Ostuni 10 aprile 2015 gli studenti e il partigiano “Brindisi”



 

Ostuni 10 aprile 2015

300 studenti e professori del Liceo Classico Antonio Calamo,in assemblea, hanno incontrato il partigiano-maratoneta della Valle d’Itria Pietro Parisi (nome di battaglia BRINDISI) e una delegazione del comitato provinciale dell’ANPI di Brindisi, nell’aula dedicata al martire della Resistenza, medaglia d’argento, maggiore Antonio Ayroldi, trucidato alle fosse Ardeatine .

 

 

 

 

 

Nell’ incontro, l’artista Massimo Zaccaria si è esibito, tra i ragazzi, in un coinvolgente monologo, lo spettacolo è ispirato alla figura di Pietro Parisi (nato a Cisternino nel 1924), contadino, partigiano con il nome di battaglia Brindisi, al fianco della brigata Garibaldi dal 1° novembre 1943 al 7 giugno 1945, l’artista recita descrivendo l’itinerario di un patriota in marcia contro il fascismo e il nemico tedesco che attraversa i drammi della Seconda Guerra Mondiale. Giustino (questo è il nome del protagonista del monologo) è un uomo semplice, arruolato a Torino come soldato, divenuto poi partigiano perché si ribella ai nazisti che gli hanno ucciso un amico. “Il ritorno” cui si allude nel titolo altro non è che il rientro a casa dei soldati stremati e straziati dalla barbarie della guerra.

I giovani hanno inoltre presentato in assemblea alcuni lavori audio e video sulla figura di Antonio Ayroldi e letto alcune delle sue lettere ai parenti.

 

IL 23 MARZO DEL ’44, L’ECCIDIO DI 335 ITALIANI MARTIRI DELLA LIBERTÀ

TRA LE VITTIME I PUGLIESI TRUCIDATI ALLE FOSSE ARDEATINE

AYROLDI ANTONIO, Ostuni,

ALBANESE TEODATO, Cerignola,

AZZARITA MANFREDI, Venezia ( famiglia di Molfetta)

BAGLIVI UGO, Alessano

BUCCI BRUNO, Roma (famiglia Lucera)

BUCCI UMBERTO, Lucera,

CAPUTO FERRUCCIO, Melissano

CARACCIOLO EMANUELE, Tripoli ( famiglia di Gallipoli)

CAROLA FEDERIGO, Lecce

CAROLA MARIO, Gaeta (fratello di Federigo)

DE CAROLIS UGO, Galvano,( famiglia di Taranto)

DI MICCO COSIMO, Porto Said, (famiglia di Triggiano)

GESMUNDO GIOACCHINO, Terlizzi

LA VECCHIA GAETANO, Barletta

LOTTI GIUSEPPE, Andria

PAPPAGALLO PIETRO, Terlizzi

PISINO ANTONIO, Maglie

SACCOTTELLI VINCENZO, Andria

STAME NICOLA, Foggia

 

“L’eccidio delle Ardeatine va collegato a quel vasto e decisivo movimento ideale che ha preso il nome di Resistenza e del quale ci accingiamo a cogliere gli aspetti più significativi ed i motivi profondi anche per rendere omaggio nel modo più proprio a quanti hanno combattuto la battaglia per la libertà”.

Con queste significative parole Aldo Moro, Presidente del Consiglio dei ministri nel ventesimo anniversario della strage (1964), indicava uno dei punti di riferimento più alti e significativi della lotta di liberazione in Italia.

La strage nazista compiuta a Roma, il 24 marzo 1944, cuore della nazione e centro della Cristianità, come rappresaglia dell’attentato gappista di via Rasella avvenuta il giorno prima, scaturiva da una ben precisa strategia del terrore e da logiche razziste ed antisemite che avevano sconvolto l’intera Europa. Quest’ultimo aspetto è stato ribadito con forza dall’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che subito dopo la sua elezione alla massima carica dello Stato, il 31 gennaio di quest’anno, si è recato al mausoleo delle Ardeatine.

Quell’orrendo misfatto, compiuto , sotto gli occhi del papa, non cessa di suscitare l’indignazione unanime della coscienza civile italiana, nonostante il tempo trascordo . I 335 italiani trucidati dai nazisti rappresentavano l’insieme della società nazionale per credo religioso ( 75 erano ebrei), per condizione sociale e professionale (militari, insegnanti, operai, artisti, commercianti. artigiani, studenti e due sacerdoti un cattolico ed un pentacostale) e per scelte politico-ideali (socialisti, azionisti, liberali, comunisti, monarchici ). Per molti anni la vicenda dei crimini di guerra del nazismo in Italia ha trovato giustificazioni in Germania ( il governo di Bonn ha assistito nel dopoguerra i cittadini tedeschi detenuti all’estero nei processi in cui erano imputati) e atteggiamenti di estrema indulgenza in Italia come si evidenzia dalle conclusioni della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle <<stragi naziste impunite>> che chiuse i suoi lavori nel 2006.

Le Fosse Ardeatine rappresentano uno dei luoghi più importanti della memoria nazionale, per la provenienza delle vittime da quasi tutte le regioni italiane, tra cui Piemonte, Veneto, Abruzzo, Campania, Calabria e Puglia. Tra i molti pugliesi alcuni erano nati fuori d’Italia: Emanuele Carcciolo, sceneggiatore e regista era nato a Tripoli. ma la sua famiglia era originaria di Gallipoli; Cosimo Di Micco, un sottoufficiale dell’esercito. nato a Porto Said da genitori originari di Trani. Dopo il suo trasferimento in Italia per prestare il servizio militare, Di Micco sposò nel 1942 c Serafina De Caro di Triggiano. Dopo l’8 settembre 1943 Di Micco – assieme a diversi altri militari pugliesi, tra cui Ayroldi, Azzarita, Pisino ed i fratelli Carola- partecipò alla difesa di Roma opponendosi all’occupazione nazista ed in seguito fu denunciato ed arrestato. La vicenda di Di Micco appare tra le più drammatiche per le difficoltà del processo di identificazione; la sua famiglia, infatti, fu avvisata con molto ritardo. Dopo alcuni anni la moglie e suo figlio Matteo, nato nel corso della prigionia, lasciarono la Puglia ed emigrarono in Australia.( il nucleo speciale dei carabinieri del Ris ha avviato, da tempo, le complesse procedure per la sua identificazione attraverso l’esame del Dna). .

Per l’intera comunità pugliese quella strage assume un significato particolare perché ha visto sparire i suoi figli migliori, quasi tutti emigrati tra le due guerre dalla Capitanata, dal Salento e dalla Terra di Bari. Diversi sono i riconoscimenti ( medaglie d’oro e d’argento al valore militare ed al merito civile) conferiti alla memoria di questi nostri corregionali, vittime di un eccidio che non ha eguali nella realtà europea delle grandi metropoli. Molti di essi erano noti per il grande impegno etico, civile ed umano nel corso della guerra e per l’opera umanitaria, svolta a favore di ebrei perseguitati, soldati sbandati, in cui si distinse, tra gli altri, il sacerdote terlizzese Pieto Pappagallo

Il filosofo Giacchino Gesmundo, l’artigiano Gaetano La Vecchia con la sua bottega ritrovo di antifascisti, il cantante lirico Ugo Stame, assieme a militari, operai, artisti, studenti – tutti provenienti dal mondo dell’emigrazione della nostra regione- furono innocenti vittime di un barbaro assassinio. I casuti pugliesi delle Fosse Ardeatine incarnano i valori più alti della Llotta di Liberazione nazionale ed esprimono, come sostenne il teorico della pace, Aldo Capitini, “un bisogno di ricostruzione dalle fondamenta anzitutto morale”. In questa direzione balza all’attenzione una drammatica lettera scritta dal giurista Ugo Baglivo alla moglie all’indomani del suo arresto, nella quale si legge: “ Vi sono anche dei doveri nazionali ed umani che bisogna rispettare. Per questo ti prego di volermi compatire e comprendere”.

[Prof. Vito Antonio Leuzzi]

LEGGE ELETTORALE E RIFORMA DEL SENATO: ERA (ED E’) UNA QUESTIONE DEMOCRATICA

Il 21 febbraio a Torino incontro pubblico promosso dall’ANPI Nazionale. Interverranno Carlo Smuraglia, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti e Antonio Caputo. Adesioni di ARCI e Libertà e Giustizia. La partecipazione della CGIL

Una legge elettorale che consente di formare una Camera con quasi i due terzi di “nominati”, non restituisce la parola ai cittadini, né garantisce la rappresentanza piena cui hanno diritto per norme costituzionali. Quanto al Senato, l’esercizio della sovranità popolare presuppone una vera rappresentanza dei cittadini fondata su una vera elettività. Togliere, praticamente, di mezzo, una delle Camere elettive previste dalla Costituzione, significa incidere fortemente, sia sul sistema della rappresentanza, sia su quel contesto di poteri e contropoteri, che è necessario in ogni Paese civile e democratico e che da noi è espressamente previsto dalla Costituzione (in forme che certamente possono essere modificate, a condizione di lasciare intatte rappresentanza e democrazia e non sacrificandole al mito della governabilità).

Sabato 21 febbraio a Torino, in un incontro pubblico a più voci, verrà ribadito con forza che i provvedimenti in questione costituiscono un vero e proprio strappo nel nostro sistema democratico.

In un momento di particolare importanza, come questo, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, affrontando i problemi nella loro reale consistenza e togliendo di mezzo, una volta per tutte, la questione del preteso risparmio con la riduzione del numero dei Senatori, perché uguale risultato potrebbe essere raggiunto riducendo il numero complessivo dei parlamentari.

Ai parlamentari, adesso, spetta il coraggio delle decisioni anche scomode; ai partiti, se davvero vogliono riavvicinare i cittadini alle istituzioni ed alla politica, compete di adottare misure e proporre iniziative legislative di taglio riformatore idonee a rafforzare la democrazia, la rappresentanza e la partecipazioneanziché ridurne gli spazi. Ai cittadini ed alle cittadine compete di uscire dal rassegnato silenzio, dal conformismo, dalla indifferenza e far sentire la propria voce per sostenere e difendere i connotati essenziali della democrazia, a partire dalla partecipazione e per rendere il posto che loro spetta ai valori fondamentali, nati dall’esperienza resistenziale e recepiti dalla Costituzione.

L’Italia può farcela ad uscire dalla crisi economica, morale e politica, solo rimettendo in primo piano i valori costituzionali e le ragioni etiche e di buona politica che hanno rappresentato il sogno, le speranze e l’impegno della Resistenza.

 

ADERISCONO ALL’INIZIATIVA ARCI Nazionale e Libertà e Giustizia

 

“Parteciperemo con interesse alle iniziative di confronto e approfondimento che saranno promosse sul processo di riforma istituzionale in atto, a cominciare da quelle messe in campo dall’ANPI, nel rispetto delle differenti valutazioni di merito sui singoli temi”.

 


Napoli convegno:“il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)”

Il convegno è l’esito del progetto di ricerca nazionale: “il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)” promosso dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI) e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per il 70° anniversario del 1943-1945. La ricerca ha costituito un importante avanzamento delle conoscenze storiche sul tema e nei lavori del convegno si offre al dibattito tra storici e alla pubblica coscienza civile. Il gruppo di lavoro, costituito da storici di rilievo nazionale, ha lavorato su base territoriale, in stretta collaborazione con il presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia. Coordinato da Enzo Fimiani, si è avvalso di Isabella Insolvibile e Guido D’Agostino per il Sud; Chiara Donati e Gabriella Gribaudi per il Centro; Toni Rovatti e Luca Baldissara per il Nord. Nel convegno, sono poi stati coinvolti studiosi in rappresentanza di molte realtà di ricerca italiane. La questione storica della partecipazione attiva dei meridionali alle varie forme di Resistenza appare ancora un nodo irrisolto, anche sul piano della memoria civile. I lavori del gruppo di ricerca dell’ANPI si sono inseriti sulla scia di un rinnovamento degli studi sull’argomento, dopo decenni di sottovalutazione, segnando concreti passi in avanti soprattutto per quanto riguarda i numerosi episodi resistenziali nel sud, intesi nell’accezione più larga; l’arricchimento documentario; la conoscenza del diretto coinvolgimento di meridionali in eventi e formazioni partigiane nel centro-nord; l’attenzione verso percorsi biografici esemplari; l’approccio al momento del “ritorno”, con i fenomeni di riconoscimento/disconoscimento dell’esperienza partigiana nell’Italia della ricostruzione postbellica.

 

Giovedì 22 gennaio

ore 15.00

Apertura dei lavori e indirizzo introduttivo

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Saluti

Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)

Renata De Lorenzo (presidente Società Napoletana di Storia Patria)

Antonio Amoretti (presidente Comitato provinciale ANPI Napoli)

Presiede

Guido D’Agostino

(presidente Istituto campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “V. Lombardi”, Napoli – INSMLI)

Il progetto di ricerca dell’ANPI:

ricerca storica e impegno civile

Enzo Fimiani (coordinatore della ricerca) Meridionali e Resistenza nell’Italia del Sud

Isabella Insolvibile

Discussant:

Giuseppe Aragno, Vito A. Leuzzi,

Giuseppe C. Marino

 

Venerdì 23 gennaio

ore 9.00

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Centro Chiara Donati

Discussant

Giovanni Cerchia, Felicio Corvese

pausa caffè

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Nord

Toni Rovatti

Discussant

Carmelo Albanese, Rocco Lentini

Il fondo archivistico dell’Ufficio per il servizio riconoscimento  qualifiche e ricompense ai partigiani (Ricompart)

Carlo M. Fiorentino (Archivio Centrale dello Stato, Roma)

buffet

Venerdì 23 gennaio

ore 14.30

Il contributo dei meridionali alla Resistenza in Piemonte

Claudio Dellavalle (presidente Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “G. Agosti”, Torino)

Discussant

Aldo Borghesi, Rosario Mangiameli,

Pantaleone Sergi

Tavola rotonda conclusiva

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Luca Baldissara (Università di Pisa)

Alberto De Bernardi (vicepresidente nazionale INSMLI, Milano)

Gabriella Gribaudi (Università di Napoli Federico II


Il 22 e 23 gennaio si è svolto, a Napoli, l’annunciato Convegno dell’ANPI nazionale sul “Il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia”. Il Convegno è pienamente riuscito, per l’elevatezza delle relazioni e dei contributi (in particolare, quello della tavola rotonda conclusiva), con una larga presenza, costante, assidua e fortemente interessata. In seguito, si pubblicheranno gli atti e si potrà constatare quali siano stati in concreto, i risultati delle ricerche storiche compiute, su un fronte molto vasto, che non riguardava solo il “contributo” dei meridionali che si sono trovati a combattere nel nord, ma intendeva valutare l’apporto complessivo del Sud alla liberazione del Paese, nelle tante forme che esso ha assunto. Si trattava cioè, di prendere in considerazione anche l’insieme degli atti di protesta,

di reazione, di rivolta, compiuti non solo in Campania, ma in tutte le regioni del mezzogiorno, comprese le isole maggiori. E si trattava di considerare, accanto alla resistenza armata, anche il fenomeno enorme e grandioso della Resistenza non armata, che si risolse nell’aiuto ai rivoltosi, nell’assistenza ai prigionieri, ai fuggiaschi ed ai feriti. Un complesso di atti e di vicende estremamente significative e complesse, di cui si è cercato di operare una completa ricostruzione storica, nei limiti di quanto il tempo ed i mezzi consentissero e con la riserva di ulteriori approfondimenti. Il Convegno non aveva la pretesa di essere esaustivo, ma di segnare qualche punto fermo, su cui fondare le future riflessioni e indagini. E su questo piano, esso è apparso veramente riuscito. Ripeto: pubblicheremo gli atti e tutti potranno giovarsi di questo contributo alla ricostruzione di una verità storica, che si imponeva; intanto, il Convegno ci ha fornito due punti fermi, di cui ognuno dovrà tener conto in futuro: che è giusto parlare di “partecipazione” più che di “contributo” del mezzogiorno alla liberazione dell’Italia; e che la Resistenza ha avuto un inequivocabile connotazione nazionale, per la semplice ragione che in essa fu coinvolto l’intero Paese, sia pure con forme e modalità diverse, ma con assoluta unitarietà di obiettivi. Di questi risultati siamo fieri. Li dobbiamo soprattutto all’opera delle tre ricercatrici che così bene hanno lavorato (Isabella Insolvibile, Chiara Donati e Toni Rovatti), all’apporto volontario e disponibile dei tre “tutors” (Prof. Luca Baldissara, Prof.ssa Gabriella Gribaudi e il Dott. Guido D’Agostino, Direttore dell’Istituto campano per la storia della Resistenza); ma li dobbiamo anche ai contributi che sono venuti dai discussants e alla partecipazione alla tavola rotonda conclusiva del Prof. Alberto De Bernardi, Vicepresidente dell’INSMLI. Dobbiamo anche ringraziare tutta l’ANPI di Napoli, che a partire dal suo Presidente, si è prodigata per la riuscita del Convegno, lo staff dell’ANPI nazionale, che ha lavorato con impegno ed alacrità, a partire dal responsabile dell’area del Mezzogiorno, Vincenzo Calò fino ai membri della Segreteria nazionale e a tanti altri. Un grazie di cuore anche al Sindaco, Luigi De Magistris, che ha voluto assistere all’inizio dei lavori, ci ha onorati con un discorso che era assai di più di un semplice saluto e ci ha fornito anche piacevoli esempi della tradizionale ospitalità napoletana; infine un grazie alla Società napoletana di storia patria ed alla sua Presidente Prof.ssa De Lorenzo, che hanno ospitato il Convegno con cordialità e amicizia. Insomma, una nuova pagina della storia della Resistenza che in qualche modo stiamo scrivendo e ricostruendo in questi anni difficili. Faremo in modo che essa diventi parte essenziale delle comuni coscienze sul tema; sarà così compiuto, finalmente, anche un atto di giustizia nei confronti del Mezzogiorno.

 

 

 

 

Il 9 dicembre, Francavilla F. ricorda la morte eroica del partigiano Donato Della Porta

L’Amministrazione Comunale di Francavilla Fontana, in occasione del settantesimo anniversario della morte eroica del partigiano Donato Della Porta, organizza, per martedì 9 dicembre 2014 alle ore 9.00 presso il cinema-teatro Italia, una conferenza per commemorare e farlo conoscere attraverso la pubblicazione Sulle ali della memoria di Alessandro Rodia.

 

A settanta anni dalla Liberazione ricordiamo Donato Della Porta.

Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Brindisi con la commemorazione dell’anniversario della morte eroica del partigiano Donato Della Porta, caduto a ventidue anni, gloriosamente in combattimento contro le forze nazifasciste il 9 dicembre 1944 in località Baulè a Valle di Saviore in provincia di Brescia, intende aprire il ciclo di iniziative in ricordo dei settanta anni della Liberazione che il Comitato Provinciale ha intenzione di sviluppare, con l’appoggio delle istituzioni locali, l’Archivio do Stato e IPSAIC (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea.

In particolare con il ricordo dell’eroismo di Donato Della Porta, si vogliono ricordare le centinaia di brindisini e le migliaia di meridionali che hanno combattuto per la Libertà nelle formazioni partigiane della Resistenza nazionale e d’oltremare.

In più, con il ricordo di Donato Della Porta, si vuole offrire alle giovani generazioni una riflessione sulla scelta di un giovane meridionale di sacrificare la propria vita per assicurare a noi tutti libertà, giustizia e democrazia.

L’ANPI è grata ai familiari e parenti di Donato Della Porta per avere mantenuto vivo il ricordo, ad Alessandro Rodia che ha svolto le ricerche storiche e pubblicato la biografia in:Sulle ali della memoria, al sindaco di Francavilla che, con l’iniziativa, restituisce memoria ed onore ad un suo eroico cittadino, a sua eccellenza il Prefetto per la sua presenza, ed al professore Vitantonio Leuzzi dell’IPSAIC.

Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Brindisi

 

Alcune foto dell’iniziativa del 9 dicembre al cinema teatro Italia di Francavilla F.


 

 

 

 

 

Intervento di Alessandro Rodia al cinema teatro Italia, giorno 9 dicembre.

Settant’anni fa. La mattina del 9 dicembre 1944, nella baita di Baulè, in una località tra Ponte e Valle di Saviore, in provincia di Brescia, un gruppo di sei partigiani fu circondato da una cinquantina di militi della Guardia Nazionale Repubblicana.

I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria durata circa quattro ore. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando da un lato, che i difensori non riuscivano a controllare bene, data la mancanza di finestre, diedero fuoco alla cascina.

Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro.

Costretti dall’incendio tre partigiani si arresero. A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli che scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.

Il parroco don Francesco Sisti, con l’aiuto coraggioso di quattro ragazzi del luogo, tentò di soccorrere Donato Della Porta che rantolante fu trasportato nella canonica di Valle. Dopo atroci ore di patimenti, verso sera dello stesso giorno il garibaldino spirò sul tavolo della cucina.

Donato Della Porta è l’unico partigiano figlio di questa città che cadde da eroe per costruire la democrazia di cui noi tutti, ogni giorno, godiamo i frutti.

Oggi, possiamo confrontarci ed anche scontrarci duramente, per esprimere le nostre opinioni, grazie alla libertà che ragazzi, divenuti in fretta uomini, come Donato Della Porta conquistarono.

Ragazzi, quasi della vostra età, come gli “scugnizzi” – protagonisti della “4 giornate di Napoli”,il film che vedremo fra poco, che scelsero di combattere ed anche morire per la nostra libertà.

Oggi l’iniziativa di organizzare questa conferenza “Sulle Ali della Memoria”, voluta dall’Amministrazione Comunale, dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Brindisi, con l’intervento del prof. Vito Antonio Leuzzi e le conclusioni del Signor Prefetto di Brindisi, dott.Nicola Prete assume un significato di notevole rilevanza.

Dopo settant’anni ricostruire la straordinaria e quasi ignorata vicenda umana di Donato Della Porta ha avuto l’obiettivo di far finalmente conoscere e commemorare la figura di un nostro eroe che, mandato a combattere una guerra voluta dal regime fascista, scelse di fare “il partigiano sulle montagne”.

Oggi più che mai, abbiamo il dovere del ricordo nella convinzione che vicende importanti che lastricano il percorso della nostra storia non possono cadere nell’oblio.

E’ indispensabile dedicarsi al recupero e alla ricomposizione di frammenti del nostro passato per raccontarli non come reperti da celebrare ma per condividere l’attualità dei valori e degli ideali che hanno animato le gesta eroiche di migliaia di giovani che offrirono la loro unica vita per un’ Italia nuova e democratica.

Valori e ideali che sono le basi fondamentali, indiscutibili e irrinunciabili della nostra Costituzione.

Donato Della Porta è uno di quei ragazzi meridionali e pugliesi che hanno combattuto la lotta di Liberazione che si è svolta geograficamente lontana da noi ma non ci è stata estranea perché ha segnato il destino di migliaia di nostre famiglie.

Ogni comunità ha il diritto di conoscere i propri eroi e ha il dovere di esprimere gratitudine per chi ha scelto di immolare la vita contro il nazifascismo per la libertà di tutti e non di una parte.

Nel primo passo della ricerca ho incontrato alcuni nipoti (Franco e Mimmo Della Porta e Gaetano Calò) per informarli e condividere questa intenzione. Il loro consenso e il sostegno di altri nipoti qui presenti e della sorella di Donato, Angela, mi hanno incoraggiato.

Donato Della Porta, appena diciannovenne, fu dichiarato “abile e arruolato” e nel 1942 chiamato alle armi.

L’8 settembre 1943, alla dichiarazione dell’armistizio con gli alleati, nelle caserme e nell’esercito, seguì una totale confusione. Gli ufficiali erano tutti scomparsi ed i soldati abbandonati a se stessi. Il 18 settembre nacque la Repubblica di Salò sotto la protezione e il comando dei nazisti.

Tanti giovanissimi soldati, impediti dalla linea del fronte a far ritorno a casa, furono costretti a scegliere tra l’adesione alla Repubblica di Salò e la partecipazione alla lotta partigiana per liberare l’Italia.

 

In quel clima di estrema incertezza e drammatico sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, preda della reazione tedesca, Donato, appena ventenne, decise di essere ribelle e di non arruolarsi nelle file fasciste.

Già l’8 settembre compì una scelta di campo chiara e coraggiosa: andò a fare “il partigiano sulle montagne”. Fu tra coloro che iniziarono subito a costituire i nuclei delle prime formazioni partigiane per combattere il nazifascismo.

Donato aveva imparato a muoversi tra le vallate, gli strapiombi, i laghi e le fredde pinete come se fosse cresciuto in quei luoghi molto diversi dal clima e dalla terra aspra e secca del suo paese, segnata da masserie e distese di ulivi.

Fu tra gli uomini più fidati del leggendario comandante della 54^ Brigata Garibaldi, Antonino Parisi, e nel periodo ottobre-novembre del 1943, mesi molto difficili, operava nei gruppi di partigiani che erano isolati e poco in contatto tra di loro.

Donato costruì forti legami di amicizia con molti giovani del posto che ancora oggi, dopo settant’anni, conservano un commovente ricordo di lui.

Combatteva col nome di battaglia “Il brindisino” sul quale i nazifascisti avevano messo una taglia.

 

La determinazione e il coraggio mostrati nelle attività militari e nelle azioni di pattuglia e le sue capacità organizzative a guidare squadre di partigiani portarono i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad assegnargli il grado di comandante militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore.

I partigiani, per non essere catturati, dovevano essere molto attenti e spostarsi continuamente. Dovevano applicare la rigida norma di sicurezza che prevedeva di non sostare troppo a lungo in un medesimo luogo per ridurre i rischi di spiate e rastrellamenti. La cattura significava essere sottoposti a incredibili e indicibili torture per strappare loro informazioni necessarie per l’arresto dell’intera rete dei ribelli. Famiglie indifese venivano crudelmente trucidate nelle loro case. Molti, furono deportati a Mauthausen e non tornarono mai più.

Nella prima decade di dicembre 1944 i partigiani subirono un duro colpo. Un ragazzo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti delle SS italiane, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero era grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva compiuto i 16 anni. Decisero di non fucilare a sangue freddo un ragazzino.

Lo congedarono intimandogli di rigare dritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse subito al presidio della Guardia Nazionale Repubblicana di Capo di Ponte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscere il rifugio.

Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata dalle forze nazifasciste e quel gesto di generosità fu pagato a caro prezzo.

Qualche anno dopo, il ragazzo che li aveva traditi, pentito e distrutto dal rimorso, deciderà di entrare in convento.

Nel testo autografo del parroco don Francesco Sisti è riportato: “Della Porta Donato, rimasto orrendamente ferito venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico ed Estrema Unzione con edificante pietà”.

In quei lunghi istanti di straziante agonia, Donato ebbe la piena consapevolezza di aver immolato la propria vita per grandi ideali. Lo confortò la profonda speranza d’aver contribuito a edificare un futuro di libertà, di giustizia e di democrazia.

Il sangue di un giovane del Sud seminò libertà sulle montagne bresciane. Nei suoi sogni non sorrisero più i volti amati.

Una compagna gli dedicò parole toccanti che, ancora oggi, sembrano fermare il tempo. Suscitano emozioni così vivide da portare ognuno di noi a sentirsi parte viva di quanto accadde tra le valli di Valsaviore.

Il comandante della 54^ Brigata Garibaldi, Antonino Parisi, il 1° ottobre 1945 da Edolo, comunicò al sindaco di Francavilla, Cesare Teofilato, che Donato Della Porta era “caduto gloriosamente il 9 dicembre ’44 in Valle di Saviore in combattimento contro forze nazifasciste”.

Il padre Arcangelo, il fratello Pasquale ed il cognato Carmelo Calò si recarono a Valsaviore per riportarlo a casa.

La strada del ritorno fu un lungo pellegrinaggio. La salma, accompagnata da due carabinieri e sei rappresentanti della 54^ Brigata Garibaldi, durante tutto il percorso, di oltre mille chilometri, veniva accolta in ogni luogo con manifestazioni di addio e solidarietà.

A Francavilla giunse il 16 novembre 1945. I funerali si svolsero con la partecipazione di una moltitudine di persone, giunte anche dai paesi vicini, mutilati e reduci di guerra con le bandiere che accompagnavano il feretro, portato a spalla dai quattro militari venuti da Brescia.

Dal 1945 Francavilla lo ha ignorato.

Nel 2012, il comune di Saviore ha trasformato la baita di Baulè in museo, in memoria di Donato Della Porta, Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli.

La conferenza di oggi e la numerosa partecipazione soprattutto dei giovani, colma una lacuna e dà dignità all’unico partigiano figlio di questa città, caduto da eroe.

Dopo settant’anni, Francavilla accoglie un figlio martire nel grembo della propria memoria storica e scrive una pagina che era rimasta bianca. Noi siamo stati le “Ali della Memoria” che lo hanno ripo rtato a casa.

 

 

BIOGRAFIA DEL PARTIGIANO DONATO DELLA PORTA

 

Donato Della Porta di Arcangelo e di Castellaneta Maddalena, nasce a Turi (Ba) il 17 marzo 1922. Abita a Francavilla, città d’origine paterna, e lavora, come quasi tutti i ragazzi della sua età in quel periodo, come contadino.

Presta il servizio militare, come soldato semplice, in una postazione di fanteria della zona di Grevo in Valsaviore – provincia di Brescia.

Nel clima di estrema confusione e sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, provocato dall’annuncio dell’armistizio con gli angloamericani dell’8 settembre 1943, Donato compie subito la sua scelta di campo.

La lettera firmata da Antonino Parisi, Comandante della 54^ Brigata Garibaldi, ed inviata l’1 ottobre del 1945 al Sindaco di Francavilla, attesta che Donato Della Porta già l’8 settembre 1943 è tra gli organizzatori dei primi gruppi partigiani.

La determinazione e il coraggio mostrati nelle azioni di combattimento e le sue capacità organizzative portano i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad affidargli la guida di squadre partigiane.

L’estratto storico della organizzazione e dell’attività militare della 54^ Brigata d’assalto Garibaldi “Bortolo Belotti” – Valle Camonica, dal settembre 1943 all’aprile 1945, documenta che Donato Della Porta è Comandante Militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore.

Nel gelido dicembre 1944 la polizia fascista procede a pesanti azioni di rastrellamento nei centri abitati senza dare tregua nelle zone di montagna.

Donato Della Porta muore, combattendo da eroe fino all’estremo sacrificio della vita, la mattina del 9 dicembre 1944 nella baita in località Baulé.

Nel rapporto della Guardia Nazionale Repubblicana redatto l’11 dicembre 1944 è riportato:

“Il mattino del 9 dicembre 1944 una squadra di militi della G.N.R. in forza al presidio di Capo di Ponte in un’azione di rastrellamento riusciva a circondare nella zona di Ponte di Valsaviore una cascina nella quale era asserragliato un gruppo di terroristi particolarmente pericolosi appartenenti alla 54^ Brigata comunista “Garibaldi”.

Nel duro combattimento che ne seguiva, durato circa 4 ore, venivano uccisi 2 russi ed un italiano (tale Donato – Vice capo di una squadra della Garibaldi) mentre solo, perché costretti dall’incendio della baita ove si trovavano, i tre ribelli superstiti finalmente si arrendevano e consegnavano le armi.”

Altre notizie relative al combattimento avvenuto nella cascina in località Baulè del Comune di Valsaviore, ricostruiscono le ultime ore di vita di Donato Della Porta:

<<(…) Un ragazzo di Grevo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti della SS italiana, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero appariva grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva ancora compiuto i 16 anni. Mentre alcuni patrioti propendevano per la fucilazione, ad altri ripugnava uccidere a sangue freddo un ragazzino. La questione fu decisa dal russo Michele Dostojan: congedato con un calcio nel sedere, l’adolescente venne sollecitato a rigare diritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e, invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse difilato al presidio della Gnr di Capodimonte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscerne il rifugio. In nottata il maggiore Spadini e il comandante del presidio germanico di Breno allestirono un rastrellamento, guidato dal Tosini.

Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata da una cinquantina di militi. I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa, ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando dal lato a monte (che i difensori non riuscivano bene a controllare data la mancanza di finestre: avevano scostato alcune tegole), diedero fuoco alla cascina. Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro. Costretti dall’incendio i partigiani Andrè Jarani, Franco Ricchiulli e Bruno Trini si arresero, A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli. Dopo essersi battuti sino allo stremo delle forze i due capirono che non potevano fare più nulla e scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.

Della Porta, ancora rantolante dalla baita in fiamme, venne trasportato nella canonica di Valle e spirò sul tavolo della cucina, sotto gli occhi attoniti del parroco don Francesco Sisti.”

Il parroco Francesco Sisti riporta sul Registro dei Morti della Parrocchia “San Bernardino” di Valle di Saviore << Della Porta Donato, da Francavilla (Brindisi). Rimasto orrendamente ferito nel medesimo giorno e nella medesima vicenda venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dello stesso giorno dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico e Estrema Unzione con edificante pietà. Venne caritatevolmente funerato il 15-XII-44 e sepolto il 22-XII-44 in questo cimitero>>.

Il 10 maggio 1946, la Commissione per il riconoscimento qualifiche di partigiani in Lombardia decretò il <<diritto alla qualifica di Partigiano caduto, appartenente alla 54^ “Brigata Garibaldi” dall’1 novembre 1943 al 9 dicembre 1944>>.

Il 24 settembre 1965, il Comandante del Distretto Militare di Lecce, in modo apprezzabile, conferì a Donato Della Porta, per l’attività partigiana, la Croce al merito di guerra.

In occasione del 25 Aprile 2013 il Comune di Saviore dell’Adamello in provincia di Brescia ha ristrutturato la baita in località Baulè, luogo dove tre giovani immolarono le loro vite, realizzando un museo ed apponendo una lapide a perenne ricordo del gesto eroico.

La salma di Donato Della Porta viene riportata a Francavilla il 16 novembre 1945 e collocata nel campo dei caduti in guerra. Oggi riposa nella cappella di famiglia.

(note di Alessandro Rodia)


 

 

70° anniversario della fondazione dell’ANPI

Il 6 e 7 giugno p.v. l’ ANPI celebrerà a Roma il 70° anniversario della sua fondazione, che avvenne appunto il 6 giugno 1944, in Campidoglio, a soli due giorni dalla liberazione della città Roma. I promotori, partigiani delle formazioni cittadine e delle brigate che avevano operato a ridosso dei due fronti, di Cassino e Anzio, nel deporre le armi e dedicarsi all’avvio della democrazia nella città ritornata capitale d’Italia, vollero creare un sodalizio che riunisse i reduci, fosse di sostegno ai familiari dei caduti, promuovesse gli ideali patriottici, di libertà e solidarietà umana che avevano animato la Resistenza e spinto molti di loro ad unirsi ai combattenti del rinnovato esercito italiano integrato nelle forze armate alleate. A tali propositi l’ANPI è stata coerentemente fedele in questi 70 anni di vita repubblicana, perseguendo il bene comune, nel nome dei valori democratici che la Costituzione ha recepito dagli oppositori al regime fascista e dal popolo italiano che nella grande maggioranza ha espresso e sostenuto la lotta partigiana contro occupanti nazisti e collaborazionisti subendo anche innumerevoli stragi, persecuzioni di innocenti ed atti di vera barbarie.

A partire dal 2006, l’ANPI si è poi arricchita della presenza e partecipazione attiva di molti “antifascisti” che si riconoscevano nelle sue finalità statutarie e di tantissimi giovani. Ciò ne fa oggi una prestigiosa garante del rispetto, difesa ed attuazione della Costituzione e dei valori che in essa sono espressi. Una garanzia che nasce non solo dalla presenza di più di 130.000 iscritti, ma anche dalla autorevolezza di un’Associazione che è stata definita, in un importante documento giudiziario, come “erede e successore” dei valori resistenziali. Insomma, un’Associazione fortemente radicata nel migliore passato del nostro Paese, ma che guarda costantemente al futuro, nella speranza che si realizzino al meglio i sogni, le attese e le speranze dei combattenti per la libertà.

Nel pomeriggio di venerdì 6 giugno a partire dalle ore 17 avvieremo solennemente la celebrazione nella Sala Protomoteca del Campidoglio a Roma, Città medaglia d’oro al valor militare del Risorgimento e della Guerra di Liberazione. Qui alla presenza di Istituzioni, Autorità, associazioni, cittadine e cittadini, e dirigenti dell’Associazione, l’ANPI rinnoverà l’impegno di servizio alla comunità con l’apporto delle nuove generazioni che ne assicurano e assicureranno la continuità.




 

 


Il 25 aprile in città

Uno di essi era mio fratello Antonio Ayroldi, maggiore dell’Esercito Italiano

Oggi commemoriamo la liberazione del nostro paese dell’oppressione nazifascista, che si è esplicitata in una molteplicità di tragici episodi in tutta Italia, generando lutti in tante famiglia.

Tra questi drammatici e feroci eventi si inserisce il massacro delle Fosse Ardeatine, avvenuto a Roma il 24 marzo di 70 anni fa.

In questa tragedia italiana sono inserite le singole storie di ognuno dei 335 martiri sepolti nel mausoleo che in loro memoria è stato eretto su luogo dell’eccidio. Uno di essi era mio fratello Antonio Ayroldi, maggiore dell’Esercito Italiano.

Di lui vorrei brevemente parlarvi, perché per noi è stato un esempio, un riferimento della nostra esistenza.

Mio fratello aveva scelto la carriera militare per aiutare una numerosa famiglia orfana di padre, ma anche perché la riteneva coerente con i propri valori. In lui il senso dell’onore e del dovere erano fortissimi, sono stati la guida della sua vita di uomo e di ufficiale.

Ha combattuto in Africa, con una dedizione e una competenza che gli hanno meritato riconoscimenti ufficiali. Lo ha fatto scontrandosi col dualismo che costituiva i dramma di noi tutti, in quell’epoca: l’idea di Patria che non poteva e non doveva essere tradita, da una parte, e il fascismo sempre più liberticida, dall’altra. Mio fratello, proprio per la nobiltà di sentimento del suo amor di Patria, era assolutamente antifascista. In tutti noi è rimasta tatuata la definizione che sinteticamente dava dei fascisti: “Quelli con la camicia e l’anima nera”.

Dopo l’Armistizio, mio fratello si è trovato, in quell’Italia divisa in due, nella parte non ancora liberata. La sua scelta è stata immediata e priva di dubbi: si è unito ai partigiani che operavano nell’Alto Lazio.

Anche nelle battaglie più nobili, non mancano i traditori. Ad uno di essi si deve la cattura di mio fratello, imprigionato e torturato a via Tasso, negli stessi locali in cui oggi ha trovato sede il Museo della Liberazione.

Da lì venne prelevato per essere parte dei 335 martiri dell’infame rappresaglia tedesca, che ebbe tragica conclusione alle Fosse Ardeatine.

Molte bugie si dissero, la peggiore è quella che, consegnandosi, gli autori dell’attentato di via Rasella avrebbero salvato i 335. La Storia non mente: la sentenza infame era già stata eseguita quando apparve sui muri e sui giornali l’intimazione a congegnarsi. Fu un inutile e meschino tentativo di addossare ad altri partigiani le responsabilità che ricadono soltanto sulla coscienza dei nazifascisti.

Non vi dirò dello strazio dei riconoscimento delle salme da parte dei famigliari, a guerra finita. Vi dirò invece che ogni anno il 24 marzo ci ritroviamo presso le tombe dei nostri cari, rinnovando un dolore che il passare del tempo non guarisce.

Il silenzio che regna in quel mausoleo, l’incombere della massiccia copertura di pietra, gli scarsi raggi di luce che a malapena rischiarano l’ambiente mi portano a ricordare mia madre, donna dolcissima e senza sorriso, che cercava, senza riuscirvi, di nascondere a noi figli sopravvissuti il suo pianto disperato.

La generazione testimone di questo sacrificio, la mia generazione, è in via d’estinzione. Nella mia famiglia, sono l’unica rimasta. Però ci sono i miei figli e i miei nipoti, e poi ancora i loro figli.

E’ a voi ragazze e ragazzi qui presenti, che siete parte di quest’ultima generazione, che mi rivolgo.

L’esempio che state ricevendo in questi tempi dominati dal consumismo e dalla precarietà dei valori fondamentali della vita non è dei più incoraggianti.

Ma sono proprio i valori per i quali i nostri martiri hanno sacrificato la vita che potranno essere per voi esempio, guida e conforto nella costruzione di un futuro migliore, in cui la parola umanità acquisti finalmente un significato degno della grandezza del suo nome.

Una società che perde la propria memoria storica è condannata a ripetere errori e drammi: siate sacerdoti della memoria. Come il tedoforo alle Olimpiadi pota la fiamma della pace attraverso il tempo e lo spazio, prendete nelle vostre mani il racconto della nostra storia e fatene luce per le generazioni future. L’oscurità è sempre in agguato, guai a rompere la catena di trasmissione del sapere, soprattutto del sapere storico.

Parlate, studiate, narrate. Mio fratello, e i molti morti sul cui sacrificio si fonda la nostra libertà, ve lo chiedono. Grazie.

Isabella sorella di Antonio Ayroldi

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25 aprile a Brindisi e dintorni

25 aprile a Brindisi:

la festa della Liberazione si svolgerà in città con questo Programma:

Alle ore 10.00 in Piazza Santa Teresa Cerimonia provinciale per il 69° Anniversario della Liberazione alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle massime Autorità

 

Alle ore 11.15 in Piazzetta Sottile De Falco Omaggio ai Caduti della Resistenza decorati al Valore Militare a cura della Sezione Provinciale ANPI ed alla presenza delle massime Autorità

 

in Piazzetta Sottile de Falco, presso la lapide dedicata al partigiano brindisino Vincenzo Gigante, quest’anno saranno ricordati alla presenza di alcuni dei loro familiari, le due medaglie d’oro e le tre d’argento dei RESISTENTI e CADUTI per LA LIBERTA’, originari della provincia di Brindisi: De Tommaso Orlando, Gigante Vincenzo Antonio, Gasco Giovanni Mario, Ayroldi Antonio, Faggiano Pompilio.

In questo modo l’ANPI di Brindisi continua l’impegno preso , sin dalla nascita, di promuovere e salvaguardare la memoria dei valori fondanti della nostra democrazia e della Costituzione nata dalla Resistenza, valori inestimabili dai quali il nostro vivere democratico trae forza e vitalità. L’ANPI di Brindisi ricorda il coraggio di quanti hanno lottato per liberare il Paese dalla dittatura, combattendo con forza e generosità, anche fino all’estremo sacrificio della vita, per la pace e la libertà. In questo 25 aprile, bisogna ricordare le centinaia di figli del territorio di Brindisi che in diversi modi (partigiani, patrioti, staffette, militari dell’esercito italiano cobelligerante , ecc), hanno sofferto, e talvolta anche sacrificarono la loro vita per liberare il nostro Paese dal Nazifascismo e garantirci un futuro migliore. L’ANPI di Brindisi è impegnata da tempo nel recupero di questa memoria locale e nella ricostruzione verificata dei movimenti democratici e popolari, delle lotte democratiche contro il regime fascista di questo territorio.

Il sacrificio dei nostri partigiani e dei combattenti della libertà e di generazioni di democratici ed antifascisti non deve essere vano, bisogna fare tesoro di questa esperienza, in modo che sia di esempio per tentare di risolvere le urgenze democratiche che vive il nostro Paese, come quelle del lavoro con la insopportabile e altissima disoccupazione giovanile, come la mancata parificazione tra i sessi e l’allarmante incrudelirsi del terribile fenomeno del femminicidio, con i discutibili tentativi di modificare profondamente la Costituzione e gli organismi democratici rappresentativi senza molto rispetto della volontà popolare e dello stesso spirito costituzionale che in essi dovrebbe essere rappresentato.

Inoltre l’ANPI di Brindisi esprime preoccupazione al riemergere nel Paese e nell’Europa di egoismi particolari, localistici e /o nazionali che si esprimono attraverso squallidi rigurgiti neofascisti e di populismi di vario tipo che minano la convivenza pacifica.

 

LE INIZIATIVE PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE NELLA PROVINCIA DI BRINDISI CON IL PATROCINIO DELL’ANPI:

Quest’anno molte sono le iniziative nelle quali l’ANPI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA) della Provincia di Brindisi , cura il patrocinio e/o è stata invitata a organizzare/partecipare. Questo è il segno dell’interesse e il bisogno della società civile di ritrovarsi in momenti difficili per il nostro Paese intorno a i valori comuni nati dalla Resistenza e dalla lotta la Nazifascismo.

SAN PIETRO VERNOTICO 24 aprile 2014 ore19.00: a cura della locale sezione dell’ARCI (la Factory) e nella sede della stessa in via S.Antonio 2, proiezione del film ENERGIA RINNOVABILE (il messaggio di 4 partigiani su Resistenza e Costituzione) e incontro dibattito con il presidente provinciale dell’ANPI: D.Peccerillo

BRINDISI: ORE 10.30 Cerimonia istituzionale con le rappresentanze militari e associazioni combattentistiche a Piazza Santa Teresa. Ore11,15: presso Piazza Sottile De Falco ( antistante al Palazzo Nervegna) Cerimonia commemorativa dei delle medaglie d’oro e d’argento dei caduti brindisini alla Resistenza , con la presenza di familiari e lettura di lettere del maggiore ostune Ayroldi caduto alle Fosse Ardeatine

FRANCAVILLA FONTANA 25 APRILE ORE 9,30 COMMEMORAZIONE DEL PARTIGIANO ANTONIO SOMMA: presso il cimitero comunale di Francavilla Fontana, una delegazione di giovani militanti di Rifondazione Comunista di Francavilla Fontana, assieme ad un rappresentante dell’Anpi e alla famiglia di Antonio Somma, apporrà una targa sulla tomba del partigiano Antonio Somma.

MESAGNE : La Liberazione sarà ricordata per tutta la giornata con iniziative patrocinate dall’Amministrazione comunale, l’ANPI e l’Associazione Combattenti e Reduci: ore 10.00 corteo musicale per le vie maggiori della città. Ore 17.30 Corteo musicale che partendo da Piazza san Michele Arcangelo terminerà nell’atrio di Palazzo del municipio ex convento dei Cellestini(via Roma 4 ) , ove alle 18,00 sarà inaugurata la Mostra VENTO DA SUD ( su guerra di Liberazione nell’Italia Centro-meridionale 1943-1944)

CEGLIE MESSAPICA 25 APRILE ORE 19 PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU ANTONIO SOMMA A CEGLIE MESSAPICA: Il Circolo “Peppino Impastato” di Sinistra Ecologia Libertà – Ceglie Messapica e la CIA – Confederazione Italiana Agricoltori – organizzano la presentazione del libro di Antonio Somma “La storia di un protagonista del Sud”.

SAN PANCRAZIO 25 APRILE : serata al teatro patrocinata dal Comune e dall’ANPI con la rappresentazione dell’opera teatrale IL RITORNO (del partigiano Brindisi)ideata da Salvatore Arena e interpretata da Massimo Zaccaria ed ispirata dalla storia del partigiano –maratoneta Pietro Parisi di Cisternino.


 

Caduti nella lotta di Liberazione della provincia di BRINDISI (lista provvisoria)

 

ALTAVILLA Raffaele di Albino e di Maria Giovanna. Nato a Tuturano, nel 1920. Partigiano nella Div. Garibaldi in Iugoslavia. Medaglia di bronzo alla memoria.“In territorio scoperto, primo fra i primi, gareggiando tra i più coraggiosi ed incurante della reazione nemica, si portava fin sotto alle postazioni avversaria finché veniva colpito a morte da scheggia di granata. Nonostante le gravi ferite riportate, incitava i compagni a proseguire con la lotta, ed a non curarsi di lui. Nobile esempio di alte virtù militari, di abnegazione e senso del dovere. Serengrad, 12 aprile 1945”. Cfr. G. Scotti, Ventimila caduti, gli italiani in Iugoslavia dal 1943 al 1945, Mursia, Mi, 1970, pag.511; G.U. n. 183 del 24 luglio 1957.

 

ANDRIOLA Giovanni, di Pietro. Nato a Ostuni. Partigiano della Brg. Girolamo cade in combattimento dopo aver combattuto per ben 7 mesi e 22 giorni i nazifascisti. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 73, f. 1.

 

AYROLDI Antonio. Medaglia d’argento al valor militare alla memoria. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..). Collegatosi con il Fronte militare clandestino con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

 

BARLETTA Giuseppe. Nato a Brindisi l’8 aprile 1925 e morto a Sestri Levante il 18 marzo 1945. Partigiano combattente.“Partigiano ardito ed entusiasta si distingueva nel corso di dure operazioni ed in rischiose imprese per capacità, tenacia ed elevato senso del dovere. Comandante di un distaccamento, attaccato di sorpresa da rilevanti forze nemiche, opponeva disperata resistenza, animando i compagni con l’esempio e battendosi sino all’ultima cartuccia. Catturato e sottoposto ad atroci sevizie, manteneva fiero ed esemplare contegno e serenamente affrontava l’estremo supplizio nel nome d’Italia e con il coraggio dei forti. Santa Margherita di Fossa Lupara (Sestri Levante), 18 marzo 1945”.Cfr. Gemelli G., op, cit., pag 361.

 

CALABRETTI Mario o Mariano; – Partigiano – di Angelo e Maria Concetta Mustica, nato il 14 febbraio 1918. Fante in servizio nella 90a Compagnia del 3° Btg. Presidiano. Dopo l’8 settembre 1943 diviene partigiano assumendo il nominativo in codice “Beten”. Combatte nella la Zona Liguria con il 1° Btg. della 5a Brigata, 2a Div. “E Cascione”. Il Ministero della Difesa nell’atto di morte lo dichiara deceduto il 2 febbraio 1945 a Imperia, fucilato in base ad una sentenza del Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. che lo ha condannato per appartenenza a bande di partigiani. E1 sepolto in una località rimasta tuttora sconosciuta. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

CAMARDA Antonio. Nato a Francavilla Fontana, il 15 agosto 1922. Soldato della Divisione Acqui. Disperso in prigionia, il 15 ottobre, 1943 nell’isola di Cefalonia. cfr.http://www..cefalonia.it/Elenco_CADUTI,html.

 

CAPOCCIA Carmelo, di Aurelio e Angulli Assunta. Nato a Brindisi il 14 gennaio o 18 novembre 1927. Partigiano appartenente al Comando – Centro Miralago Brg. San Giusto e deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento il 13 maggio 1945 a Milano. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 1, f. 2.

CATI Nicola. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 7 ottobre 1943.Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

CHIONNA Umberto di Giacinto. Nato a Brindisi il 29 gennaio 1911 e residente a Milano. Falegname della Pirelli. Comunista. Arrestato il 2 novembre 1926 per organizzazione giovanile comunista e condannato dal T.S.D.S. (Tribunale speciale per la difesa dello Stato) a 3 anni di reclusione, per “organizzazione comunista”, verrà poi prosciolto il 10 novembre 1932. Arrestato con la stessa imputazione il 9 maggio 1931, verrà confinato a Lipari per 3 anni e successivamente diffidato. Denunciato per offese al capo del governo, denunciato al Tribunale speciale. Combatte nella 107 Brg. Garibaldi per un anno e 5 giorni. Arrestato il 17 marzo 1944 e imprigionato a San Vittore. Tra il 5 e l’8 aprile 1944 arriva nel lager di Mauthausen e viene identificato con il numero 61606. Successivamente viene trasferito a Gusen il 18 maggio 1944 ed ancora a Mauthausen il 6 marzo 1945 dove muore il 23 aprile.

 

DE TOMMASO Orlando. Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Capitano dei carabinieri. Cadde alla testa dei suoi uomini, nel tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”.

DEL VECCHIO Michele Armando. Nato a Cisternino, il 17.12.1910. Partigiano morto, in territorio metropolitano, il 2.12.1943.Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in: http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

DELLA PORTA Donato

DI MURI Libero. Nato a Brindisi, il 10 aprile 1922. Partigiano caduto in combattimento nel comune di Paesana. 1 Divisione Garibaldi – 4 Brg. dal 10 settembre 1943 al 30 dicembre 1943. Cfr. BDPP.

EFTIMIADI Marco. Nato a Brindisi, il 24 gennaio 1921. Partigiano dal 9 settembre 1943 nella formazione GAP del IX Corpo dell’ELPJ. Viene impiccato come ostaggio, assieme ad altri 50 martiri, a Trieste, in via Ghega, il 23 aprile 1944. Cfr. C. Ravnich, Martiri ed eroi della divisione Garibaldi, op. cit., Padova, 1950, pag. 91; Brigata d’Assalto Garibaldi – Trieste, Elenco nominativo dei caduti, c/o IFSML.

FAGGIANO Pompilio. Nato a San Donaci (BR) il 4/6/1916, da Vincenzo e fu Sturdà Vita Maria nato il 4.6.16 residente a S. Donaci Via 28 ottobre 3.Arrestato il 27/2/1944. Deceduto assieme ad altri 22 italiani soppressi dalla Gestapo il giorno 12 settembre 1944 a Bolzano e qui sepolti il giorno stesso in una fossa comune. in:http://www.venegoni.it/venegoni_sec.pdf

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli. Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione: “Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie. Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

 

FIORE Luigi. Nato l’8 marzo 1892 a Ostuni. Scrivano. Partigiano in Liguria. Arrestato e deportato in Germania. Giunge nel lager di Mauthausen l’8 aprile 1944. Morto nel sottocampo di Gusen il 3 febbraio 1945. Cfr. Gemelli G., op, cit., pag. 379; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 872.

 

GASCO Giovanni Mario. Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Div. Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli. Cefalonia, 24 settembre 1943”. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani.

 

Gatti Edilio. Partigiano. Nato il 31 agosto 1924, a Brindisi. Nome di battaglia – Flok – combatte nella Brg. Valle Pesto – Gruppo Divisioni R, dal 15 gennaio 1945 al 25 aprile. Fucilato a Cuneo. Cfr. BDPP.

 

GIGANTE Antonio Vincenzo. Nato a Brindisi il 3 febbraio 1901 e residente a Roma. Muratore. Dirigente comunista. Denunciato al Tribunale speciale nel 1934, al termine di una condanna ventennale, per “costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda”, viene internato il 3 gennaio 1942. Evaso nel settembre 1943. Viene iscritto alla Rubrica di frontiera. Catturato dai nazisti nel novembre 1944 ed ucciso nella risiera di San Saba. Medaglia d’oro della resistenza. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

 

GUARINI Enrico, 23 anni di Mesagne in provincia di Brindisi. “Alle 21 del 23 agosto 1944 a Suno (Novara), raffiche di mitra stroncano otto giovani vite. I corpi precipitano nella scarpata e i moribondi vengono finiti con la pistola dal maresciallo comandante il plotone di esecuzione alla presenza del capitano Sciller. Poi i fascisti si rinchiudono nell’osteria a gozzovigliare. Ci vogliono tre giorni per identificare gli assassinati che erano stati prelevati dal carcere di Novara dove si trovavano in attesa di giudizio.” Cfr. 23 agosto 1944 partigiano, pubblicata da 122 brg. d’assalto Garibaldi – A. Gramsci.

 

Laghezza Pietro; di Francesco e Maria Francesca Pizzuto, nato il 26 febbraio 1921. Fante, Matr. 18010, del 225° Rgt. Fanteria della 53a Div. “Arezzo”. Ha combattuto sul Fronte Greco-Albanese. In seguito aderisce alla resistenza nella formazione partigiana “Brigata Stella”. Deceduto il 26 aprile 1945 in via Roma ad Oppeano (Verona) trucidato freddamente dalle truppe tedesche in ritirata. La notizia del decesso viene comunicata dal Comitato Liberazione Nazionale di Oppeano. Il Laghezza, sbandato dopo l’Armistizio, era da poco rientrato in Italia ed aveva trovato ospitalità e sicuro rifugio presso la famiglia del sig. Giacomo Trevenzuoli di Oppeano che fu anch’egli trucidato nella stessa occasione. Viene sepolto nel Cimitero Comunale di Oppeano. Dal 26 febbraio 1993 i suoi resti riposano nel Cimitero Comunale di S. Vito. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MASIELLO Vito. Nato a San Vito dei Normanni. Decorato con Medaglia di bronzo, (alla memoria). Combattente i nazifascisti, in zona La Fratta (Bologna) – 19 aprile 1945. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani. MATARRELLI Infanzio. Nato il 17.2.1883 ad Oria. Partigiano morto in territorio metropolitano il 29.4.1945. Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in:http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

 

MELLONE Florido. Nato a (BR), il 6 settembre 1923. Studente. Sergio. 10 Divisione Garibaldi, dal 10 marzo 1944 e vice comandante di distaccamento dal 1 dal 12 marzo fino al 29 luglio dello stesso anno, quando cade in Val di Susa. Cfr. BDPP.

 

MICELLI Ferdinando, «Capo», da Vincenzo e Crocifissa Pagliarini; Nato il 5/3/1903 a S. Pancrazio Salentino (BR). Nel 1943 residente ad Anzola Emilia. Licenza elementare. Appuntato dei carabinieri. Militò nel btg Tarzan della 7a brg GAP Gianni Garibaldi e operò ad Anzola Emilia. catturato dai tedeschi il 5/12/44 durante il grande rastrellamento nella zona di Amola (S. Giovanni in Persiceto). Dopo una breve detenzione nel carcere di S. Giovanni in Monte (Bologna), deportato dapprima a Bolzano e poi in Germania. Giunto nel campo di sterminio di Mauthausen (Austria), l’11 gennaiuo 1945, dove morì il 22/4/1945. Riconosciuto partigiano dal 10/5/44 alla Liberazione. Il suo nome è stato dato alla caserma dei carabinieri diAnzola Emilia. [O] Cfr. Albertazzi A. – Arbizzani L. – Onofri N. S., op, cit, 4 vol°, p. 181; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 1412 – 1413.

 

MINGOLLA V. Antonio; – Partigiano -di Antonio e Maria Roggia, nato il 28 ottobre 1920. Soldato, Matr. 14976. In servizio all’Ospedale Militare di Riserva di Roma ma dislocato a Lubiana (Jugoslavia). E’ dapprima riportato come militare disperso e successivamente è dichiarato deceduto in data 25aprile 1944. Il Soldato Vitantonio Mingolla prestava servizio fino al giorno dell’Armistizio nell’Ospedale di Lubiana in Jugoslavia. Dopo tale data si dette alla fuga verso le montagne e da allora non si ebbero più sue notizie. La famiglia venne a conoscenza della sua sorte attraverso un comunicato datato 19 luglio 1948 pervenutole il 9 novembre dal Distretto Militare di Taranto. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MUSTICCHI Giovanni. Di Latiano. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 20 settembre 1944. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

PALUMBO Vincenzo Salvatore 226° Reggimento Fanteria . Divisione Arezzo,In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre, preso prigioniero, riuscì a scappare e ad unirsi ai partigiani albanesi, dai quali si staccò per passare nelle fila dei partigiani jugoslavi, nella Prima Compagnia, Battaglione “Matteotti”. Con i partigiani rimase a combattere dal 30.10.1944 al 12.04.1945. Morì il 12 Aprile 1945 sul fronte jugoslavo “verso le ore sei in Località Babin Dol nei pressi di Mohovo (Vukovar) mentre trovavasi impegnato in combattimento a seguito di ferite al torace e all’addome prodotte da raffiche di mitraglia nemica” * La salma fu sepolta dalla “Compagnia Genio della Brigata “Italia” in Località (Babin) Boni Dol, nei pressi di Mohovo (Vukovar). I resti del partigiano Palumbo Salvatore, tramite l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Comitato Provinciale di Brindisi-, giunsero il 16 Ottobre 1957, alle ore 16.00 in San Pancrazio Salentino; furono seppelliti nel cimitero comunale. *Registro (G) degli Atti di Morte della Divisione “Garibaldi “Italia” – 2° Battaglione “Matteotti”-Atto di Morte n, 39. Trascrizione: Registro Stato Civile del Comune di San Pancrazio Salentino Atti di Morte – P. II- Serie C – anno 1946 – n. 1 (Pancrazio Stridi Seconda guerra mondiale testimonianze di reduci, caduti militari e civili di San Pancrazio Salentino . Trepuzzi Le ottobre 2012)

 

PENTASSUGLIA Angelo. Nato a Cisternino (BR) il 27 novembre 1912. Partigiano in Jugoslavia, già appartenente al 19 Artiglieria, muore il 15 maggio 1945 nel 38 reparto gulag. Cfr. ANVRG, Caduti della Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, op. cit, nr. 65.

 

RE Francesco. Nato il 21 maggio 1897, ad Oria. Meccanico. Partigiano della 7 Brg. Sap De Angeli, dall’ 11 settembre 1943 al 21 ottobre 1944. Arrestato a Torino. Deportato in Germania giunge nel lager di Mauthausen l’11 marzo 1944. Trasferito nel sottocampo di Gusen (Mauthausen), muore il 21 ottobre dello stesso anno nel sottocampo di Erholungsheim – Harteim (Mauthausen). Cfr. BDPP; CPC; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., pag. 1799.

REMO Italiano. Figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abitava. Di professione era cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. Cfr. http://anpicatania.wordpress.com/2011/01/03/ossario-dei-caduti-partigiani-di-forno-di-coazze-i-98-nominativi-tre-catanesi-e-un-siciliano/(68 Remo Italiano Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze.)da. i 98 caduti di Coazze- Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in ra-strellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. (CENTRO DI DOCUMENTAZIONE ANPI SULLA RESISTENZA IN VAL SANGONE rif. Mauro Sonzini, cell.: 335/66.99.043, mail: mauson@libero.it )

SACCHETTINO Vincenzo. Nato a Brindisi, nel 1915. Caduto. – Vince – Calzolaio. Partigiano – Torino – 10 divisione GL dal 10 aprile 1945 al 26 aprile dello stesso anno. Quando ad Alba (CN) muore dopo essere stato ferito in combattimento. Cfr. BDPP.

SANTORO Antonio. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 22 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

SCARAFILE Donato. Di Cisternino. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 18 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

TEDESCO Gino. Di Brindisi. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 9 settembre 1943 nell’isola di Leros. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI

VALENTE Angelo; – Partigiano – – Decorato al Merito di Guerra di Vito Vincenzo e Maria Luigia Iaia, nato il 19 aprile 1923. Carabiniere del 24° Btg. e in servizio nella la Brigata della Div. “Garibaldi”. Il Ministero della Difesa ne dichiara la morte avvenuta il 20 novembre 1944 in seguito a ferita d’arma da fuoco in parti multiple subite durante un combattimento a Berane (Montenegro). E’ sepolto nel Cimitero di Berane. . (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

 

l’ANPI di Brindisi in occasione del il 25 aprile ricorda alcuni suoi figli caduti per la Libertà

l’ANPI di Brindisi in occasione del il 25 aprile ricorda le medaglie d’oro e d’argento della propria terra

Orlando De Tommaso

Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Capitano dei carabinieri, De Tommaso comandava la 4a Compagnia del II Battaglione allievi CC di stanza a Roma. Il giorno dopo l’armistizio, mentre deboli reparti dei “Granatieri di Sardegna” contrastavano paracadutisti tedeschi alla periferia della Capitale, la 4a Compagnia CC fu mandata di rinforzo alla Magliana. De Tommaso cadde alla testa dei suoi uomini, nel vano tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma. La massima ricompensa al valore, è stata conferita all’ufficiale con questa motivazione: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”. Il suo grido e il suo olocausto, galvanizzando il reparto, lo portarono d’impeto, in una nobile gara di eroismi, alla riconquista dell’obiettivo”. Una via della Capitale è stata intitolata al valoroso ufficiale. Porta il suo nome, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa, anche la caserma nella quale ha sede la Legione Allievi Carabinieri.

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Antonio Vincenzo Gigante

Nato a Brindisi il 5 febbraio 1901, scomparso a Trieste nel novembre del 1944, operaio e dirigente sindacale e politico, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Quella di Antonio Gigante è una tra le più luminose figure dell’antifascismo e della Resistenza italiane. Operaio, militante nella Gioventù socialista, non aveva ancora vent’anni quando fu arrestato per la prima volta a Brindisi per aver preso parte (nel 1919), alle manifestazioni a sostegno dei soldati che rifiutavano di imbarcarsi per la Libia. Sottoposto a libertà vigilata e vessato dai fascisti, nel settembre del 1922 si trasferì a Roma, trovandovi lavoro come operaio edile. Fu presto eletto, per la sua perizia nelle trattative sindacali, membro del Comitato direttivo della Lega e quindi segretario del Sindacato provinciale degli edili. Dopo la “marcia su Roma” fu responsabile del lavoro sindacale nel Partito comunista romano (si era iscritto al partito nel 1921), e nella primavera del 1923, col fascismo già imperante, riuscì a portare in piazza 18 mila edili della Capitale in sciopero contro il carovita. L’anno successivo Gigante fu, durante la crisi aventiniana, tra i principali organizzatori dello sciopero antifascista e delle manifestazioni romane. Nel 1925, dopo essere riuscito ad assicurare l’uscita di due numeri del Comunista, fu costretto a riparare in Unione sovietica, dove frequentò l’Università leninista. Vi rimase due anni. Nel 1927 Gigante è a Parigi, membro della Direzione nazionale della Confederazione generale del lavoro. Dalla Francia passa a più riprese clandestinamente in Italia, per organizzarvi la lotta antifascista e il movimento sindacale. Nel 1929 viene arrestato e processato in Svizzera (a Basilea c’era allora il Centro estero del Partito comunista, che si sarebbe poi spostato a Parigi), insieme a Grieco, Dozza, Secchia ed altri, ma, come i suoi compagni, rimane in carcere pochi giorni. Nel 1933 Gigante entra a far parte del Comitato centrale del Partito comunista e lo stesso anno viene arrestato durante una missione a Milano. Finisce davanti al Tribunale speciale che, nell’ottobre del 1934, lo condanna a venti anni di carcere. Nel ’42 viene confinato nell’isola di Ustica. Il 25 luglio del 1943 coglie Gigante nel campo di concentramento di Renicci presso Anghiari, dove sono internati altri antifascisti, tra cui numerosi sloveni. Sembra l’ora della libertà, ma dal governo Badoglio non arriva l’ordine di scarcerazione. I detenuti pazientano sino all’8 settembre, quindi, guidati da Antonio Gigante, si ribellano alle guardie ed evadono. Gli evasi tentano di spingersi a Sud per raggiungere il fronte ed unirsi agli Alleati, ma non riescono nel loro intento e sono costretti a ritornare indietro. Gigante e i suoi attraversano la Romagna, costeggiano l’Adriatico, raggiungono il Veneto e Trieste. In Istria, Gigante è tra i primi organizzatori di formazioni partigiane. Combattendo con esse si spinge in Dalmazia e qui, in rappresentanza dei comunisti italiani, tratta con quelli jugoslavi gli accordi per la immediata lotta comune contro i nazifascisti accantonando le questioni territoriali. Su decisione del PCI, Gigante passa alla direzione del partito a Trieste, ma qui, in seguito a delazione, viene arrestato. Torturato, non si piega davanti ai suoi aguzzini. Si ignorano il luogo, la data e le circostanze precise della morte di Antonio Gigante: si suppone che sia stato eliminato nella Risiera di San Sabba, tanto che, per decisione unanime della Commissione del Civico museo, il 5 febbraio 2008, all presenza della figlia Miuccia, nella Risiera è stata scoperta una lapide che dice: “Vincenzo Antonio Gigante – detto “Ugo” – nato a Brindisi il 5 febbraio 1901 – assassinato nella Risiera di San Sabba – nel novembre 1944 – dirigente comunista – comandante partigiano – medaglia d’oro della Resistenza – a memoria del suo sacrificio”. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

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Giovanni Mario Gasco

Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Divisione Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.

“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli.

[ Ministero ella Guerra San Teodoro Cefalonia, 24 settembre 1943”.]


 

Antonio Ayroldi

Di anni 37. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano nel dicembre 1925, frequenta con profitto la scuola per allievi sottufficiali di Roma, al termine della quale è aggregato al 71º Gruppo aeroplani osservazione aerea. Nel 1939 entra all’Istituto superiore di guerra di Torino. Inviato in Africa settentrionale nel febbraio del 1941, prende parte alle battaglie di Tobruk, Marsa Matruk ed El-Alamein. Decorato per meriti sul campo con la croce al valor militare italiana e la croce di ferro tedesca, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..) e trova rifugio alla clinica Villa Bianca Maria. Collegatosi con il Fronte militare clandestino di Montezemolo, entra nelle fila della formazione comandata dal colonnello Ezio De Michelis con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS, che lo trovano in possesso di alcuni documenti falsi e di un’ingente somma di denaro. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

[INSMLI – Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia]

 

Pompilio Faggiano

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli.

Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione:

“Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie.

Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

particolare del disegno realizzato dal Liceo Artistico Statale "E. Simone"