziare.
Il testo è di chiara tendenza liberalsocialista(6) per i suoi contenuti ed anche perché ormai sono anni da tempo che l’opposizione comunista nella Puglia era stata battuta, Il movimento comunista pugliese non si riebbe mai dai colpi del febbraio-marzo 1937. La varie province apparvero pacificate e i dirigenti locali che non finirono in galera vennero neutralizzati e rigorosamente controllati(7) ; dunque subito dopo il 25 luglio le condizioni del movimento comunista locale è estremamente debole, un altro indizio che depone a favore dell’attivismo liberalsocialista è la presenza di giovani studenti.
Già da diversi anni ’30, il movimento liberalsocialista era attivo in varie parti della Puglia, in prevalenza negli ambienti intellettuali. Esso era estremamente vivace e, proprio grazie al dinamismo di queste minoranze critiche, rappresentò un baluardo della cultura contro il regime fascista. Il movimento, partendo da Bari, attraverso l’ impulso di Tommaso Fiore, si diffonde in molte parti della regione e nel Salento. Trovò consensi tra gli studenti dei vari licei e in diversi gruppi di giovani universitari e di insegnanti. Gli accadimenti di Brindisi in quel 28 luglio del ’43 possono essere stati prodotti da giovani aderenti o in contatto con questo movimento.
Nella città di Lecce è ampiamente documentata l’iniziativa del 26 di luglio. In quel giorno si svolge una manifestazione di circa 500 persone che è capeggiata dagli esponenti più importanti dell’antifascismo locale, anche qui e prima che a Brindisi, viene distribuito il volantino stampato in cui c’è il famoso passaggio: E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.
Si hanno notizie dimostrazioni che hanno luogo anche in altri centri del Leccese come ad Ugento, a Monteroni, ad Arnesano e a Villa Baldassarre. In questi ultimi tre luoghi vi sono notizie su assalti e devastazioni a sedi del fascio, ai dopolavoro e ai locali del sindacato agricolo.
Nel Tarantino la popolazione scese in piazza a Mottola e Martina Franca, dove sono dati alle fiamme i ritratti di Mussolini (8).
In provincia di Foggia nella notte tra il 25 ed il 26 luglio a Carpino, sul Gargano, i carabinieri dispersero una manifestazione popolare arrestando 6 persone, mentre a Foggia, la mattina del 28, «alcuni monelli» presero a sassate la federazione fascista, riuscendo quindi a penetrare nell’interno e a devastarla in parte (9).
In terra di Bari oltre ai drammatici fatti nel capoluogo, massicce e violente dimostrazioni si svolsero in molti centri tra il 26 ed il 29 luglio, spesso con incidenti tra fascisti ed antifascisti e con pesanti interventi repressivi delle forze dell’ordine. A Noicattaro e Sannicandro vennero infatti devastate le case del fascio, a Monopoli e Noci dei fascisti vennero malmenati, a Ruvo si distrussero i simboli del regime e si devastò il fascio, mentre l’acme si raggiunse a Bitonto, dove, il 28 luglio, oltre cinquemila persone assalirono un alloggiamento della milizia, un deposito comunale di viveri ed un panificio militare, venendo poi disperse con le armi dai carabinieri(10).
Questo accadde in Puglia in modo che si possa dire che nei fatti del caldo luglio ’43 la presenza antifascista apparve subito in grado di influenzare l’opinione pubblica.
di Donato Peccerillo
Note:
(1) Telegramma indirizzato al Ministero dell’Interno – Gabinetto –Ufficio del Telegrafo e della Cifra.da Brindisi 29- 7- 1943 ore 15.40 = ARR. ORE 18 del 30. A Ministero Interno Roma.(Gab. Seg. PS. Pza.) “1532. Diffondesi senso generale sollievo per cessazione regine fascista. Nessuna interruzione lavoro in pubblici uffici et stabilimenti industriali. Ordine pubblico normale. Ieri in questo capoluogo verificavasi at seguito notizie dimostrazione pubblicate stampa qualche chiassata ad opera una ventina studenti che raggiungevano sede GIL per asportare emblemi fascisti et tentavano affissione manifestino poligrafato carattere antifascista. Capeggiatori arrestati. Prefetto Pontiglione”. ACS Ministero dell’interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, fasc. 214 “n. 17 Brindisi”.
(2) Telegramma indirizzato al Ministero dell’Interno – Gabinetto –Ufficio del Telegrafo e della Cifra.da Brindisi DA BRINDISI 26- 7- 1943 ORE 14.5 = arp. ore 20 del 28 prec. Ass. Ministero Interno Gabinetto Roma.(Gab. Seg. PS. Pza.)” N. 1509» Notizia costituzione governo militare prodotto favorevole impressione. Segnalati lievi inciderti nei comuni S.Vito Normanni et Torchiarolo dove sono state tolte da case fascio targhe indicative et ritratti duce senza reazione da parte fascisti. Prefetto Pontiglione”. ACS Ministero dell’interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, fasc. 214 “n. 17 Brindisi”.
(3)“In Puglia, manifestazioni studentesche avvennero a Brindisi, con tentativi di distruzione degli emblemi fascisti e colla diffusione di volantini clandestini ciclostilati, i cui autori vennero prontamente tratti in arresto. Dimostrazioni vennero pure inscenate a Lecce, a Torchiatolo, S. Vito dei Normanni ed Ugento, mentre a Monteroni, Arnesano e Villa Baldassarre di Guagnano furono devastate le sedi del fascio, del dopolavoro e del sindacato agricolo.Nel tarantino, la popolazione scese in piazza a Mottola e Martina Franca, dando alle fiamme i ritratti di Mussolini.”( “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo- 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, )
(4) L’Italia dei 45 giorni. 25 luglio-8 settembre1943. Studi e documenti. Quaderni dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione. Gallerano N.- Ganapini L.-Legnani M. Editore: Tip. Ferrari, Milano, 1969. Pag 33
(5) ASB ; archivio M. Stampacchia. ecc
(6) Sull’attività del movimento liberalsocialista del Partito d’Azione,: L’attività clandestina antifascista — i cui primi segni si erano già manifestati alla vigilia dell’entrata in guerra — era in effetti ripresa con notevole impegno a Bari sul finire del 1941, con la costituzione del « centro » regionale del movimento liberalsocialista, formato da giovani intellettuali, tra cui Ernesto de Martino, di prevalente formazione crociana ma già insofferenti dell’egemonia culturale del Maestro ed aperti a più vaste prospettive politiche e sociali. Punto di coagulo e di incontro tra vecchi e giovani antifascisti ed il Croce erano la Casa e la libreria Laterza, su cui si appuntava, occhiuta e sospettosa, la vigile sorveglianza della polizia. .”( “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo- 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, )pag. 157
(7) Mauro Canali le spie del regime il Mulino Bologna 2004 pag 363
(8) “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo– 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, ) pag 154
“Proteggere le persone non i confini”, con questa parola d’ordine il 20 giugno a Roma – l’appuntamento è alle 15 al Colosseo – si svolgerà una manifestazione nazionale per sollecitare una svolta nella politica europea fondata sulla solidarietà e la difesa delle vite umane.
Tantissime le adesioni già pervenute all’appello per chiedere all’Europa che non ci siano più stragi e che vengano salvate le vite umane. Tra i firmatari – tra i primi l’Anpi – associazioni culturali e politiche, espressioni della società civile, sindacati.
Per aderire all’appello mandare una mail a: stopmassacres2015@gmail.com
NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA:
Migrazione, disumanità e secessione
Passando due giorni fa dalla stazione ferroviaria di Milano, ho avuto un’immagine terribile, di un inferno moderno. Leggiamo sulla stampa di questi migranti che arrivano dall’Africa, dalla Siria, dai Paesi orientali, fuggendo da guerre, persecuzioni, malattie, violenze, fame. Immagino il loro dramma, lo sfruttamento cui sono sottoposti dai moderni schiavisti, l’attraversamento di mari in condizioni spaventose, sempre in stretto contatto con la morte; ma, anche se proviamo emozione, si tratta sempre di immaginazione, di lettura di resoconti, di incomplete visioni televisive.
Ma quando ci si trova di fronte alla realtà, sembra tutto diverso e peggiore, infinitamente più drammatico di ciò che abbiamo letto, sentito e immaginato. Centinaia di persone, con moltissimi bambini, in uno spazio ristretto e privo di tutto e di punti di riferimento in un mezzanino di stazione, sono uno spettacolo terrificante, un pugno nello stomaco, un contatto obbligatorio con la realtà, che ci fa vergognare di essere noi stessi, con mille problemi, ma lontani mille miglia dalle tragedie che queste donne, uomini e bambini devono affrontare. Sono provati dal viaggio, ma conservano una loro dignità, che rischiano di perdere solo quando la fame li attanaglia, quando arrivano le malattie, quando i bambini piangono “troppo”, non certo per capricci. Sono persone come noi, che vengono da Paesi lontani, soffrono avventure e trattamenti terribili, disperate, alla ricerca del modo per fuggire anche da Milano e arrivare nei Paesi del centro e nord Europa, che sperano più accoglienti e più in grado di offrire almeno una parvenza di lavoro.
Non sappiamo quale sarà il loro destino; forse riusciranno a salire su un treno, passare la frontiera e poi affrontare altri lunghissimi viaggi. Forse ce la faranno e troveranno davvero accoglienza e possibilità di vita. Lo speriamo; ma è già evidente che non sarà tutto così semplice e li aspettano altri orrori e dolori. Temiamo per loro che, ripeto, sono persone come noi, quale che sia il colore della pelle e l’abito che indossano.
Siamo colpiti dalla incapacità del nostro Stato, dalla sua insufficienza; bravi, molti, a salvarli in mare, quelli che possono ma poi lasciati allo sbando. Quando pensiamo che c’è perfino chi specula e guadagna su queste tragedie, individuali e collettive, ci assale la rabbia dell’impotenza, della vergogna, dell’istinto di augurare chissà quali pene per quelli che le Forze dell’ordine e la Magistratura riescono ad individuare. Ma poi ci accorgiamo che non è solo quello il problema: c’è una somma di fattori, che va dalla inefficienza alla speculazione; ed anche questo è un altro aspetto dell’inferno.
A mitigare queste immagini angosciose c’è solo lo “spettacolo” del volontariato; ce n’è molto, anche alla stazione di Milano, che si adopera, aiuta, nutre e cura, prodigandosi in ogni modo per assistere, anche moralmente, questi disperati. Sono il volto positivo dell’Italia, questi che si incontrano anche nei mezzanini della stazione e si adoperano senza tregua. Così come ritroviamo il volto positivo dell’Italia nei molti, soprattutto nelle molte, che senza indossare segni di riconoscimento, vanno a portare viveri, vestiti, medicine e qualcosa per i bambini.
Sono insufficienti (quanti ce ne vorrebbero per assistere, come è accaduto in questi giorni, 450 persone, tra africani e siriani?). Mi piacerebbe incontrare anche qualche compagna o compagno dell’ANPI, naturalmente senza simboli o distintivi, ma solo per riconoscere che ci sono anche loro a ricordare a tutti (praticandolo) quei “doveri inderogabili di solidarietà sociale” che sono scritti a caratteri indelebili nell’art. 2 della nostra Costituzione. Ma ci saranno certamente, soprattutto le nostre donne, le nostre compagne, che dalla Resistenza, dalla Costituzione e dalla vita hanno imparato il valore della solidarietà. Abbiamo svolto anche noi, tramite mia moglie, la nostra piccola azione positiva, ma ovviamente non dirò quale, anche perché la ritengo comunque insufficiente – sia pure in mezzo al concorso e al contributo di tanti – per lenire davvero una situazione così drammatica e così grave.
Ma, andando avanti, sono stato sopraffatto dalla indignazione contro quest’Europa che non si decide a superare il proprio atavico egoismo e traccheggia perfino sulle “quote”, per le quali sembrava avesse assunto un impegno. Contro quella parte dello Stato italiano, che non riesce a far fronte a questi drammi e lascia alla loro disperazione, dopo lo sbarco, questi sventurati, non riuscendo ad impartire direttive serie agli organismi competenti, a controllare che una qualche forma di assistenza ci sia sempre (e senza abusi, speculazioni e corruzioni).
A Milano, per esempio, ci sono volute ore e giorni di trattative tra le Autorità e le istituzioni competenti, per cercare una soluzione, tra discussioni infinite e poco fruttuose. Alla fine, si è trovata una sistemazione temporanea, (dal mezzanino a due negozi ancora vuoti, sempre in stazione), suscitando l’impressione (magari errata) che abbia prevalso la preoccupazione che i viaggiatori, provenienti anche da altri Paesi, si trovino di fronte ad una visione drammatica e tutt’ altro che esaltante per una città come Milano. Lo spazio, comunque, sarà sempre ristretto e inadeguato ed i problemi saranno tutt’altro che risolti, in mancanza di una linea complessiva, praticabile e condivisa. Infine, mi indigno contro l’indifferenza e il silenzio di tanti (troppi!).
Ma soprattutto mi indigno contro la brutalità di certi discorsi di politici che “grattano la pancia”, ai peggiori istinti e perfino a quelle reazioni che pure possono essere “normali” in periodo di crisi, ma che non andrebbero strumentalizzate; contro l’assenza di umanità che trovo nelle loro parole, che non sono superficiali come potrebbero sembrare, ma sono molto peggio, perché si nutrono di egoismi e di bassezze.
Ma non basta: l’indignazione non può non dirigersi anche nei confronti di quelle Autorità pubbliche (regionali) che dichiarano che nelle loro regioni non riceveranno più nessuno, con un’alleanza tra “Governatori” di tre grandi regioni del Nord, che dovrebbero essere le prime nell’opera di assistenza e nell’organizzazione del soccorso a coloro che ne hanno bisogno.
Quale “disciplina e onore” (art. 54 della Costituzione) si può trovare in chi esercita una carica elettiva in questo modo, senza un briciolo di sensibilità o di solidarietà e senza rispetto di quella “dignità” della persona, su cui è imperniata tutta la Costituzione e che riguarda non solo i cittadini, ma tutti coloro che si trovano sul suolo italiano ed ai quali null’altro si può addebitare se non la ricerca di una possibilità di vita almeno decente? Ma c’è persino di peggio: qualcuno di questi politici che stanno cercando voti speculando sulla disperazione e sugli orrori cui altre “persone” (lo ribadisco) sono sottoposte, ha osato dichiarare che se si adotteranno misure che in qualche modo favoriscano l’assistenza a questi diseredati, “si occuperanno le Prefetture”.
Mettiamo insieme la presa di posizione dei tre “Governatori” e frasi di questo tenore e ci troviamo di fronte, ancora una volta, ad una Italia divisa in due, in cui il peggio si colloca proprio là dove sarebbe più facile e doveroso praticare la solidarietà; è questa la nuova forma di “secessione” dai poteri centrali e dal resto del Paese, di cui si era parlato anni fa e che ora ritorna in una veste ancora più inaccettabile? Io spero che non si vada avanti per questa strada; se così fosse dovremmo ribellarci tutti in nome di una Costituzione che parla di solidarietà, uguaglianza e di dignità.
Non a caso, il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick, ha esposto in una intervista ad un quotidiano, un’opinione molto decisa sulla linea adottata dal Presidente della Regione Lombardia, Maroni, definendola “in contrasto con la Costituzione”.
Dunque, la mia speranza che non si vada avanti per la strada intrapresa da Maroni e dalle altre regioni (e più brutalmente da Salvini), non è tanto quella di un “ravvedimento operoso” (che mi sembra davvero improbabile) ma piuttosto quella di una risposta energica e ferma da parte delle Istituzioni centrali e di una vera rivolta morale, non solo dei tanti che si sacrificano facendo volontariato per garantire almeno un minimo a questi “stranieri”, ma anche dei moltissimi che finora hanno praticato la poco nobile arte dell’indifferenza e della rassegnazione. Una rivolta che consenta di premere su chi ha il potere di intervenire e di farci provare meno vergogna di essere cittadini con un tetto, una famiglia e mezzi sufficienti per vivere.
[..] Antonicelli rivendicava storicamente il termine Resistenza già al periodo che correva dal 1919 al 1943, “giacché sempre accanto al fascismo sorse, combatté e, nei casi che contano, non si piegò l’autentico antifascismo”; e sottolineava che l’altro periodo, il 1943-1945, anch’esso di antifascismo pieno e militante, era di origine e di tipo diverso. La loro assimilazione in un unico blocco non serviva a capire e riconoscere il legame strettissimo frala resistenza disarmata e l’iniziativa armata contro il fascismo.
L’idea avanzata da Antonicelli è suggestiva e in un certo senso rivoluzionaria per quanto riguarda la periodizzazione indicata, nella distinzione tra una lunga fase di resistenza al fascismo e un’altra più breve di azione armata contro il fascismo, distinte dalla rottura del 25 luglio 1943, “frutto combinato di astuzia e di terrore e avvenimento fatale e senza grandezza”: questa data segnò il passaggio fra l’opposizione clandestina del Ventennio e la rivolta armata del popolo, sottolineando la comparsa e l’azione complessa di nuove forze sulla scena politica e militare.[..]
(da:Manuela Consonni l’eclisse dell’antifascismo Bari 2015 pag 119)
Archivio di Stato di Brindisi – comitato provinciale dell’ANPI – Comune di Mesagne
IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE E ALLA VIGILIA DEL 25 APRILE
presentano la mostra documentaria e fotografica “Sovversivi (1900 – 1943)” Le radici dell’antifascismo brindisino e mesagnese, il controllo e la repressione del dissenso politico prima, durante e dopo la dittatura. Fatti e personaggi attraverso i documenti del casellario politico della questura conservati nell’Archivio di Stato di Brindisi”. presso il Castello comunale di Mesagne – Salone nobile
L’inaugurazione della mostra sarà giovedì 23 aprile alle ore 18 nell’auditorium del Castello, dopo i saluti del sindaco di Mesagne Franco Scoditti, di Francesca Casamassima, direttore dell’Archivio di Stato, di Alessia Galiano responsabile del Servizio Cultura del Comune e di Donato Peccerillo presidente comitato provinciale dell’ANPI,
interverrà inoltre Luciano Guerzoni vice presidente nazionale ANPI.
La mostra e la sua inaugurazione rientrano nel programma di varie iniziative che le ANPI di Puglia stanno svolgendo nel 70° della Liberazione dell’Italia,
Di seguito, giovedì 23 aprile sarà aperta al pubblico la mostra documentaria e fotografica dal titolo “Sovversivi (1900–1943)” curata dall’Archivio di Stato di Brindisi, con il Comitato provinciale ANPI e il Comune di Mesagne, allestita nel salone nobile del Castello comunale.
La mostra si potrà visitare dal 23 aprile al 17 maggio 2015 dal martedì alla domenica, dalle 9,00 alle 13,30 e dalle 16,30 alle 20,30. L’ingresso è libero e gratuito.
Su invito dell’Amministrazione di Mesagne, l’Archivio di Stato e l’ANPI ripropongono la mostra che a Brindisi, tra il 2013 e il 2104, ottenne un larghissimo consenso di pubblico e la arricchiscono di una ricerca del tutto inedita su fatti e personaggi della città di Mesagne (comune della provincia di Brindisi).
La maggior parte della documentazione utilizzata per l’esposizione proviene dal casellario politico della Questura, conservato nell’Archivio di Stato, con l’apporto di documenti dell’Archivio storico del Comune di Mesagne, la mostra inoltre si è avvalsa della collaborazione dell’IPSAIC (istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea).
Il percorso della mostra
Con il nome generico di “sovversivi” vennero indicati durante il governo Crispi gli oppositori politici più pericolosi. In seguito la stessa definizione fu attribuita agli antifascisti e, alla caduta del regime, agli ex squadristi e gerarchi fascisti.
La mostra prende le mosse dalle vicende dei primi “sovversivi”, i socialisti fondatori all’inizio del ‘900 delle leghe e della Camera del lavoro, come Giuseppe Prampolini e Felice Assennato per Brindisi e Francesco Pignatelli per Mesagne, e dai primi scontri tra fascisti e antifascisti, quale l’assalto alla sede del fascio di Mesagne nel 1924.
Si passa poi a descrivere l’instaurarsi della dittatura di Mussolini e gli strumenti adottati per reprimere il dissenso politico e a raccontare le storie di alcuni antifascisti – contadini, muratori, artigiani, intellettuali – che sacrificarono la loro vita e quella delle loro famiglie per opporsi al regime, fino alla sua caduta e alla ripresa dell’attività politica dei partiti. Anche in questa sezione non mancano gli approfondimenti su ‘microstorie’ mesagnesi e su alcuni personaggi che subirono il carcere o il confino, come Pietro Ostuni, Cosimo Scollato e molti altri.
A conclusione del percorso, le biografie dei due cugini mesagnesi Eugenio Santacesaria e Santo Semeraro, personaggi esemplari per il ruolo ricoperto nelle fila della lotta clandestina e per la loro condizione di fuorusciti all’estero.
BRINDISI, sabato 25 aprile 2015
Sabato 25 aprile alle ore 10.30 avrà luogo, presso il Monumento ai Caduti in Piazza Santa Teresa, la Solenne Celebrazione del 70° Anniversario della Liberazione.
Alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle Autorità civili e militari della Provincia
A seguire, Piazzetta Sottile-De Falco, è intendimento di S.E. il Prefetto, rendere omaggio alla memoria dei caduti della Resistenza alla presenza delle massime Autorità Civili, Militari e città. Parteciperanno inoltre i partigiani Pietro Parisi e Alfredo Buzzerio.
Mesagne 25 aprile
25.04.2015 dalle ore 9,00 Esibizione a cura del Concerto Bandistico “F. Fasano – L. Leo” – Piazza IV Novembre, vie del Centro Storico, Piazza Garibaldi, Municipio.
26.04.2015
ore 18.00 Atrio Costello Comunale Esibizione della Banda Giovanile del maestro Carlo Pezzolla, a cura dell’Associazione
“Note nel Pentagramma”. A seguire il corteo “Banda giovanile e majorettes Città di Mesagne” per allietare con marce le vie del centro storico, Piazza Orsini Del Balzo, Piazza Vittorio Emanuele, Piazza Matteotti e infine Viltà Comunale.e Piazza Garibaldi.
ore 18,30 – Auditorium Castello Comunale “Sandro Pertini un uomo libero”. Incontro a cura dell’Associazione “RicreAzione” con l’intervento del Prof. Pietro Perri, Vicepresidente Nazionale “Fondazione Sandro Pertini”. Interverranno il Sindaco Franco Scoditti, il Presidente dell’Associazione “RicreaAzione” Domenico Rogoli, coordina il dibattito la scrittrice Mimma Leone
27.04.2015
ore 10,00 – “Sandro Pertini un uomo libero” Pietro Verri incontra gli studenti dell’Istituto Scolastico “Epifanio Ferdinando” di Mesagne
Francavilla Fontana 25 aprile
L’Amministrazione Comunale, in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e della nascita del nuovo stato democratico fondato sui valori della Resistenza, organizza, per sabato 25 aprile 2015 alle ore 9.00 presso la chiesa del cimitero, una iniziativa per celebrare e commemorare la Festa della Liberazione.
Ore 9.00 – Celebrazione della santa messa.
Ore 9.45 – Saluti
Prof. Maurizio Bruno Sindaco di Francavilia Fontana
Alessandro Rodia Delegato ANPI di Brindisi
In memoria dei partigiani e antifascisti che hanno lottato per la conquista delle libertà democratiche interverranno: Concetta Somma,
Francesco Della Porta, Cosimo Penta,Coordina: il Prof. Alberico Balestra
La manifestazione si concluderà con la deposizione da parte del Sindaco, accompagnato dal Gonfalone della Città, di una corona di alloro presso le tombe dei partigiani.
Tuturano festeggia il 25 Aprile
Tuturano (Brindisi) Venerdì 24 Aprile alle ore 18.00, in Piazza Regina Margherita inaugurazione di una targa commemorativa dedicata al 25 Aprile 1945.
Una ammirevole iniziativa a dimostrazione di quanto siano vivi, tra le persone, gli ideali di libertà e lo spirito democratico, l’ANPI di Brindisi si associa a tutto questo e plaude di seguito riportiamo il comunicato del Comitato cittadino di Tuturano:
Venerdì 24 Aprile alle ore 18.00, in Piazza Regina Margherita in Tuturano, alla presenza delle autorità civili e religiose, avrà luogo l’inaugurazione di una targa commemorativa dedicata al 25 Aprile 1945, in occasione del 70° anniversario. La frazione di Tuturano fino ad ora è stata priva di elementi che ricordassero questa importante data. Da ciò è scaturita la richiesta alla civica amministrazione, da parte di un comitato cittadino, di realizzare una targa che con le sue parole potesse spiegare l’importanza di tale giorno, e di conseguenza fare in modo che le nuove generazioni non lo dimentichino mai, perché senza la Storia non abbiamo futuro.