Questo 25 aprile 2020

Questo 25 aprile

Più di ieri abbiamo bisogno di resistere, di giustizia sociale e di libertà.

Il 25 aprile è la  Festa della Liberazione, la festa nazionale di tutti. È il ricordo della Resistenza, dei caduti per la libertà e di tutti coloro che si sacrificarono

Il ricordo e i necessari festeggiamenti per l’importante  anniversario per i 75 anni trascorsi dalla riconquistata Libertà si devono confrontare con il difficile momento che l’Italia sta attraversando: l’emergenza del Coronavirus, che impone la necessità di ritrovare la solidarietà per la sofferenza dei malati, i morti. Solidarietà che deve andare ai medici e agli infermieri sono in prima linea nel combattere l’epidemia e salvare vite umane. Quelle donne e quegli uomini appartengono alla sanità pubblica a cui vengono sottratte risorse da anni. Attenzione solidale deve essere posta alla crisi sociale innescata dall’emergenza sanitaria che sta mostrando i suoi primi effetti con l’aumento delle povertà di molte persone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se il 25 aprile è memoria di Liberazione, che va giustamente ricordata e onorata pur in questa fase di emergenza, rispettosi di tutte le misure di contenimento adottate, non possiamo che interrogarci sul futuro una volta rallentata la prima fase dell’epidemia. Nulla sarà automatico e scontato, bisognerà combattere le disuguaglianze e la povertà che si stanno già generando, bisognerà costruire condizioni di vita e di lavoro con un approccio nuovo e solidale perché nulla sarà più come prima  dopo il coronavirus.

Nello spirito del 25 aprile e della Liberazione di 75 anni fa, nella fase nuova che ci attende, bisogna affermare con forza che niente deve essere più come prima.Noi siamo per un’Italia  libera, uguale e solidale, contro ogni forma di odio, di fascismo e di razzismo. Questo per continuare il sogno di libertà per cui si sacrificarono, alcuni sino con la vita, tante donne e tanti uomini nel periodo fascista e nella Resistenza.

 

 

 

 

 

 

 

Il sindaco  di Brindisi Riccardo Rossi: “25 APRILE 2020 FESTA DELLA LIBERAZIONE –Non possiamo essere tutti insieme in strada per festeggiare questa giornata importante della nostra storia, da cui abbiamo ancora tanto da imparare. Ho sentito l’assenza di ognuno di voi ma anche il bisogno di esserci per la nostra comunità, insieme al presidente del consiglio comunale Giuseppe Cellie, a Tea Sisto e Donato Peccerillo in rappresentanza dell’ANPI e di Libera Brindisi contro le mafie. Abbiamo deposto una corona di fiori davanti alla lapide in memoria del nostro concittadino “operaio organizzatore partigiano” Antonio Vincenzo Gigante, e un mazzo di fiori per i finanzieri Antonio Sottile ed Alberto De Falco vittime del contrabbando.”

Questa sarà la forza dell’ANPI. Con questo animo, canteremo ancora una volta Bella Ciao, ovunque, anche a Brindisi e in tutta la provincia, sia per festeggiare una data guardando alla memoria dei nostri Partigiani e della Resistenza, sia per affrontare con forza, decisione e impegno un futuro di pace, di democrazia, di giustizia sociale, di libertà.


ANTIFASCISMO È SOLIDARIETÀ. ANTIFASCISMO È RINASCITA

ANTIFASCISMO È SOLIDARIETÀ. ANTIFASCISMO È RINASCITA.

A Brindisi l’ANPI in prima fila nel campo della solidarietà. Lo è da molti anni. Lo è, soprattutto, in questa emergenza sanitaria, ma anche economica e sociale che durerà a lungo. Si muove su diversi fronti, in autonomia, in rete con le istituzioni, con altre associazioni e con singoli cittadini. E’ iniziato tutto, il 16 marzo scorso, da una telefonata di una giovane donna in difficoltà. Nessuna richiesta. La dignità e l’orgoglio sono vincono sulla fame. Ha un marito disoccupato, in questo periodo, come lei, e una bambina. ANPI Brindisi il giorno dopo le chiede di cosa ha bisogno vincendo la sua ritrosia. La spesa solidale e resistente viene effettuata in un market che porta tutto a domicilio. Non si era ancora mosso nessuno, né il governo centrale con i suoi buoni spesa, né le istituzioni locali. “Non credo nella carità, credo nella solidarietà. La carità è verticale, quindi è umiliante, va dall’alto verso il basso, la solidarietà è orizzontale, rispetta l’altro e impara dall’altro” (Eduardo Galeano).

 

 

 

 

 

 

A quella prima spesa resistente e solidale di ANPI Brindisi ne sono seguite decine e decine. Continuano ancora oggi grazie ai generosi contributi degli antifascisti e delle antifasciste che segnalano famiglie in difficoltà estrema, che aiutano economicamente, che fanno materialmente la spesa da inviare a chi ne ha necessità per mettere qualcosa a tavola. Aiutano anche i social. Non si tratta di spese “generiche”. Se in casa ci sono bambini bisogna comprare il latte intero, il pollo, gli omogenizzati, le pastine. Se ci sono anziani, si preferiscono alimenti leggeri. Se le famiglie sono italiane ci si orienta in un certo modo, se sono straniere, si prediligono i loro gusti. Se sono musulmane si evita di far portare a casa loro affettati di carne di maiale. Le spese resistenti sono sempre meditate e dedicate. Sarà poi lo stesso market a garantire la consegna a domicilio. Se poi questo non è possibile, le iscritte portano la spesa di persona alle famiglie. Avvisano per telefono e lasciano nel portone delle loro abitazioni. Queste spese resistenti di ANPI hanno avvicinato all’associazione altre antifasciste e altri antifascisti che si rendono disponibili a scendere in campo con ANPI. La rete è fondamentale. Così ANPI Brindisi ha conosciuto una poliziotta, che si scopre nipote di un partigiano e che, finito un estenuante turno di lavoro di notte, chiesta l’indicazione all’associazione, invece di riposarsi, è andata a fare una consistente spesa in un market per una famiglia in serie difficoltà. Ci si scambia informazioni e si riesce ad avere un quadro chiaro delle necessità più urgenti. Ci si divide i compiti. Chi ha paura di uscire di casa perché vulnerabile, versa un contributo.


 

 

 

 

Altri vanno in strada, con tutte le cautele. Famiglie italiane o straniere, non c’è differenza. Si manda a domicilio ma anche alle Caritas delle parrocchie che hanno lanciato un grido d’allarme. Come quella di don Massimo in uno dei quartieri più a rischio della città, Sant’Elia. “Prima bussavano una volta al mese, ora un giorno sì e l’altro pure”, dice. Gli è stata consegnata una spesa abbondate. Si mandano spese ad associazioni che si occupano del dormitorio dove vivono circa 100 stranieri ormai in autogestione. Non tutti lavorano nei campi. Si inviano a un’altra associazione che gestisce una casa di accoglienza che ospita attualmente otto persone, quattro italiani e quattro stranieri (quattro donne e quattro uomini). Loro mandano una lista precisa, come gli altri, di tutto ciò che serve. Non solo viveri ma anche prodotti per l’igiene. ANPI Brindisi è arrivata, con il sostegno degli attivisti, a fare anche quattro spese al giorno. Ma la spesa solidale raggiunge anche gli “invisibili”, persone che per più ragioni non possono ricevere né gli aiuti “tradizionali” né i sostegni attraverso i Comuni predisposti nel decreto governativo del 28 marzo scorso. Erano braccianti senza contratto. E senza contratto non possono compilare alcuna autocertificazione per raggiungere le campagne. Vivono chiusi in case che non posso definirsi tali, in ghetti nella città o nelle campagne. ANPI Brindisi riesce settimanalmente a procurare loro il necessario per sopravvivere. L’ultimo decreto governativo ha stanziato somme per i Comuni per distribuire buoni spesa per le famiglie in difficoltà. Il Comune di Brindisi ha lanciato un appello alle associazioni per un aiuto pratico anche per il prelievo delle spese donate dai negozi e le consegne alle famiglie. L’ANPI Brindisi, già allenata, ha risposto mettendo a disposizione sette volontari, per ora. Abbiamo iniziato da due settimane. Ma l’azione di ANPI continua ancora in autonomia per sostenere con il necessario gli “invisibili” che vivono (talvolta con mogli e bambini) nei ghetti alla periferia delle periferie. Perché i ghetti non esistono solo in Calabria, in Campania, nel Foggiano, ma ovunque e anche a Brindisi. Ci abitano in tanti, più di quanti si possa immaginare. Ai margini dei margini della società, al limite della dignità umana, non si lamentano, restano in silenzio per paura e sopportano la fame. Loro non rientreranno mai nel progetto del Comune, che ha il nome “Brindisisolidale”, né potranno usufruire di aiuti statali tradizionali. Non hanno nulla e soprattutto non hanno un indirizzo certo.


 

ANPI ha già fatto molte spese per loro. Un po’ di sollievo dalla fame. Vengono consegnati pasta, riso, latte, pollo, salsa di pomodoro, biscotti, tonno, merende, pane in cassetta, succhi di frutta, prodotti per l’igiene personale.

La rete funziona più che bene e ci si muove in estrema sicurezza come da norme. ANPI Brindisi non è la sola a praticare solidarietà e umanità. Le donne di un comitato di quartiere hanno cucito centinaia di mascherine di cotone per far fronte all’emergenza sanitaria e alla carenza di quelle tradizionali. Vengono regalate. Altrettanto ha fatto la Comunità africana di Brindisi, presidente Drissa Kone, che ha mobilitato tre bravi sarti africani. Tutte mascherine etniche regalate ai ragazzi del dormitorio e ai brindisini. Alcune sono arrivate a chi lavora in prima linea in ospedale. La solidarietà è contagiosa. E un gruppo di mamme ha contattato ANPI Brindisi per chiedere se poteva aiutare in autonomia una mamma, madre di una bimba compagna di asilo delle loro figlie. Ogni settimana a turno, lasciano in un market un buono spesa per questa mamma in difficoltà della quale già ANPI si occupava.


Ci si mobilita anche in provincia. Il gruppo ANPI di Ceglie-Messapica procura prodotti freschi forno per le Caritas locali ed è a disposizione per partecipare alla distribuzione alle famiglie indigenti. Poi c’è Mesagne (Brindisi) dove si è recentemente costituita la sezione ANPI “Eugenio Santacesaria”: 85 iscritti e numerose altre richieste di adesioni. Sulla locale pagina Facebook il 13 marzo è partito l’hashatg #storiediquotidianaresistenza ai tempi del Coronavirus: sono state raccolte testimonianze di questi giorni drammatici. Oltre 70 pillole di racconti di vita ordinaria di nonni, adolescenti, insegnanti, bambini, un ex ludopatico, un ex detenuto, pugliesi che responsabilmente sono rimasti al nord, un ragazzo che è stato considerato un “untore” ed è stato esposto alla gogna mediatica, gente comune. Si è sostenuta l’iniziativa “Un solo cuore che batte” volta a sostenere i bisogni di prima necessità dei mesagnesi in difficoltà, mediante un contributo da versare alla Parrocchia. È stato effettuato un carico di alimenti in favore della Casa di Zaccheo di Mesagne, casa di accoglienza gestita dalla Caritas parrocchiale di Mesagne che si occupa di persone in difficoltà, e si stanno raccogliendo fondi anche per altre iniziative di sostegno per ha bisogno di generi di prima necessità.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Solidarietà è anche suonare “Bella ciao” dai balconi, come ha fatto un ragazzo di Ceglie Messapica. “In questo periodo tutto è assurdo… è assurdo forse, suonare “Bella ciao” dal balcone di casa. Ma è anche un modo per resistere in un tempo così difficile”, aveva scritto. “Un tempo per allentare la tensione e per esorcizzare il male che ci circonda. Oggi dobbiamo resistere. Dobbiamo resistere all’insidia di questo maledetto virus… oggi la parola d’ordine oltre a io resto a casa è anche IO RESISTO!”. O come ha fatto un intero quartiere a Francavilla Fontana. E come faremo tutti il 25 aprile alle ore 15 in tutta Italia.  Perché

ANTIFASCISMO È SOLIDARIETÀ. ANTIFASCISMO È RINASCITA

Anche a Brindisi le Sardine

Anche a Brindisi le Sardine

breve cronologia da tenere a mente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22 dicembre 2019

Era iniziato tutto il 22 dicembre 2019 a Francavilla Fontana dove un gruppo promotore delle Sardine aveva promosso la prima manifestazione in provincia di Brindisi. L’ANPI, la Comunità Africana, la Cgil e il Forum per cambiare l’ordine delle cose furono subito  con le sardine a Francavilla Fontana,  la manifestazione con una grande e attiva partecipazione di giovani che intervennero con molti interventi si chiude cantando Bella Ciao

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ANPI provinciale con le sue sezioni di Brindisi, Francavilla Fontana, Mesagne e Ostuni, sarà ancora una volta al fianco delle ragazze e dei ragazzi che, dopo Francavilla Fontana, si mobiliteranno anche a Brindisi (sabato 4 gennaio in piazza Santa Teresa, ore 17) contro il fascismo, contro il razzismo e contro le politiche dell’odio. L’ANPI accoglie così l’invio delle sardine brindisine che scenderanno in piazza, insieme ai cittadini e alle singole realtà che si riconoscono nei valori fondanti della nostra Costituzione. Ed è questa la vera discriminante, la Costituzione italiana, nata dalla lotta di Liberazione dal fascismo e dal nazismo, dal coraggio e dal sacrificio di tanti partigiani. In piazza indosseremo fazzoletti dell’Associazione. Nel vostro invito, ragazze e ragazzi, citate Antonio Gramsci: “Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.” Su questo l’ANPI è con voi. “E’ venuta da voi, dalla vostra forza e dal vostro impegno per il futuro, una grande ventata di speranza e di lotta democratica”, dice la presidente nazionale ANPI, Carla Nespolo. “Assieme a voi, tutte le generazioni, giovani e meno giovani, si sono date la mano, per fare un passaggio di memoria e di impegno, che ha la sua radice nell’inclusione, nel dialogo, nella partecipazione, nel rifiuto dell’indifferenza”. In tutte le piazze continueremo a chiedere al governo di dare subito un segnale di antifascismo con l’abolizione dei decreti sicurezza di Salvini che tanti danni stanno producendo rendendo ancora più lontana la giustizia sociale. Ci vediamo il 4 gennaio in piazza.


4 gennaio

Generazioni diverse che condividono il valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo. Sardine a Brindisi. Non solo l’ANPI con le ragazze e i ragazzi per la piena applicazione della Costituzione e per cancellare i decreti sicurezza. Poco fa in piazza Sottile De Falco, sotto la lapide del partigiano brindisino Vincenzo Gigante. Partigiani ieri e partigiani oggi. La Resistenza continua.

 

 

 

 

 

 

 

Sardine comunicato del  5 gennaio

Nota delle sardine dopo la manifestazione di ieri pomeriggio a Brindisi.
In piazza Sottile-De Falco eravamo in oltre 500 tra studenti e lavoratori che accomunati dei valori democratici dell’antifascismo e della Costituzione hanno scelto di riversarsi in piazza. La nostra si è dimostrata una comunità resistente che non cede ai ricatti e all’odio della malapolitica e che nella discussione pubblica vuole riportare l’attenzione su quelli che sono i reali problemi del paese:l’emigrazione giovanile, la mancanza di prospettiva di lavoro e il fenomeno sempre più dilagante dell’abbandono scolastico che logora in particolar modo la nostra provincia.
Per questo oggi mettiamo le basi per il percorso con il quale costruiremo il nostro futuro.
#brindisinonsilega
#brindisinonabbocca



 

ANPI, ARCI, CGIL e Legambiente alle Istituzioni europee: “Si avvii in Siria una forte e decisa azione diplomatica”

ANPI, ARCI, CGIL e Legambiente alle Istituzioni europee: “Si avvii in Siria una forte e decisa azione diplomatica”

Il testo dell’appello lanciato a seguito della grave situazione creatasi al confine tra Turchia e Siria

Alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
All’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
Al Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte
Al Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio
Alla Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati
Al Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico

Viviamo con angoscia queste ore nelle quali si sta minacciosamente aggravando la situazione al confine tra Turchia e Siria, una regione già funestata da una guerra cruenta di molti anni che ha prodotto innumerevoli vittime, soprattutto tra i civili.
A seguito delle improvvide dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che annunciavano il ritiro delle truppe americane dai quei territori, anche se oggi smentite – il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan ha dato avvio ai bombardamenti e all’avanzata dell’esercito nelle zone storicamente abitate dalle popolazioni curde, con le quali lo Stato Turco ha ormai da diversi decenni un rapporto più che conflittuale.
L’esercito formato interamente da donne e uomini di etnia curda è stato negli ultimi anni alleato delle forze occidentali e protagonista nel respingimento dell’avanzata dell’Isis, per la cui causa ha pagato un ingente prezzo di sangue.
La convivenza tra la popolazione turca e curda in queste regioni è stata storicamente possibile e potrà esserlo ancora solo se lo Stato Turco accetti di sedersi a un tavolo di trattative con i rappresentanti curdi, con pari dignità, per trovare un accordo sul riconoscimento e indipendenza dei loro territori.
La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia, hanno ancora fresco un debito di riconoscenza nei confronti delle donne e degli uomini curdi che si sono battuti fino alla morte per fermare il comune nemico Daesh e salvaguardare la sicurezza e serenità dell’Europa e del nostro Paese, di noi tutti.
Chiediamo che si avvii immediatamente una forte e decisa azione diplomatica perché:
• cessino immediatamente le ostilità e si fermino le manovre di invasione del territorio curdo;
• si dia mandato senza esitazioni a una delegazione internazionale che garantisca in loco la fine delle ostilità, il rispetto dei confini, il diritto internazionale;
• si provveda all’invio di soccorsi per eventuali feriti;
• si apra una sessione di discussione dedicata, tanto nel Parlamento europeo quanto in quello italiano;
• si chieda che il caso sia messo con urgenza all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

ANPI ARCI CGIL LEGAMBIENTE


 

 

 

 

 

 

Fermiamo la guerra in Siria, fermiamo le guerre in Medio Oriente, costruiamo la pace!

30 Ottobre 2019

Un ampio documento unitario voluto da Anpi, Arci, Cgil, Legambiente, Rete della Pace, Udu e altre associazioni per fermare l’aggressione ai curdi

L’allontanamento dal territorio siriano da parte delle forze armate americane, l’annunciata aggressione turca nei confronti del popolo curdo residente nel territorio della Siria del nord est, il successivo intervento russo al fine di comporre il conflitto accettando nella sostanza le pretese territoriali della Turchia confermano l’abbandono della popolazione curda al suo destino e la cacciata dei residenti dalla cosiddetta fascia di sicurezza. Ma mettono in luce anche l’inerzia e l’incapacità di svolgere un efficace ruolo di mediazione sia da parte dell’Onu che da parte della Ue.

Il mondo, e l’Europa in particolare, che avrebbe dovuto sostenere con tutte le proprie risorse, l’esperienza di integrazione e di convivenza tra le comunità etniche e religiose in corso nel Nord/Est della Siria, riconoscendo il sacrificio e la resistenza del popolo siriano e della sua milizia curda Ypg (Unità di protezione popolare), di cui una importante componente costituita da donne combattenti che si sono distinte per coraggio ed abnegazione, pagando un altissimo prezzo di vite umane, e riuscendo a sconfiggere l’Isis, hanno invece tradito questa esperienza, rendendosi complici di una nuova violazione della sovranità siriana, della ripresa della guerra e provocando l’alto rischio di un ritorno dei miliziani dell’Isis alle loro attività belliche e terroristiche.

La guerra continua ad essere l’unico strumento di composizione dei conflitti in Medio Oriente, dove si intrecciano laceranti contraddizioni mai sopite: la questione nazionale dei curdi, la legittima aspirazione ad uno Stato e un territorio per i palestinesi, la salvaguardia dell’esistenza dello Stato d’Israele, la lotta per l’egemonia regionale che si avvantaggia della perenne rivalità fra sciiti e sunniti, il perdurare del conflitto in Yemen e la repressione violenta delle mobilitazioni popolari in Iraq e Libano che rischiano di degenerare e riaccendere nuovi focolari, la frammentazione della Libia, il contrasto fra regimi laici e regimi confessionali (tutte le petromonarchie sono a carattere teocratico), la questione economica per le ricchezze petrolifere in gran parte di quei territori, gli interessi economici e strategici delle grandi potenze, il ruolo devastante che ha avuto e può avere l’Isis in Medio Oriente oltre che in Europa, in un quadro aggravato dagli interventi militari trascorsi in Iraq, in Libia, ed oggi nella stessa Siria che hanno comportato conseguenze catastrofiche per la stabilità dell’intera regione.

Davanti a questo scenario così complesso e drammatico l’unica via d’uscita è l’applicazione del diritto internazionale, multilateralismo per l’azione di mediazione e di risoluzione nonviolenta dei conflitti armati, mettendo al bando la guerra e le armi nucleari.

Noi, uomini e donne, cittadini e cittadine europee, migranti, rifugiati e richiedenti asilo, sentiamo il dovere di agire, di mobilitarci, di far sentire le nostre voci e le nostre ragioni a chi ci governa, a chi ha la responsabilità politica di fermare questa spirale di guerre e di violenze infinite.

Per questo rivolgiamo alle Nazioni Unite, alle istituzioni europee, agli stati membri, questa piattaforma di pace per porre fine alla guerra in Siria e nella regione Medio Orientale, per costruire la sicurezza ed il futuro di ogni popolazione, per ogni uomo e per ogni donna, in libertà e nel rispetto dei diritti umani universali e della libertà.

Per queste ragioni, sostenendo l’appello delle donne curde a tutti i popoli che amano la libertà, chiediamo e ci impegniamo per:

La cessazione del fuoco senza condizioni e il ritiro immediato delle truppe turche e di ogni altro esercito e milizie straniere, dal territorio della Siria;
l’immediata sospensione di vendita di armi ed assistenza militare alla Turchia, come pure agli altri stati implicati in guerre nel Medio Oriente, da parte degli stati membri dell’Unione Europea e in particolare dell’Italia;
che sia garantita assistenza umanitaria e corridoi umanitari per la popolazione siriana vittima di questa nuova invasione, come pure il rispetto dei diritti umani per tutta la popolazione civile, senza discriminazione di etnia o religione;
il ritiro del contingente militare italiano dal confine tra Turchia e Siria;
una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite per istituire una missione di forze di interposizione con mandato ONU per la protezione della popolazione siriana e per ripristinare condizioni di ricostruzione democratica, di convivenza tra le diverse comunità;
la costituzione di una commissione internazionale sotto l’egida dell’ONU per verificare l’eventuale uso di armi chimiche contro la popolazione siriana della regione della Rojava, del Ghouta; operazioni ed azioni militari che possano costituire crimini di guerra e/o azioni di vera e propria pulizia etnica di cui si sono rese colpevoli le parti coinvolte nel conflitto in questi anni;
la costituzione di una commissione internazionale d’inchiesta sotto l’egida dell’ONU per scoprire esecutori e mandanti dell’assassinio di Hevrin Khalaf, segretaria generale del Future Syria Party, e dei suoi accompagnatori;
la sospensione di accordi commerciali e di associazione tra l’Unione Europea e la Turchia;
il non rinnovo dell’accordo tra UE e Turchia per la gestione dei rifugiati provenienti dalla Siria e da altri paesi in guerra;
l’attuazione, da parte dell’UE e degli stati membri di una politica di accoglienza e di integrazione di ogni uomo o donna in fuga da situazioni di rischio e minaccia alla propria vita e dei propri cari, siano condizioni di povertà, di repressione, di persecuzione, di disastri ambientali, di guerre, accompagnando queste politiche con programmi di cooperazione, di investimenti, con accordi commerciali e di associazione coerenti e diretti ad eliminare le cause che obbligano le persone a fuggire in cerca di rifugio e di condizioni di vita dignitose;
la ripresa di una profonda riflessione da parte del Parlamento Europeo sul ruolo dell’alleanza atlantica (NATO) e sulla necessità di avere una politica di difesa ed un esercito di difesa europeo;
il rilascio dei prigionieri politici e “verità e giustizia” per le vittime di sparizione forzata che in Siria;
togliere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroriste;
riattivare il programma europeo per la riconversione industriale dell’apparato militare, a sistemi dual e civile; mantenendo l’apparato militare per scopi prevalentemente di difesa e non commerciali;
sostenere la società civile e democratica – quella siriana e delle altre popolazioni vittime di guerre e di regimi antidemocratici, quella turca che si oppone a Erdogan – con programmi di promozione dei diritti umani, in particolare per la libertà di espressione, di comunicazione, di associazione;
promuovere iniziative di dialogo tra le comunità e di costruzione della democrazia dal basso.
Questa piattaforma è promossa da associazioni, sindacati, organizzazioni studentesche, artisti, sportivi, intellettuali, politici, pensionati, cittadini e cittadine, migranti, rifugiati, richiedenti asilo, che hanno a cuore i principi ed i valori su cui si fonda l’Unione Europea, che si riconoscono nella carta universale dei diritti umani, che si impegnano e vogliono costruire una società giusta, libera e democratica. Libera da guerre e dalle armi. Libera da dittatori e regimi repressivi.

Anpi, Arci, Cgil, Legambiente, Rete della Pace, Udu


 

Due partigiani e un garibaldino caduto nella guerra civile spagnola per tre nuove sezioni dell’ANPI nella provincia di Brindisi.

L’ANPI cresce e si rafforza nel territorio, da giugno a ottobre tre nuove sezioni.

Due partigiani e un garibaldino caduto nella guerra civile spagnola per tre nuove sezioni dell’ANPI

nella provincia di Brindisi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In  cinque mesi si  è concluso con il congresso costitutivo della sezione dell’Associazione  a Mesagne il 25 ottobre. Il percorso organizzativo era iniziato  il 28 giugno con il congresso di costituzione della sezione di Francavilla. F. era continuato in agosto, il 13 a Ostuni con la nascita di un’altra sezione dell’ANPI.

Donato Della Porta, Antonio Ayroldi e Eugenio Santacesaria i nomi delle tre sezioni costituite dedicate a tre fulgide figure di resistenti, antifascisti della prima ora  e partigiani della nostra terra .

A Francavilla la sezione è stata intitolata a   Donato Della Porta, militare, partigiano dall’8 settembre ’43 nella 54a. brigata Garibaldi di cui diventa comandante di un battaglione, caduto in combattimento in Valsaviore , in provincia di Brescia in uno scontro con i repubblichini della GNR.

Ad  Ostuni la sezione è stata intestata all’ostunese maggiore Antonio Ayroldi, vittima dell’eccidio alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, medaglia d’argento al valor militare, componente del Fronte Militare Clandestino di cui era un importante organizzatore clandestino di reti di informazioni e di collegamento con formazioni partigiane.

A Mesagne Eugenio Santacesaria, tipografo, socialista. Attivo nel primo dopoguerra come accanito oppositore del fascismo, ripara come fuoriuscito a causa del suo antifascismo in Francia,  in Lussemburgo e anche nel territorio della Saar, luoghi dove continua  svolgere  attività antifascista. Nel gennaio 1937 è Garibaldino in Spagna, arruolato nella Compagnia italiana del Battaglione Dimitrov, con il falso nome di “Mario Carloni”, svolgendo il ruolo di delegato politico di sezione. Cadde il 12 febbraio 1937 a Morata de Tajuňa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Francavilla Fontana il congresso ha eletto a presidente di sezione  Alessandro Rodia, consolidando una presenza e un lavoro dell’Associazione che è durato alcuni anni rivolto alla cittadinanza e soprattutto ai giovani, agli studenti e alle scuole della cittadina sui temi della Resistenza, della Liberazione  e della Costituzione non tralasciando la ricerca ed il racconto delle radici della memoria locale democratica ed antifascista.

La neo-eletta presidente della sezione di Ostuni Isabella Ayroldi ha dichiarato: «L’Anpi costituirà questo spazio aperto all’incontro e al confronto, tra associazioni del territorio, tra esperienze e idee differenti e, ancor più, tra generazioni. Come docente, infatti, non posso non sentire la responsabilità di tramandare valori e memoria ai giovani, attirati dalle sirene del qualunquismo o, peggio, dell’indifferenza». I giovani ostunesi, del resto, non hanno fatto mancare la propria presenza da protagonisti alla nuova sezione dell’Associazione.

Per finire a Mesagne è stato eletto Cosimo Zullo presidente della sezione, a coronamento di un lungo percorso che ha visto l’ANPI essere presente da diversi anni con specifiche forme di ricostruzione della memoria  storica locale, potendo contare su un robusto tessuto democratico, nella città e nelle scuole sui temi dell’antifascismo e la Costituzione, la lotta contro il razzismo e la criminalità mafiosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nei gruppi dirigenti delle sezioni è rilevante la presenza della componente femminile e questa è una scelta non casuale che i congressi hanno fatto. La costituzione delle sezioni ha già dimostrato la capacità di essere presenti ed operare nel territorio sia nell’occasione della giornata nazionale per i tesseramento oltre che nelle iniziative di solidarietà contro l’invasione turca del Kurdistan siriano.

Di certo l’ANPI  di Brindisi esce da questo ciclo di impegno e di attività rafforzata nel territorio, potendo contare  sulla presenza strutturata e numerosa e attiva  di antifascisti, antirazzisti e antimafiosi in molte parti della provincia.


 

Il 25 luglio di quest’anno, la “pastasciutta antifascista di Casa Cervi” si è svolta a masseria Canali, Mesagne (BR)

Il 25 luglio di quest’anno,  la “pastasciutta antifascista di Casa Cervi” si è svolta a masseria Canali,  Mesagne (BR)

“Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo, ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore”

Alcide Cervi


Il 25 luglio 1943 Mussolini venne arrestato, creando la temporanea illusione della fine del regime e della guerra. Seguirono i mesi delle peggiori sofferenze per il popolo italiano, ma in quelle ore si festeggiò in tutta Italia la destituzione del Duce. Da Casa Cervi partì uno degli eventi spontanei più originali, con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese, distribuita in piazza a Campegine dalla famiglia, per festeggiare, come disse Papà Cervi, il “più bel funerale del fascismo” con un simbolico atto di solidarietà.

Il 25 luglio di quest’anno è stato il 76° anniversario dell’arresto del criminale Benito Mussolini,  la “pastasciutta antifascista di Casa Cervi” si è svolta anche qui, presso la Masseria Canali, una proprietà confiscata  alla Sacra Corona , nel territorio di Mesagne in provincia di Brindisi (sulla strada che collega Mesagne a San Vito dei Normanni). Nell’occasione le cittadine e i cittadini si sono ritrovati  festosamente attorno alle radici della Repubblica quali l’ antifascismo e Resistenza.


 

 

 

 

L’appuntamento è stato organizzato su proposta dello  Spi Cgil di Reggio Emilia e dell’Istituto Cervi, da:  Cgil, Spi, Anpi, Auser e Libera di Brindisi per ricordare lo  storico e importante momento  della vita della famiglia Cervi, che oggi diventa più che mai simbolo di lotta contro ogni rigurgito fascista e progetto razzista e reazionario.

 

 

 

 

 

Ci tengo a ringraziare di cuore i tanti volontari dell’ANPI che ieri hanno dato vita in tutta Italia alla Pastasciutta antifascista. Hanno cucinato per migliaia di cittadine e cittadini che si sono seduti, molti per la prima volta, alla nostra tavola di valori fondamentali per la convivenza civile. Una tappa festosa dell’appassionante battaglia di libertà contro la violenza razzista e fascista per la piena attuazione della Costituzione. Grazie davvero. Andiamo avanti, uniti. Carla Nespolo

 

 

Una giornata particolare

Una giornata particolare:

A Brindisi, il 25 gennaio inaugurazione della nuova sede dell’ANPI alla presenza della presidente Carla Nespolo, dopo essersi confrontata, in mattinata con gli studenti dell’IISS “Epifanio Ferdinando”  a Mesagne, impegnati nel progetto “Giovani e memoria” ; a Milano, lo stesso giorno la posa della pietra d’inciampo dedicata a Umberto Chionna operaio brindisino, antifascista e partigiano morto a Mauthausen.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A BRINDISI

C’è voglia di democrazia e di antifascismo. C’è voglia, tra giovani e meno giovani, di reagire all’odio, all’intolleranza, alla perdita progressiva dei diritti conquistati faticosamente, all’evanescenza della giustizia sociale. E l’Associazione nazionale partigiani d’Italia viene vista ovunque come un’ancora di salvezza da parte della società civile. Accade anche a Brindisi, dove venerdì 25 gennaio è stata inaugurata la nuova sede dell’Anpi provinciale, nella Corte degli artigiani, ex convento Scuole Pie, alla presenza della presidente nazionale dell’associazione, Carla Nespolo. Sede gremita tanto da lasciare fuori decine di persone. A introdurre gli interventi del sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, del partigiano Pietro Parisi, del segretario provinciale della Cgil, Antonio Macchia, di Drissa Kone, responsabile dell’associazione africana, e della stessa Carla Nespolo, è stato il presidente provinciale Anpi, Donato Peccerillo. Interventi tutti dedicati al ruolo dell’Anpi nella sua battaglia contro ogni tipo di fascismo passato e presente, contro il razzismo e la cosiddetta “legge sicurezza”. Studentesse e studenti del Liceo classico Calamo di Ostuni hanno recitato il monologo di Gigi Proietti “Mio padre e morto a 18 anni, partigiano” e cantato la canzone di lotta di Italo Calvino “Oltre il ponte”. Un coro di “Bella ciao” ha concluso la serata. Con l’inaugurazione della nuova sede, l’Anpi Brindisi apre ancora ai giovani allestendo per loro ma anche ad appassionati e studiosi, un’attrezzata sala studio. La sede ospiterà, infatti, anche l’associazione Memobri che ha come finalità la salvaguardia della memoria storica del territorio, le sue vicende sociali, culturali, economiche. Tra gli impegni, vi è quello della costituzione di fondi archivistici e bibliotecari da mettere a disposizione dei ricercatori, studenti, docenti e cittadini tutti.

Un ringraziamento particolare alle due Noemi, ad Annapaola, a Stefania, a Simona a Irene e a Greta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A MESAGNE

Per il progetto “Giovani e Memoria” in mattinata nell’Aula Magna dell’IISS “Epifanio Ferdinando” di Mesagne. La Presidente nazionale Anpi, Carla Nespolo si era confrontata  con gli studenti sulle leggi fasciste e razziste , la deportazione e lo sterminio.


 

 

 

 

 

A MILANO

Nel mese di gennaio a Milano sono state collocate 30 pietre d’inciampo in ricordo di altrettanti deportati (15 per motivi politici e 15 per motivi razziali) uccisi nei campi di sterminio nazisti. E una pietra di inciampo a Milano sarà collocata anche in onore del comunista e partigiano brindisino Umberto Chionna, ucciso in un campo di concentramento. Il 25 gennaio è stata collocata la pietra d’inciampo in via Farini alla presenza della figlia, Dorina, dell’Amministrazione comunale di Milano e, per Brindisi, di Elena Lenzi, archivista e ricercatrice, che ha contribuito alla realizzazione a Brindisi della mostra e del catalogo “I Sovversivi”. Elena Lenzi ha portato a Milano i saluti dell’Anpi di Brindisi. Umberto Chionna nacque a Brindisi il 28 gennaio del 1911. Falegname, lavorava nell’azienda di famiglia in via De’ Florenzia a Brindisi. Era adolescente quando organizzò, con altri, la sezione giovanile comunista segreta. Ma nella notte tra il 29 e il 30 ottobre del 1926 venne arrestato con i suoi compagni. Aveva solo 15 anni. Scontò tre anni di carcere. Quindi tornò a Brindisi e continuò la sua attività politica contro il regime fascista. Fu di nuovo arrestato nel 1931, perché, sfidando il regime, depositando un mazzo di fiori rossi sulla bara, trasformò in manifestazione antifascista i funerali di un operaio morto sul lavoro, Ferruccio Mauro. Accusato di propaganda sovversiva, fu inviato al confino a Lipari per 3 anni. Fu liberato nel 1932 in occasione dei festeggiamenti per il decennale fascista, ma rimase sotto osservazione da parte del regime vigilato fino al 1942. Trasferitosi al nord con la giovane moglie, fu assunto nel 1939 alla Pirelli Bicocca. Risiedeva in via Farini 35, a Milano, appunto. Partecipò attivamente agli scioperi nella sua azienda. Il 17 marzo 1944 viene arrestato di notte e condotto a San Vittore. Dal carcere fu condotto alla Caserma Umberto I di Bergamo. Deportato il 5 aprile dai tedeschi a Mauthausen, numero di matricola 61606 come Schutzhaftling, di seguito trasferito a Gusen e poi nuovamente a Mauthausen dove morì il 23 aprile 1945.

 

 

 

 

 

 

 

ESSERE ANTIFASCISTI OGGI IN EUROPA Il convegno internazionale promosso dall’ANPI a Roma.

ESSERE ANTIFASCISTI OGGI IN EUROPA

Estratto dell’appello finale

1) Invitiamo a sostenere nelle prossime elezioni europee le forze che si contrappongono senza ambiguità alle formazioni sovraniste, razziste e fasciste. 2) Ci impegniamo a dar vita a una rete permamente di associazioni e organizzazioni antifasciste 3) Daremo vita ad un prossimo appuntamento comune per i primi mesi del 2019.

 

Il  messaggio di Liliana Segre al convegno “Essere antifascisti oggi in Europa”

Care amiche e amici dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, saluto con vero piacere questo vostro Convegno internazionale che riunisce antifascisti di tutta Europa. È la prima volta che si realizza un tale appuntamento con così tante organizzazioni antifasciste e democratiche da tutto il continente. Da una parte una cosa bella e significativa, dall’altra però un segno dei tempi. Tempi in cui quasi ovunque si assiste a fenomeni di neofascismo, di destra estrema, di razzismo, di xenofobia, di antisemitismo. Un clima brutto ed allarmante percorre l’Europa. L’ultimo episodio a Roma, dove sono state espiantate alcune ‘pietre d’inciampo’ a ricordo di cittadini ebrei romani strappati dalle loro case e finiti nei campi di sterminio nazisti o trucidati alle Fosse Ardeatine, suscita vergogna ed allarme. Bisogna reagire, tenere sempre la guardia alta. Dobbiamo chiedere alle istituzioni ed alla classe politica di fare con impegno il proprio dovere e di evitare ogni comportamento ed ogni stile di vita o di linguaggio che possa apparire corrivo con il clima deteriore che va montando.
Le leggi che vietano ogni forma di attività e propaganda fascista e che dispongono la chiusura di sedi che sono autentiche scuole di violenza esistono e vanno applicate.
Il vostro convegno è un utile momento di incontro e di approfondimento. Sono certa che verrà forte e chiaro l’appello alle classi dirigenti di tutta Europa perché insieme si contribuisca al rilancio di uno spirito pubblico informato ai valori dell’antifascismo, della democrazia, della solidarietà e dell’accoglienza.
Auguri dunque di buon e proficuo lavoro.

Liliana Segre


 

Per una grande unità antifascista in Europa

20 Dicembre 2018

Il testo del documento sottoscritto dalle associazioni antifasciste di diverse nazioni europee che hanno partecipato al Convegno “Essere antifascisti oggi in Europa” promosso dall’ANPI

Mai come oggi dal dopoguerra si presenta in Europa un così agguerrito e composito fronte di forze politiche di ispirazione razzista, neofascista, neonazista, nazionalista. Tali forze, pur essendo spesso diverse fra di loro in particolare in ragione di ciascuna specifica storia nazionale, operano con obiettivi, ideali, linguaggi, proposte e pratiche politiche simili.

La spinta delle economie liberiste in tutta Europa e gli effetti in Europa della grande crisi economica avviatasi dopo il 2007/2008 e la successiva politica economica dell’UE incardinata sul principio dell’austerità sono stati devastanti dal punto di vista sia economico-sociale che culturale, determinando un arretramento delle grandi idee di solidarietà, uguaglianza, libertà e democrazia, bandiere del movimento di Resistenza internazionale, e che avevano prevalso in Europa nel secondo dopoguerra, dopo la sconfitta del nazifascismo.

La politica economica e la cultura liberista hanno determinato una straordinaria crescita delle povertà e contemporaneamente una sempre maggiore concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi.

L’UE è perciò apparsa a milioni di cittadini non più come una forma più alta di solidarietà fra popoli e di concerto fra Stati, destinata ad una sempre maggiore coesione democratica e portatrice di benessere per i suoi popoli, ma come una delle cause determinanti del generale impoverimento, della crescente esclusione sociale, della riduzione dei diritti. È apparsa come l’Europa delle élites, dei grandi fondi finanziari e delle lobby economiche, indifferente al destino di interi Paesi e di larga parte delle popolazioni.

In questo quadro si sono largamente accresciute o hanno progressivamente prevalso in molti Paesi forze politiche di ispirazione nazionalista, razzista, neofascista, neonazista, o fortemente condizionate da tali ispirazioni. Condividiamo perciò le preoccupazioni espresse nella Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2018 sull’aumento della violenza neofascista in Europa, con particolare riferimento alle derive antidemocratiche di vari Paesi dell’est Europa, dove gli attuali governi mettono sempre più in discussione diritti politici, civili, e sociali, negano la memoria antifascista, banalizzando, minimizzando o addirittura negando i crimini dei nazisti e dei loro collaboratori, oscurano il valore delle forze che hanno combattuto e vinto contro l’occupazione nazifascista. Queste posizioni oscurantiste, antidemocratiche e repressive ricordano da vicino le politiche fasciste e naziste.

Comune a tali forze è la ricerca del “capro espiatorio” delle indiscutibili difficoltà di tanta parte delle popolazioni, individuato nella figura del migrante.

Al migrante, che è il bersaglio preferito delle forze radicali di destra, si aggiunge spesso la discriminazione verso ogni vera o presunta diversità: i rom e i sinti, gli omosessuali, gli ebrei, gli oppositori politici. Merita una particolare riflessione l’attacco, ogni giorno più esplicito, verso le conquiste delle donne. Etnia, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali sono oggi diventati la nuova frontiera di un razzismo strisciante, che avvelena la coesione sociale e individua nell’altro il nemico.

In questa grave situazione, resa ancora più torbida dal possibile ulteriore avanzamento di tali forze alle prossime elezioni europee, occorre reagire subito e insieme. Non è tempo di divisioni e di distinzioni: occorre l’unità contro chiunque porti il contagio del nazionalismo, del razzismo, del neofascismo, del neonazismo, contro chiunque intenda far ricadere l’Europa in un clima oscurantista.

Nell’UE c’è bisogno di una profonda svolta di politica economica e sociale che ponga al centro il lavoro e un nuovo welfare affinché l’Europa torni ai suoi valori fondativi, in primo luogo l’antifascismo, e rilanci in chiave attuale i principi costitutivi, a cominciare dai diritti umani. Occorre in concreto una politica comune che incentivi il lavoro e gli investimenti, contrasti la disoccupazione e la povertà, redistribuisca il reddito, ricostruisca il welfare. Questo è possibile attraverso il concorso dell’Unione Europea e dei singoli Stati, affinché la parziale cessione di sovranità di ciascuno Stato vada a concreto vantaggio del proprio popolo e di tutti i popoli dell’Unione.

Assieme, occorre una politica comune europea e delle singole nazionalità di contrasto senza quartiere ad ogni forma di discriminazione razziale e xenofoba, di fascismo e neofascismo, di nazionalismo, di oscurantismo.

Occorre poi l’intransigente opposizione a qualsiasi forma di negazionismo della Shoah, del Porajmos e di tutti gli stermini nei lager: slavi, omosessuali, prigionieri politici, testimoni di Geova, Pentecostali, prigionieri di guerra, mulatti, disabili, malati di mente.

L’Unione Europea ha garantito più di settant’anni di pace fra Paesi del continente, con qualche rara e deprecabile eccezione. Eppure troppe volte Paesi dell’Unione Europea sono stati coinvolti, spesso in prima fila, in guerre d’aggressione nei Paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Il ritorno dei nazionalismi allarma, perché nella storia essi hanno spesso causato l’uso della guerra come soluzione delle controversie internazionali. Preoccupa il continuo aumento delle esercitazioni militari sul fronte orientale dell’Unione Europea e la crescente tensione che contrappone la NATO alla Russia. C’è urgente bisogno di una progressiva de escalation da entrambe le parti, e che l’Europa ritrovi il suo ruolo di attore di pace.

Noi ci impegniamo per un’Europa di pace al suo interno e nel mondo intero, perché la pace è lo scenario necessario per qualsiasi progresso sociale e civile.

Noi lanciamo un grado d’allarme davanti alla continua erosione di democrazia e ai sempre più inquietanti successi delle forze radicale di destra in Europa, operiamo per la costruzione di un largo fronte democratico, repubblicano e popolare, sosteniamo i comuni interessi dei popoli europei e dei migranti, ci proponiamo e pratichiamo un contrasto senza quartiere a tali forze di destra. Davanti ai nuovi fascismi comunque camuffati, davanti ai nuovi razzismi, davanti ai venti di compressione delle libertà democratiche, di attacco alla libertà di stampa, di negazione della divisione dei poteri, è giunto il momento di dar vita all’inedita esperienza di unità fra vecchi e nuovi antifascisti, di unità nel vasto mondo dell’associazionismo, di unità fra istituzioni, sindacati, popoli e cittadini, per sostanziare il rispetto dei diritti umani e sociali, in sostanza di unità antifascista.

Per queste ragioni 1) invitiamo a sostenere nelle prossime elezioni europee le forze che si contrappongono senza ambiguità alle formazioni sovraniste, razziste e fasciste, 2) ci impegniamo a dar vita ad una rete europea permanente di associazioni e organizzazioni antifasciste, 3) decidiamo fin da ora un prossimo appuntamento comune per i primi mesi del 2019.

Roma, 15 dicembre 2018

Carla Nespolo, Presidente nazionale Anpi;

Ulrich Schneider, Segretario generale Fir;

Tit Turncheck, Segretario generale ZZ NOB Slovenia;

Franjo Habulin, Presidente SABA Croazia;

Andrej Mohar, Segretario generale ZKP – Unione Partigiani Carinzia (Austria);

Casimiro Baptista Levy, Presidente URAP (Portogallo);

Nicolay Royanov, Vicepresidente Associazione Veterani Russi;

Manuela Gretkowska, fondatrice Partito delle Donne (Polonia);

Conny Kerth, Presidente VVN-BDA/RFA (Germania);

Dario Venegoni, Presidente ANED

Roma, 15 dicembre 2018

 

 

INTRODUZIONE di ALDO TORTORELLA, PARTIGIANO

Cari amici,
Il trascorrere del tempo e il mutare delle vicende storiche fatalmente sbiadiscono le memorie del passato, comprese quelle degli eventi che segnarono un’epoca. L’anno che sta per aprirsi sarà l’ottantesimo dall’inizio della seconda guerra mondiale. Le nuove generazioni, comprese quelle ormai più che mature, non sanno, non possono sapere che cosa sia stato quel tempo di fame e di terrore, di rovine e di morte. Molti non sanno neppure chi combatteva da una parte e dall’altra. Non sanno che cosa siano stati in realtà il fascismo e il nazismo che appartengono all’età dei padri, dei nonni o dei bisnonni (dei vegliardi come me). La parola antifascismo viene descritta come un termine antico, sepolto e, in più come una parola puramente negativa perché rappresenterebbe solo un puro essere “contro”, ed essere contro qualcosa che non c’è più. Certo, l’ho detto che nella perdita della memoria storica c’è qualcosa di fatale nel trascorrere del tempo, ma non c’è solo questo. Già pochi anni dopo la fine della guerra iniziava una sistematica campagna di svalutazione della parola stessa: l’antifascismo veniva dichiarato superato e concluso con la fine della guerra mondiale. Dapprima solo in qualche sede accademica, poi per opera di editori e di organi di stampa compiacenti,veniva descritto come fatto puramente occasionale, e poi sezionato e diviso tra quello buono e quello cattivo, tra quello democratico e quello antidemocratico e infine indicato come pura maschera dei non democratici. Ci si riferiva in tal modo ai diversi regimi nati dopo la seconda guerra mondiale nelle varie parti dell’Europa.
Ma questo modo di giudicare l’antifascismo faceva violenza al buon senso, alla storia e alla ragione. Tutto quello che è successo in Europa nella seconda metà del secolo è figlio di una guerra non dichiarata e per fortuna combattuta senza bombe ma non senza vittime e non senza dure conseguenze da una parte e dall’altra.
Noi non possiamo sapere quel che sarebbe stato il mondo, dagli Stati Uniti alla Russia, se dopo la guerra combattuta e vinta insieme non fosse stata aperta la guerra fredda, se il fronte antifascista mondiale si fosse mantenuto saldo dopo la vittoria, se fosse durata la collaborazione tra tutte le nazioni vincitrici, se la parte uscita dalla guerra più forte per il possesso atomico, con il proprio territorio intatto e un potenziale produttivo immenso e accresciuto, e cioè gli USA, avesse esercitato la sua funzione secondo l’orientamento di Roosevelt volto alla collaborazione e alla reciproca influenza culturale e politica tra mentalità e opinioni diverse. Ma Roosevelt era morto ed era iniziata negli Stati Uniti la sorda polemica contro la sua politica estera e interna, una polemica durata cinquant’anni, diventata sempre più esplicita e conclusa alla fine del ‘900 con il definitivo smantellamento di tutti i limiti da lui posti all’arbitrio della grande finanza.
Ma se non possiamo sapere quel che non è avvenuto, sappiamo bene che cosa è stato l’antifascismo nel suo sorgere, nel suo svilupparsi, nelle sue vittorie. Non si è trattato, all’origine, di un moto spontaneo. Il fatto che il fascismo italiano nascesse in violenta opposizione al movimento operaio e sindacale e ai partiti della sinistra attirò il sostegno del grande padronato industriale e agrario e le simpatie di una parte molto rilevante delle forze politiche conservatrici non solo in Italia ma in tutta l’Europa e negli Stati Uniti. Non diversamente accadde al sorgere in Germania del movimento nazionalsocialista sostenuto all’inizio dalle forze economiche dominanti – compresa una parte rilevante della grande borghesia ebraica – e visto inizialmente con favore anche da molta parte dei conservatori europei e della finanza americana. La fine della liberal democrazia, minata dalle divisioni fratricide a sinistra, e l’instaurazione di un ordine coatto senza libertà parve accettabile da vasta parte del popolo in cambio di un’esaltazione nazionalistica e di qualche concessione economica. Regimi e partiti autoritari o apertamente fascisti si diffondevano in Europa. In Italia la rottura tra fascisti e liberal democratici avvenne nel 1926 dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, capo socialista e deputato, ma solo un decennio dopo con la aggressione alla repubblica spagnola dei franchisti, sostenuti in armi da fascisti e nazisti, e con l’aggressione italiana all’Etiopia, l’antifascismo si estese in Europa oltre le forze di sinistra e iniziò a nascere una intesa sempre più larga.
Ma è falso dire che l’antifascismo così nato rappresentasse soltanto una negazione e significasse solo l’opposizione ai fascismi trionfanti. Certamente, esso contrastava una ideologia regressiva che faceva tornare indietro di secoli la concezione dell’umanità, della nazione, dei rapporti sociali, dello Stato. L’umanità divisa in razze superiori e inferiori, in cima i cosiddetti ariani, inferiori tutte le altre, gli ebrei tutti perversi, tutti da distruggere, insieme agli zingari, agli omosessuali, ai portatori di handicap, agli oppositori politici: un regresso non solo rispetto alla dichiarazione dei diritti dell’uomo della rivoluzione francese ma anche rispetto alla rivoluzione cristiana nata in nome dell’eguaglianza perché tutti figli di Dio. La nazione concepita come comunità chiusa e ostile a tutte le altre, sempre in armi e pronta alla guerra, chiamata a dominare, in Italia in nome dell’impero romano di duemila anni prima, in Germania secondo il mito nibelungico: una regressione in un simbolico grottesco se non fosse stato tragico. I rapporti sociali definiti gerarchicamente tra superiori e inferiori, tra superiorità maschile e dipendenza femminile e definiti nei rapporti di lavoro dal potere padronale esclusivo mascherato dal corporativismo che, soppressi i sindacati autonomi, fingeva eguaglianza di potere tra chi compra la forza lavoro e chi può solo vendere la propria, Lo Stato come ente supremo nelle mani del Capo, (il Duce, il Fuehrer) che governa, essendo eliminata la rappresentanza democraticamente eletta, in rapporto diretto con il popolo chiamato in piazza a rispondere “sì” e ad applaudire, ma in sostanza in rapporto diretto con il grande capitale che ritirerà l’appoggio solo quando il fascismo sarà perdente.
Ma la negazione di queste aberrazioni corrispondeva ad altrettante affermazioni positive. L’antifascismo, diventato eroica Resistenza europea in ogni nazione sottomessa dai nazifascisti, lottava per gli ideali della civiltà umana. Ci battevamo per la eguaglianza nei diritti umani senza distinzioni razziali inventate dall’ignoranza e inesistenti per la scienza, e per l’eguaglianza sostanziale che deve superare gli ostacoli posti dalle diseguaglianze economiche e da ogni altra forma di discriminazione comprese quelle imposte dal predominio maschile autore di una civiltà carica di guerre e di ingiustizie. Volevamo affermare un tempo di pace e di amicizia tra le nazioni e la creazione di più vasti agglomerati tra di esse. Lottavamo per la democrazia rappresentativa in rapporto con quella diretta, aperta allle possibilità di evoluzione della società e degli stati in forme superiori di civiltà.
L’antifascismo non è stato, dunque, soltanto l’autore della lotta vittoriosa contro il fascismo, ma il creatore di un possibile ordine nuovo nel mondo. Dalla vittoria del fronte antifascista nacque la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo di cui si celebra il settantesimo anniversario (e ci fu una donna, Eleanor Roosevelt, a battersi prima di tutti), la Organizzazione delle Nazioni Unite, le Costituzioni democratiche più avanzate, come quella italiana, combattute dalla finanza internazionale e dalla destra e, in Italia, da un centro sinistra immemore delle sue stesse origini e della sua possibile missione. Il sogno e la speranza di una Europa unita e federata fu propria di tante forze dell’antifascismo europeo e non fu un bene che di queste speranze si sia realizzata solo una piccola parte essenzialmente sul terreno monetario. Ma anche quel poco di unione europea che si realizzò è meglio delle disunioni che hanno portato a due guerre mondiali e che nuovamente vengono minacciate da sovranismi che sono il contrario di un vero amore della propria patria che chiede pace e fratellanza.
È proprio in nome della sua funzione positiva che oggi l’antifascismo è più attuale che mai. La lunga campagna tesa a delegittimarlo sta producendo mostri. Si dice che l’antifascismo è inutile perché quel fascismo del passato non può più tornare. È certo difficile che la storia si ripeta due volte in forma eguale sebbene ne fosse convinto Hegel, e pure Marx ma con la correzione, a proposito di Napoleone III, che la seconda volta la ripetizione è in forma di farsa. Adesso la ripetizione si manifesta in forma lugubre con movimenti apertamente fascisti o nazisti in quasi tutti i paesi europei, movimenti che in alcuni stati hanno conquistato voti e seggi parlamentari e influenzano direttamente i governi locali. Ci sono movimenti che negano lo sterminio degli ebrei, come se fosse una invenzione degli antifascisti. Qui in Italia la ricostituzione del partito fascista è proibita dalla Costituzione ma l’Associazione dei partigiani ha contato più di 2700 siti dichiaratamente fascisti su internet che servono ingrossare le fila dei gruppi e partiti che concretamente agiscono. E anche tra i benpensanti si diffonde il parere che, in fondo, forse il fascismo ha fatto del bene, dimenticando il vero: e cioè che l’Europa era diventata un ammasso di macerie, settanta milioni di morti, miseria endemica, mura di odio da abbattere. In diversi paesi dell’est si vengono rivalutando i capi e i gregari delle divisioni che si posero al servizio dei nazisti nella guerra di aggressione contro la Russia in nome dell’ostilità nazionale all’oppressione sovietica. Ma si dimentica che senza la vittoria a Stalingrado tutta l’Europa sarebbe caduta nelle mani della spaventosa tirannide nazista, compresi quei paesi del nord che esperimentarono il dominio violento dei gauleiter . Si dice che tutti i morti in guerra meritano la stessa considerazione perché tutti si battevano per il loro ideale. La pietà umana deve essere uguale per tutti, ma non il giudizio morale. C’è chi è caduto per affermare la tirannide mentre gli antifascisti nelle galere, nei campi di sterminio, nei fronti di battaglia sono caduti per affermare la libertà di tutti.
La esplicita rinascita fascista non è più solo un fatto estremo, di vecchi nostalgici ma si accompagna ad una cultura – a un’incultura – fascistoide in movimenti non dichiaratamente fascisti che conquistano vasti consensi. Torna il nazionalismo sciovinista, il razzismo, l’attacco alla libertà di stampa, l’insofferenza per l’opposizione, l’attacco ai diritti del lavoro e ai diritti civili, l’insofferenza per la liberazione femminile, l’omofobia. Tutto ciò deriva certo dalla voluta disinformazione sulle tragedie che questo retrivo ciarpame fascista ha creato, ma deriva anche e soprattutto dalle conseguenze di politiche sbagliate condotte da forze democratiche moderate, ora di centro destra ora di centro sinistra, incapaci di intendere i guasti creati in vasti strati popolari e di ceto medio prima dalla crisi economica determinata da un quarto di secolo di neoliberismo e poi dalle politiche di austerità a senso unico. Siamo in un mondo con un pauroso squilibrio nella distribuzione della ricchezza denunciato persino dal Fondo monetario internazionale. Nei paesi sviluppati l’industria che tira maggiormente è quella del lusso mentre l’indigenza o la miseria avanzano. Intere parti delle giovani generazioni hanno lavori precari, mal pagati, senza prospettiva. In più ci sono le conseguenze delle guerre scatenate dall’occidente nel medio e nel vicino oriente oltre alle conseguenze dei cambiamenti climatici determinati dai paesi ricchi. Milioni di profughi in fuga dalle guerre, dalla carestia, dalla fame. Più di tre milioni accolti nei paesi musulmani mentre centinaia di migliaia bussano alla porta dell’Europa.
Da tutto ciò viene la protesta che, nel vuoto di un orientamento democratico che denunciasse le vere cause dei guasti economici e sociali e provvedesse di conseguenza, è stata ed è intercettata dalla destra più retriva. La paura del diverso viene diffusa ad arte per dirottare l’attenzione dai veri responsabili che stanno ai piani alti della finanza ove si decide dei desini del mondo e di ciascun paese. Si lavora da molte parti per diffondere la paura. Gli immigrati vengono chiamati invasori e potenziali terroristi. Ma la lotta al terrorismo si fa certo con servizi di sicurezza efficienti non infiltrati, ma soprattutto con la capacità di chiudere le guerre neocoloniali, di promuovere la pace tra le nazioni e l’amicizia tra le diverse culture. Al contrario in Italia si perseguita Riace il comune meridionale spopolato che aveva integrato gli immigrati facendone una risorsa e il governo produce un cosiddetto decreto sicurezza che cancella la “protezione umanitaria”, chiude di fatto il sistema della Protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati (SPAR) gettando migliaia di profughi in strada aumentando il problema dell’illegalità con la creazione di nuova paura. La paura è il concime per la mala pianta delle inculture neofasciste.
E la paura serve anche per la campagna contro la democrazia rappresentativa e contro i partiti. Per il male della corruzione politica l’accusa non va al singolo politico corrotto e al corruttore che lo corrompe, perché questo metterebbe sotto accusa le potenti accolite dei petrolieri, o dei fabbricanti d’armi o degli agrari o di tutte le altre lobbies che manovrano esplicitamente o implicitamente per i loro affari. L’accusa va a tutti i politici in quanto tali e i partiti in quanto tali e alla democrazia definita imbelle in modo da celare le colpe delle forze economiche dominanti di ciascun paese. Torna il rapporto diretto tra il capo e il popolo come dice Trump nel discorso d’insediamento: io e voi, io vi difenderò, io vi ridarò il lavoro, io e voi popolo faremo di nuovo grande l’America. Lui è se stesso, non il suo partito e tutti i politici sono alla gogna . “Washington fioriva, i politici prosperavano”, dice, mentre il popolo americano soffriva. È la dottrina che portò al duce e al fuhrer. Il capo decide, il popolo esegue, perché il capo è il popolo stesso. In realtà quel capo è un miliardario che serve ad abbassare le tasse ai suoi simili e a rafforzare il loro potere.
Di fronte al rinascere di idee fasciste o fascistoidi l’antifascismo è più necessario che mai, con la sua cultura costruttiva e con la sua denuncia dei veri responsabili dei mali economici e sociali. C’è una grande battaglia culturale da condurre. E c’è una lotta politica da sostenere. Sarà difficilissimo ma è indispensabile riportare all’intesa unitaria tutte le forze democratiche che sentono l’avanzare di un pericolo grave. Non dimentichiamo quello che porta con se l’esasperazione nazionalistica. La guerra è al di la del mare. Ma già tornò in Europa nei Balcani ed ora cova ai confini della Russia. La violenza, di cui si nutre una società fondata sulla reciproca sopraffazione, tracìma e diventa endemica. Tocca agli antifascisti riprendere e sostenere la cultura della pace come bene supremo e partecipare a costruire una Europa democratica, socialmente giusta, culturalmente illuminata. Si levi da questo nostro incontro l’appello perché nelle prossime elezioni il voto vada a chi s’impegna a difendere l’unità europea rinsaldandola e portandola avanti con le opportune riforme, un voto contro chi la vuole sfasciare. Abbiamo, avete molto da fare. Buon lavoro

 


 

Carla Nespolo, Presidente nazionale ANPI, dichiarazione

“Chiedo con forza le immediate dimissioni del Ministro Fontana. Le sue dichiarazioni violano gravemente la Costituzione della Repubblica”

3 agosto 2018 Carla Nespolo, Presidente nazionale ANPI

Dichiarazione  del Presidente del Parco Nazionale della Pace e sindaco di Stazzema  Maurizio Verona  che chiede le dimissioni del Ministro Fontana

“Pene più dure contro il ritorno del fascismo non abolizione delle norme attuali”

Appello di ANPI, Arci, Azione cattolica italiana, Legambiente, Libera e Rete della Conoscenza

“Si aprano i porti all’arrivo di vite umane che fuggono da conflitti e disperazione”

La chiusura dei porti italiani alla nave Aquarius e alla Sea Watch 3, annunciata dal ministro Salvini, è una soluzione inaccettabile. La Convenzione di Amburgo del 1979 e le altre norme internazionali sul soccorso marittimo, oltre che i fondamentali principi di solidarietà, impongono che le persone soccorse in mare debbano essere sbarcate nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani. L’Italia non può voltare le spalle, ogni migrante, tra cui tante donne e bambini indifesi, è prima di tutto una persona costretta a lasciare la propria terra, a causa di guerre, fame, siccità e disastri ambientali, per cercare la sopravvivenza altrove chiedendo accoglienza e asilo. Non si faccia l’imperdonabile errore di chiudersi nei confini della propria nazione, di alzare nuovi muri di odio e paura che non fanno bene al Paese e che aumentano ancora di più le disuguaglianze. Per questo chiediamo al Governo che vengano riaperti immediatamente i porti italiani per accogliere le navi che soccorrono i migranti.

appello di ANPI, Arci, Azione cattolica italiana, Legambiente, Libera e Rete della Conoscenza