Sulla strada di casa, una “pietra d’inciampo” per il maggiore Ayroldi

Domenica 10 gennaio, una cerimonia partecipata è stata posta in Ostuni, dinanzi alla casa natale di Antonio Ayroldi in Corso Cavour n. 52, una “pietra d’inciampo” (Stolpersteine), un monumento originale e diffuso, ideato dall’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare le persone che hanno perso la vita per mano dei nazi-fascisti.

Antonio Ayroldi fu uno degli ultimi fucilati delle fosse Ardeatine . Ufficiale dell’esercito italiano, dopo l’8 Settembre 1943 non diede seguito alle insistenti richieste di presentarsi al comando tedesco ed entrò in contatto con la Resistenza romana. Scoperto insieme ad altri nel corso di una riunione clandestina fu imprigionato in Via Tasso . Torturato, fu condotto e ucciso alle Ardeatine dopo neanche un mese di prigionia. Antonio Ayroldi è Medaglia d’argento al valor militare alla memoria.

La Pietra d’inciampo ( Stolpersteine) dell’artista tedesco Gunter Demnig è l’azione di aggregare nel selciato stradale, accanto all’abitazione della vittima del nazismo, una piccola pietra d’ottone delle dimensioni di un sampietrino sulla quale è inciso il nome e l’anno di nascita e di morte della vittima . Con questa azione semplice ma altamente simbolica si intende ridare un nome a chi è stato ridotto ad un numero . L’espressione ” inciampo ” deve intendersi in senso visivo e mentale , per far fermare a riflettere chi si imbatte , anche casualmente nell’opera .


 

 

 

 

La cerimonia, dell’installazione della pietra, era iniziata a con l’ intervento del sindaco di Ostuni, Gianfranco Coppola, seguito da quello di Isabella Ayroldi, nipote di Antonio che, insieme a sua sorella Antonella, portano avanti il lavoro di sensibilizzazione e testimonianza iniziato da loro padre Carlo. Isabella, visibilmente emozionata, ha letto un messaggio di sua zia Isabella, sorella di Antonio, che vive a Roma e non ha potuto presenziare alla cerimonia, ma ha voluto essere comunque presente con il suo vibrante ricordo a un momento così importante per la sua famiglia. Si sono poi susseguiti i saluti di Annunziata Ferrara, dirigente scolastica del Liceo Classico e Scientifico “Pepe-Calamo” che ha ricordato l’importanza di questi accadimenti tragici nella memoria soprattutto delle giovani generazioni e l’intervento del partigiano Pietro Parisi, che ha voluto prendere la parola per offrire la sua testimonianza.

 

 

 

 

La cerimonia è poi continuata a Palazzo di Città dove l’iniziativa è ripresa con la trasmissione di un video in ricordo del Maggiore Ayroldi, con una vecchia intervista audio del compianto fratello Carlo, intervallata dai canti partigiani eseguiti dai ragazzi del gruppo teatrale “Officina del Sole”, guidati da Alessandro Fiorella, e dalle letture dei ragazzi del Liceo Classico “Antonio Calamo”, che hanno rappresentato alcuni testi e lettere di e su Antonio Ayroldi. A chiudere la cerimonia, l’intervento di Lidia Menapace, partigiana politica e scrittrice, ultranovantenne che ha contribuito a scrivere un pezzo di storia dando il suo apporto attivo alla Resistenza. A chiudere la cerimonia “Mare Nostrum”, un canto inedito presentato dai ragazzi dell’”Officina del Sole”, a suggellare una giornata che grazie a una mattonella d’ottone incastonata in un marciapiede, si è dato un contributo a rafforzare di una memoria collettiva. Al’iniziativa era presente una delegazione dell’ANPI.



70° della Liberazione a Brindisi

BRINDISI 25 aprile


 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tuturano 24 aprile


 

Mesagne 23 aprile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Francavilla 25 aprile


 

 

 

 


[..] Antonicelli rivendicava storicamente il termine Resistenza già al periodo che correva dal 1919 al 1943, “giacché sempre accanto al fascismo sorse, combatté e, nei casi che contano, non si piegò l’autentico antifascismo”; e sottolineava che l’altro periodo, il 1943-1945, anch’esso di antifascismo pieno e militante, era di origine e di tipo diverso. La loro assimilazione in un unico blocco non serviva a capire e riconoscere il legame strettissimo frala resistenza disarmata e l’iniziativa armata contro il fascismo.

L’idea avanzata da Antonicelli è suggestiva e in un certo senso rivoluzionaria per quanto riguarda la periodizzazione indicata, nella distinzione tra una lunga fase di resistenza al fascismo e un’altra più breve di azione armata contro il fascismo, distinte dalla rottura del 25 luglio 1943, “frutto combinato di astuzia e di terrore e avvenimento fatale e senza grandezza”: questa data segnò il passaggio fra l’opposizione clandestina del Ventennio e la rivolta armata del popolo, sottolineando la comparsa e l’azione complessa di nuove forze sulla scena politica e militare.[..]

(da:Manuela Consonni l’eclisse dell’antifascismo Bari 2015 pag 119)

 


70° ANNIVERSARIO della LIBERAZIONE

Mesagne giovedì 23 aprile alle ore 18,00

Archivio di Stato di Brindisi – comitato provinciale dell’ANPI – Comune di Mesagne

IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE E ALLA VIGILIA DEL 25 APRILE

presentano la mostra documentaria e fotografica “Sovversivi (1900 – 1943)” Le radici dell’antifascismo brindisino e mesagnese, il controllo e la repressione del dissenso politico prima, durante e dopo la dittatura. Fatti e personaggi attraverso i documenti del casellario politico della questura conservati nell’Archivio di Stato di Brindisi”. presso il Castello comunale di Mesagne – Salone nobile

L’inaugurazione della mostra sarà giovedì 23 aprile alle ore 18 nell’auditorium del Castello, dopo i saluti del sindaco di Mesagne Franco Scoditti, di Francesca Casamassima, direttore dell’Archivio di Stato, di Alessia Galiano responsabile del Servizio Cultura del Comune e di Donato Peccerillo presidente comitato provinciale dell’ANPI,

interverrà inoltre Luciano Guerzoni vice presidente nazionale ANPI.

La mostra e la sua inaugurazione rientrano nel programma di varie iniziative che le ANPI di Puglia stanno svolgendo nel 70° della Liberazione dell’Italia,


Di seguito, giovedì 23 aprile sarà aperta al pubblico la mostra documentaria e fotografica dal titolo “Sovversivi (1900–1943)” curata dall’Archivio di Stato di Brindisi, con il Comitato provinciale ANPI e il Comune di Mesagne, allestita nel salone nobile del Castello comunale.

La mostra si potrà visitare dal 23 aprile al 17 maggio 2015 dal martedì alla domenica, dalle 9,00 alle 13,30 e dalle 16,30 alle 20,30. L’ingresso è libero e gratuito.

Su invito dell’Amministrazione di Mesagne, l’Archivio di Stato e l’ANPI ripropongono la mostra che a Brindisi, tra il 2013 e il 2104, ottenne un larghissimo consenso di pubblico e la arricchiscono di una ricerca del tutto inedita su fatti e personaggi della città di Mesagne (comune della provincia di Brindisi).

La maggior parte della documentazione utilizzata per l’esposizione proviene dal casellario politico della Questura, conservato nell’Archivio di Stato, con l’apporto di documenti dell’Archivio storico del Comune di Mesagne, la mostra inoltre si è avvalsa della collaborazione dell’IPSAIC (istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea).

Il percorso della mostra

Con il nome generico di “sovversivi” vennero indicati durante il governo Crispi gli oppositori politici più pericolosi. In seguito la stessa definizione fu attribuita agli antifascisti e, alla caduta del regime, agli ex squadristi e gerarchi fascisti.

La mostra prende le mosse dalle vicende dei primi “sovversivi”, i socialisti fondatori all’inizio del ‘900 delle leghe e della Camera del lavoro, come Giuseppe Prampolini e Felice Assennato per Brindisi e Francesco Pignatelli per Mesagne, e dai primi scontri tra fascisti e antifascisti, quale l’assalto alla sede del fascio di Mesagne nel 1924.

Si passa poi a descrivere l’instaurarsi della dittatura di Mussolini e gli strumenti adottati per reprimere il dissenso politico e a raccontare le storie di alcuni antifascisti – contadini, muratori, artigiani, intellettuali – che sacrificarono la loro vita e quella delle loro famiglie per opporsi al regime, fino alla sua caduta e alla ripresa dell’attività politica dei partiti. Anche in questa sezione non mancano gli approfondimenti su ‘microstorie’ mesagnesi e su alcuni personaggi che subirono il carcere o il confino, come Pietro Ostuni, Cosimo Scollato e molti altri.

A conclusione del percorso, le biografie dei due cugini mesagnesi Eugenio Santacesaria e Santo Semeraro, personaggi esemplari per il ruolo ricoperto nelle fila della lotta clandestina e per la loro condizione di fuorusciti all’estero.

 

BRINDISI, sabato 25 aprile 2015

Sabato 25 aprile alle ore 10.30 avrà luogo, presso il Monumento ai Caduti in Piazza Santa Teresa, la Solenne Celebrazione del 70° Anniversario della Liberazione.

Alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle Autorità civili e militari della Provincia

 

A seguire, Piazzetta Sottile-De Falco, è intendimento di S.E. il Prefetto, rendere omaggio alla memoria dei caduti della Resistenza alla presenza delle massime Autorità Civili, Militari e città. Parteciperanno inoltre i partigiani Pietro Parisi e Alfredo Buzzerio.

Mesagne 25 aprile

25.04.2015 dalle ore 9,00 Esibizione a cura del Concerto Bandistico “F. Fasano – L. Leo” – Piazza IV Novembre, vie del Centro Storico, Piazza Garibaldi, Municipio.

26.04.2015

ore 18.00 Atrio Costello Comunale Esibizione della Banda Giovanile del maestro Carlo Pezzolla, a cura dell’Associazione

“Note nel Pentagramma”. A seguire il corteo “Banda giovanile e majorettes Città di Mesagne” per allietare con marce le vie del centro storico, Piazza Orsini Del Balzo, Piazza Vittorio Emanuele, Piazza Matteotti e infine Viltà Comunale.e Piazza Garibaldi.

ore 18,30 – Auditorium Castello Comunale “Sandro Pertini un uomo libero”. Incontro a cura dell’Associazione “RicreAzione” con l’intervento del Prof. Pietro Perri, Vicepresidente Nazionale “Fondazione Sandro Pertini”. Interverranno il Sindaco Franco Scoditti, il Presidente dell’Associazione “RicreaAzione” Domenico Rogoli, coordina il dibattito la scrittrice Mimma Leone

27.04.2015

ore 10,00 – “Sandro Pertini un uomo libero” Pietro Verri incontra gli studenti dell’Istituto Scolastico “Epifanio Ferdinando” di Mesagne

 

Francavilla Fontana 25 aprile

L’Amministrazione Comunale, in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e della nascita del nuovo stato democratico fondato sui valori della Resistenza, organizza, per sabato 25 aprile 2015 alle ore 9.00 presso la chiesa del cimitero, una iniziativa per celebrare e commemorare la Festa della Liberazione.

Ore 9.00 – Celebrazione della santa messa.

Ore 9.45 – Saluti

Prof. Maurizio Bruno Sindaco di Francavilia Fontana

Alessandro Rodia Delegato ANPI di Brindisi

In memoria dei partigiani e antifascisti che hanno lottato per la conquista delle libertà democratiche interverranno: Concetta Somma,

Francesco Della Porta, Cosimo Penta, Coordina: il Prof. Alberico Balestra

La manifestazione si concluderà con la deposizione da parte del Sindaco, accompagnato dal Gonfalone della Città, di una corona di alloro presso le tombe dei partigiani.

 

 

Tuturano festeggia il 25 Aprile

Tuturano (Brindisi) Venerdì 24 Aprile alle ore 18.00, in Piazza Regina Margherita inaugurazione di una targa commemorativa dedicata al 25 Aprile 1945.

Una ammirevole iniziativa a dimostrazione di quanto siano vivi, tra le persone, gli ideali di libertà e  lo spirito democratico, l’ANPI di Brindisi si associa a tutto questo e plaude di seguito riportiamo il comunicato del Comitato cittadino di Tuturano:

Venerdì 24 Aprile alle ore 18.00, in Piazza Regina Margherita in Tuturano, alla presenza delle autorità civili e religiose, avrà luogo l’inaugurazione di una targa commemorativa dedicata al 25 Aprile 1945, in occasione del 70° anniversario. La frazione di Tuturano fino ad ora è stata priva di elementi che ricordassero questa importante data. Da ciò è scaturita la richiesta alla civica amministrazione, da parte di un comitato cittadino, di realizzare una targa che con le sue parole potesse spiegare l’importanza di tale giorno, e di conseguenza fare in modo che le nuove generazioni non lo dimentichino mai, perché senza la Storia non abbiamo futuro.

La cittadinanza è invitata.

Comitato cittadino Tuturano

 

 

 

Ostuni 10 aprile 2015 gli studenti e il partigiano “Brindisi”



 

Ostuni 10 aprile 2015

300 studenti e professori del Liceo Classico Antonio Calamo,in assemblea, hanno incontrato il partigiano-maratoneta della Valle d’Itria Pietro Parisi (nome di battaglia BRINDISI) e una delegazione del comitato provinciale dell’ANPI di Brindisi, nell’aula dedicata al martire della Resistenza, medaglia d’argento, maggiore Antonio Ayroldi, trucidato alle fosse Ardeatine .

 

 

 

 

 

Nell’ incontro, l’artista Massimo Zaccaria si è esibito, tra i ragazzi, in un coinvolgente monologo, lo spettacolo è ispirato alla figura di Pietro Parisi (nato a Cisternino nel 1924), contadino, partigiano con il nome di battaglia Brindisi, al fianco della brigata Garibaldi dal 1° novembre 1943 al 7 giugno 1945, l’artista recita descrivendo l’itinerario di un patriota in marcia contro il fascismo e il nemico tedesco che attraversa i drammi della Seconda Guerra Mondiale. Giustino (questo è il nome del protagonista del monologo) è un uomo semplice, arruolato a Torino come soldato, divenuto poi partigiano perché si ribella ai nazisti che gli hanno ucciso un amico. “Il ritorno” cui si allude nel titolo altro non è che il rientro a casa dei soldati stremati e straziati dalla barbarie della guerra.

I giovani hanno inoltre presentato in assemblea alcuni lavori audio e video sulla figura di Antonio Ayroldi e letto alcune delle sue lettere ai parenti.

 

IL 23 MARZO DEL ’44, L’ECCIDIO DI 335 ITALIANI MARTIRI DELLA LIBERTÀ

TRA LE VITTIME I PUGLIESI TRUCIDATI ALLE FOSSE ARDEATINE

AYROLDI ANTONIO, Ostuni,

ALBANESE TEODATO, Cerignola,

AZZARITA MANFREDI, Venezia ( famiglia di Molfetta)

BAGLIVI UGO, Alessano

BUCCI BRUNO, Roma (famiglia Lucera)

BUCCI UMBERTO, Lucera,

CAPUTO FERRUCCIO, Melissano

CARACCIOLO EMANUELE, Tripoli ( famiglia di Gallipoli)

CAROLA FEDERIGO, Lecce

CAROLA MARIO, Gaeta (fratello di Federigo)

DE CAROLIS UGO, Galvano,( famiglia di Taranto)

DI MICCO COSIMO, Porto Said, (famiglia di Triggiano)

GESMUNDO GIOACCHINO, Terlizzi

LA VECCHIA GAETANO, Barletta

LOTTI GIUSEPPE, Andria

PAPPAGALLO PIETRO, Terlizzi

PISINO ANTONIO, Maglie

SACCOTTELLI VINCENZO, Andria

STAME NICOLA, Foggia

 

“L’eccidio delle Ardeatine va collegato a quel vasto e decisivo movimento ideale che ha preso il nome di Resistenza e del quale ci accingiamo a cogliere gli aspetti più significativi ed i motivi profondi anche per rendere omaggio nel modo più proprio a quanti hanno combattuto la battaglia per la libertà”.

Con queste significative parole Aldo Moro, Presidente del Consiglio dei ministri nel ventesimo anniversario della strage (1964), indicava uno dei punti di riferimento più alti e significativi della lotta di liberazione in Italia.

La strage nazista compiuta a Roma, il 24 marzo 1944, cuore della nazione e centro della Cristianità, come rappresaglia dell’attentato gappista di via Rasella avvenuta il giorno prima, scaturiva da una ben precisa strategia del terrore e da logiche razziste ed antisemite che avevano sconvolto l’intera Europa. Quest’ultimo aspetto è stato ribadito con forza dall’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che subito dopo la sua elezione alla massima carica dello Stato, il 31 gennaio di quest’anno, si è recato al mausoleo delle Ardeatine.

Quell’orrendo misfatto, compiuto , sotto gli occhi del papa, non cessa di suscitare l’indignazione unanime della coscienza civile italiana, nonostante il tempo trascordo . I 335 italiani trucidati dai nazisti rappresentavano l’insieme della società nazionale per credo religioso ( 75 erano ebrei), per condizione sociale e professionale (militari, insegnanti, operai, artisti, commercianti. artigiani, studenti e due sacerdoti un cattolico ed un pentacostale) e per scelte politico-ideali (socialisti, azionisti, liberali, comunisti, monarchici ). Per molti anni la vicenda dei crimini di guerra del nazismo in Italia ha trovato giustificazioni in Germania ( il governo di Bonn ha assistito nel dopoguerra i cittadini tedeschi detenuti all’estero nei processi in cui erano imputati) e atteggiamenti di estrema indulgenza in Italia come si evidenzia dalle conclusioni della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle <<stragi naziste impunite>> che chiuse i suoi lavori nel 2006.

Le Fosse Ardeatine rappresentano uno dei luoghi più importanti della memoria nazionale, per la provenienza delle vittime da quasi tutte le regioni italiane, tra cui Piemonte, Veneto, Abruzzo, Campania, Calabria e Puglia. Tra i molti pugliesi alcuni erano nati fuori d’Italia: Emanuele Carcciolo, sceneggiatore e regista era nato a Tripoli. ma la sua famiglia era originaria di Gallipoli; Cosimo Di Micco, un sottoufficiale dell’esercito. nato a Porto Said da genitori originari di Trani. Dopo il suo trasferimento in Italia per prestare il servizio militare, Di Micco sposò nel 1942 c Serafina De Caro di Triggiano. Dopo l’8 settembre 1943 Di Micco – assieme a diversi altri militari pugliesi, tra cui Ayroldi, Azzarita, Pisino ed i fratelli Carola- partecipò alla difesa di Roma opponendosi all’occupazione nazista ed in seguito fu denunciato ed arrestato. La vicenda di Di Micco appare tra le più drammatiche per le difficoltà del processo di identificazione; la sua famiglia, infatti, fu avvisata con molto ritardo. Dopo alcuni anni la moglie e suo figlio Matteo, nato nel corso della prigionia, lasciarono la Puglia ed emigrarono in Australia.( il nucleo speciale dei carabinieri del Ris ha avviato, da tempo, le complesse procedure per la sua identificazione attraverso l’esame del Dna). .

Per l’intera comunità pugliese quella strage assume un significato particolare perché ha visto sparire i suoi figli migliori, quasi tutti emigrati tra le due guerre dalla Capitanata, dal Salento e dalla Terra di Bari. Diversi sono i riconoscimenti ( medaglie d’oro e d’argento al valore militare ed al merito civile) conferiti alla memoria di questi nostri corregionali, vittime di un eccidio che non ha eguali nella realtà europea delle grandi metropoli. Molti di essi erano noti per il grande impegno etico, civile ed umano nel corso della guerra e per l’opera umanitaria, svolta a favore di ebrei perseguitati, soldati sbandati, in cui si distinse, tra gli altri, il sacerdote terlizzese Pieto Pappagallo

Il filosofo Giacchino Gesmundo, l’artigiano Gaetano La Vecchia con la sua bottega ritrovo di antifascisti, il cantante lirico Ugo Stame, assieme a militari, operai, artisti, studenti – tutti provenienti dal mondo dell’emigrazione della nostra regione- furono innocenti vittime di un barbaro assassinio. I casuti pugliesi delle Fosse Ardeatine incarnano i valori più alti della Llotta di Liberazione nazionale ed esprimono, come sostenne il teorico della pace, Aldo Capitini, “un bisogno di ricostruzione dalle fondamenta anzitutto morale”. In questa direzione balza all’attenzione una drammatica lettera scritta dal giurista Ugo Baglivo alla moglie all’indomani del suo arresto, nella quale si legge: “ Vi sono anche dei doveri nazionali ed umani che bisogna rispettare. Per questo ti prego di volermi compatire e comprendere”.

[Prof. Vito Antonio Leuzzi]

Napoli convegno:“il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)”

Il convegno è l’esito del progetto di ricerca nazionale: “il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione italiana (1943-1945)” promosso dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI) e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per il 70° anniversario del 1943-1945. La ricerca ha costituito un importante avanzamento delle conoscenze storiche sul tema e nei lavori del convegno si offre al dibattito tra storici e alla pubblica coscienza civile. Il gruppo di lavoro, costituito da storici di rilievo nazionale, ha lavorato su base territoriale, in stretta collaborazione con il presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia. Coordinato da Enzo Fimiani, si è avvalso di Isabella Insolvibile e Guido D’Agostino per il Sud; Chiara Donati e Gabriella Gribaudi per il Centro; Toni Rovatti e Luca Baldissara per il Nord. Nel convegno, sono poi stati coinvolti studiosi in rappresentanza di molte realtà di ricerca italiane. La questione storica della partecipazione attiva dei meridionali alle varie forme di Resistenza appare ancora un nodo irrisolto, anche sul piano della memoria civile. I lavori del gruppo di ricerca dell’ANPI si sono inseriti sulla scia di un rinnovamento degli studi sull’argomento, dopo decenni di sottovalutazione, segnando concreti passi in avanti soprattutto per quanto riguarda i numerosi episodi resistenziali nel sud, intesi nell’accezione più larga; l’arricchimento documentario; la conoscenza del diretto coinvolgimento di meridionali in eventi e formazioni partigiane nel centro-nord; l’attenzione verso percorsi biografici esemplari; l’approccio al momento del “ritorno”, con i fenomeni di riconoscimento/disconoscimento dell’esperienza partigiana nell’Italia della ricostruzione postbellica.

 

Giovedì 22 gennaio

ore 15.00

Apertura dei lavori e indirizzo introduttivo

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Saluti

Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)

Renata De Lorenzo (presidente Società Napoletana di Storia Patria)

Antonio Amoretti (presidente Comitato provinciale ANPI Napoli)

Presiede

Guido D’Agostino

(presidente Istituto campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “V. Lombardi”, Napoli – INSMLI)

Il progetto di ricerca dell’ANPI:

ricerca storica e impegno civile

Enzo Fimiani (coordinatore della ricerca) Meridionali e Resistenza nell’Italia del Sud

Isabella Insolvibile

Discussant:

Giuseppe Aragno, Vito A. Leuzzi,

Giuseppe C. Marino

 

Venerdì 23 gennaio

ore 9.00

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Centro Chiara Donati

Discussant

Giovanni Cerchia, Felicio Corvese

pausa caffè

Meridionali e Resistenza nell’Italia del Nord

Toni Rovatti

Discussant

Carmelo Albanese, Rocco Lentini

Il fondo archivistico dell’Ufficio per il servizio riconoscimento  qualifiche e ricompense ai partigiani (Ricompart)

Carlo M. Fiorentino (Archivio Centrale dello Stato, Roma)

buffet

Venerdì 23 gennaio

ore 14.30

Il contributo dei meridionali alla Resistenza in Piemonte

Claudio Dellavalle (presidente Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “G. Agosti”, Torino)

Discussant

Aldo Borghesi, Rosario Mangiameli,

Pantaleone Sergi

Tavola rotonda conclusiva

Carlo Smuraglia (presidente nazionale ANPI)

Luca Baldissara (Università di Pisa)

Alberto De Bernardi (vicepresidente nazionale INSMLI, Milano)

Gabriella Gribaudi (Università di Napoli Federico II


Il 22 e 23 gennaio si è svolto, a Napoli, l’annunciato Convegno dell’ANPI nazionale sul “Il contributo del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia”. Il Convegno è pienamente riuscito, per l’elevatezza delle relazioni e dei contributi (in particolare, quello della tavola rotonda conclusiva), con una larga presenza, costante, assidua e fortemente interessata. In seguito, si pubblicheranno gli atti e si potrà constatare quali siano stati in concreto, i risultati delle ricerche storiche compiute, su un fronte molto vasto, che non riguardava solo il “contributo” dei meridionali che si sono trovati a combattere nel nord, ma intendeva valutare l’apporto complessivo del Sud alla liberazione del Paese, nelle tante forme che esso ha assunto. Si trattava cioè, di prendere in considerazione anche l’insieme degli atti di protesta,

di reazione, di rivolta, compiuti non solo in Campania, ma in tutte le regioni del mezzogiorno, comprese le isole maggiori. E si trattava di considerare, accanto alla resistenza armata, anche il fenomeno enorme e grandioso della Resistenza non armata, che si risolse nell’aiuto ai rivoltosi, nell’assistenza ai prigionieri, ai fuggiaschi ed ai feriti. Un complesso di atti e di vicende estremamente significative e complesse, di cui si è cercato di operare una completa ricostruzione storica, nei limiti di quanto il tempo ed i mezzi consentissero e con la riserva di ulteriori approfondimenti. Il Convegno non aveva la pretesa di essere esaustivo, ma di segnare qualche punto fermo, su cui fondare le future riflessioni e indagini. E su questo piano, esso è apparso veramente riuscito. Ripeto: pubblicheremo gli atti e tutti potranno giovarsi di questo contributo alla ricostruzione di una verità storica, che si imponeva; intanto, il Convegno ci ha fornito due punti fermi, di cui ognuno dovrà tener conto in futuro: che è giusto parlare di “partecipazione” più che di “contributo” del mezzogiorno alla liberazione dell’Italia; e che la Resistenza ha avuto un inequivocabile connotazione nazionale, per la semplice ragione che in essa fu coinvolto l’intero Paese, sia pure con forme e modalità diverse, ma con assoluta unitarietà di obiettivi. Di questi risultati siamo fieri. Li dobbiamo soprattutto all’opera delle tre ricercatrici che così bene hanno lavorato (Isabella Insolvibile, Chiara Donati e Toni Rovatti), all’apporto volontario e disponibile dei tre “tutors” (Prof. Luca Baldissara, Prof.ssa Gabriella Gribaudi e il Dott. Guido D’Agostino, Direttore dell’Istituto campano per la storia della Resistenza); ma li dobbiamo anche ai contributi che sono venuti dai discussants e alla partecipazione alla tavola rotonda conclusiva del Prof. Alberto De Bernardi, Vicepresidente dell’INSMLI. Dobbiamo anche ringraziare tutta l’ANPI di Napoli, che a partire dal suo Presidente, si è prodigata per la riuscita del Convegno, lo staff dell’ANPI nazionale, che ha lavorato con impegno ed alacrità, a partire dal responsabile dell’area del Mezzogiorno, Vincenzo Calò fino ai membri della Segreteria nazionale e a tanti altri. Un grazie di cuore anche al Sindaco, Luigi De Magistris, che ha voluto assistere all’inizio dei lavori, ci ha onorati con un discorso che era assai di più di un semplice saluto e ci ha fornito anche piacevoli esempi della tradizionale ospitalità napoletana; infine un grazie alla Società napoletana di storia patria ed alla sua Presidente Prof.ssa De Lorenzo, che hanno ospitato il Convegno con cordialità e amicizia. Insomma, una nuova pagina della storia della Resistenza che in qualche modo stiamo scrivendo e ricostruendo in questi anni difficili. Faremo in modo che essa diventi parte essenziale delle comuni coscienze sul tema; sarà così compiuto, finalmente, anche un atto di giustizia nei confronti del Mezzogiorno.

 

 

 

 

Il 9 dicembre, Francavilla F. ricorda la morte eroica del partigiano Donato Della Porta

L’Amministrazione Comunale di Francavilla Fontana, in occasione del settantesimo anniversario della morte eroica del partigiano Donato Della Porta, organizza, per martedì 9 dicembre 2014 alle ore 9.00 presso il cinema-teatro Italia, una conferenza per commemorare e farlo conoscere attraverso la pubblicazione Sulle ali della memoria di Alessandro Rodia.

 

A settanta anni dalla Liberazione ricordiamo Donato Della Porta.

Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Brindisi con la commemorazione dell’anniversario della morte eroica del partigiano Donato Della Porta, caduto a ventidue anni, gloriosamente in combattimento contro le forze nazifasciste il 9 dicembre 1944 in località Baulè a Valle di Saviore in provincia di Brescia, intende aprire il ciclo di iniziative in ricordo dei settanta anni della Liberazione che il Comitato Provinciale ha intenzione di sviluppare, con l’appoggio delle istituzioni locali, l’Archivio do Stato e IPSAIC (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea.

In particolare con il ricordo dell’eroismo di Donato Della Porta, si vogliono ricordare le centinaia di brindisini e le migliaia di meridionali che hanno combattuto per la Libertà nelle formazioni partigiane della Resistenza nazionale e d’oltremare.

In più, con il ricordo di Donato Della Porta, si vuole offrire alle giovani generazioni una riflessione sulla scelta di un giovane meridionale di sacrificare la propria vita per assicurare a noi tutti libertà, giustizia e democrazia.

L’ANPI è grata ai familiari e parenti di Donato Della Porta per avere mantenuto vivo il ricordo, ad Alessandro Rodia che ha svolto le ricerche storiche e pubblicato la biografia in:Sulle ali della memoria, al sindaco di Francavilla che, con l’iniziativa, restituisce memoria ed onore ad un suo eroico cittadino, a sua eccellenza il Prefetto per la sua presenza, ed al professore Vitantonio Leuzzi dell’IPSAIC.

Il Comitato Provinciale dell’ANPI di Brindisi

 

Alcune foto dell’iniziativa del 9 dicembre al cinema teatro Italia di Francavilla F.


 

 

 

 

 

Intervento di Alessandro Rodia al cinema teatro Italia, giorno 9 dicembre.

Settant’anni fa. La mattina del 9 dicembre 1944, nella baita di Baulè, in una località tra Ponte e Valle di Saviore, in provincia di Brescia, un gruppo di sei partigiani fu circondato da una cinquantina di militi della Guardia Nazionale Repubblicana.

I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria durata circa quattro ore. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando da un lato, che i difensori non riuscivano a controllare bene, data la mancanza di finestre, diedero fuoco alla cascina.

Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro.

Costretti dall’incendio tre partigiani si arresero. A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli che scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.

Il parroco don Francesco Sisti, con l’aiuto coraggioso di quattro ragazzi del luogo, tentò di soccorrere Donato Della Porta che rantolante fu trasportato nella canonica di Valle. Dopo atroci ore di patimenti, verso sera dello stesso giorno il garibaldino spirò sul tavolo della cucina.

Donato Della Porta è l’unico partigiano figlio di questa città che cadde da eroe per costruire la democrazia di cui noi tutti, ogni giorno, godiamo i frutti.

Oggi, possiamo confrontarci ed anche scontrarci duramente, per esprimere le nostre opinioni, grazie alla libertà che ragazzi, divenuti in fretta uomini, come Donato Della Porta conquistarono.

Ragazzi, quasi della vostra età, come gli “scugnizzi” – protagonisti della “4 giornate di Napoli”,il film che vedremo fra poco, che scelsero di combattere ed anche morire per la nostra libertà.

Oggi l’iniziativa di organizzare questa conferenza “Sulle Ali della Memoria”, voluta dall’Amministrazione Comunale, dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Brindisi, con l’intervento del prof. Vito Antonio Leuzzi e le conclusioni del Signor Prefetto di Brindisi, dott.Nicola Prete assume un significato di notevole rilevanza.

Dopo settant’anni ricostruire la straordinaria e quasi ignorata vicenda umana di Donato Della Porta ha avuto l’obiettivo di far finalmente conoscere e commemorare la figura di un nostro eroe che, mandato a combattere una guerra voluta dal regime fascista, scelse di fare “il partigiano sulle montagne”.

Oggi più che mai, abbiamo il dovere del ricordo nella convinzione che vicende importanti che lastricano il percorso della nostra storia non possono cadere nell’oblio.

E’ indispensabile dedicarsi al recupero e alla ricomposizione di frammenti del nostro passato per raccontarli non come reperti da celebrare ma per condividere l’attualità dei valori e degli ideali che hanno animato le gesta eroiche di migliaia di giovani che offrirono la loro unica vita per un’ Italia nuova e democratica.

Valori e ideali che sono le basi fondamentali, indiscutibili e irrinunciabili della nostra Costituzione.

Donato Della Porta è uno di quei ragazzi meridionali e pugliesi che hanno combattuto la lotta di Liberazione che si è svolta geograficamente lontana da noi ma non ci è stata estranea perché ha segnato il destino di migliaia di nostre famiglie.

Ogni comunità ha il diritto di conoscere i propri eroi e ha il dovere di esprimere gratitudine per chi ha scelto di immolare la vita contro il nazifascismo per la libertà di tutti e non di una parte.

Nel primo passo della ricerca ho incontrato alcuni nipoti (Franco e Mimmo Della Porta e Gaetano Calò) per informarli e condividere questa intenzione. Il loro consenso e il sostegno di altri nipoti qui presenti e della sorella di Donato, Angela, mi hanno incoraggiato.

Donato Della Porta, appena diciannovenne, fu dichiarato “abile e arruolato” e nel 1942 chiamato alle armi.

L’8 settembre 1943, alla dichiarazione dell’armistizio con gli alleati, nelle caserme e nell’esercito, seguì una totale confusione. Gli ufficiali erano tutti scomparsi ed i soldati abbandonati a se stessi. Il 18 settembre nacque la Repubblica di Salò sotto la protezione e il comando dei nazisti.

Tanti giovanissimi soldati, impediti dalla linea del fronte a far ritorno a casa, furono costretti a scegliere tra l’adesione alla Repubblica di Salò e la partecipazione alla lotta partigiana per liberare l’Italia.

 

In quel clima di estrema incertezza e drammatico sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, preda della reazione tedesca, Donato, appena ventenne, decise di essere ribelle e di non arruolarsi nelle file fasciste.

Già l’8 settembre compì una scelta di campo chiara e coraggiosa: andò a fare “il partigiano sulle montagne”. Fu tra coloro che iniziarono subito a costituire i nuclei delle prime formazioni partigiane per combattere il nazifascismo.

Donato aveva imparato a muoversi tra le vallate, gli strapiombi, i laghi e le fredde pinete come se fosse cresciuto in quei luoghi molto diversi dal clima e dalla terra aspra e secca del suo paese, segnata da masserie e distese di ulivi.

Fu tra gli uomini più fidati del leggendario comandante della 54^ Brigata Garibaldi, Antonino Parisi, e nel periodo ottobre-novembre del 1943, mesi molto difficili, operava nei gruppi di partigiani che erano isolati e poco in contatto tra di loro.

Donato costruì forti legami di amicizia con molti giovani del posto che ancora oggi, dopo settant’anni, conservano un commovente ricordo di lui.

Combatteva col nome di battaglia “Il brindisino” sul quale i nazifascisti avevano messo una taglia.

 

La determinazione e il coraggio mostrati nelle attività militari e nelle azioni di pattuglia e le sue capacità organizzative a guidare squadre di partigiani portarono i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad assegnargli il grado di comandante militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore.

I partigiani, per non essere catturati, dovevano essere molto attenti e spostarsi continuamente. Dovevano applicare la rigida norma di sicurezza che prevedeva di non sostare troppo a lungo in un medesimo luogo per ridurre i rischi di spiate e rastrellamenti. La cattura significava essere sottoposti a incredibili e indicibili torture per strappare loro informazioni necessarie per l’arresto dell’intera rete dei ribelli. Famiglie indifese venivano crudelmente trucidate nelle loro case. Molti, furono deportati a Mauthausen e non tornarono mai più.

Nella prima decade di dicembre 1944 i partigiani subirono un duro colpo. Un ragazzo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti delle SS italiane, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero era grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva compiuto i 16 anni. Decisero di non fucilare a sangue freddo un ragazzino.

Lo congedarono intimandogli di rigare dritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse subito al presidio della Guardia Nazionale Repubblicana di Capo di Ponte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscere il rifugio.

Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata dalle forze nazifasciste e quel gesto di generosità fu pagato a caro prezzo.

Qualche anno dopo, il ragazzo che li aveva traditi, pentito e distrutto dal rimorso, deciderà di entrare in convento.

Nel testo autografo del parroco don Francesco Sisti è riportato: “Della Porta Donato, rimasto orrendamente ferito venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico ed Estrema Unzione con edificante pietà”.

In quei lunghi istanti di straziante agonia, Donato ebbe la piena consapevolezza di aver immolato la propria vita per grandi ideali. Lo confortò la profonda speranza d’aver contribuito a edificare un futuro di libertà, di giustizia e di democrazia.

Il sangue di un giovane del Sud seminò libertà sulle montagne bresciane. Nei suoi sogni non sorrisero più i volti amati.

Una compagna gli dedicò parole toccanti che, ancora oggi, sembrano fermare il tempo. Suscitano emozioni così vivide da portare ognuno di noi a sentirsi parte viva di quanto accadde tra le valli di Valsaviore.

Il comandante della 54^ Brigata Garibaldi, Antonino Parisi, il 1° ottobre 1945 da Edolo, comunicò al sindaco di Francavilla, Cesare Teofilato, che Donato Della Porta era “caduto gloriosamente il 9 dicembre ’44 in Valle di Saviore in combattimento contro forze nazifasciste”.

Il padre Arcangelo, il fratello Pasquale ed il cognato Carmelo Calò si recarono a Valsaviore per riportarlo a casa.

La strada del ritorno fu un lungo pellegrinaggio. La salma, accompagnata da due carabinieri e sei rappresentanti della 54^ Brigata Garibaldi, durante tutto il percorso, di oltre mille chilometri, veniva accolta in ogni luogo con manifestazioni di addio e solidarietà.

A Francavilla giunse il 16 novembre 1945. I funerali si svolsero con la partecipazione di una moltitudine di persone, giunte anche dai paesi vicini, mutilati e reduci di guerra con le bandiere che accompagnavano il feretro, portato a spalla dai quattro militari venuti da Brescia.

Dal 1945 Francavilla lo ha ignorato.

Nel 2012, il comune di Saviore ha trasformato la baita di Baulè in museo, in memoria di Donato Della Porta, Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli.

La conferenza di oggi e la numerosa partecipazione soprattutto dei giovani, colma una lacuna e dà dignità all’unico partigiano figlio di questa città, caduto da eroe.

Dopo settant’anni, Francavilla accoglie un figlio martire nel grembo della propria memoria storica e scrive una pagina che era rimasta bianca. Noi siamo stati le “Ali della Memoria” che lo hanno ripo rtato a casa.

 

 

BIOGRAFIA DEL PARTIGIANO DONATO DELLA PORTA

 

Donato Della Porta di Arcangelo e di Castellaneta Maddalena, nasce a Turi (Ba) il 17 marzo 1922. Abita a Francavilla, città d’origine paterna, e lavora, come quasi tutti i ragazzi della sua età in quel periodo, come contadino.

Presta il servizio militare, come soldato semplice, in una postazione di fanteria della zona di Grevo in Valsaviore – provincia di Brescia.

Nel clima di estrema confusione e sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, provocato dall’annuncio dell’armistizio con gli angloamericani dell’8 settembre 1943, Donato compie subito la sua scelta di campo.

La lettera firmata da Antonino Parisi, Comandante della 54^ Brigata Garibaldi, ed inviata l’1 ottobre del 1945 al Sindaco di Francavilla, attesta che Donato Della Porta già l’8 settembre 1943 è tra gli organizzatori dei primi gruppi partigiani.

La determinazione e il coraggio mostrati nelle azioni di combattimento e le sue capacità organizzative portano i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad affidargli la guida di squadre partigiane.

L’estratto storico della organizzazione e dell’attività militare della 54^ Brigata d’assalto Garibaldi “Bortolo Belotti” – Valle Camonica, dal settembre 1943 all’aprile 1945, documenta che Donato Della Porta è Comandante Militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore.

Nel gelido dicembre 1944 la polizia fascista procede a pesanti azioni di rastrellamento nei centri abitati senza dare tregua nelle zone di montagna.

Donato Della Porta muore, combattendo da eroe fino all’estremo sacrificio della vita, la mattina del 9 dicembre 1944 nella baita in località Baulé.

Nel rapporto della Guardia Nazionale Repubblicana redatto l’11 dicembre 1944 è riportato:

“Il mattino del 9 dicembre 1944 una squadra di militi della G.N.R. in forza al presidio di Capo di Ponte in un’azione di rastrellamento riusciva a circondare nella zona di Ponte di Valsaviore una cascina nella quale era asserragliato un gruppo di terroristi particolarmente pericolosi appartenenti alla 54^ Brigata comunista “Garibaldi”.

Nel duro combattimento che ne seguiva, durato circa 4 ore, venivano uccisi 2 russi ed un italiano (tale Donato – Vice capo di una squadra della Garibaldi) mentre solo, perché costretti dall’incendio della baita ove si trovavano, i tre ribelli superstiti finalmente si arrendevano e consegnavano le armi.”

Altre notizie relative al combattimento avvenuto nella cascina in località Baulè del Comune di Valsaviore, ricostruiscono le ultime ore di vita di Donato Della Porta:

<<(…) Un ragazzo di Grevo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti della SS italiana, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero appariva grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva ancora compiuto i 16 anni. Mentre alcuni patrioti propendevano per la fucilazione, ad altri ripugnava uccidere a sangue freddo un ragazzino. La questione fu decisa dal russo Michele Dostojan: congedato con un calcio nel sedere, l’adolescente venne sollecitato a rigare diritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e, invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse difilato al presidio della Gnr di Capodimonte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscerne il rifugio. In nottata il maggiore Spadini e il comandante del presidio germanico di Breno allestirono un rastrellamento, guidato dal Tosini.

Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata da una cinquantina di militi. I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa, ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando dal lato a monte (che i difensori non riuscivano bene a controllare data la mancanza di finestre: avevano scostato alcune tegole), diedero fuoco alla cascina. Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro. Costretti dall’incendio i partigiani Andrè Jarani, Franco Ricchiulli e Bruno Trini si arresero, A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli. Dopo essersi battuti sino allo stremo delle forze i due capirono che non potevano fare più nulla e scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.

Della Porta, ancora rantolante dalla baita in fiamme, venne trasportato nella canonica di Valle e spirò sul tavolo della cucina, sotto gli occhi attoniti del parroco don Francesco Sisti.”

Il parroco Francesco Sisti riporta sul Registro dei Morti della Parrocchia “San Bernardino” di Valle di Saviore << Della Porta Donato, da Francavilla (Brindisi). Rimasto orrendamente ferito nel medesimo giorno e nella medesima vicenda venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dello stesso giorno dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico e Estrema Unzione con edificante pietà. Venne caritatevolmente funerato il 15-XII-44 e sepolto il 22-XII-44 in questo cimitero>>.

Il 10 maggio 1946, la Commissione per il riconoscimento qualifiche di partigiani in Lombardia decretò il <<diritto alla qualifica di Partigiano caduto, appartenente alla 54^ “Brigata Garibaldi” dall’1 novembre 1943 al 9 dicembre 1944>>.

Il 24 settembre 1965, il Comandante del Distretto Militare di Lecce, in modo apprezzabile, conferì a Donato Della Porta, per l’attività partigiana, la Croce al merito di guerra.

In occasione del 25 Aprile 2013 il Comune di Saviore dell’Adamello in provincia di Brescia ha ristrutturato la baita in località Baulè, luogo dove tre giovani immolarono le loro vite, realizzando un museo ed apponendo una lapide a perenne ricordo del gesto eroico.

La salma di Donato Della Porta viene riportata a Francavilla il 16 novembre 1945 e collocata nel campo dei caduti in guerra. Oggi riposa nella cappella di famiglia.

(note di Alessandro Rodia)


 

 

70° anniversario della fondazione dell’ANPI

Il 6 e 7 giugno p.v. l’ ANPI celebrerà a Roma il 70° anniversario della sua fondazione, che avvenne appunto il 6 giugno 1944, in Campidoglio, a soli due giorni dalla liberazione della città Roma. I promotori, partigiani delle formazioni cittadine e delle brigate che avevano operato a ridosso dei due fronti, di Cassino e Anzio, nel deporre le armi e dedicarsi all’avvio della democrazia nella città ritornata capitale d’Italia, vollero creare un sodalizio che riunisse i reduci, fosse di sostegno ai familiari dei caduti, promuovesse gli ideali patriottici, di libertà e solidarietà umana che avevano animato la Resistenza e spinto molti di loro ad unirsi ai combattenti del rinnovato esercito italiano integrato nelle forze armate alleate. A tali propositi l’ANPI è stata coerentemente fedele in questi 70 anni di vita repubblicana, perseguendo il bene comune, nel nome dei valori democratici che la Costituzione ha recepito dagli oppositori al regime fascista e dal popolo italiano che nella grande maggioranza ha espresso e sostenuto la lotta partigiana contro occupanti nazisti e collaborazionisti subendo anche innumerevoli stragi, persecuzioni di innocenti ed atti di vera barbarie.

A partire dal 2006, l’ANPI si è poi arricchita della presenza e partecipazione attiva di molti “antifascisti” che si riconoscevano nelle sue finalità statutarie e di tantissimi giovani. Ciò ne fa oggi una prestigiosa garante del rispetto, difesa ed attuazione della Costituzione e dei valori che in essa sono espressi. Una garanzia che nasce non solo dalla presenza di più di 130.000 iscritti, ma anche dalla autorevolezza di un’Associazione che è stata definita, in un importante documento giudiziario, come “erede e successore” dei valori resistenziali. Insomma, un’Associazione fortemente radicata nel migliore passato del nostro Paese, ma che guarda costantemente al futuro, nella speranza che si realizzino al meglio i sogni, le attese e le speranze dei combattenti per la libertà.

Nel pomeriggio di venerdì 6 giugno a partire dalle ore 17 avvieremo solennemente la celebrazione nella Sala Protomoteca del Campidoglio a Roma, Città medaglia d’oro al valor militare del Risorgimento e della Guerra di Liberazione. Qui alla presenza di Istituzioni, Autorità, associazioni, cittadine e cittadini, e dirigenti dell’Associazione, l’ANPI rinnoverà l’impegno di servizio alla comunità con l’apporto delle nuove generazioni che ne assicurano e assicureranno la continuità.




 

 


Il 25 aprile in città

Uno di essi era mio fratello Antonio Ayroldi, maggiore dell’Esercito Italiano

Oggi commemoriamo la liberazione del nostro paese dell’oppressione nazifascista, che si è esplicitata in una molteplicità di tragici episodi in tutta Italia, generando lutti in tante famiglia.

Tra questi drammatici e feroci eventi si inserisce il massacro delle Fosse Ardeatine, avvenuto a Roma il 24 marzo di 70 anni fa.

In questa tragedia italiana sono inserite le singole storie di ognuno dei 335 martiri sepolti nel mausoleo che in loro memoria è stato eretto su luogo dell’eccidio. Uno di essi era mio fratello Antonio Ayroldi, maggiore dell’Esercito Italiano.

Di lui vorrei brevemente parlarvi, perché per noi è stato un esempio, un riferimento della nostra esistenza.

Mio fratello aveva scelto la carriera militare per aiutare una numerosa famiglia orfana di padre, ma anche perché la riteneva coerente con i propri valori. In lui il senso dell’onore e del dovere erano fortissimi, sono stati la guida della sua vita di uomo e di ufficiale.

Ha combattuto in Africa, con una dedizione e una competenza che gli hanno meritato riconoscimenti ufficiali. Lo ha fatto scontrandosi col dualismo che costituiva i dramma di noi tutti, in quell’epoca: l’idea di Patria che non poteva e non doveva essere tradita, da una parte, e il fascismo sempre più liberticida, dall’altra. Mio fratello, proprio per la nobiltà di sentimento del suo amor di Patria, era assolutamente antifascista. In tutti noi è rimasta tatuata la definizione che sinteticamente dava dei fascisti: “Quelli con la camicia e l’anima nera”.

Dopo l’Armistizio, mio fratello si è trovato, in quell’Italia divisa in due, nella parte non ancora liberata. La sua scelta è stata immediata e priva di dubbi: si è unito ai partigiani che operavano nell’Alto Lazio.

Anche nelle battaglie più nobili, non mancano i traditori. Ad uno di essi si deve la cattura di mio fratello, imprigionato e torturato a via Tasso, negli stessi locali in cui oggi ha trovato sede il Museo della Liberazione.

Da lì venne prelevato per essere parte dei 335 martiri dell’infame rappresaglia tedesca, che ebbe tragica conclusione alle Fosse Ardeatine.

Molte bugie si dissero, la peggiore è quella che, consegnandosi, gli autori dell’attentato di via Rasella avrebbero salvato i 335. La Storia non mente: la sentenza infame era già stata eseguita quando apparve sui muri e sui giornali l’intimazione a congegnarsi. Fu un inutile e meschino tentativo di addossare ad altri partigiani le responsabilità che ricadono soltanto sulla coscienza dei nazifascisti.

Non vi dirò dello strazio dei riconoscimento delle salme da parte dei famigliari, a guerra finita. Vi dirò invece che ogni anno il 24 marzo ci ritroviamo presso le tombe dei nostri cari, rinnovando un dolore che il passare del tempo non guarisce.

Il silenzio che regna in quel mausoleo, l’incombere della massiccia copertura di pietra, gli scarsi raggi di luce che a malapena rischiarano l’ambiente mi portano a ricordare mia madre, donna dolcissima e senza sorriso, che cercava, senza riuscirvi, di nascondere a noi figli sopravvissuti il suo pianto disperato.

La generazione testimone di questo sacrificio, la mia generazione, è in via d’estinzione. Nella mia famiglia, sono l’unica rimasta. Però ci sono i miei figli e i miei nipoti, e poi ancora i loro figli.

E’ a voi ragazze e ragazzi qui presenti, che siete parte di quest’ultima generazione, che mi rivolgo.

L’esempio che state ricevendo in questi tempi dominati dal consumismo e dalla precarietà dei valori fondamentali della vita non è dei più incoraggianti.

Ma sono proprio i valori per i quali i nostri martiri hanno sacrificato la vita che potranno essere per voi esempio, guida e conforto nella costruzione di un futuro migliore, in cui la parola umanità acquisti finalmente un significato degno della grandezza del suo nome.

Una società che perde la propria memoria storica è condannata a ripetere errori e drammi: siate sacerdoti della memoria. Come il tedoforo alle Olimpiadi pota la fiamma della pace attraverso il tempo e lo spazio, prendete nelle vostre mani il racconto della nostra storia e fatene luce per le generazioni future. L’oscurità è sempre in agguato, guai a rompere la catena di trasmissione del sapere, soprattutto del sapere storico.

Parlate, studiate, narrate. Mio fratello, e i molti morti sul cui sacrificio si fonda la nostra libertà, ve lo chiedono. Grazie.

Isabella sorella di Antonio Ayroldi