MEDAGLIE PER IL 70° DELLA LIBERAZIONE PER IL 25 APRILE DI BRINDISI

LUNEDÌ 25 APRILE ALLE ORE  SI È TENUTA , PRESSO IL MONUMENTO AI CADUTI, IN PIAZZA SANTA TERESA, LA CELEBRAZIONE DEL 71° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE.

Alla cerimonia solenne, presieduta da Sua Eccellenza il Prefetto di Brindisi, Annunziato Vardè,  parteciperanno, oltre all’ANPI, le Autorità Civili Militari e Religiose della Città e della Provincia di Brindisi, le rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma di Brindisi e Provincia e le Rappresentanze degli Istituti scolastici della Città.

Subito dopo il prefetto si è  spostato in piazza Sottile De Falco, davanti a Palazzo Nervegna, un luogo simbolo della coscienza civile della città dove sono affisse le lapidi che ricordano i due finanzieri, vittime innocenti di mafia, e il comandante partigiano brindisino Vincenzo Gigante medaglia d’oro al Valor militare, ucciso nella Risiera di San Sabba, per rendere onore ai partigiani e i combattenti per la libertà brindisini alla presenza di tutte le Autorità.

Quest’anno in occasione del 25 aprile, sono state consegnate dal Prefetto dieci medaglie del 70° anniversario della Liberazione ad altrettanti Partigiani e Internati Militari ancora in vita e ai  familiari di coloro che ci hanno lasciato.  Questo l’elenco di coloro che hanno ricevuto  le medaglie:

 

 

 

 

 

 

 

Buzzerio Alfredo. Nato a Brindisi nel 1923. Partigiano della Formazione “Magni Magnino” in Toscana. Entrato nella 23° Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia”, proveniente dalla formazione Magni Magnino, nome di battaglia “Brindisi”. Dopo l’11 settembre 1943, da aviere stazionato a Vigna di Valle( Roma) in aeroporto militare, fugge nell’Appennino  Toscano con le armi. È stato nella Brigata da fine settembre ’43 a marzo ’44.

 

 

Colombo Ambrogio nato a Milano il 25 agosto 1920. Nel 1939  arruolato a Novara, nel Reggimento 17° artiglieria ippotrainata per essere poi trasferito in Sardegna dove rimase fino al 1942. L’8 settembre 1943 come tanti altri fu bloccato da un reparto militare e fatto prigioniero per non aver aderito alla Repubblica di Salò. Internato a Peschiera fu preso in carico dalle truppe SS e il 22 settembre arriva al campo di Dachau. Il viaggio avveniva con carri ferroviari – bestiame, senza mangiare e senza avere a disposizione un locale per i bisogni corporali. Successivamente fu trasferito nel campo di Kottern ai lavori forzati. Rimasto 21 mesi in campo di concentramento, con l’avanzata degli Americani fu costretto con gli altri prigionieri a mettersi in marcia per tentare di andare verso l’interno della Germania. Finalmente dopo due mesi e alterne vicende , fu condotto dalla Croce Rossa Internazionale al centro di raccolta di Bolzano dove trovò assistenza, abiti puliti e scarpe, diverse dagli zoccoli in legno che eravamo costretti ad indossare. Fu trasferito a Milano dal Centro di Liberazione dell’Alto Adige con un regolare foglio di viaggio.

Durante Cosimo marinaio del 1920 di Brindisi. Marinaio in servizio presso la Capitaneria di Porto dell’isola di Cefalonia, viene catturato dai tedeschi all’indomani dell’8 settembre 1943 a seguito del rifiuto di consegna delle armi. Condotto insieme ad altri prigionieri alla Caserma Mussolini di Argostoli ed imbarcato su una nave che poco dopo affondava a causa di una esplosione, viene recuperato insieme a pochi altri commilitoni mentre quasi mille prigionieri perdono la vita. Trasferito nei campi di prigionia prima di Patrasso poi di Atene, è deportato in Germania in una fabbrica di munizioni, poi in un campo di lavoro a Genthin . Il 25 aprile riesce a fuggire rientrando a Brindisi nel settembre del 1945.

Parisi Pietro. Nato il 6 luglio 1924 a Cisternino (BR). Contadino e Partigiano, con il nome di battaglia “Brindisi”,   milita nella 176a Brg. Garibaldi dal 1° novembre 1943 al 7 giugno 1945 in Val d’Aosta. Attualmente vive a Cisternino. Ricordando la sua esperienza ha così ha dichiarato:  A 19 anni fui chiamato alle armi per combattere una guerra di cui non capivo ne il senso ne lo scopo. L’8 settembre 1943, in tutte le caserme, fra tutti i militari la confusione fu enorme. Soldati sbandati spesso prendevano decisioni personali, ma altrettanto spesso finivano per cadere nelle mani dei tedeschi che li deportavano in Germania. Sarebbe stata anche la mia sorte se non mi fossi deciso a nascondermi e a vivere di espedienti aiutando i contadini nei loro lavori. Ma non dovevo soltanto guardarmi dai tedeschi perche anche i fascisti ci braccavano e talora ci prendevano con l’inganno per consegnarci ai tedeschi. Dall’Astigiano, dove in un primo momento mi nascosi, passai nella Valle D’Aosta, dove cominciò la mia vera e propria azione partigiana. Svolgevo col nome di battaglia “Brindisi” il ruolo di staffetta; presto rivelai delle qualità insospettate e insospettabili tanto che mi proposero di fare il comandarne delta 176ma brigata Garibaldi, incarico che io decisamente rifiutai. Il nostro compito era quello di tenere a bada fascisti e tedeschi aspettando le truppe regolari con le quali operare la definitiva liberazione dell’Italia.

Pronat Oscar. E’ stato internato nei lager nazisti, patriota col compagno Gigante in quel di Trieste nel 1944. Nacque a Brindisi il 25 novembre 1923. A 18 anni si arruolò in Marina come motorista navale. L’8 settembre 1943 apprese che la guerra contro americani, inglesi e francesi era terminata e che si sarebbe continuato a combattere contro i tedeschi. Oscar si imbarcò sulla nave “Eridania” che, dirigendosi verso Taranto, fu attaccata dagli aerei “Stuka” che imposero un cambio di rotta. Sbarcato a Fiume fu arrestato dai soldati del Generale Gambara, un italiano schieratosi con i tedeschi e a questi fu consegnato il 14 Settembre 1943. Fu portato a Venezia dove i tedeschi gli chiesero di combattere a fianco al loro esercito e, al suo rifiuto, fu caricato insieme ad altri su treni della deportazione. Dopo due giorni giunse a Furstenberg-Oder in Germania. A piedi, camminando nella neve, raggiunse il “lager 3b”coperto da sputi ed insulti. Fu spogliato e marchiato con il numero 310584.  Dopo gli strazi fisici e psicologici, nell’aprile 1945 approfittando del caos provocato dai  bombardamenti, scappò rifugiandosi in uno scantinato sepolto dalle macerie di un palazzo. I soldati russi lo trovarono e gli fornirono un salvacondotto. A 21 anni tornò nella sua città


Cafaro Vincenzo. Nato a Muro Leccese il 30 maggio 1922. Arruolato volontario nel CEMM in qualità di allievo cannoniere dal 1 10 1941, poi sottocapo cannonieri dal 1 ottobre 1942. Destinazioni Maridepo Taranto,  dal 4 novembre ’40 al 6 11 ’40; Mariscuola/ Mariottica  Pola dal 7 11 ’40 al 13 6 1941: Imbarcato su nave Maestrale  dal 14 giugno ’41 al  8  settembre  ’43. Internato in Germania dal 9 settembre ’43 all’ 11 settembre ’45. Insignito con il distintivo  d’onore “patrioti volontari della libertà”  il  5 12 1979: FOM.n.97 del 5.12/1979 .Art.5 – Il Tenente di Vascello (CEMM) s.p. Vincenzo CAFARO, essendo stato deportato nei lager ed avendo rifiutato la liberazione per non servire l’invasore tedesco e la repubblica sociale durante la resistenza, è stato autorizzato a fregiarsi,  ai sensi della legge 1 dicembre 1977 n.907, del distintivo d’onore per il Patrioti Volontari della Libertà, istituito con decreto luogotenenziale 3.5.1945 n.350.

 

D’Ancona Carmelo – Fante – Classe 1920. Chiamato allo armi noi 225° Reggimento Fanteria AREZZO il 9 gennaio 1941 ; imbarcatosi a Bari o partito per l’Albania il 17 agosto 1941 ; sbarcato a Durazzo il 20 agosto 1941 ; operante in territorio dichiarato in stato di guerra, partecipa allo opera/ioni svoltesi alla Frontiera Greco-Albanese fino alla data dell’8 settembre 1943: fatto prigioniero dei Tedeschi il 9 settembre 1943; internato in un Campo vicino Sarajevo dove lavora in miniera; successivamente viene trasferito in un Arbeìtskommando nei pressi di Belgrado impegnato allo sgombero di macerie; liberato dai Russi e trattenuto in territorio slavo, viene rimpatriato il 10 novembre 1945.

 

Gravili Donato – Aviere – Classe 1922. Designato per il ruolo servizi al Centro di Accoglienza di Brindisi e aggregato al 226° Deposito Fanteria di Molfetta il 12 giugno 1942; destinato alla Base Militare di Mestre il 19 agosto 1942; mobilitato in zona di operazioni al Comando Aeronautica Grecia – Atene , il 30 agosto 1942; inviato a Rodi e assegnato al Reparto Presidiario Aeronautico Egeo – Rodi  l’11dicembre 1942; partecipa alle operazioni di guerra svoltesi nel
Mediterraneo – Egeo fino alla data dell’8 settembre 1943; catturato dalle Forze Tedesche il 9 settembre 1943; è internato insieme con Bungaro Pompilio, Baldassarre Domenico e Pennetta Antonio prima a Rodi e in seguito a  Scàrpanto, Creta e Atene: inviato in Germania il 12 marzo 1944, giunge a Lipsia, via Bucarest – Budapest – Belgrado – Lubiana – Vienna, il 13 aprile 1944, giorno della Domenica delle Palme; successivamente viene trasferito in un Campo nei pressi di Brema, dove viene separato dai suoi compagni, destinati ad altri Campi; viene portato a Kiel e poi ad Amburgo, svolgendo il lavoro di addetto alla preparazione della colla per la costruzione di alianti; liberato dagli Inglesi il 3 maggio 1945; rimpatriato il 30 agosto, giunge al Brennero il 5 settembre 1945.

Elia Carmine – Artigliere – Classe 1922 Chiamato alle armi il 31 gennaio 1942 nel Deposito 2° Reggimento Artiglieria Antiaerea di stanza a Napoli; designato quale complemento alla 14″ Batteria Reggimento Artiglieria Contraerea da 75/27 A. V. O.P. – Anti Velivolo Obice da Posizione/86 del 1942 e avviato al Comando Base di Mestre per l’ulteriore destinazione in Egeo il 21 agosto 1942; giunto nel Deposito Smistamento Truppe per l’Egeo in Barletta il 21 agosto 1942; partito da Mestre con tradotta destinazione Atene il 23 agosto 1942; imbarcatosi al Pireo, giunto a Rodi e aggregato al 35° Raggruppamento il 5 settembre 1942; partecipa alle operazioni di guerra svoltesi nel Mediterraneo – Egeo fino alla data dell’8 settembre 1943; catturato dai Tedeschi l’8 settembre 1943 a Rodi; trasferito in uno Stalag nei pressi di Belgrado, ha lavorato come contadino e in una fabbrica di armi; liberato dai Russi nell’ottobre 1944. non potendo tornare in Italia, ha combattuto al fianco dei Partigiani di Tito; rimpatriato con i propri mezzi il 9 giugno 1946.

Patisso Amleto – Fante – Classe 1922. Chiamalo alle armi nel 35° Reggimento Fanteria PISTOIA di stanza a Bologna quale predesignato per il 2° Battaglione Chimica – Lanciafiamme, il 4 febbraio 1942; partito per il Montenero, imbarcatosi a Bari il 12 agosto 1942: sbarcato a Cattaro il 14 agosto 1942; partecipa alle operazioni di guerra svoltesi in Balcania -Territori ex Jugoslavia fino alla data dell’8 settembre 1943; catturato dai Tedeschi il 9 settembre 1943; internato in Serbia dove lavora come manovale nella costruzione di un campo di aviazione in cui sono impegnati 4.000 deportati dei quali, per decessi o per trasferimenti, ne restarono solo 600; liberato l’ 8 maggio 1945 dagli Americani; rimpatriato il 22 settembre 1945.

 

 

 

 

 

 

Il secondo congresso provinciale dell’Anpi provinciale di Brindisi

 


Il secondo congresso provinciale dell’Anpi che si è svolto giovedì scorso  nel salone di palazzo Guerrieri alla presenza di Vito Antonio Leuzzi, presidente dell’Anpi Puglia,e di Vincenzo Calo’, dirigente nazionale dell’Anpi. Un’affollata e partecipata assemblea congressuale sui temi dell’importanza della memoria della storia democratica e antifascista, della difesa della Costituzione e della legalità, della lotta ad ogni forma di razzismo. Dopo l’intervento di Donato Peccerillo, che ha presentato il bilancio degli ultimi anni di attività dell’Associazione e ha preannunciato la proposta di dedicare una strada di Brindisi alla Liberazione, nonché la pubblicazione del catalogo della mostra sulla memoria “I Sovversivi”, numerosi sono stati gli interventi, tra i quali quelli di dirigenti della Cgil, dell’Unione degli studenti, dei Giovani democratici, di Libera contro le mafie dell’Assoarma, Un posto d’onore alla presidenza è stato riservato al partigiano Pietro Parisi.  Il congresso ha eletto all’unanimità anche i componenti del comitato provinciale Anpi del quale fanno parte partigiani, donne, adulti e  giovani e giovanissimi, tutti legati dalla volontà di portare avanti i valori della Resistenza e della Costituzione per un futuro democratico e antifascista, Donato Peccerillo è stato confermato presidente provinciale di Brindisi dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia . Ora ci si prepara al congresso nazionale dell’Anpi che si svolgerà a Rimini dal 12 al 15 maggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANPI COMITATO PROVINCIALE BRINDISI                               

 BIASI LUIGI

AYROLDI ISABELLA

CAFORIO GIOVANNI

CAMUSO ANTONIO

CAROLLA MARIO

CASONE VINCENZO
FISIOLA LORENZO

LUCARIELLO ILARIA                                                      

MELCORE ANTONIO

MEO MARIANO

NIGRO CLAUDIA

GIANMARCO PALUMBO

PARISI PIETRO partigiano

PECCERILLO DONATO

PINTO ORESTE

POLITO ALFREDO                                                          

RODIA ALESSANDRO

SANAPO VINCENZO

VENTRICELLI MARIA

PRESIDENTE COMITATO PROVINCIALE

PECCERILLO DONATO

COMITATO GARANZIA

CUCCI MIMMO

PINTO ORESTE

SCIVALES MARIO

COLLEGIO SINDACI REVISORI

BIASI LUIGI

CAMUSO ANTONIO

MASIELLO CATERINA

“ABBATTIAMO I MURI E RESTIAMO UMANI”

“ABBATTIAMO I MURI E RESTIAMO UMANI”

Con questo slogan il  7 marzo  c’è stato un incontro assemblea a piazza Vittoria contro i muri che oggi si erigono contro i migranti.

è stata anche  l’occasione per ricordare i giorni del marzo ‘91, ma anche la tragedia della Kater I Rades , nel venerdì santo del 1997 e le tanti stragi in mare…
25 anni sono passati da quel 7 marzo 1991 quando, da una Albania sino allora solo immaginata, giungevano a Brindisi, su vecchie imbarcazioni stracolme all’inverosimile, decine di migliaia di persone bisognose di tutto

Oggi in molti Paesi dell’Unione Europea: si risponde con muri e con filo spinato, con agenti in assetto antisommossa contro donne, bambini, anziani fuggiti da dalla  guerra  e dalla fame  e in molte parti della “civilissima Europa” si diffonde l’odio per i migranti e molte forze politiche ne fanno “motivo” di campagna elettorale fondate sulla paura.

 

 

 

 

 

 

 

In piazza  è stato letto anche un bel ricordo che vogliamo riportare:

Storie al di là del mare

Da tanti anni osservo e faccio tesoro delle esperienze che ha vissuto e vive ancora la nostra terra. Nel marzo del ‘91 non avevo ancora compiuto 14 anni e da un paesino di appena 10.000 abitanti. Lequile (provincia di Lecce) apprendevo notizie di arrivi di navi cariche di gente nel porto di Brindisi, notizie che pochi giorni o mesi dopo avrebbero riguardato tutto il canale d’Otranto. A scuola si parlava di richieste di aiuto di qualunque forma e natura e anche in casa mia non si parlava d’altro. Non capivo perché in maniera cosi ostinata e non capivo perché mio nonno Vito De Lorenzi (io mi chiamo come lui) fosse così preso dalla questione, al punto da allestire in due stanze di casa sua, otto posti letto, ed in casa di alcune delle sue sorelle e di suoi amici, chiedeva di fare la stessa cosa.

Non si capiva se piangesse di gioia o di ricordi ma decise di raccontarmi la sua storia, di partigiano, in Albania.

Aveva intuito, leggendo gli elenchi degli approdati, che tra i cognomi c’era qualcuno che lui conosceva, qualcuno che durante la resistenza in Albania, gli aveva salvato la vita, mettendo a rischio la propria di vita.

Senza portarla alle lunghe, il signor Resul (di cui non ricordo il cognome) era figlio di quell’uomo che, con tutta la sua famiglia, salvò la vita di mio nonno, stipandolo in un nascondiglio segreto, il giorno in cui i tedeschi gli sfondarono la porta di casa per cercare
partigiani in fuga, per ucciderli.

Questa è solo una delle tante storie che si nascondono al di là del maro. Gente che fugge dalle guerre, dalla fame, dalle oppressioni.

Il mare spesso separa il bene dal male, il mare è una speranza. Ed è per questo che proprio in questa città, in cui vivo da poco più di un anno, ho pensato di dar voce a tutte tutte le storie che vengono dal mare e che hanno trovato in questa città dalle braccia aperte, un futuro, una terra ferma che guarda da sempre quel mare che le ha condotte proprio qui.”

di Vito De Lorenzi


 

Una brutta storia

Ci ha colpito in modo particolare una lettera apparsa sul sito: http://www.piazzasalento.it/ del 25 novembre di questo anno, racconta una storia di violenze sulle donne nel lontano ’42, fatti accaduti a Gallipoli nel cosiddetto “Capo di Lecce”, perché qualcuno non finga e continui a dire che i fascisti non sono mai esistiti o che erano tutti brave persone, come scrive la stessa autrice della lettera, il tempo è trascorso, gli autori delle violenze, sono morti da tempo, come scrive la lettera firmata, ma rimane storia terribile ed un “contesto” di cui è bene tenerne memoria, ed è questa la ragione della pubblicazione sul sito dell’ANPI di Brindisi.

 

 

 

 

 

Quel Ferragosto del ’42 che non dimenticherò mai. Per giustizia, non deve scomparire con me

 

Caro direttore,

ti prego di pubblicare la mia lettera, per non dimenticare. Era il giorno di Ferragosto del 1942 e io avevo 8 anni. Vivevo a Gallipoli Vecchia con solo mia madre, perché il mio papà era in guerra. Quasi tutti i padri delle mie amiche erano in guerra e c’era molto poco da mangiare. Quel giorno a tavola c’era un po’ di pane e la scapece. Io, bambina, odiavo la scapece che sapeva di aceto e stavo facendo i capricci per non mangiarla. A pomeriggio saremmo andate, io e la mamma, a piedi ad Alezio, dove si festeggiava la Lizza e avremmo venduto dei cappellini fatti all’uncinetto da lei, così avremmo avuto qualche soldo. Mi prometteva la mamma che lì avremmo comprato qualcosa di più buono da mangiare. All’improvviso quattro uomini sfondarono la porta ed entrarono in casa. Urlavano, la mamma piangeva, io pure. La nostra vicina entrò e, anche lei piangendo, li tirava per la camicia e chiamava aiuto. Ma nessuno veniva. Si sapeva di loro. Entravano nelle case dove sapevano che non c’erano uomini e aggredivano le donne. Erano camicie nere. Gente potente, sapevano di essere intoccabili e così era. Ci spogliarono entrambe e mi costrinsero a guardare mentre approfittavano della mia mamma e la picchiavano. Poi si gettarono addosso a me. Ci dicevano che nessun uomo c’era a difenderci, nessuna legge, neanche Dio. Ricordo benissimo le loro voci, i loro volti, la loro puzza. All’improvviso, come erano venuti, se ne andarono ed entrarono nella casa accanto alla nostra. Lì i bambini erano sei, maschietti e femminucce. Li sentivo piangere, li sentivo urlare. Mia madre mi chiese di non raccontare niente a nessuno.

Non ci fu mai nessun Ferragosto nella mia vita. In quel giorno andavo via da Gallipoli. E non andai mai più neanche ad Alezio. Tornarono ancora. E andarono in altre case. La guerra finì, papà tornò, non gli dicemmo mai nulla, ma quei mostri restarono a vivere le loro vite come se niente fosse. Chi lavorava come impiegato pubblico, chi aveva l’impresa, chi affittava appartamenti.

Quando mi sposai avevo paura di mio marito e non sono mai stata veramente felice con lui, anche se è sempre stato un brav’uomo. Hanno approfittato di tante altre bambine della città vecchia. Non sono mai stati puniti. Alcune, da grandi, hanno provato a denunciarli ma sono state prese per pazze o trattate come prostitute in cerca di denaro. Io non ho mai svelato il segreto a mio marito, né ai miei figli. Temevo facessero una pazzia. Sono morti tutti quei quattro, da vecchi. Sono andata a ciascun funerale, perché volevo vederli morti. Tante volte ho sognato che li stavo uccidendo io… Pochi anni fa è morto l’ultimo, vecchio vecchio, non lasciava l’anima a Dio. Al suo funerale ho raccontato tutto alla figlia, quasi della mia età. Bastardo, aveva una figlia della mia età. All’inizio ha finto di non credermi, ma poi è venuta a cercarmi per offrirmi dei soldi. Le ho fatto una scenata e l’ho cacciata fuori di casa, quella stessa casa in cui suo padre era entrato e non una volta sola.

Prima di morire, voglio lasciare questo ricordo, perché qualcuno non finga e continui a dire che i fascisti non sono mai esistiti o che erano tutti brave persone.

Lettera firmata, Gallipoli

Si ringrazia il direttore di Piazzasalento Fernando D’Aprile

La lettera è sul sito: http://www.piazzasalento.it/ del 25 nov 2015, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

La lettera era già presente sul numero 17 di Piazzasalento 27 agosto- 9 settembre 2015

 

I TRAGICI FATTI DI PARIGI E I PERICOLI DI UNA “GUERRA GLOBALE”.

NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA:

I TRAGICI FATTI DI PARIGI E I PERICOLI DI UNA “GUERRA GLOBALE”.

Contrapporre agli assassini l’unità dei popoli e dei governi del mondo e respingere ogni tentativo di approfittare di una situazione drammatica in nome del razzismo di sempre

Ciò che è avvenuto a Parigi, nella notte tra venerdì e sabato, suscita un orrore infinito e una angoscia immensa per le tante vite spezzate, tra cui moltissimi giovani, nella dolorosa certezza che il macabro elenco dei morti sia destinato ad aumentare e nella speranza che la maggior parte dei numerosissimi feriti riesca a uscire da questa esperienza, recando con sè soltanto un ricordo terribile.

Questi moti dell’animo sono insopprimibili e devono resistere anche al decorso dei giorni e del tempo, per chiunque abbia chiara nozione di quanto grande sia il valore della vita umana e quanto deprecabile ogni atto di violenza che colpisca prima di tutto le persone.

Noi sappiamo che chi compie questi atti non ha alcun rispetto per la vita e per la persona; si spara nel mucchio, non solo per fare presto, ma per convincerci che nessuno può sentirsi al sicuro. In un contesto del genere, la vita, la persona, i sentimenti, la felicità, la gioia e l’allegria non esistono: c’è solo la cupa immagine di chi è pronto perfino a rinunciare alla propria vita, se è necessario, per raggiungere un obiettivo pazzesco, nel quale la vita degli altri non conta nulla.

Non dobbiamo dimenticarlo. Tutto questo, senza querimonie, senza isterismi e senza indulgere troppo sulle scene più strazianti. Per chi ragiona, basta molto meno per provare l’orrore e il desiderio spasmodico di fare il possibile perché questi drammi non possano avvenire mai più, pur con la consapevolezza atroce che, invece, si ripeteranno ancora e ci saranno altri disperazioni, altri lutti, fino a quando non si risveglierà la ragione.

Questo è il senso del dolore e dell’orrore, che non tollerano schematizzazioni e insistenza sui particolari nel descrivere il peggio. Un dolore e un orrore simili possono oggi essere leniti solo da un gesto che è accaduto e che ci richiama al senso dell’umanità: una donna appesa disperatamente ad una finestra che grida e una mano sconosciuta che l’afferra e la salva. Qui c’è tutto il senso del confronto che non possiamo non fare tra chi dà consapevolmente la morte e chi crede alla solidarietà ed al valore inestimabile della persona. Finché ci saranno gesti di questo genere, potremo avere la speranza che l’umanità e la solidarietà riescano a trionfare.

Tuttavia, non c’è orrore, non c’è dolore, per quanto grande, che non richieda – per assumere un significato vero – una riflessione seria e adeguata. Ed è quella che in questi giorni, pur col cuore ed i sentimenti sconvolti, dobbiamo riuscire a fare, resistendo anche a qualche impulso spontaneo ma improduttivo.

C’è una guerra in atto, diversa da tutte le guerre che abbiamo, purtroppo, conosciuto (ed alcune, vissuto); diversa, certamente, dalla guerra tradizionale dove sono due o più nemici che si scontrano con i loro eserciti e il fatto che ci vadano di mezzo, talvolta, anche donne e uomini che non vestono una divisa e non impugnano un’arma, è deprecabile, ma pur “secondario” rispetto al dato principale.

Qui non c’è nulla di tutto questo; non c’è un nemico facilmente identificabile, non ci sono eserciti tradizionali in campo. Siamo di fronte a una guerra con connotati che non corrispondono neppure alle altre forme assunte, nel tempo, dalla violenza e dalla contrapposizione di idee e/o interessi, visibili e percepibili facilmente, perché non si tratta neppure di ritorsioni o di rappresaglie (ricordate la vicenda di Charlie Hebdo?), ma di atti che, in altri tempi, sarebbero stati definiti come “gratuiti”.

Diversa perfino rispetto al terrorismo “classico”, quello che nel mondo si è sperimentato in questo scorcio di secolo e in una parte di quello precedente. Un terrorismo che colpiva specifici obbiettivi, anche sbagliati, ma pur sempre obiettivi definiti, in nome di una idea, di un fanatismo, di un fondamentalismo, insomma di qualcosa che si poteva percepire e dunque anche combattere con (relativa) facilità.

Siamo di fronte ad una situazione nuova anche rispetto a quel tragico 11 settembre di New York, dove c’era un’evidente organizzazione, una provenienza definibile ed un obiettivo altrettanto percepibile. Questa è una situazione, in qualche modo, ancora più perversa. C’è un “Califfato” che si autoproclama come Stato, ci sono forze e mezzi militari che uniscono all’orrore di alcuni atti individuali, quello di vere e proprie battaglie, di esecuzioni di massa, di “vittorie” conseguite colpendo vite umane incolpevoli e solo indirettamente coinvolte in un ipotetico conflitto e talora rivolgendo la furia distruttiva su beni artistici di inestimabile valore. Ma c’è, accanto a tutto questo, anche una sorta di esercito invisibile, sparso in varie zone e in vari Stati e capace di colpire, dall’interno – senza una vera logica ed un qualsiasi collegamento – in luoghi svariati, con massacri di valore simbolico e ammonitivo.

In un limitato lasso di tempo, c’è stato l’assalto a Charlie Hebdo, del gennaio scorso, a Parigi, l’attentato in Tunisia, l’attentato (ormai sicuro, per quasi tutti, come tale), contro l’aereo russo, precipitato, in mille pezzi, in Egitto; ed ora questo mostruoso, molteplice attentato in varie zone di Parigi, diretto contro persone inermi, intente a seguire uno spettacolo o un concerto e addirittura tentato contro uno stadio, pieno di folla (per fortuna quest’ultimo, non riuscito).

Tutto questo sembra fatto per dire che nessuno può stare tranquillo da nessuna parte ed in nessun momento della sua vita; che non c’è un nemico preciso, individuabile, contro cui si spara, ma c’è una folla in qualche modo anonima, come quella di Parigi, o quella che viaggiava sull’aereo russo, “utilizzata” per un sacrificio che sarà di ammonimento per tutti.

Qualcuno ha detto che è una guerra “globale”. Può darsi, ma solo nel senso che è diretta verso un bersaglio globale, perché ognuno può essere colpito o dall’esercito dell’ISIS nei luoghi ove esso è impegnato, oppure da una schiera non identificata né identificabile di persone disposte a tutto, per creare insicurezza nel mondo e dimostrare che c’è solo una forza invincibile, l’ISIS.

Di fronte ad un fatto del genere, tutte le guerre che conosciamo, in Africa ed in altre parti del mondo, scolorano, perché nessuna di esse riesce ad assumere questo carattere di intimidazione e di violenza “globale”, in nome di qualcosa che è addirittura peggiore di un “fondamentalismo“ classico.

Come si reagisce ad una “guerra” del genere? Certo, come tutte le “novità”, anche questa non consente ricette predefinite; ma di alcune cose possiamo già essere convinti e certi.

La prima è che, se vogliono intimidirci e renderci insicuri, la cosa peggiore da fare sarebbe quella di cedere e rinunciare a fatti ed eventi già predisposti (penso, per esempio, al Giubileo), perché questa sarebbe una prima, sicura, vittoria di questo inafferrabile nemico. La seconda è che non dobbiamo cedere alle paure e chiuderci in casa; le manifestazioni subito avvenute in tante parti d’Italia, al di là del dolore e della partecipazione commossa, dimostrano proprio questo, che c’è voglia di reagire, di non farsi chiudere nel recinto delle paure, di impegnarsi contro gli assassini, anche se alcuni di loro possono assomigliare al vicino di casa ed apparire “normali”. E fin qui, si tratta delle cose che competono a noi, cittadine e cittadini, che amiamo la libertà, respingiamo la violenza, la sopraffazione e l’intimidazione. Ma poi c’è ben altro, e questo compete agli Stati, a chi ci governa, a chi – insomma – dovrebbe “governare” il mondo, almeno su una base comune, quella del rispetto dei diritti umani. Molti Stati, compreso il nostro, hanno già adottato misure di sicurezza, intensificato i servizi di controllo, allertato i presìdi nei luoghi più simbolici; va bene ma, certo, occorre ancora di più, proprio perché uno dei “simboli”, il peggiore in un certo senso, è costituito proprio, dall’eccidio di massa, dall’assassinio di persone inermi, che mai potrebbero o dovrebbero costituire un obiettivo. Si impone allora un collegamento fra gli Stati e soprattutto fra i loro servizi segreti. Si sono già viste, in varie occasioni, falle clamorose nei presìdi di sicurezza, come a Sharm-el-Sheik, o anche, con ogni probabilità, a Parigi. Un collegamento forte e stretto fra i servizi aiuterebbe certamente a “prevenire”, ad individuare per tempo i soggetti pericolosi, ad apprestare quanto necessario, anche con l’aiuto dei cittadini e delle Autorità locali, per individuare le fonti sospette e foriere di tempesta.

C’è ancora di più, alla fine. Qui entra in campo la politica, quella con la “P” maiuscola, che ancora non si riesce ad intravvedere, a livello europeo e mondiale, riducendosi spesso a mosse isolate, non adeguate alla bisogna, in alcuni casi generiche e in altri, addirittura avventate. Si è avuta l’impressione, più volte, in Libia, ma poi anche in Iraq, in Siria, in Medio Oriente, che ognuno si adoperasse per combattere il “nemico”, ma in realtà, perseguendo un proprio interesse, talora non compatibile con quelli degli altri e, in ogni caso, da essi indipendente. Ci vuole una “politica europea” e ci vuole un politica mondiale. Bisogna finirla con l’idea che con i bombardamenti si risolve tutto ed, a maggior ragione, con il sistema che ognuno bombarda per conto proprio (e per ragioni sue). Questo, non serve a nulla, neppure contro la forma più organizzata (il Califfato), ma a maggior ragione contro il “nemico” isolato, diffuso, che colpisce all’improvviso, in questo o quel Paese. Se non si costruisce un fronte veramente compatto, che contrapponga alla violenza mortale e alla volontà di dominare il mondo, una barriera che sappia al tempo stesso muoversi sul terreno militare e su quello dell’intelligence, avremo altri lutti e altri attentati e continueremo a disperarci, senza costrutto. E’ possibile, è necessario, realizzare, almeno su questo, una vera unità di intenti, senza retropensieri e senza interessi più o meno confessabili. Se questa “guerra” è contro

tutti, occorre che siano proprio “tutti” a reagire, a impegnarsi, perché solo così si può pensare di vincerla. E si deve vincerla, in nome dell’umanità, della solidarietà e della fratellanza. Parole forse nuove per alcuni governanti, che hanno perso, anche in Europa, l’abitudine di usarle, ma che dovranno crescere nella mentalità collettiva degli Stati e dei cittadini di tutti i Paesi del mondo. Insomma di fronte al fenomeno drammatico di giovani che si esaltano e uccidono sulla base di princìpi inesistenti, bisogna riaffermare il contenuto ed il significato dei valori veri, quelli della nostra democrazia e della nostra civiltà.

Certo, ha ragione Claudio Magris, quando ci ammonisce che “la violenza va repressa con la violenza, ma anche esorcizzata con l’insegnamento del rispetto reciproco”, e, se posso permettermi un’aggiunta “con l’insegnamento dell’esigenza assoluta di rispetto dei diritti umani, delle ragioni della cultura e delle ragioni della civiltà”.

So che tutto questo rappresenta un impegno nuovo e diverso rispetto al passato e che per perseguire simili obiettivi bisogna riuscire a mettere da parte, tutti, una serie di pregiudizi e di interessi personali (di singoli e di Stati). Se davvero si tratta di una guerra “globale”, l’unica risposta sicura non può che essere, a sua volta, “globale”.

Voglio soffermarmi un momento, prima di concludere, su un altro aspetto, estremamente pericoloso, che può essere determinato (e lo è già in qualche modo) da vicende come quelle di cui stiamo parlando.

La Polonia, per fare un esempio, ha già dichiarato che “di fronte a questi fatti, non si possono più accettare stranieri” e non è certamente un caso isolato. Sono in molti ad avere interesse a inserire il “nemico” invisibile, in un’area ben precisa, che è quella dei migranti. Non importa che già sia dimostrato che fra gli assassini emergono figure di cittadini europei, francesi, belgi e così via; la speculazione è troppo a portata di mano perché non ne approfittino i razzisti, gli xenofobi di sempre. Io sono d’accordo che qualche misura vada presa, prontamente, da tutti gli Stati per accelerare, al massimo, le procedure di identificazione e riconoscimento di chi vuole entrare in un Paese che non è il suo. A questo si sarebbe dovuto provvedere da un pezzo, nell’interesse di tutti; ma ci sono ritardi enormi. Questa è una misura da adottare finalmente dagli Stati europei se davvero temono l’ingresso di soggetti pericolosi e “non identificabili”.

Al di là di questo, che corrisponde a razionalità e perfino a ragioni umanitarie (oltre a quelle di sicurezza), non c’è alcuna ragione per opporre barriere a tanta gente che fugge proprio da violenza, terrorismo, fondamentalismi e guerra. Chi specula su questo dimostra, ancora una volta, il suo vero volto che è solo sempre quello del razzista; e come tale va trattato. E il razzismo, come è noto, è – assai spesso – anche l’anticamera del fascismo. Bisogna rispondere, dunque, anche con un lavoro di grande informazione e di formazione culturale, per impedire che certe idee, spesso non spontanee ma incrementate e diffuse ad arte, attecchiscano, sulla scia dell’orrore e della paura. Anche sotto questo profilo, ci incombe il dovere della chiarezza.

Il nostro ruolo, quello di una Associazione che si basa sui valori fondanti della nostra Repubblica, è quello di pretendere, con forza, che si faccia tutto quanto necessario per garantire la sicurezza dei cittadini, senza cedere di un millimetro di fronte alle intimidazioni ed agli assalti; rendendo evidente, nel contempo, che occorre anche la collaborazione e l’impegno fattivo di tutti, cittadine e cittadini e c’è anche – e va sottolineato con forza – il dovere di respingere, con altrettanta forza, i tentativi di chi pensa di approfittare di una drammatica “guerra mondiale”, del tutto innovativa rispetto alle precedenti, per realizzare i loschi obiettivi che sono tipici del peggior razzismo.

 

 

A Brindisi subito dopo il 25 luglio del ’43

Fra qualche giorno ricorre il 72° del 25 luglio 1943 una data importante, anche a Brindisi qualcosa accadde:

A Brindisi

subito dopo il 25 luglio del ’43

Ieri in questo capoluogo verificavasi at seguito notizie dimostrazione pubblicate stampa qualche chiassata ad opera una ventina studenti che raggiungevano sede GIL per asportare emblemi fascisti et tentavano affissione manifestino poligrafato carattere antifascista. Capeggiatori arrestati(1).

Quello ieri era riferito al 28 luglio del 1943, il capoluogo in questione era la città di Brindisi e la chiassata della ventina di studenti è la notizia che mette la cittadina in pari con i fatti della storia e di molti altri luoghi del Paese dove si era festeggiato quel 25 luglio e le grandi illusioni che si portava dietro come l’idea che la guerra potesse finire come per magia in un istante.

Forse l’iniziativa locale non era della stessa portata e misura di altre realtà, per giunta accadeva con qualche giorno di ritardo, ma l’importante era che anche in Brindisi, malgrado il telegramma del prefetto, l’ordine pubblico, a lui tanto caro, non era stato normale, anche in città c’era stata una manifestazione antifascista, a dispetto della nomea di essere un luogo refrattario.

 

 

 

 

 

 

Era calda quell’estate del ’43, molte sono le testimonianze che lo confermano, ricordi orali, documenti vari e persino alcune biografie lo confermano, ma il caldo descritto supera la dimensione meteorologica per un tragico susseguirsi di fatti.

 

Quella del luglio ’43, è una storia particolare, fatta di alti e bassi per gli italiani, all’inizio del mese c’era stato lo sbarco degli americani e degli inglesi in Sicilia. Era la conclusione di un calvario di notizie che nel recente passato si erano andate accumulando, dalla ritirata in Russia alle sconfitte in Nord Africa. Inoltre già da tempo, dal ’40 in poi, gli italiani avevano conosciuto la guerra totale, il terrore che colpiva dall’alto la popolazione civile inerme, i bombardamenti avevano distrutto e ucciso in ogni città dal nord al sud del Paese. Infine quel 25 luglio del ’43 aveva sparso per la penisola quell’ euforico clima pericoloso, un entusiasmo tragicamente ingenuo si era impadronito di moltissimi italiani. Mussolini era stato costretto alle dimissioni, così era stato annunciato alla radio che testualmente dichiarava: “Attenzione, attenzione: Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni, dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, e Segretario di Stato, presentate da Sua Eccellenza, il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio.”

 

 

 

 


La fine del regime al potere dal 1922 e il seguente arresto di Mussolini oltre che la formazione del Governo Badoglio furono accolte con manifestazioni di gioia, sia gli antifascisti che le persone comuni scesero in piazza per distruggere e danneggiare molti dei simboli e delle sedi del regime fascista, inneggiando alla democrazia e alla pace.

Quel 28 luglio del ‘43, il giorno della chiassata ad opera una ventina studenti a Brindisi, aveva avuto ben altro e sanguinoso sviluppo a Bari, dove si erano contati venti morti, circa una cinquantina di feriti. Erano caduti in via Niccolò Dell’Arca, erano in maggioranza giovani, operai e studenti, erano stati uccisi dai colpi esplosi da un reparto dell’esercito e da cecchini appostati nella vicina sede della federazione del Partito fascista, essi, soldati e fascisti, avevano sparato contro un pacifico corteo che andava ad accogliere gli antifascisti all’uscita del carcere.

Quei giorni di luglio in Puglia sono caldi, c’erano state già altre manifestazioni, in provincia di Brindisi il 26 di luglio, in un telegramma il prefetto Pontiglione (questo era il nome) scrive: Segnalati lievi incidenti nei Comuni S. Vito Normanni et Torchiarolo dove sono state tolte da casa fascio targhe indicative et ritratti duce senza reazione da parte fascisti(2).

Anche in provincia di Brindisi, dalle sedi fasciste, vengono tolte insegne e ritratti di Mussolini a San Vito dei Normanni e a Torchiarolo il prefetto è costretto a comunicare che vi sono stati incidenti probabilmente a seguito di manifestazioni spontanee antifasciste.

Per la verità queste notizie su Brindisi e dintorni erano già state date dallo studioso Francesco Barra(3) negli atti di un convegno promosso dalla regione Campania nel ’75, il 25 luglio nel mezzogiorno aveva rappresentato una anomalia rispetto alla vulgata prevalente, come per esempio è dimostrato da un importante testo del 1969 quale L’Italia dei 45 giorni che succintamente sul mezzogiorno dichiarava: la quasi totale assenza di manifestazioni di rilievo nei centri principali. A Napoli come a Bari, a Taranto come a Brindisi non si segnalano grandi dimostrazioni, né astensioni dal lavoro. La presenza antifascista appare subito assai limitata e comunque in grado di influenzare solo indirettamente l’opinione pubblica attraverso ristretti ambienti professionali e intellettuali.

Dunque i fatti del 25 luglio ’43 hanno questa impronta assai limitata, in questa lettura ciò che accade al sud avviene solo per l’azione di ristretti ambienti professionali e intellettuali, che sono in grado di influenzare solo indirettamente l’opinione pubblica (?),stante queste premesse su molti fatti nel mezzogiorno se ne era quasi persa la memoria, a maggior ragione si erano persi pezzi di memoria locale di quel decisivo e drammatico 1943, in tal modo e inspiegabilmente diversi ricordi affondarono senza quasi lasciare tracce.


Dunque la provincia di Brindisi, stante queste notizie più volte e diversamente documentate e/o dimenticate e/o riscoperte e/o sottovalutate, non è quel territorio che a volte è considerato come amorfo e refrattario, a Brindisi come in altre parti della Puglia per quanto ristretti gli ambienti professionali e intellettuali avevano comunque lanciato la sfida democratica ed antifascista a ridosso del fatidico 25 luglio, e la cosa non è di poco conto.

Ciò che manca davvero è la conoscenza dei nominativi dei Capeggiatori arrestati o almeno qualcuno dei nomi della ventina di studenti partecipanti della cosiddetta chiassata, che in realtà è un piccolo corteo, il primo antifascista dopo un paio di decenni, che si reca verso la sede della Gioventù Italiana del Littorio, uno dei tanti luoghi del regime nella città, si recano in quel posto per abbatte stemmi e simboli del fascismo. L’abbattimento dei simboli della dittatura è del tutto coerente con ciò che accade in molte parti del Paese dal nord al sud con ristrette o numerose manifestazioni.

Poco o nulla si conosce delle altre manifestazioni, dei lievi incidenti, citati dal telegramma prefettizio, di San Vito e di Torchiarolo, anche per queste due località non è dato sapere molto sulla iniziativa antifascista.

 

 

 

 

Il telegramma del 29 luglio, indirizzato al Ministero dell’Interno del prefetto di Brindisi, parla inoltre di un volantino, precisamente di un manifestino poligrafato che i dimostranti cercano anche di affiggere, e che sicuramente hanno diffuso lungo il percorso della manifestazione.

Su questo volantino, è possibile fare una supposizione sufficientemente plausibile sulla sua individuazione, il cui testo è di seguito trascritto:

Cittadini,

Nell’ora sua più tragica, dopo oltre un ventennio di sofferenze e di martirii, per la volontà del Popolo che, se persegue gli inderogabili suoi diritti, vince alla fine ogni barriera, la Patria nostra si riscuote da un obbrobrioso letargo per ritornare, rinnovata di spiriti, nel consorzio delle Nazioni Civili.

E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.

Sentite, dunque, di quest’ora, tutta l’austerità: di quest’ora che matura i destini della Nazione.

Riprendete le tradizioni veramente grandi e gloriose del nostro Risorgimento, e non siate sordi ai bisogni dell’età che preme a sorgere, dell’età che, pur fra strazi e ruine inenarrabili e infinite, già sorge e chiede giustizia e libertà per tutti in una pacifica fratellanza di Popoli.

E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.

Vigilate nell’opera.


Copie di questo testo di volantino sono circolate in molte parti del Salento dopo il 25 luglio del ’43, all’epoca, tra l’altro, non dovevano essere molti i volantini che vi circolavano. Di quello in questione alcune copie si sono conservate in alcune raccolte locali(5), E’ questa un’alba, non è ancora il giorno è il brano-riflessione contenuta nel testo del volantino e ripetuto per ben due volte che dimostra da parte degli autori la consapevolezza della fase difficile ma decisiva che stava per iniziare.


Il testo è di chiara tendenza liberalsocialista(6) per i suoi contenuti ed anche perché ormai sono anni da tempo che l’opposizione comunista nella Puglia era stata battuta, Il movimento comunista pugliese non si riebbe mai dai colpi del febbraio-marzo 1937. La varie province apparvero pacificate e i dirigenti locali che non finirono in galera vennero neutralizzati e rigorosamente controllati(7) ; dunque subito dopo il 25 luglio le condizioni del movimento comunista locale è estremamente debole, un altro indizio che depone a favore dell’attivismo liberalsocialista è la presenza di giovani studenti.

Già da diversi anni ’30, il movimento liberalsocialista era attivo in varie parti della Puglia, in prevalenza negli ambienti intellettuali. Esso era estremamente vivace e, proprio grazie al dinamismo di queste minoranze critiche, rappresentò un baluardo della cultura contro il regime fascista. Il movimento, partendo da Bari, attraverso l’ impulso di Tommaso Fiore, si diffonde in molte parti della regione e nel Salento. Trovò consensi tra gli studenti dei vari licei e in diversi gruppi di giovani universitari e di insegnanti. Gli accadimenti di Brindisi in quel 28 luglio del ’43 possono essere stati prodotti da giovani aderenti o in contatto con questo movimento.

Nella città di Lecce è ampiamente documentata l’iniziativa del 26 di luglio. In quel giorno si svolge una manifestazione di circa 500 persone che è capeggiata dagli esponenti più importanti dell’antifascismo locale, anche qui e prima che a Brindisi, viene distribuito il volantino stampato in cui c’è il famoso passaggio: E’ questa un’alba, non è ancora il giorno.

Si hanno notizie dimostrazioni che hanno luogo anche in altri centri del Leccese come ad Ugento, a Monteroni, ad Arnesano e a Villa Baldassarre. In questi ultimi tre luoghi vi sono notizie su assalti e devastazioni a sedi del fascio, ai dopolavoro e ai locali del sindacato agricolo.

Nel Tarantino la popolazione scese in piazza a Mottola e Martina Franca, dove sono dati alle fiamme i ritratti di Mussolini (8).

In provincia di Foggia nella notte tra il 25 ed il 26 luglio a Carpino, sul Gargano, i carabinieri dispersero una manifestazione popolare arrestando 6 persone, mentre a Foggia, la mattina del 28, «alcuni monelli» presero a sassate la federazione fascista, riuscendo quindi a penetrare nell’interno e a devastarla in parte (9).

In terra di Bari oltre ai drammatici fatti nel capoluogo, massicce e violente dimostrazioni si svolsero in molti centri tra il 26 ed il 29 luglio, spesso con incidenti tra fascisti ed antifascisti e con pesanti interventi repressivi delle forze dell’ordine. A Noicattaro e Sannicandro vennero infatti devastate le case del fascio, a Monopoli e Noci dei fascisti vennero malmenati, a Ruvo si distrussero i simboli del regime e si devastò il fascio, mentre l’acme si raggiunse a Bitonto, dove, il 28 luglio, oltre cinquemila persone assalirono un alloggiamento della milizia, un deposito comunale di viveri ed un panificio militare, venendo poi disperse con le armi dai carabinieri(10).

Questo accadde in Puglia in modo che si possa dire che nei fatti del caldo luglio ’43 la presenza antifascista apparve subito in grado di influenzare l’opinione pubblica.

di Donato Peccerillo

Note:

(1) Telegramma indirizzato al Ministero dell’Interno – Gabinetto –Ufficio del Telegrafo e della Cifra.da Brindisi 29- 7- 1943 ore 15.40 = ARR. ORE 18 del 30. A Ministero Interno Roma.(Gab. Seg. PS. Pza.) “1532. Diffondesi senso generale sollievo per cessazione regine fascista. Nessuna interruzione lavoro in pubblici uffici et stabilimenti industriali. Ordine pubblico normale. Ieri in questo capoluogo verificavasi at seguito notizie dimostrazione pubblicate stampa qualche chiassata ad opera una ventina studenti che raggiungevano sede GIL per asportare emblemi fascisti et tentavano affissione manifestino poligrafato carattere antifascista. Capeggiatori arrestati. Prefetto Pontiglione”. ACS Ministero dell’interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, fasc. 214 “n. 17 Brindisi”.

(2) Telegramma indirizzato al Ministero dell’Interno – Gabinetto –Ufficio del Telegrafo e della Cifra.da Brindisi DA BRINDISI 26- 7- 1943 ORE 14.5 = arp. ore 20 del 28 prec. Ass. Ministero Interno Gabinetto Roma.(Gab. Seg. PS. Pza.)” N. 1509» Notizia costituzione governo militare prodotto favorevole impressione. Segnalati lievi inciderti nei comuni S.Vito Normanni et Torchiarolo dove sono state tolte da case fascio targhe indicative et ritratti duce senza reazione da parte fascisti. Prefetto Pontiglione”. ACS Ministero dell’interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, fasc. 214 “n. 17 Brindisi”.

(3)“In Puglia, manifestazioni studentesche avvennero a Brindisi, con tentativi di distruzione degli emblemi fascisti e colla diffusione di volantini clandestini ciclostilati, i cui autori vennero prontamente tratti in arresto. Dimostrazioni vennero pure inscenate a Lecce, a Torchiatolo, S. Vito dei Normanni ed Ugento, mentre a Monteroni, Arnesano e Villa Baldassarre di Guagnano furono devastate le sedi del fascio, del dopolavoro e del sindacato agricolo.Nel tarantino, la popolazione scese in piazza a Mottola e Martina Franca, dando alle fiamme i ritratti di Mussolini.”( “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo- 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, )

(4) L’Italia dei 45 giorni. 25 luglio-8 settembre1943. Studi e documenti. Quaderni dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione. Gallerano N.- Ganapini L.-Legnani M. Editore: Tip. Ferrari, Milano, 1969. Pag 33

(5) ASB ; archivio M. Stampacchia. ecc

(6) Sull’attività del movimento liberalsocialista del Partito d’Azione,: L’attività clandestina antifascista — i cui primi segni si erano già manifestati alla vigilia dell’entrata in guerra — era in effetti ripresa con notevole impegno a Bari sul finire del 1941, con la costituzione del « centro » regionale del movimento liberalsocialista, formato da giovani intellettuali, tra cui Ernesto de Martino, di prevalente formazione crociana ma già insofferenti dell’egemonia culturale del Maestro ed aperti a più vaste prospettive politiche e sociali. Punto di coagulo e di incontro tra vecchi e giovani antifascisti ed il Croce erano la Casa e la libreria Laterza, su cui si appuntava, occhiuta e sospettosa, la vigile sorveglianza della polizia. .”( “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo- 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, )pag. 157

(7) Mauro Canali le spie del regime il Mulino Bologna 2004 pag 363

(8) “Il 25 luglio nel Mezzogiorno” di Francesco Barra pag 154 in: Mezzogiorno e fascismo –atti del convegno nazionale di studi promosso dalla regione Campania –Salerno –Monte San Giacomo– 11/14 dic.’75 pubblicato da ESI Na 1978, ) pag 154

(9) Ivi. Pag154

(10) Ivi. Pag155-156

 


 


Per la Legalità e contro il razzismo per una Europa solidale

Per la Legalità e contro il razzismo – L’ANPI di Brindisi ha condiviso una serie di iniziative


Il primo luglio scorso l’ANPI di Brindisi, ha tenuto un incontro a Masseria Canali, struttura di Mesagne confiscata alla Sacra corona unita e gestita da Libera Terra.

Una ventina di volontari di tutte le età, provenienti dalla Sicilia, da Rimini, Reggio Emilia, Puglia, Firenze ogni mattina si sono svegliati all’alba per lavorare nei campi confiscati alla Scu. Di pomeriggio si sono svolti incontri a masseria Canali ai quali spesso ha partecipato l’ANPI Brindisi che aderisce a Libera. La lotta alla mafia ha in sé anche quello che fu il senso della lotta dei partigiani nella Resistenza. Nel corso dell’incontro con il presidente Donato Peccerillo si è discusso della Resistenza, dei suoi valori alla base della Costituzione, tra i quali il diritto a una vita sociale ed economica libera da ogni condizionamento illegittimo ed illegale, e del coinvolgimento spesso dimenticato dei partigiani brindisini e dell’intero Sud nella guerra di Liberazione. E la lotta contro la mafia e per la Liberazione è stato il tema discusso con i volontari.

 

 

 

 

 

 

il 7 luglio, sempre a masseria Canali, organizzato con il partigiano Pietro Parisi, nome di battaglia “Brindisi”, 92 anni, contadino di Cisternino e maratoneta che non ha spesso di correre. I volontari hanno ascoltato con estremo interesse la sua storia di ragazzo antifascista che si unì ai partigiani rischiando anche la vita.


 

 

 

 

L’ANPI Brindisi ha partecipato anche ai confronti tra i volontari e i magistrati della procura di Brindisi. Ma non si è impegnato solo sul fronte dell’antimafia.

L’ANPI Brindisi aderisce al Comitato Migranti e Mediterraneo di Brindisi e ai due giorni di festa e condivisione organizzati, anche con altre associazioni, dallo Sprar di Brindisi per un contatto sincero e proficuo tra la popolazione locale e gli ospiti, rifugiati politici e richiedenti asilo provenienti dall’Ucraina, dall’Armenia e dalla Nigeria, ecc.

Il 10 luglio, nella Borgata Serranova si è svolto H24_Acasa, uno spettacolo itinerante sulle badanti e le colf straniere in Italia. Il progetto H24_Acasă nasce a conclusione di un percorso di ricerca e racconto sulle badanti e le colf straniere in Italia per indagare e raffigurare la condizione delle donne in situazioni di marginalità sociale che si trovano a vivere nel nostro territorio. Acasă in rumeno significa casa, quella da cui le donne partono e quella in cui si trovano a vivere e a lavorare, sentendosi sempre straniere e dove il tempo si sospende nell’attesa di un futuro remoto, del desiderato ritorno. Un tempo sospeso che dilata la loro presenza, perché devono essere sempre a disposizione, appunto 24 ore al giorno.

 

 

 

 

 

Sabato 11 luglio, a Tuturano, si è svolta la grande festa con musica, balli e degustazioni di pietanze preparate dagli ospiti dello Sprar Sul palco la Taricata di San Vito dei Normanni con la musica coinvolgente della pizzica. Il Comitato Migranti e Mediterraneo di Brindisi è una rete di associazioni e singoli cittadini attivi nel campo della solidarietà sociale, dell’accoglienza e protezione dei migranti, della promozione culturale dei valori ispirati dalla Carta dell’Onu sul rispetto dei diritti umani e del rifiuto di ogni forma di razzismo e discriminazione (di genere, religiosa, etnica, politica, ecc.).


70° della Liberazione a Brindisi

BRINDISI 25 aprile


 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tuturano 24 aprile


 

Mesagne 23 aprile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Francavilla 25 aprile


 

 

 

 


[..] Antonicelli rivendicava storicamente il termine Resistenza già al periodo che correva dal 1919 al 1943, “giacché sempre accanto al fascismo sorse, combatté e, nei casi che contano, non si piegò l’autentico antifascismo”; e sottolineava che l’altro periodo, il 1943-1945, anch’esso di antifascismo pieno e militante, era di origine e di tipo diverso. La loro assimilazione in un unico blocco non serviva a capire e riconoscere il legame strettissimo frala resistenza disarmata e l’iniziativa armata contro il fascismo.

L’idea avanzata da Antonicelli è suggestiva e in un certo senso rivoluzionaria per quanto riguarda la periodizzazione indicata, nella distinzione tra una lunga fase di resistenza al fascismo e un’altra più breve di azione armata contro il fascismo, distinte dalla rottura del 25 luglio 1943, “frutto combinato di astuzia e di terrore e avvenimento fatale e senza grandezza”: questa data segnò il passaggio fra l’opposizione clandestina del Ventennio e la rivolta armata del popolo, sottolineando la comparsa e l’azione complessa di nuove forze sulla scena politica e militare.[..]

(da:Manuela Consonni l’eclisse dell’antifascismo Bari 2015 pag 119)

 


70° ANNIVERSARIO della LIBERAZIONE

Mesagne giovedì 23 aprile alle ore 18,00

Archivio di Stato di Brindisi – comitato provinciale dell’ANPI – Comune di Mesagne

IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE E ALLA VIGILIA DEL 25 APRILE

presentano la mostra documentaria e fotografica “Sovversivi (1900 – 1943)” Le radici dell’antifascismo brindisino e mesagnese, il controllo e la repressione del dissenso politico prima, durante e dopo la dittatura. Fatti e personaggi attraverso i documenti del casellario politico della questura conservati nell’Archivio di Stato di Brindisi”. presso il Castello comunale di Mesagne – Salone nobile

L’inaugurazione della mostra sarà giovedì 23 aprile alle ore 18 nell’auditorium del Castello, dopo i saluti del sindaco di Mesagne Franco Scoditti, di Francesca Casamassima, direttore dell’Archivio di Stato, di Alessia Galiano responsabile del Servizio Cultura del Comune e di Donato Peccerillo presidente comitato provinciale dell’ANPI,

interverrà inoltre Luciano Guerzoni vice presidente nazionale ANPI.

La mostra e la sua inaugurazione rientrano nel programma di varie iniziative che le ANPI di Puglia stanno svolgendo nel 70° della Liberazione dell’Italia,


Di seguito, giovedì 23 aprile sarà aperta al pubblico la mostra documentaria e fotografica dal titolo “Sovversivi (1900–1943)” curata dall’Archivio di Stato di Brindisi, con il Comitato provinciale ANPI e il Comune di Mesagne, allestita nel salone nobile del Castello comunale.

La mostra si potrà visitare dal 23 aprile al 17 maggio 2015 dal martedì alla domenica, dalle 9,00 alle 13,30 e dalle 16,30 alle 20,30. L’ingresso è libero e gratuito.

Su invito dell’Amministrazione di Mesagne, l’Archivio di Stato e l’ANPI ripropongono la mostra che a Brindisi, tra il 2013 e il 2104, ottenne un larghissimo consenso di pubblico e la arricchiscono di una ricerca del tutto inedita su fatti e personaggi della città di Mesagne (comune della provincia di Brindisi).

La maggior parte della documentazione utilizzata per l’esposizione proviene dal casellario politico della Questura, conservato nell’Archivio di Stato, con l’apporto di documenti dell’Archivio storico del Comune di Mesagne, la mostra inoltre si è avvalsa della collaborazione dell’IPSAIC (istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea).

Il percorso della mostra

Con il nome generico di “sovversivi” vennero indicati durante il governo Crispi gli oppositori politici più pericolosi. In seguito la stessa definizione fu attribuita agli antifascisti e, alla caduta del regime, agli ex squadristi e gerarchi fascisti.

La mostra prende le mosse dalle vicende dei primi “sovversivi”, i socialisti fondatori all’inizio del ‘900 delle leghe e della Camera del lavoro, come Giuseppe Prampolini e Felice Assennato per Brindisi e Francesco Pignatelli per Mesagne, e dai primi scontri tra fascisti e antifascisti, quale l’assalto alla sede del fascio di Mesagne nel 1924.

Si passa poi a descrivere l’instaurarsi della dittatura di Mussolini e gli strumenti adottati per reprimere il dissenso politico e a raccontare le storie di alcuni antifascisti – contadini, muratori, artigiani, intellettuali – che sacrificarono la loro vita e quella delle loro famiglie per opporsi al regime, fino alla sua caduta e alla ripresa dell’attività politica dei partiti. Anche in questa sezione non mancano gli approfondimenti su ‘microstorie’ mesagnesi e su alcuni personaggi che subirono il carcere o il confino, come Pietro Ostuni, Cosimo Scollato e molti altri.

A conclusione del percorso, le biografie dei due cugini mesagnesi Eugenio Santacesaria e Santo Semeraro, personaggi esemplari per il ruolo ricoperto nelle fila della lotta clandestina e per la loro condizione di fuorusciti all’estero.

 

BRINDISI, sabato 25 aprile 2015

Sabato 25 aprile alle ore 10.30 avrà luogo, presso il Monumento ai Caduti in Piazza Santa Teresa, la Solenne Celebrazione del 70° Anniversario della Liberazione.

Alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle Autorità civili e militari della Provincia

 

A seguire, Piazzetta Sottile-De Falco, è intendimento di S.E. il Prefetto, rendere omaggio alla memoria dei caduti della Resistenza alla presenza delle massime Autorità Civili, Militari e città. Parteciperanno inoltre i partigiani Pietro Parisi e Alfredo Buzzerio.

Mesagne 25 aprile

25.04.2015 dalle ore 9,00 Esibizione a cura del Concerto Bandistico “F. Fasano – L. Leo” – Piazza IV Novembre, vie del Centro Storico, Piazza Garibaldi, Municipio.

26.04.2015

ore 18.00 Atrio Costello Comunale Esibizione della Banda Giovanile del maestro Carlo Pezzolla, a cura dell’Associazione

“Note nel Pentagramma”. A seguire il corteo “Banda giovanile e majorettes Città di Mesagne” per allietare con marce le vie del centro storico, Piazza Orsini Del Balzo, Piazza Vittorio Emanuele, Piazza Matteotti e infine Viltà Comunale.e Piazza Garibaldi.

ore 18,30 – Auditorium Castello Comunale “Sandro Pertini un uomo libero”. Incontro a cura dell’Associazione “RicreAzione” con l’intervento del Prof. Pietro Perri, Vicepresidente Nazionale “Fondazione Sandro Pertini”. Interverranno il Sindaco Franco Scoditti, il Presidente dell’Associazione “RicreaAzione” Domenico Rogoli, coordina il dibattito la scrittrice Mimma Leone

27.04.2015

ore 10,00 – “Sandro Pertini un uomo libero” Pietro Verri incontra gli studenti dell’Istituto Scolastico “Epifanio Ferdinando” di Mesagne

 

Francavilla Fontana 25 aprile

L’Amministrazione Comunale, in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e della nascita del nuovo stato democratico fondato sui valori della Resistenza, organizza, per sabato 25 aprile 2015 alle ore 9.00 presso la chiesa del cimitero, una iniziativa per celebrare e commemorare la Festa della Liberazione.

Ore 9.00 – Celebrazione della santa messa.

Ore 9.45 – Saluti

Prof. Maurizio Bruno Sindaco di Francavilia Fontana

Alessandro Rodia Delegato ANPI di Brindisi

In memoria dei partigiani e antifascisti che hanno lottato per la conquista delle libertà democratiche interverranno: Concetta Somma,

Francesco Della Porta, Cosimo Penta, Coordina: il Prof. Alberico Balestra

La manifestazione si concluderà con la deposizione da parte del Sindaco, accompagnato dal Gonfalone della Città, di una corona di alloro presso le tombe dei partigiani.

 

 

Tuturano festeggia il 25 Aprile

Tuturano (Brindisi) Venerdì 24 Aprile alle ore 18.00, in Piazza Regina Margherita inaugurazione di una targa commemorativa dedicata al 25 Aprile 1945.

Una ammirevole iniziativa a dimostrazione di quanto siano vivi, tra le persone, gli ideali di libertà e  lo spirito democratico, l’ANPI di Brindisi si associa a tutto questo e plaude di seguito riportiamo il comunicato del Comitato cittadino di Tuturano:

Venerdì 24 Aprile alle ore 18.00, in Piazza Regina Margherita in Tuturano, alla presenza delle autorità civili e religiose, avrà luogo l’inaugurazione di una targa commemorativa dedicata al 25 Aprile 1945, in occasione del 70° anniversario. La frazione di Tuturano fino ad ora è stata priva di elementi che ricordassero questa importante data. Da ciò è scaturita la richiesta alla civica amministrazione, da parte di un comitato cittadino, di realizzare una targa che con le sue parole potesse spiegare l’importanza di tale giorno, e di conseguenza fare in modo che le nuove generazioni non lo dimentichino mai, perché senza la Storia non abbiamo futuro.

La cittadinanza è invitata.

Comitato cittadino Tuturano