25 aprile a Brindisi e dintorni

25 aprile a Brindisi:

la festa della Liberazione si svolgerà in città con questo Programma:

Alle ore 10.00 in Piazza Santa Teresa Cerimonia provinciale per il 69° Anniversario della Liberazione alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle massime Autorità

 

Alle ore 11.15 in Piazzetta Sottile De Falco Omaggio ai Caduti della Resistenza decorati al Valore Militare a cura della Sezione Provinciale ANPI ed alla presenza delle massime Autorità

 

in Piazzetta Sottile de Falco, presso la lapide dedicata al partigiano brindisino Vincenzo Gigante, quest’anno saranno ricordati alla presenza di alcuni dei loro familiari, le due medaglie d’oro e le tre d’argento dei RESISTENTI e CADUTI per LA LIBERTA’, originari della provincia di Brindisi: De Tommaso Orlando, Gigante Vincenzo Antonio, Gasco Giovanni Mario, Ayroldi Antonio, Faggiano Pompilio.

In questo modo l’ANPI di Brindisi continua l’impegno preso , sin dalla nascita, di promuovere e salvaguardare la memoria dei valori fondanti della nostra democrazia e della Costituzione nata dalla Resistenza, valori inestimabili dai quali il nostro vivere democratico trae forza e vitalità. L’ANPI di Brindisi ricorda il coraggio di quanti hanno lottato per liberare il Paese dalla dittatura, combattendo con forza e generosità, anche fino all’estremo sacrificio della vita, per la pace e la libertà. In questo 25 aprile, bisogna ricordare le centinaia di figli del territorio di Brindisi che in diversi modi (partigiani, patrioti, staffette, militari dell’esercito italiano cobelligerante , ecc), hanno sofferto, e talvolta anche sacrificarono la loro vita per liberare il nostro Paese dal Nazifascismo e garantirci un futuro migliore. L’ANPI di Brindisi è impegnata da tempo nel recupero di questa memoria locale e nella ricostruzione verificata dei movimenti democratici e popolari, delle lotte democratiche contro il regime fascista di questo territorio.

Il sacrificio dei nostri partigiani e dei combattenti della libertà e di generazioni di democratici ed antifascisti non deve essere vano, bisogna fare tesoro di questa esperienza, in modo che sia di esempio per tentare di risolvere le urgenze democratiche che vive il nostro Paese, come quelle del lavoro con la insopportabile e altissima disoccupazione giovanile, come la mancata parificazione tra i sessi e l’allarmante incrudelirsi del terribile fenomeno del femminicidio, con i discutibili tentativi di modificare profondamente la Costituzione e gli organismi democratici rappresentativi senza molto rispetto della volontà popolare e dello stesso spirito costituzionale che in essi dovrebbe essere rappresentato.

Inoltre l’ANPI di Brindisi esprime preoccupazione al riemergere nel Paese e nell’Europa di egoismi particolari, localistici e /o nazionali che si esprimono attraverso squallidi rigurgiti neofascisti e di populismi di vario tipo che minano la convivenza pacifica.

 

LE INIZIATIVE PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE NELLA PROVINCIA DI BRINDISI CON IL PATROCINIO DELL’ANPI:

Quest’anno molte sono le iniziative nelle quali l’ANPI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA) della Provincia di Brindisi , cura il patrocinio e/o è stata invitata a organizzare/partecipare. Questo è il segno dell’interesse e il bisogno della società civile di ritrovarsi in momenti difficili per il nostro Paese intorno a i valori comuni nati dalla Resistenza e dalla lotta la Nazifascismo.

SAN PIETRO VERNOTICO 24 aprile 2014 ore19.00: a cura della locale sezione dell’ARCI (la Factory) e nella sede della stessa in via S.Antonio 2, proiezione del film ENERGIA RINNOVABILE (il messaggio di 4 partigiani su Resistenza e Costituzione) e incontro dibattito con il presidente provinciale dell’ANPI: D.Peccerillo

BRINDISI: ORE 10.30 Cerimonia istituzionale con le rappresentanze militari e associazioni combattentistiche a Piazza Santa Teresa. Ore11,15: presso Piazza Sottile De Falco ( antistante al Palazzo Nervegna) Cerimonia commemorativa dei delle medaglie d’oro e d’argento dei caduti brindisini alla Resistenza , con la presenza di familiari e lettura di lettere del maggiore ostune Ayroldi caduto alle Fosse Ardeatine

FRANCAVILLA FONTANA 25 APRILE ORE 9,30 COMMEMORAZIONE DEL PARTIGIANO ANTONIO SOMMA: presso il cimitero comunale di Francavilla Fontana, una delegazione di giovani militanti di Rifondazione Comunista di Francavilla Fontana, assieme ad un rappresentante dell’Anpi e alla famiglia di Antonio Somma, apporrà una targa sulla tomba del partigiano Antonio Somma.

MESAGNE : La Liberazione sarà ricordata per tutta la giornata con iniziative patrocinate dall’Amministrazione comunale, l’ANPI e l’Associazione Combattenti e Reduci: ore 10.00 corteo musicale per le vie maggiori della città. Ore 17.30 Corteo musicale che partendo da Piazza san Michele Arcangelo terminerà nell’atrio di Palazzo del municipio ex convento dei Cellestini(via Roma 4 ) , ove alle 18,00 sarà inaugurata la Mostra VENTO DA SUD ( su guerra di Liberazione nell’Italia Centro-meridionale 1943-1944)

CEGLIE MESSAPICA 25 APRILE ORE 19 PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU ANTONIO SOMMA A CEGLIE MESSAPICA: Il Circolo “Peppino Impastato” di Sinistra Ecologia Libertà – Ceglie Messapica e la CIA – Confederazione Italiana Agricoltori – organizzano la presentazione del libro di Antonio Somma “La storia di un protagonista del Sud”.

SAN PANCRAZIO 25 APRILE : serata al teatro patrocinata dal Comune e dall’ANPI con la rappresentazione dell’opera teatrale IL RITORNO (del partigiano Brindisi)ideata da Salvatore Arena e interpretata da Massimo Zaccaria ed ispirata dalla storia del partigiano –maratoneta Pietro Parisi di Cisternino.


 

Caduti nella lotta di Liberazione della provincia di BRINDISI (lista provvisoria)

 

ALTAVILLA Raffaele di Albino e di Maria Giovanna. Nato a Tuturano, nel 1920. Partigiano nella Div. Garibaldi in Iugoslavia. Medaglia di bronzo alla memoria.“In territorio scoperto, primo fra i primi, gareggiando tra i più coraggiosi ed incurante della reazione nemica, si portava fin sotto alle postazioni avversaria finché veniva colpito a morte da scheggia di granata. Nonostante le gravi ferite riportate, incitava i compagni a proseguire con la lotta, ed a non curarsi di lui. Nobile esempio di alte virtù militari, di abnegazione e senso del dovere. Serengrad, 12 aprile 1945”. Cfr. G. Scotti, Ventimila caduti, gli italiani in Iugoslavia dal 1943 al 1945, Mursia, Mi, 1970, pag.511; G.U. n. 183 del 24 luglio 1957.

 

ANDRIOLA Giovanni, di Pietro. Nato a Ostuni. Partigiano della Brg. Girolamo cade in combattimento dopo aver combattuto per ben 7 mesi e 22 giorni i nazifascisti. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 73, f. 1.

 

AYROLDI Antonio. Medaglia d’argento al valor militare alla memoria. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..). Collegatosi con il Fronte militare clandestino con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

 

BARLETTA Giuseppe. Nato a Brindisi l’8 aprile 1925 e morto a Sestri Levante il 18 marzo 1945. Partigiano combattente.“Partigiano ardito ed entusiasta si distingueva nel corso di dure operazioni ed in rischiose imprese per capacità, tenacia ed elevato senso del dovere. Comandante di un distaccamento, attaccato di sorpresa da rilevanti forze nemiche, opponeva disperata resistenza, animando i compagni con l’esempio e battendosi sino all’ultima cartuccia. Catturato e sottoposto ad atroci sevizie, manteneva fiero ed esemplare contegno e serenamente affrontava l’estremo supplizio nel nome d’Italia e con il coraggio dei forti. Santa Margherita di Fossa Lupara (Sestri Levante), 18 marzo 1945”.Cfr. Gemelli G., op, cit., pag 361.

 

CALABRETTI Mario o Mariano; – Partigiano – di Angelo e Maria Concetta Mustica, nato il 14 febbraio 1918. Fante in servizio nella 90a Compagnia del 3° Btg. Presidiano. Dopo l’8 settembre 1943 diviene partigiano assumendo il nominativo in codice “Beten”. Combatte nella la Zona Liguria con il 1° Btg. della 5a Brigata, 2a Div. “E Cascione”. Il Ministero della Difesa nell’atto di morte lo dichiara deceduto il 2 febbraio 1945 a Imperia, fucilato in base ad una sentenza del Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. che lo ha condannato per appartenenza a bande di partigiani. E1 sepolto in una località rimasta tuttora sconosciuta. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

CAMARDA Antonio. Nato a Francavilla Fontana, il 15 agosto 1922. Soldato della Divisione Acqui. Disperso in prigionia, il 15 ottobre, 1943 nell’isola di Cefalonia. cfr.http://www..cefalonia.it/Elenco_CADUTI,html.

 

CAPOCCIA Carmelo, di Aurelio e Angulli Assunta. Nato a Brindisi il 14 gennaio o 18 novembre 1927. Partigiano appartenente al Comando – Centro Miralago Brg. San Giusto e deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento il 13 maggio 1945 a Milano. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 1, f. 2.

CATI Nicola. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 7 ottobre 1943.Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

CHIONNA Umberto di Giacinto. Nato a Brindisi il 29 gennaio 1911 e residente a Milano. Falegname della Pirelli. Comunista. Arrestato il 2 novembre 1926 per organizzazione giovanile comunista e condannato dal T.S.D.S. (Tribunale speciale per la difesa dello Stato) a 3 anni di reclusione, per “organizzazione comunista”, verrà poi prosciolto il 10 novembre 1932. Arrestato con la stessa imputazione il 9 maggio 1931, verrà confinato a Lipari per 3 anni e successivamente diffidato. Denunciato per offese al capo del governo, denunciato al Tribunale speciale. Combatte nella 107 Brg. Garibaldi per un anno e 5 giorni. Arrestato il 17 marzo 1944 e imprigionato a San Vittore. Tra il 5 e l’8 aprile 1944 arriva nel lager di Mauthausen e viene identificato con il numero 61606. Successivamente viene trasferito a Gusen il 18 maggio 1944 ed ancora a Mauthausen il 6 marzo 1945 dove muore il 23 aprile.

 

DE TOMMASO Orlando. Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Capitano dei carabinieri. Cadde alla testa dei suoi uomini, nel tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”.

DEL VECCHIO Michele Armando. Nato a Cisternino, il 17.12.1910. Partigiano morto, in territorio metropolitano, il 2.12.1943.Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in: http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

DELLA PORTA Donato

DI MURI Libero. Nato a Brindisi, il 10 aprile 1922. Partigiano caduto in combattimento nel comune di Paesana. 1 Divisione Garibaldi – 4 Brg. dal 10 settembre 1943 al 30 dicembre 1943. Cfr. BDPP.

EFTIMIADI Marco. Nato a Brindisi, il 24 gennaio 1921. Partigiano dal 9 settembre 1943 nella formazione GAP del IX Corpo dell’ELPJ. Viene impiccato come ostaggio, assieme ad altri 50 martiri, a Trieste, in via Ghega, il 23 aprile 1944. Cfr. C. Ravnich, Martiri ed eroi della divisione Garibaldi, op. cit., Padova, 1950, pag. 91; Brigata d’Assalto Garibaldi – Trieste, Elenco nominativo dei caduti, c/o IFSML.

FAGGIANO Pompilio. Nato a San Donaci (BR) il 4/6/1916, da Vincenzo e fu Sturdà Vita Maria nato il 4.6.16 residente a S. Donaci Via 28 ottobre 3.Arrestato il 27/2/1944. Deceduto assieme ad altri 22 italiani soppressi dalla Gestapo il giorno 12 settembre 1944 a Bolzano e qui sepolti il giorno stesso in una fossa comune. in:http://www.venegoni.it/venegoni_sec.pdf

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli. Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione: “Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie. Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

 

FIORE Luigi. Nato l’8 marzo 1892 a Ostuni. Scrivano. Partigiano in Liguria. Arrestato e deportato in Germania. Giunge nel lager di Mauthausen l’8 aprile 1944. Morto nel sottocampo di Gusen il 3 febbraio 1945. Cfr. Gemelli G., op, cit., pag. 379; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 872.

 

GASCO Giovanni Mario. Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Div. Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli. Cefalonia, 24 settembre 1943”. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani.

 

Gatti Edilio. Partigiano. Nato il 31 agosto 1924, a Brindisi. Nome di battaglia – Flok – combatte nella Brg. Valle Pesto – Gruppo Divisioni R, dal 15 gennaio 1945 al 25 aprile. Fucilato a Cuneo. Cfr. BDPP.

 

GIGANTE Antonio Vincenzo. Nato a Brindisi il 3 febbraio 1901 e residente a Roma. Muratore. Dirigente comunista. Denunciato al Tribunale speciale nel 1934, al termine di una condanna ventennale, per “costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda”, viene internato il 3 gennaio 1942. Evaso nel settembre 1943. Viene iscritto alla Rubrica di frontiera. Catturato dai nazisti nel novembre 1944 ed ucciso nella risiera di San Saba. Medaglia d’oro della resistenza. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

 

GUARINI Enrico, 23 anni di Mesagne in provincia di Brindisi. “Alle 21 del 23 agosto 1944 a Suno (Novara), raffiche di mitra stroncano otto giovani vite. I corpi precipitano nella scarpata e i moribondi vengono finiti con la pistola dal maresciallo comandante il plotone di esecuzione alla presenza del capitano Sciller. Poi i fascisti si rinchiudono nell’osteria a gozzovigliare. Ci vogliono tre giorni per identificare gli assassinati che erano stati prelevati dal carcere di Novara dove si trovavano in attesa di giudizio.” Cfr. 23 agosto 1944 partigiano, pubblicata da 122 brg. d’assalto Garibaldi – A. Gramsci.

 

Laghezza Pietro; di Francesco e Maria Francesca Pizzuto, nato il 26 febbraio 1921. Fante, Matr. 18010, del 225° Rgt. Fanteria della 53a Div. “Arezzo”. Ha combattuto sul Fronte Greco-Albanese. In seguito aderisce alla resistenza nella formazione partigiana “Brigata Stella”. Deceduto il 26 aprile 1945 in via Roma ad Oppeano (Verona) trucidato freddamente dalle truppe tedesche in ritirata. La notizia del decesso viene comunicata dal Comitato Liberazione Nazionale di Oppeano. Il Laghezza, sbandato dopo l’Armistizio, era da poco rientrato in Italia ed aveva trovato ospitalità e sicuro rifugio presso la famiglia del sig. Giacomo Trevenzuoli di Oppeano che fu anch’egli trucidato nella stessa occasione. Viene sepolto nel Cimitero Comunale di Oppeano. Dal 26 febbraio 1993 i suoi resti riposano nel Cimitero Comunale di S. Vito. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MASIELLO Vito. Nato a San Vito dei Normanni. Decorato con Medaglia di bronzo, (alla memoria). Combattente i nazifascisti, in zona La Fratta (Bologna) – 19 aprile 1945. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani. MATARRELLI Infanzio. Nato il 17.2.1883 ad Oria. Partigiano morto in territorio metropolitano il 29.4.1945. Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in:http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

 

MELLONE Florido. Nato a (BR), il 6 settembre 1923. Studente. Sergio. 10 Divisione Garibaldi, dal 10 marzo 1944 e vice comandante di distaccamento dal 1 dal 12 marzo fino al 29 luglio dello stesso anno, quando cade in Val di Susa. Cfr. BDPP.

 

MICELLI Ferdinando, «Capo», da Vincenzo e Crocifissa Pagliarini; Nato il 5/3/1903 a S. Pancrazio Salentino (BR). Nel 1943 residente ad Anzola Emilia. Licenza elementare. Appuntato dei carabinieri. Militò nel btg Tarzan della 7a brg GAP Gianni Garibaldi e operò ad Anzola Emilia. catturato dai tedeschi il 5/12/44 durante il grande rastrellamento nella zona di Amola (S. Giovanni in Persiceto). Dopo una breve detenzione nel carcere di S. Giovanni in Monte (Bologna), deportato dapprima a Bolzano e poi in Germania. Giunto nel campo di sterminio di Mauthausen (Austria), l’11 gennaiuo 1945, dove morì il 22/4/1945. Riconosciuto partigiano dal 10/5/44 alla Liberazione. Il suo nome è stato dato alla caserma dei carabinieri diAnzola Emilia. [O] Cfr. Albertazzi A. – Arbizzani L. – Onofri N. S., op, cit, 4 vol°, p. 181; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 1412 – 1413.

 

MINGOLLA V. Antonio; – Partigiano -di Antonio e Maria Roggia, nato il 28 ottobre 1920. Soldato, Matr. 14976. In servizio all’Ospedale Militare di Riserva di Roma ma dislocato a Lubiana (Jugoslavia). E’ dapprima riportato come militare disperso e successivamente è dichiarato deceduto in data 25aprile 1944. Il Soldato Vitantonio Mingolla prestava servizio fino al giorno dell’Armistizio nell’Ospedale di Lubiana in Jugoslavia. Dopo tale data si dette alla fuga verso le montagne e da allora non si ebbero più sue notizie. La famiglia venne a conoscenza della sua sorte attraverso un comunicato datato 19 luglio 1948 pervenutole il 9 novembre dal Distretto Militare di Taranto. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MUSTICCHI Giovanni. Di Latiano. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 20 settembre 1944. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

PALUMBO Vincenzo Salvatore 226° Reggimento Fanteria . Divisione Arezzo,In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre, preso prigioniero, riuscì a scappare e ad unirsi ai partigiani albanesi, dai quali si staccò per passare nelle fila dei partigiani jugoslavi, nella Prima Compagnia, Battaglione “Matteotti”. Con i partigiani rimase a combattere dal 30.10.1944 al 12.04.1945. Morì il 12 Aprile 1945 sul fronte jugoslavo “verso le ore sei in Località Babin Dol nei pressi di Mohovo (Vukovar) mentre trovavasi impegnato in combattimento a seguito di ferite al torace e all’addome prodotte da raffiche di mitraglia nemica” * La salma fu sepolta dalla “Compagnia Genio della Brigata “Italia” in Località (Babin) Boni Dol, nei pressi di Mohovo (Vukovar). I resti del partigiano Palumbo Salvatore, tramite l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Comitato Provinciale di Brindisi-, giunsero il 16 Ottobre 1957, alle ore 16.00 in San Pancrazio Salentino; furono seppelliti nel cimitero comunale. *Registro (G) degli Atti di Morte della Divisione “Garibaldi “Italia” – 2° Battaglione “Matteotti”-Atto di Morte n, 39. Trascrizione: Registro Stato Civile del Comune di San Pancrazio Salentino Atti di Morte – P. II- Serie C – anno 1946 – n. 1 (Pancrazio Stridi Seconda guerra mondiale testimonianze di reduci, caduti militari e civili di San Pancrazio Salentino . Trepuzzi Le ottobre 2012)

 

PENTASSUGLIA Angelo. Nato a Cisternino (BR) il 27 novembre 1912. Partigiano in Jugoslavia, già appartenente al 19 Artiglieria, muore il 15 maggio 1945 nel 38 reparto gulag. Cfr. ANVRG, Caduti della Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, op. cit, nr. 65.

 

RE Francesco. Nato il 21 maggio 1897, ad Oria. Meccanico. Partigiano della 7 Brg. Sap De Angeli, dall’ 11 settembre 1943 al 21 ottobre 1944. Arrestato a Torino. Deportato in Germania giunge nel lager di Mauthausen l’11 marzo 1944. Trasferito nel sottocampo di Gusen (Mauthausen), muore il 21 ottobre dello stesso anno nel sottocampo di Erholungsheim – Harteim (Mauthausen). Cfr. BDPP; CPC; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., pag. 1799.

REMO Italiano. Figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abitava. Di professione era cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. Cfr. http://anpicatania.wordpress.com/2011/01/03/ossario-dei-caduti-partigiani-di-forno-di-coazze-i-98-nominativi-tre-catanesi-e-un-siciliano/(68 Remo Italiano Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze.)da. i 98 caduti di Coazze- Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in ra-strellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. (CENTRO DI DOCUMENTAZIONE ANPI SULLA RESISTENZA IN VAL SANGONE rif. Mauro Sonzini, cell.: 335/66.99.043, mail: mauson@libero.it )

SACCHETTINO Vincenzo. Nato a Brindisi, nel 1915. Caduto. – Vince – Calzolaio. Partigiano – Torino – 10 divisione GL dal 10 aprile 1945 al 26 aprile dello stesso anno. Quando ad Alba (CN) muore dopo essere stato ferito in combattimento. Cfr. BDPP.

SANTORO Antonio. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 22 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

SCARAFILE Donato. Di Cisternino. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 18 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

TEDESCO Gino. Di Brindisi. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 9 settembre 1943 nell’isola di Leros. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI

VALENTE Angelo; – Partigiano – – Decorato al Merito di Guerra di Vito Vincenzo e Maria Luigia Iaia, nato il 19 aprile 1923. Carabiniere del 24° Btg. e in servizio nella la Brigata della Div. “Garibaldi”. Il Ministero della Difesa ne dichiara la morte avvenuta il 20 novembre 1944 in seguito a ferita d’arma da fuoco in parti multiple subite durante un combattimento a Berane (Montenegro). E’ sepolto nel Cimitero di Berane. . (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

 

l’ANPI di Brindisi in occasione del il 25 aprile ricorda alcuni suoi figli caduti per la Libertà

l’ANPI di Brindisi in occasione del il 25 aprile ricorda le medaglie d’oro e d’argento della propria terra

Orlando De Tommaso

Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Capitano dei carabinieri, De Tommaso comandava la 4a Compagnia del II Battaglione allievi CC di stanza a Roma. Il giorno dopo l’armistizio, mentre deboli reparti dei “Granatieri di Sardegna” contrastavano paracadutisti tedeschi alla periferia della Capitale, la 4a Compagnia CC fu mandata di rinforzo alla Magliana. De Tommaso cadde alla testa dei suoi uomini, nel vano tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma. La massima ricompensa al valore, è stata conferita all’ufficiale con questa motivazione: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”. Il suo grido e il suo olocausto, galvanizzando il reparto, lo portarono d’impeto, in una nobile gara di eroismi, alla riconquista dell’obiettivo”. Una via della Capitale è stata intitolata al valoroso ufficiale. Porta il suo nome, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa, anche la caserma nella quale ha sede la Legione Allievi Carabinieri.

[link permanente a questa pagina: http://anpi.it/b1645/]

 

Antonio Vincenzo Gigante

Nato a Brindisi il 5 febbraio 1901, scomparso a Trieste nel novembre del 1944, operaio e dirigente sindacale e politico, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Quella di Antonio Gigante è una tra le più luminose figure dell’antifascismo e della Resistenza italiane. Operaio, militante nella Gioventù socialista, non aveva ancora vent’anni quando fu arrestato per la prima volta a Brindisi per aver preso parte (nel 1919), alle manifestazioni a sostegno dei soldati che rifiutavano di imbarcarsi per la Libia. Sottoposto a libertà vigilata e vessato dai fascisti, nel settembre del 1922 si trasferì a Roma, trovandovi lavoro come operaio edile. Fu presto eletto, per la sua perizia nelle trattative sindacali, membro del Comitato direttivo della Lega e quindi segretario del Sindacato provinciale degli edili. Dopo la “marcia su Roma” fu responsabile del lavoro sindacale nel Partito comunista romano (si era iscritto al partito nel 1921), e nella primavera del 1923, col fascismo già imperante, riuscì a portare in piazza 18 mila edili della Capitale in sciopero contro il carovita. L’anno successivo Gigante fu, durante la crisi aventiniana, tra i principali organizzatori dello sciopero antifascista e delle manifestazioni romane. Nel 1925, dopo essere riuscito ad assicurare l’uscita di due numeri del Comunista, fu costretto a riparare in Unione sovietica, dove frequentò l’Università leninista. Vi rimase due anni. Nel 1927 Gigante è a Parigi, membro della Direzione nazionale della Confederazione generale del lavoro. Dalla Francia passa a più riprese clandestinamente in Italia, per organizzarvi la lotta antifascista e il movimento sindacale. Nel 1929 viene arrestato e processato in Svizzera (a Basilea c’era allora il Centro estero del Partito comunista, che si sarebbe poi spostato a Parigi), insieme a Grieco, Dozza, Secchia ed altri, ma, come i suoi compagni, rimane in carcere pochi giorni. Nel 1933 Gigante entra a far parte del Comitato centrale del Partito comunista e lo stesso anno viene arrestato durante una missione a Milano. Finisce davanti al Tribunale speciale che, nell’ottobre del 1934, lo condanna a venti anni di carcere. Nel ’42 viene confinato nell’isola di Ustica. Il 25 luglio del 1943 coglie Gigante nel campo di concentramento di Renicci presso Anghiari, dove sono internati altri antifascisti, tra cui numerosi sloveni. Sembra l’ora della libertà, ma dal governo Badoglio non arriva l’ordine di scarcerazione. I detenuti pazientano sino all’8 settembre, quindi, guidati da Antonio Gigante, si ribellano alle guardie ed evadono. Gli evasi tentano di spingersi a Sud per raggiungere il fronte ed unirsi agli Alleati, ma non riescono nel loro intento e sono costretti a ritornare indietro. Gigante e i suoi attraversano la Romagna, costeggiano l’Adriatico, raggiungono il Veneto e Trieste. In Istria, Gigante è tra i primi organizzatori di formazioni partigiane. Combattendo con esse si spinge in Dalmazia e qui, in rappresentanza dei comunisti italiani, tratta con quelli jugoslavi gli accordi per la immediata lotta comune contro i nazifascisti accantonando le questioni territoriali. Su decisione del PCI, Gigante passa alla direzione del partito a Trieste, ma qui, in seguito a delazione, viene arrestato. Torturato, non si piega davanti ai suoi aguzzini. Si ignorano il luogo, la data e le circostanze precise della morte di Antonio Gigante: si suppone che sia stato eliminato nella Risiera di San Sabba, tanto che, per decisione unanime della Commissione del Civico museo, il 5 febbraio 2008, all presenza della figlia Miuccia, nella Risiera è stata scoperta una lapide che dice: “Vincenzo Antonio Gigante – detto “Ugo” – nato a Brindisi il 5 febbraio 1901 – assassinato nella Risiera di San Sabba – nel novembre 1944 – dirigente comunista – comandante partigiano – medaglia d’oro della Resistenza – a memoria del suo sacrificio”. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

[link permanente a questa pagina: http://anpi.it/b1064/]

 

Giovanni Mario Gasco

Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Divisione Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.

“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli.

[ Ministero ella Guerra San Teodoro Cefalonia, 24 settembre 1943”.]


 

Antonio Ayroldi

Di anni 37. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano nel dicembre 1925, frequenta con profitto la scuola per allievi sottufficiali di Roma, al termine della quale è aggregato al 71º Gruppo aeroplani osservazione aerea. Nel 1939 entra all’Istituto superiore di guerra di Torino. Inviato in Africa settentrionale nel febbraio del 1941, prende parte alle battaglie di Tobruk, Marsa Matruk ed El-Alamein. Decorato per meriti sul campo con la croce al valor militare italiana e la croce di ferro tedesca, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..) e trova rifugio alla clinica Villa Bianca Maria. Collegatosi con il Fronte militare clandestino di Montezemolo, entra nelle fila della formazione comandata dal colonnello Ezio De Michelis con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS, che lo trovano in possesso di alcuni documenti falsi e di un’ingente somma di denaro. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

[INSMLI – Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia]

 

Pompilio Faggiano

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli.

Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione:

“Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie.

Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

particolare del disegno realizzato dal Liceo Artistico Statale "E. Simone"

335 martiri uccisi alle Fosse Ardeatine

l´ordine è già stato eseguito” queste sono le parole con cui si concludeva il comunicato emesso la sera del 24 marzo del 1944 alle ore 22,55 dall’alto comando tedesco di Roma e trasmesso dall´Agenzia Stefani, che appare sui quotidiani romani soltanto il giorno dopo (il 25 di marzo) nella loro edizione di mezzogiorno.

Il comunicato in questione che facendo riferimento all’attentato di via Rasella, l’aveva qualificato come “imboscata eseguita da comunisti-badogliani“, dichiarava la volontà di “stroncare l’attività di questi banditi” e rivelava che “per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati”

Il terribile comunicato dell’alto comando tedesco era stato emesso, senza ombra di dubbio, quando i 335 martiri erano già stati uccisi con un colpo di pistola alla nuca e sepolti nella cava di pozzolana minata dai genieri tedeschi, sulla via Ardeatina poco lontano da Roma.

 

Era accaduto che i giorno prima, il 23 marzo del 1944, una bomba sistemata in via Rasella, da un gruppo di partigiani membri dei GAP ( i Gruppi di Azione Patriottica),aveva ucciso 33 soldati tedeschi e 6 civili italiani.

L’attentato aveva causato la violenta rappresaglia nazista. I tedeschi rastrellarono 335 persone in tutta Roma, e il giorno dopo furono uccise e sepolte nelle fosse Ardeatine. Era stata compiuta una delle stragi più gravi fatte in Italia durante la seconda guerra mondiale e, insieme all’azione di via Rasella, ha continuato a causare polemiche strumentali fino ad oggi.


In realtà nessun annuncio della rappresaglia venne affisso sui muri di Roma e non venne fatta nessuna richiesta di consegnarsi agli autori dell’attentato. La rappresaglia venne portata avanti rapidamente e in segreto. L’annuncio ( come già si è visto) venne dato soltanto il giorno successivo.

Pare che quando gli venne comunicata la notizia dell’attacco, Adolf Hitler chiese una punizione esemplare: cinquanta italiani avrebbero dovuto essere fucilati per ognuno dei soldati tedeschi morti nell’attentato. Scrive infatti Robert Katz, in Roma città aperta,a pag. 265:” Adolf Hitler venne avvertito nel primo pomeriggio, egli dispose una rappresaglia immediata “che avrebbe fatto tremare il mondo”


L’esercito tedesco – come quello italiano quando aveva occupato la Grecia e la Jugoslavia – aveva da sempre praticato la tattica della rappresaglia. Ma una proporzione di uno a cinquanta sembrò eccessiva anche ai militari nazisti. Albert Kesselring, il comandante dell’esercito tedesco in Italia, si oppose insieme a molti degli altri ufficiali e riuscì a persuadere Hitler ad abbassare le sue richieste. Venne deciso che dieci italiani sarebbero stati uccisi per ognuno dei tedeschi morti nell’attentato.

“Alle ore 15.30 arrivarono anche i prigionieri provenienti da Regina Coeli e dopo pochi minuti ebbero inizio le fucilazioni. I prigionieri, suddivisi in gruppi di cinque, vennero condotti nelle gallerie illuminate da soldati tedeschi muniti di torce elettriche; all’entrate del luogo di esecuzione il capitano Priebke richiedeva il nome al condannato e controllava la lista; quindi le vittime venivano fatte inginocchiare e gli esecutori, all’ordine del capitano Schütz, sparavano un colpo di pistola dall’alto in basso all’altezza del collo; in questo modo si riteneva di ottenere una morte immediata. Un soldato accanto all’esecutore illuminava la scena con un’altra torcia. Il colonnello Kappler prese parte al secondo turno di eliminazione; il capitano Priebke invece sparò con il terzo turno. In totale furono effettuati 67 turni di esecuzioni; mentre all’inizio la procedura di annientamento delle vittime sembrò avviarsi con precisione e disciplina, con il passare del tempo la situazione divenne più confusa” (da R. Katz, Roma città aperta, pp. 288-289)



 

Tra le 335 vittime, 16 sono pugliesi:

 

tra cui un prete, don Pietro Pappagallo, medaglia d’oro al merito civile, e un professore di filosofia, Giacchino Gesmundo medaglia d’oro al valore militare, entrambi di Terlizzi. Diversi i decorati con significative onorificenze al valore militare, tra cui gli ufficiali dell’Esercito Antonio Ayroldi di Ostuni e Manfredi Azzarita, nato a Venezia, figlio di molfettesi; Antonio Pisino di Maglie, ufficiale di Marina, e Federico Carola di Lecce, capitano d’aviazione (arrestato e fucilato assieme al fratello Mario, nato a Gaeta); Umberto Bucci un impiegato nato a Lucera e suo figlio Bruno (arrestati perché trovati in possesso di una copia di «Italia Libera»); due artigiani originari di Andria, Giuseppe Lotti e Vincenzo Saccottelli; Teodato Albanese, un avvocato di Cerignola; Gaetano La Vecchia, un ebanista di Barletta; Nicola Ugo Stame, un tenore lirico di Foggia; Ugo Baglivo un giurista e docente universitario di Alessano, tutti protagonisti dopo l’8 settembre della Resistenza militare e civile contro i tedeschi. A questo elenco va aggiunto anche la medaglia d’oro al valore militare, il maggiore dei carabinieri, Ugo De Carolis, nativo di Napoli, ma tarantino di adozione, al quale è stata intitolata, tra l’altro, nell’immediato dopoguerra, la Caserma della Legione dei carabinieri di Taranto.

 

 

Antonio Ayroldi

Antonio Ayroldi, nato a Ostuni (Brindisi) il 10 settembre 1906, ucciso alle Fosse Ardeatine era maggiore dell’Esercito. Nel 1925 era entrato nell’Esercito a Roma, come allievo sottufficiale dell’8° reggimento del Genio, specialità telegrafisti. L’anno dopo guadagnò la prima promozione, a caporale. Fece rapidamente carriera e nel 1933 divenne tenente. Quando scoppiò la guerra, fu inviato in Libia, e impiegato nel Comando del XX Corpo d’armata. Dal febbraio del ‘41 al dicembre del ‘42 partecipò alle operazioni di guerra in Africa settentrionale, meritando sul fronte la Croce al valor militare italiana e la Croce di ferro tedesca. Proprio in Africa maturarono le sue convinzioni antifasciste, come testimoniano le lettere alla famiglia.

Rientrato a Roma allo Stato maggiore, dopo l’8 settembre del ‘43, nonostante i bandi tedeschi e italiani, non si arruolò nell’esercito della Repubblica Sociale e si nascose per qualche settimana nella clinica “Bianca Maria”. A novembre entrò nella banda militare comandata dal colonnello Ezio De Michelis, che faceva parte del Fronte clandestino del colonnello Giuseppe Cordero Lanza Montezemolo.

Il suo ruolo era importante: organizzò una rete di informazioni nella Capitale, teneva i collegamenti con le bande dei Castelli e del Lazio Sud, trasportava documenti e carichi di armi e munizioni.

Ricercato dalla polizia, il 2 marzo del ’44 Antonio Ayroldi fu arrestato dai tedeschi con altri partigiani e rinchiuso nel carcere di via Tasso, nella cella n. 11. Il 24 marzo fu fucilato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine. Dopo la Liberazione è stato decorato “alla memoria” con la medaglia d’argento al valor militare.

Fu scritto sul periodico “La Lanterna”, del 1° maggio 1945: “Pedinato e scoperto viene il 2 marzo arrestato insieme ad altri e condotto nel carcere via Tasso. Interrogatori, torture, sofferenze; ed infine il 24 marzo viene condotto su di un autocarro alle Fosse Ardeatine. Lungo il percorso, tra i passanti, scorge la moglie di un collega e le sorride con rassegnazione ma anche con fierezza.

E’ l’ultimo ricordo che di lui sia restato!

Era un uomo semplice e modesto che dagli affetti concreti e quotidiani, da una vita di lavoro e di onestà ha saputo ascendere alla luce della gloria, esempio di quelle che sono le migliori qualità dei figli della nostra terra.

Onore alla memoria di Antonio Ayroldi. Onore a tutti quanti combattono e muoiono per la libertà della propria Patria.”

Altri militari del fronte clandestino trucidati alle Fosse Ardeatine


Il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo dall’8 settembre 1943, era incaricato di dirigere l’Ufficio affari civili di Roma. Due settimane dopo è già alla macchia, sotto il nome di ing. Giacomo Cateratto. Per quattro mesi organizza l’attività militare clandestina di ufficiali in gran parte di orientamento monarchico, si collega sia con il governo Badoglio sia con il Comando Alleato, tiene contatti con esponenti del Comitato di liberazione nazionale centrale di Roma. I nazifascisti, furibondi, lo cercano dappertutto; mettono su Montezemolo una grossa taglia. Infine riescono a sorprendere il colonnello nella casa del tenente Filippo De Grenet, che è uno dei suoi principali collaboratori. Arrestato con De Grenet, Montezemolo finisce, con il suo subalterno, nel comando della polizia tedesca di via Tasso. I due ufficiali vengono torturati, ma non parlano. Al colonnello vengono strappati ad uno ad uno i denti; poi i carnefici passano alle unghie dei piedi. Nella motivazione della ricompensa al valore è scritto che l’alto ufficiale, “sottoposto alle più inumane torture, manteneva l’assoluto segreto, salvando così l’organizzazione e la vita ai propri collaboratori”. Due mesi è durato il calvario di Montezemolo, poi lui e De Grenet finirono trucidati, con altre 335 persone, alle Fosse Ardeatine.

Sabato Martelli Castaldi, di anni 47 – generale di Brigata Aerea – nato a Cava dei Tirreni (Salerno) il 19 agosto 1896.Generale a 36 anni – decorato di una Medaglia d’Argento e tre di Bronzo nel 1934 collocato nella riserva perchè, in qualità di capo-gabinetto del Ministero dell’Aeronautica, aveva redatto un rapporto a Mussolini denunciando l’effettiva consistenza e la reale efficienza dell’Arma – direttore, con il generale Lordi pure trucidato alle Fosse Ardeatine, del Polverificio Stacchini di Roma, dopo 1’8 settembre 1943 sabota la produzione destinata ai tedeschi, fornisce al fronte clandestino di Roma e ai partigiani del Lazio e dell’Abruzzo forti quantitativi di dinamite, mine, detonatori e armi, esponendosi spesso di persona per il loro trasporto – esegue e trasmette rilievi di zone e installazioni militari – prepara un campo di fortuna per aerei nei dintorni di Roma -compie missioni militari -. Il 16 gennaio 1914, nel tentativo di ottenere il rilascio del titolare del Polverificio Stacchini , che era stato arrestato, si reca con il generale Lordi in via Tasso – E’ fermato dal colonnello tedesco Kappler venuto in possesso di prove schiaccianti sulla attività da lui svolta e gettato nella cella ove rimarrà 67 giorni – molte volte torturato – Trucidato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine fuori Roma per rappresaglia all’attentato di via Rasella, con altri trecentotrentaquattro detenuti politici prelevati dalle carceri di via Tasso e Regina Coeli Medaglia d’Oro al Valor Militare.

 

 

FRONTE NAZIONALE D’AZIONE Comitato Provinciale di Brindisi (poi Comitato di Liberazione Provinciale) nasce in città il 9 agosto del 1943

Il Fronte Nazionale d’Azione Comitato Provinciale di Brindisi più noto in seguito come Comitato di Liberazione Provinciale, nasce il 9 di agosto del 1943, di seguito sono riportate le trascrizioni dei verbali della prima riunione e quello della riunione del 14 settembre (ottava riunione). Per rendere il clima del periodo sono pubblicate le riproduzioni: del voantino del Fronte Nazionale d’azione del 12 settembre ’43, di un appello ai giovani, un divieto di assembramento e manifestazioni dell’ambiguo e contradditorio regno del sud, un volantino del Comitato di Liberazione di Ostuni, una copia del giornale di Giustizia e Libertà di Brindisi, e infine la copia del volantino del Comitato di Liberazione che chiama alla prima libera manifestazione  indetta per il 19 marzo ’44; e la pagina della Gazzetta del Mezzogiorno sul congresso dei CLN a Bari.

FRONTE NAZIONALE D’AZIONE
Comitato Provinciale di Brindisi

Verbale della prima seduta

L’anno 1943, il giorno 9 agosto, alle ore 15 pomeridiane, nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, in Brindisi, si sono riuniti: il sig. Guglielmo Cafiero,il sig. Donato Ruggiero, l’ing. Pietro Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli e l’avv.
Vittorio Palermo, (alcuni dei quali erano diggià in intenso e quotidiano contatto da un paio d’anni fra loro ed altri elementi antifascisti pugliesi ed italiani) e, — ritenuta la opportunità di realizzare la formazione dì un Comitato provinciale di concentrazione antifascista —, stabiliscono di costituire nella stessa data un primo nucleo del Comitato stesso e di allargarlo con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si
attengano alle direttive seguite dal Comitato Centrale del Fronte Nazionale; e particolarmente:

1°) collaborazione con il Governo di S. E. Badoglio;

2°) contributo all’opera di epurazione degli elementi fascisti o compromessi con il fascismo;

3°) lotta contro il nazismo;

4°) propaganda in favore di una pace separata.

I singoli componenti di questo primo nucleo prendono specifici incarichi di avvicinare altri elementi di sicuro passato antifascista per invitare costoro a far parte del Comitato provinciale del Fronte Nazionale.

Funge da segretario ufficioso l’avv. Vittorio Palermo che fa una relazione sintetica sulla situazione politica italiana raccolta nei suoi ultimi viaggi a Bari, Roma, Milano nel giugno-luglio 1943 a seguito dei contatti presi con alcuni
esponenti (di cui fa i nomi specifici) del movimento antifascista di quelle città.

La seduta si chiude con il formale impegno di riunirsi il giorno 11 agosto.

Brindisi, 9 agosto 1943

Il f. segretario
avv. Vittorio Palermo

Verbale della ottava seduta
Addì 14 settembre 1943 i componenti il Comitato prov. si sono riuniti nello studio dell’avv. Giovanni Stefanelli ed hanno approvato l’ordine del giorno con cui si stabilisce di fornire alle Autorità militari italiane — che lo hanno richiesto — l’elenco dei membri costituenti il Comitato prov. di Brindisi  ed un pro-memoria composto di sei punti nel quale sono elencati i desiderata del Comitato stesso riguardante i termini di collaborazione con il Governo Badoglio per la epurazione da farsi in seno alla provincia ed alle FF.AA. degli elementi fascisti, l’appello di fornitura di armi a lutti gli aderenti al Comitato prov. onde poter combattere, se del caso, il comune nemico, nonché la richiesta di un locale per le riunioni del Comitato stesso. In fine si approva di lanciare un
Manifesto  incitante i Salentini a costituire delle « Legioni Garibaldine » di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia.

Si designano l’avv. Palermo e De Tommaso, a diffondere in provincia il Manifesto.

il f. segretario

avv. V. Palermo

PROMEMORIA

1°) Arresto di tutti gli squadristi residenti nel capoluogo e nella provincia.

 

2°) Eliminazione dai ranghi di tutti gli squadristi che prestano servizio e che fanno opera deleteria nelle Forze Armate (in particolar modo nella M.V.S.N.).

 

3°) Permesso di circolazione per tutto il territorio della Provincia di Brindisi al fine di effettuare propaganda pro Legione Salentina. Per tale scopo può essere, previa requisizione, utilizzata la macchina dell’ing. Dall’Olio.

4°) Permesso e fornitura armi ai componenti il Comitato e sottocomitati della Provincia ed a tutti coloro che, sotto la responsabilità dei Comitati, si dichiareranno e saranno ritenuti idonei e pronti a collaborare con le FFAA. per respingere ogni offesa nemica.

5°) Concessione al Comitato Provinciale ed ai sottocomitati della Provincia di locali (possibilmente ex fascisti) ad uso ufficio reclutamento volontari.

6°) Autorizzazione a raggiungere Taranto con auto per incontrare i componenti il Comitato locale e prendere accordi per l’organizzazione del volontariato.
Brindisi 15 settembre 1943

Da questa terra è partito il nuovo Paese – 10 settembre ’43, a Brindisi i Topi del deserto

Brindisi, porto interno dopo 8 settembre 1943, seno di ponente, Cant Z 506 della 288^ Squadriglia, sullo sfondo, il Collegio Navale e il Monumento al Marinaio e le navi scuola Amerigo Vespucci e Cristoforo Colombo

 

Il prof. Vito Antonio Leuzzi ricorda le rappresaglie tedesche e la resistenza degli operai tarantini

L’importanza che la Puglia e Brindisi in particolare ebbero, dopo l’armistizio, nel cammino dell’Italia verso la nuova identità nazionale è sottolineata da Vito Antonio Leuzzi, storico e direttore dell’Ipsaic (Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea), oltre che curatore di diversi volumi che hanno trattato il periodo della resistenza. Un ruolo, quello del nostro territorio, che spesso sembra essere dimenticato dalla storiografia nazionale.

Con l’arrivo del re, il territorio salentino e quello pugliese diventano cruciali nella  vita politica del Paese. Con quali risvolti?

«Il porto di Brindisi fu ben difeso sin dalle ore immediatamente successive alla firma,pur in assenza di disposizioni precise. I primi ordini diretti arrivarono intorno air 11 settembre, con i comunicati di Badoglio attraverso Radio Bari che per la prima volta indicavano i tedeschi come nemici. Loro, d’altro canto, si erano arroccati dalle parti di Ceglie Messapica, da dove potevano dominare la pianura circostante, ma lì furono respinti dall’esercito e si guardarono dall’intervenire. Precedentemente, avevano distrutto la postazione di Leuca e l’antenna radio a Montesardo. Va ricordato anche che tra le prime forme di resistenza c’è anche quella di Taranto, con gli operai dei cantieri navali».

Si può dire che da qui sia nato lo spunto per la lotta di liberazione  dell’Italia?

«La resistenza in quella fase è partita da questo territorio, anche se non c’è stato mai alcuno scontro tra gente che apparteneva alla stessa popolazione. I tedeschi misero in atto diverse rappresaglie, come la distruzione dell’acquedotto all’altezza dell’Alta Murgia, con

alcune città che rimasero a secco per diverso tempo. Ci sono state anche diverse indagini degli alleati sui crimini di guerra iniziati dai nazisti proprio in Puglia».

La popolazione, perciò, era sin da subito dalla parte degli alleati?

 

«Gli angloamericani, con loro grande sorpresa, trovarono Brindisi e Taranto che di fatto erano state liberate dagli stessi italiani, contrariamente a quanto accadde altrove, dove ci furono diverse perdite. L’intera Puglia fu libera in pochi mesi».

A livello delle diverse strutture sociali, quali furono i cambiamenti più evidenti che hanno preso il via in quel periodo?

 

«Ci fu una ripresa importante della vita politica e sindacale, l’Italia si avvicinava ad essere una vera e propria democrazia. Lo stesso Comitato di Liberazione nazionale a Brindisi fu uno dei primi a mobilitarsi, indicando la necessità di una svolta politica».

Come si svilupparono, invece, le relazioni internazionali?

«Sul piano dei rapporti con gli altri Paesi, in questo periodo il comando di Algeri, guidato dal futuro presidente americano Eisenhower, era preoccupato dal rispetto delle clausole dell’armistizio: Brindisi, Taranto e Bari si dimostrarono vicini agli angloamericani e lo fecero in maniera spontanea. In questo contesto, fu importante il contributo dei cantieri navali di Brindisi e Taranto, che ripararono le navi alleate a tempo di record».

Il dibattito sul ruolo di Brindisi, se effettivamente possa essere considerata o meno capitale, è ancora un capitolo aperto nel mondo della storiografia.

«Al di là di tutto, senza entrare troppo nel dettaglio di questo dibattito, va riconosciuto che a partire da questo periodo specifico, l’Italia ha iniziato un nuovo corso: a Brindisi come al resto del territorio bisogna dare atto di quanto è stato fatto, senza scadere nella retorica ma analizzando gli avvenimenti. Una nazione nuova è nata proprio a partire da questa terra: la Puglia rappresenta il seme dell’Italia libera».

 

Intervista di Francesco Trinchera pubblicato su  Quotidiano del 10 settembre 2013-09-10

 

 

Poposki su di una jepp

 

 

 

10 settembre 1943

La città di Brindisi si arrende ai Topi del deserto !….

…dopo 70 anni uno squarcio sui misteri dell’arrivo del Re a Brindisi.

 

E’ importante per una città come Brindisi, che si fregia dell’esser stata per cento giorni la Capitale del “regno del Sud”, che molti dei luoghi comuni sull’8 settembre, la fuga del Re da Roma e il suo arrivo a Brindisi siano messi da parte e che si faccia chiarezza anche sugli aspetti più nascosti di quelle vicende, contribuendo a restituire alla città la sua corretta memoria storica.

Una memoria che solo oggi è confortata non solo dalle pur poche testimonianze orali ma anche dai documenti ufficiali che ultimamente, dopo decenni, sono stati resi accessibili dagli Alleati ed in particolare dagli inglesi sul ruolo che ebbero le diplomazie, i servizi segreti ed i condizionamenti che la Monarchia e la classe politica che in seguito governò l’Italia dovettero subire, in nome della spartizione dell’Europa tra i vincitori del Secondo Conflitto mondiale.

Gli americani a Salerno e gli inglesi a Taranto

Nei due giorni successivi all’armistizio molte cose accadono nell’Italia del Sud: gli americani con un ampio dispiegamento di forze aeronavali sbarcano a Salerno, fiduciosi di raggiungere Roma in pochi giorni, subito smentiti dalla accanita resistenza delle truppe tedesche che contenderanno ad essi , sino al 25 aprile del 1945, ogni palmo del territorio italiano.

Gli inglesi, a cui le sorti della monarchia italiana stanno più a cuore, sbarcano senza colpo ferire a Taranto, onde rendere sicuro una parte del territorio italiano che possa accogliere Vittorio Emanuele, la sua corte e barattare la continuità della monarchia sabauda con l’acquiescenza della futura Italia alle mire imperiali inglesi.

Sono navi americane quelle che, scortando i parà della 1° divisione aerotrasportata inglese, attraccano l’8 settembre a Taranto. Da una di esse, l’incrociatore Boise, reduce dalle battaglie aeronavali contro i giapponesi nel Pacifico, sui moli della città dei due mari vengono calate delle strane automobili, irte di mitragliatrici e senza insegne, salvo uno stemma simile ad uno astrolabio apposto sul radiatore.

Gli stessi uomini che le prendono in consegna hanno un aspetto poco militare, più simili a dei predoni del deserto che ad appartenenti all’Esercito imperiale di Sua Maestà Britannica. Su quella specie di uniforme che portano indosso non hanno gradi, non si salutano militarescamente ed è impossibile ad un primo colpo d’occhio comprendere chi li comanda. Sono poco meno di 100 e si definiscono “l’ Armata Privata di Pospki” , dal soprannome dato al loro comandante ed ideatore di questa particolare unità delle SAS, il belga di origini russe Vladimir Peniakoff.

Questi uomini per anni sono stati la bestia nera dei soldati italiani e dei tedeschi dell’Afrika Korps in Libia. Con le loro jeep WILLIS “taroccate” hanno attaccato le retrovie dell’Asse colpendo depositi di munizioni e carburante di Rommel, distruggendo aerei, seminando il terrore lungo le vie di rifornimento e guadagnandosi insieme ai loro colleghi delle SAS l’appellativo di “Topi del deserto”.

La mattina del 10 settembre1943, agli uomini di Popski, è dato un compito ben diverso ma forse ancor più importante: accettare formalmente la resa dai comandanti militari dell’Esercito e della Regia Marina della piazzaforte di Brindisi e comunicare ciò al Comando inglese a Taranto , in maniera tale che la corvetta Baionetta con il Re a bordo possa entrare in sicurezza in città. ( Visto che da Bari giungono notizie contrastanti di scontri con i tedeschi e sull’atteggiamento infido dei comandanti della Milizia territoriale, mentre gli aerei nazisti hanno sorvolato il convoglio reale col rischio di attaccarlo e ripetere la tragedia della corazzata Roma).

E’ una corsa contro il tempo che solo un’uomo come Popski può vincere e ancora una volta la sua fama sarà confermata. Nel loro tragitto da Taranto a Brindisi , le jeep dei Topi del deserto si fermano solo a Francavilla Fontana per accettare la resa del distretto militare del Salento da un generale dell’Esercito, poi l’ingresso a Brindisi dove, nel Castello, sede della Marina, è un ammiraglio a firmare l’accettazione delle clausole dell’armistizio ed ordinare che per le strade di una città semideserta si dispieghino bandiere inglesi affiancati al tricolore.

I servizi segreti in azione

Tocca ora ai servizi segreti gestire l’operazione “ sbarco del Re”, che formalmente naviga su una nave italiana ed è scortato dall’incrociatore Scipione e non accetterebbe ordini che da un comando italiano.

Il via libera dato dalle radio delle jeeps di Popski, giunto alla sezione di ascolto del Comando inglese a Taranto è ritrasmesso alla Baionetta, in codice, dai radiotelegrafisti inglesi del servizio segreto SOE, presenti in città e sbarcati insieme alle truppe inglesi .

Quell’uomo misterioso sulla Baionetta.

Al seguito del re, c’è un giovane silenzioso, che pur non indossando nessuna divisa ha accesso alla cabina radio della nave. Chi è questo ragazzo dai lineamenti delicati che parla l’italiano con un forte accento toscano e a cui piace bere del buon Chianti?

E’ Richard “Dick” Mallaby, il primo agente segreto inglese del SOE lanciato sul territorio italiano nell’agosto del 1943 per organizzare la Resistenza, catturato sul lago di Como dal SIM , il servizio Segreto Militare (l’alter ego monarchico della famigerata OVRA) e divenuto in pochi giorni l’anello fondamentale , grazie alla sua radio e ai suoi cifrari, dei contatti tra monarchia ed Alleati per i colloqui e la conseguente firma dell’armistizio reso pubblico l’8 settembre . Quest’ uomo, che avrebbe dovuto in altri tempi esser fucilato all’istante, viene accolto come la manna caduta dal cielo da un Badoglio in difficoltà dopo la caduta della Sicilia.

“Dick” dalla cella dei servizi segreti è direttamente condotto al Ministero della Guerra a Roma da dove, con la sua radio contatta gli alleati, accompagna il generale Castellano a Cassibile, assiste alla firma dell’armistizio, ritorna a Roma e l’8 settembre insieme a 53 dignitari sale con il Re sulla Baionetta, riceve via radio da Taranto in codice l’OK per l’attracco in sicurezza della Baionetta Brindisi, ponendo fine alla rocambolesca, se non grottesca, fuga del Re.

Un giovane agente che, appena sbarcato con la sua radio ed i cifrari è condotto in una torre del Castello Svevo da dove immediatamente si mette in contatto con la base algerina del SOE :

“-Missione compiuta! Il Re è sotto la custodia degli inglesi!”_

Poche ore dopo, ad affiancarsi a lui giungeranno da Taranto e via mare altri agenti segreti e Brindisi, per la durata dell’intero conflitto, diverrà parte integrante di una, sin ora poco conosciuta, guerra segreta ai nazisti in tutta l’Europa occupata, al fianco dei movimenti di Resistenza compresa quella Italiana. Una storia che come ANPI ( Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Brindisi vorremmo far rendere partecipi le giovani generazioni, la cittadinanza e le istituzioni in un cammino ideale che ci porti da oggi, sino al 25 aprile del 2015 a festeggiare il 70esimo della liberazione dell’Italia dal Nazifascismo.

 

(Di Antonio Camuso pubblicato sul Quotidiani di Brindisi il 12 settembre 2013)

 

 

Periakoff Poposky

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Settembre 1943, la fuga del re, Brindisi capitale a metà? Luci e ombre senza retorica

10 luglio 43 Sicilia Scherman
Il 10 settembre di 70 anni fa a Brindisi giungeva, a bordo di una nave, il re Vittorio Emanuele III° , in fuga da Roma dopo l’armistizio reso noto l’8 settembre. C’è il rischio che su questa vicenda, complici il tempo e la caduta di ruolo della città, si possa abbattere un’ondata di retorica che non fa i conti con i fatti e la realtà, “Brindisi capitale” può essere un titolo suggestivo, è di sicuro un tema interessante a condizione che la ricostruzione dei fatti sia sfrondata dall’enfasi e descriva fatti realmente accaduti.
Dal tragico 8 settembre ’43 prende l’avvio quel lungo, sanguinoso e durissimo processo che portò, anni dopo, l’Italia alla democrazia e alla repubblica, non vi è dubbio che erano molte le speranze di democrazia degli antifascisti, addirittura sin dal 25 luglio e dalla caduta di Mussolini, ma altrettanto non si può dire del re e del governo di Badoglio che, con la firma dell’armistizio, sicuramente avevano in testa l’idea di salvare un’Italia monarchica e reazionaria, depurata soltanto dalla ormai ingombrante figura di Mussolini. Brindisi quindi dal quel settembre ’43 rappresentò per alcuni la speranza in prospettiva di vedere una nazione democratica, per altri un luogo d’Italia da cui ritessere una strategia per la conservazione del vecchio potere, aldilà delle responsabilità e le compromissioni con il regime fascista antidemocratico che aveva portato alla fame, alle guerre coloniali e allo sciagurato secondo conflitto mondiale. Ci sarebbero dovuti volere altri 20 mesi di Resistenza e  di una guerra di Liberazione affianco degli anglo americani per liberare il Paese.
I brani seguenti hanno lo scopo di raccontare le cose vere attorno a Brindisi, il ’43, l’8 settembre e il Regno del Sud, Antonello Sacchetti spiega in modo sintetico gli eventi di scenario ed i complessi eventi attorno alla data dell’8 settembre,  la guerra sciagurata, l’armistizio firmato in silenzio con gli anglo americani, oltre che la fuga del re da Roma, il generale opportunismo suo e della sua cerchia . Francesca Mandese racconta e descrive “Brindisi capitale a metà” in termini realistici come una città piegata dalla guerra, i bombardamenti, rarefatta per via dei numerosi sfollati, la fame e l’angoscia per i molti cittadini in guerra dispersi sui diversi fronti, in questo scenario, in questa sperduta città di provincia, diventa la sede del Governo dopo l’8 settembre, un Governo si badi bene che è ancora lontano dall’avere contenuti democratici, anche perché realizzato dal regime di occupazione militare; a tale proposito è prezioso lo scritto di Franco Stasi che ricostruisce nello stesso periodo i primi passi del Comitato Provinciale di Liberazione, è significativo, per definire il “tasso di democrazia del periodo” sapere che la prima manifestazione pubblica dei partiti antifascisti in città viene autorizzata per il 19 marzo del ’44. Il punto di vista degli alleati è riportato nelle pagine di David Stafford storico inglese, dove si narra dell’arrivo a Brindisi dell’unità di sabotaggio inglese, ma anche di una singolare presenza inglese, “un giovanotto alto e biondo” a bordo della nave Baionetta.
Brindisi, autunno ’43 hangar dell’idroscalo, Vittorio Emanuele III

8 Settembre 1943: la fuga del Re

Le trattative con gli anglo americani cominciano ad agosto. Vittorio Emanuele III è in contrasto con il proprio stato maggiore, propenso ad accettare la resa incondizionata. Il re la giudica un’esplicita condanna della monarchia e la rifiuta. Pretende garanzie per la dinastia ed arriva addirittura a chiedere il ripristino dell’impero coloniale italiano in Libia, Somalia ed Eritrea. Spera poi che le operazioni militari alleate si concentrino in Francia e nei Balcani, lasciando in pace l’Italia. Si tratta di pretese assurde. Dal punto di vista strategico, gli alleati vogliono costringere Hitler a concentrare truppe in Italia per distoglierle dalla Normandia (dove era già in programma lo sbarco decisivo) e dalla Russia. Gli Alleati non hanno poi motivo di difendere i Savoia. Il Ministro degli esteri inglese Anthony Eden scrive: “Il nostro atteggiamento verso Casa Savoia è improntato a cautela perché è così screditata che non esercita sugli italiani la sua antica attrattiva”. Il re, oltretutto, continua a tergiversare anche sul fronte interno. Permette a Badoglio di abolire il Partito Fascista, ma gli impedisce di arrestare i gerarchi. Rimangono in vigore le leggi razziali e le norme che proibiscono la costituzione di partiti politici. Molti fascisti rimangono in carcere, altri vengono arrestati. Un ministro arriva a dire che il nuovo regime “è più fascista del vecchio”. In un clima di indecisione ed improvvisazione, le trattative proseguono a rilento. Gli Alleati hanno più volte la netta sensazione che il re sia interessato a difendere soltanto le sue prerogative. Il comandante delle forze alleate Dwight Eisenhower avverte gli italiani che lo sbarco nella penisola è imminente e non c’è più tempo per trattare. Il 3 settembre il Quirinale si rende conto che ormai è possibile soltanto la resa incondizionata. Il giorno stesso a Cassibile, in Provincia di Siracusa, il generale Giuseppe Castellano firma per l’Italia l’armistizio con gli Alleati. L’accordo, che prevede la fine dell’alleanza con la Germania e la consegna agli anglo americani della flotta e dei porti del meridione, deve rimanere segreto fino al nuovo sbarco alleato, programmato a Salerno per l’8 settembre. Gli Alleati si aspettano la collaborazione dell’esercito italiano, ma i vertici militari riprendono a tergiversare. Vittorio Emanuele, in preda al panico, l’8 settembre convoca il consiglio della corona. La maggioranza è pronta a non adempiere agli obblighi assunti con Eisenhower. La decisione sta per essere messa a verbale, quando un ufficiale subalterno fa notare che la firma dell’armistizio è stata filmata e fotografata dagli americani. Un dietrofront sarebbe a questo punto letale per la monarchia. Dopo una breve riflessione, Vittorio Emanuele ordina a Badoglio di rendere pubblico l’armistizio. Radio New York ha già trasmesso la notizia ed è cominciato lo sbarco a Salerno. In tarda serata Badoglio si reca negli studi dell’Eiar e legge l’ambiguo comunicato (non prima della fine di una trasmissione di musica leggera): “Ogni atto di ostilità contro le forze anglo americane deve cessare da parte delle forze italiane. Esse però reagiranno ad altri attacchi di qualsiasi altra provenienza”. Ancora il 9 settembre, i giornali parlano di successi contro il “nemico anglo americano”. La grande fuga La mattina del 9 settembre il re e Badoglio fuggono verso Pescara. Prima di partire distruggono gli archivi del ministero degli Esteri e della Guerra, ma non danno alcuna disposizione ai ministri e ai comandi militari. Alle porte di Roma si registrano i primi scontri tra italiani e tedeschi. In sei settimane il governo non ha preparato alcun piano di emergenza. E’ l’inizio di una tragedia immane. I soldati italiani, rimasti senza superiori e senza ordini, sono facili vittime delle rappresaglie tedesche. Il re fugge verso Brindisi. Durante la traversata, il 10 settembre, invia un telegramma all’ottantunenne maresciallo Enrico Caviglia, con l’ordine di coordinare la difesa di Roma. Il telegramma non arriva a destinazione, ma è stato comunque spedito troppo tardi. Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso, viene liberato da paracadutisti tedeschi. Il duce definisce il re “il più grande traditore della storia d’Italia”, colpevole di aver fatto entrare in Italia un esercito di “ottentotti, sudanesi, indiani venduti, negri statunitensi ed altre varietà zoologiche”. Una volta a Brindisi, Vittorio Emanuele diffonde una dichiarazione in cui spiega la fuga come atto necessario per la salvaguardia di un governo libero, dicendosi pronto a morire per la difesa del suo Paese. Il 23 settembre scrive al re d’Inghilterra e al presidente Roosevelt. Si dice fedele al regime parlamentare ed auspica una veloce avanzata degli anglo americani in modo da ritornare presto a Roma. Soltanto il 13 ottobre, dichiara guerra alla Germania. Rimprovera comunque Badoglio per non aver barattato questa decisone con qualche concessione territoriale da parte degli Alleati. Tenta poi di imporre Grandi come ministro degli Esteri, presentandolo come “un simbolo del movimento antifascista”. L’operazione è bloccata dagli anglo americani che ormai non hanno più nessuna fiducia in lui. A corte, in molti suggeriscono al re di abdicare per salvare la monarchia. Vittorio Emanuele rimane però geloso della sua posizione. Vuole essere ancora un re che governa. Intanto il Paese conosce la tragedia della guerra civile. A Salò, Mussolini guida la Repubblica Sociale, stato fantoccio filo nazista. La guerra durerà ancora un anno e mezzo.
(di: Antonello Sacchetti/Grandinotizie.it http://www.storiaxxisecolo.it )

Brindisi capitale a metà – settembre 1943- febbraio 1944

2. Perché proprio Brindisi, questa sperduta città di provincia più vicina all’Oriente che all’Europa? Quali furono i motivi che fecero assurgere la città pugliese all’altissimo ruolo di sede del Governo? Forse la risposta è più semplice di quanto si possa immaginare: Brindisi era, in quei giorni, una delle pochissime città in Italia ad essere completamente libera. I tedeschi, infatti, erano ancora in Puglia, nei pressi di Bari, e a Taranto erano già giunti gli Alleati. Il territorio nazionale senza “invasori” era praticamente ridotto alla zona di Brindisi.
Subito dopo l’armistizio e lo sbarco alleato a Salerno, i tedeschi cominciarono a temere di rimanere completamente accerchiati dalle truppe anglo-americane nel sud dell’Italia e senza alcuna via di uscita. Cominciarono così a risalire la penisola. Anche Brindisi, solo poche ore dopo la divulgazione dell’armistizio, fu abbandonata dai soldati tedeschi.
“Di guarnigioni tedesche ‘alleate’, alla vigilia dell’8 settembre 43, non si notano più le tracce. Ai ‘Caracci’ (una contrada che è ora incorporata nel colosso del Petrolchimico), di fronte ad una masseria semidiroccata (che serviva da rifugio ad alcune famiglie brindisine), c’erano alcuni
capannoni militari con non più di un centinaio di soldati tedeschi. Il giorno dell’armistizio erano svaniti nel nulla.
Dei contadini raccontarono di aver visto quattro-cinque autocarri che nottetempo si dirigevano verso Bari. Nei capannoni non fu trovato quasi nulla: solo dei brandelli di stoffa kaky, barattoli vuoti, una montagnetta di bucce di patate e torsoli di pane nero”-. Così, alla chetichella, gli ex
alleati abbandonarono Brindisi, mentre gli anglo-americani non l’avevano ancora raggiunta. La cosa più importante era, però, che Brindisi aveva un Comando Marina, che poteva fornire al Governo fuggiasco una infrastruttura organizzativa davvero preziosa.
All’arrivo della famiglia reale la situazione a Brindisi non era molto diversa da quella di tutte le altre città italiane. “Una città prostrata per i ripetuti bombardamenti: sulle carni dei suoi abitanti i segni delle ferite … E dei circa 50 mila cittadini, più della metà sono fuori: chi in campagna,
da dove la sera assistono sgomenti ai fuochi divampanti su una città che è zona ‘altamente strategica’; chi nei paesi più vicini, ma almeno sicuri: Mesagne, Oria, Francavilla Fontana, Ceglie Messapico. E intanto si fa una prima conta dei danni materiali: su un totale di 15.160 vani che risultano censiti nel ’40, tremila risultano distrutti dai bombardamenti; 2.095 sono quelli danneggiati o resi inabitabili”.
È in questa città prostrata e distrutta che nasce “il piccolo Quirinale di Brindisi: una reggia per cinque mesi, che ospiterà il Re d’un Regno di quattro province. Brindisi, Bari, Lecce e Taranto. I resti di un impero liquidato in tre anni”.
“Il popolo italiano è tutto stretto attorno al suo Re” scrisse Badoglio, quel 10 settembre, nel telegramma inviato ad Eisenhower. “Il popolo italiano era invece tutto lì: quello disponibile sulla piazza di Brindisi: e non era proprio una gran folla se si considerano i caduti in guerra e
sotto le macerie, gli sfollati, i “separati” e i rivoluzionari che cominciano ad organizzarsi in partiti politici.
Quanto ai soldati, ai marinai, c’è un generale lassismo;perfino le divise sono raccogliticce e a molti mancano le scarpe”.
Ciononostante l’interà città aprì i suoi battenti agli inattesi ospiti, mise a loro completa disposizione mezzi, strutture e ospitalità.
da: Francesca Mandese  Brindisi capitale a metà – settembre 1943- febbraio 1944, Taeanto 1994 Pag 17-21
Brindisi 13 settembre '43, cadetti della R. Marina sbarcano dal Saturnia

9 agosto ’43 nascita formazione e attività del comitato provinciale di liberazione

[..]. La vita politica in quei mesi si presentava incerta e confusa: vi contribuivano in maniera decisiva il permanere dello stato di guerra e l’ambiguo atteggiamento assunto dalla Monarchia dopo l’allontanamento del duce.
Anche a Brindisi è solo nel mese di agosto di quella calda estate del ’43 che i principali esponenti dell’antifascismo locale  si riuniscono per la prima volta ufficialmente nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, per formare «un comitato provinciale di concentrazione antifascista» e per costituire « un primo nucleo del Comitato stesso » da allargare poi « con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si attengano alle direttive seguite dal Comitato Centrale del Fronte Nazionale ».
Uomo di punta del comitato stesso appare sin dall’inizio l’avv. Vittorio Palermo, militante comunista.
Nell’aprile del ’41, coinvolto nelle indagini condotte sull’attività del gruppo di Tommaso Fiore in Puglia e già in precedenza ripetutamente diffidato egli era stato prelevato nella sua casa di Latiano dal commissario regionale dell’OVRA. In seguito era stato trasferito e trattenuto alcuni giorni nel carcere di Bari. Qui era venuto in contatto con alcuni dei più importanti tra quelli che sarebbero poi diventati i suoi amici antifascisti, con i quali non avrebbe più interrotto i collegamenti allora allacciati. Tra essi l’avv. Michele Cifarelli, l’avv. Domenico Pastina di Trani, gli avv. Vito Mario Stampacchia e Michele De Pietro di Lecce ed altri, tutti arrestati a seguito del ritrovamento da parte della polizia politica di un elenco del prof. Fiore di tutti gli antifascisti nazionali e regionali che si avvicendavano nella sua casa di via Q. Sella a Bari.
Attorno a Palermo, già da questa prima riunione del 9 agosto 1943 ritroviamo altre figure dell’antifascismo brindisino del periodo della clandestinità; tra esse l’ing. Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli, Guglielmo Cafiero, che insieme con i vari De Tommaso, Mauro, Prampolini, Ribezzi, Ostuni e Patrono avevano costituito il cuore forte dell’opposizione al regime e il tramite con ambienti antifascisti che operavano al di fuori della provincia ed ai quali alcuni di loro erano legati da rapporti di parentela, di fraterna amicizia o di lavoro e di studio.
Le linee di azione lungo le quali si muovono, immediatamente dopo la caduta di Mussolini, questi primi riorganizzatori del tessuto democratico nella nostra provincia sono comunque già da allora abbastanza chiare ed in linea con le analoghe richieste che il Fronte Nazionale Antifascista e successivamente il Comitato Nazionale di Liberazione portarono avanti sul piano nazionale.
1°) collaborare con il governo Badoglio;
2°) contribuire all’opera di epurazione degli elementi fascisti o compromessi con il fascismo;
3°) lottare contro il nazismo;
4°) fare propaganda in favore di una pace separata.
2. – Attiva sarà la mobilitazione del Comitato provinciale di Brindisi attorno a questi temi.
Già nella quarta seduta, quella del 19 agosto, infatti, si decise « di rivolgere le prime istanze al Governo per la rimozione delle cariche civili, amministrative e sindacali della provincia tenute ancora dalle più note personalità fasciste »7, mentre nella successiva riunione del 24 agosto i componenti del Comitato « dopo ponderata discussione » compilano « l’elenco dei fascisti e profittatori del fascismo indebitamente arricchiti, onde poterlo segnalare alle autorità competenti».
È noto tuttavia che trovava scarsa eco nel re e nel governo Badoglio l’insistenza con cui i partiti antifascisti chiedevano che si procedesse con urgenza ed in modo efficace ad allontanare dai più importanti centri di direzione e di controllo dell’amministrazione pubblica e della vita politica ed economica del Paese i gerarchi fascisti e quanti si erano gravemente compromessi col passato regime.
Per non ricordare che un aspetto soltanto di questa esplicita volontà di mutare il meno possibile gli equilibri politici del Paese si consideri che ben poco mutò, fra il 25 luglio e 1’8 settembre 1943, fra i prefetti che in precedenza erano stati nominati dal governo fascista nelle diverse province.
A Brindisi, ad esempio, il prefetto Pontiglione, già in carica prima del 25 luglio, fu allontanato dal suo posto solo alcuni mesi dopo la « svolta di Salerno » e la costituzione del primo governo di unità nazionale; tra Testate del ’43 e la primavera del ’44 era rimasto al suo posto nonostante le gravi accuse di parzialità e di connivenza con esponenti del passato regime, in vario modo camuffati, rivoltegli unanimemente dalle forze antifasciste.
D’altro canto i limiti imposti dal regime di occupazione militare alleata e dalle autorità di governo al libero dispiegarsi dell’attività politica (a Brindisi bisognerà attendere il 19 marzo 1944 perché possa svolgersi la prima manifestazione pubblica autorizzata dei partiti
antifascisti) oltre ad una diffusa incertezza sul futuro del Paese, impedivano che l’attività del C.P.L. trovasse larga eco nell’opinione pubblica. Non manca, pertanto, tra questi attivi ma numericamente esigui gruppi antifascisti militanti una certa sensazione di isolamento, se è vero che il 9 settembre — proprio cioè all’indomani della firma dell’armistizio e della fuga a Brindisi del governo Badoglio e del re Vittorio Emanuele — ci si riunisce « per discutere sulla opportunità di organizzare una dimostrazione in favore dell’armistizio concluso dall’Italia con le Nazioni Unite; nonché la divulgazione di un manifestino che — espresso il plauso per la realizzazione di uno dei postulati del Fronte Nazionale — inciti la cittadinanza a prendere sempre più netta posizione contro i veri nemici interni ed esterni dell’Italia ».
Le proposte saranno approvate all’unanimità ma non potranno trovare pratica realizzazione per il divieto delle autorità militari e politiche italiane, ben presto notificato all’avv. Palermo.
Primo atto questo di una lunga serie di boicottaggi e difficoltà che il governo Badoglio frapporrà all’attività e alle iniziative del Comitato provinciale di liberazione, aldilà della dichiarata disponibilità a collaborare rimasta sempre e soltanto verbale e nonostante l’ostinazione con cui gli antifascisti brindisini, che nel frattempo andavano aumentando di numero e ramificandosi in tutto il territorio provinciale, si batteranno per la realizzazione dei loro obbiettivi.
Scarso successo ha infatti l’iniziativa presa dall’avv. Felice Assennato, su mandato del C.P.L., per sollecitare la liberazione di elementi antifascisti italiani e stranieri ancora trattenuti nelle carceri di Brindisi mentre l’elenco delle autorità civili, amministrative e sindacali del capoluogo di provincia e dei comuni segnalati al Prefetto di Brindisi in sostituzione dei vecchi elementi fascisti dal Comitato provinciale solo in parte — e per di più molto esigua — sarà tenuto in considerazione dal rappresentante del Governo.
Sicché ben presto l’attività del Comitato di liberazione provinciale rischia di esaurirsi in un lavoro che è prevalentemente di organizzazione interna del fronte antifascista sia nel capoluogo e sia negli altri comuni della provincia, in cui si vanno costituendo analoghi comitati, ovvero di mera propaganda per la costituzione di « Legioni Volontarie » per la lotta al nazifascismo, per il sostegno economico da dare ad esse e per il loro armamento.
Di questo rischio acquistano rapidamente coscienza gli stessi componenti il Comitato, i quali — nella loro tredicesima seduta del 29 settembre — danno mandato ad una loro apposita rappresentanza di « esprimere al Prefetto una protesta formale circa la parziale accettazione della lista concernente le nomine civili e sindacali ».
Si comincia anche a discutere sulla opportunità o meno di consentire che accettassero l’incarico i pochi, fra i tanti indicati dal C.P.L., cui il prefetto aveva affidato responsabilità politiche ed amministrative; in una seduta, alla quale partecipano anche i rappresentanti dei Comitati di liberazione di Lecce e Taranto, il C.P.L. di Brindisi approva in data 5 ottobre un o.d.g. in cui: «si lamenta la sfiducia seguita fino ad ora da parte delle Autorità nei confronti dei Comit.
prov. del Fronte Nazionale; si offre, ancora una volta, la collaborazione sincera ed obbiettiva del Fronte Nazionale nel più alto interesse della Patria; si ripete la richiesta dell’opera di epurazione di tutti gli elementi fascisti; si chiede la revoca delle nomine che non godono
la fiducia dei comitati; il riconoscimento “de facto” dei Comit. Prov. di concentrazione; la facoltà di pubblicare periodici; ed, infine, l’autorizzazione di organizzare le Legioni dei Volontari ».
Proprio a seguito di queste difficoltà, inoltre, cominciano ad insorgere i primi contrasti all’interno dello stesso C.P.L.: mentre, infatti, si invia una seconda lista di persone da sostituire in alcune delicate funzioni civili, amministrative e sindacali del capoluogo e della provincia, si delinea una posizione più intransigente — che fa capo soprattutto all’avv. Palermo — per la quale è opportuno declinare le nomine prefettizie e astenersi « dal continuare a richiedere alle autorità politiche una collaborazione che da queste viene concessa solo di nome ».
da:Franco Stasi  la caduta del fascismo e la ripresa della vita democratica in provincia di Brindisi: nascita formazione e attività del comitato provinciale di liberazione. Fasano 1979 Pag77- 84

le Missioni SOE in Italia 1943-1945

[..] ….gli uomini del Corpo Motorizzato Italiano di stanza a Roma resistettero ai tedeschi sino al omeriggio di venerdì 10 settembre 1943, praticamente proprio nel momento in cui la corvetta Baionetta a entrava nel porto di Brindisi con a bordo il Re e Badoglio.Quanto fosse sicuro il porto di Brindisi non si sapeva ancora, visti i timori avuti in mattinata, quando un bombardiere tedesco li aveva sorvolati senza attaccarli e ….timori che si dissiparono appena sbarcati. Proprio quella mattina un’unità delle meno eterodosse dell’8 armata Britannica , al comando del tenente colonnello Vladimir Peniakoff ( il leggendario Popski) era entrata a Brindisi. Si trattava di un’unità di sabotaggio , costituita da un centinaio di uomini e soprannominata “l’armata speciale Popski”

Il suo comandante aveva discusso i termini dell’armistizio con l’ammiraglio italiano al comando delle forze della città. Il risultato di queste trattative fu che adesso dai balconi e dalle finestre di Brindisi pendeva una miriade di bandiere inglesi , affiancate dal tricolore.

….il giorno dopo arrivarono gli uomini della 1° divisione aerotrasportata inglese[sono quelli sbarcati a Taranto 8 settembre n.d.r.] che presero controllo della città e delle zone limitrofe.

Tra coloro che sbarcarono dalla Baionetta c’era un giovanotto alto, biondo e poco più che ventenne, che non faceva parte né del Regio governo né dell’Alto comando militare. E non era neanche italiano, nonostante lo parlasse perfettamente; quell’uomo era un inglese e si chiamava Cecil Richard Mallaby.

Dick, come lo chiamavano tutti i suoi amici, aveva trascorso in Toscana gli anni formativi della sua vita, nei possedimenti di suo padre (un ex coltivatore di tè in Ceylon che aveva sposato un’italiana), e aveva combattuto nel deserto con i commando. Ma da diciotto mesi a questa parte aveva lavorato per il SOE con mansioni di reclutamento, mentre veniva a sua volta addestrato in tutta la gamma di attività connesse con il servizio, dal sabotaggio al paracadutismo; ed eraappena entrato a far parte del corpo di ufficiali dell’Esercito inglese, col grado di sottotenente. L’aspetto più importante del suo reclutamento consisteva nel fatto che. oltre a essere fluentissimo sia in italiano che in inglese, Dick era un abilissimo radiotelegrafista. Inaspettatamente e imprevedibilmente, questo aspetto del suo addestramento aveva fatto di lui un elemento chiave nelle recenti trattative per l’armistizio.

Non più tardi di un mese prima Dick era stato paracadutato nel lago di Como con un piccolo gommone, con il quale si sarebbe dovuto recare a riva e raggiungere un indirizzo sicuro, una casa nella quale ad attenderlo ci sarebbero state una ricetrasmittente e una lista di nomi e indirizzi da contattare, in modo da stabilire un collegamento tra il SOE e i gruppi locali
della Resistenza. Sfortunatamente, la sera prima la Royal Air Force aveva sottoposto Milano a un pesante bombardamento e tanti sfollati avevano lasciato la città dirigendosi a nord, appunto verso Como. Per agevolare il cammino di queste persone le rive del lago erano rimaste brillantemente illuminate; di conseguenza, anziché calare dall’alto nell’oscurità, il suo
paracadute era stato visto e Mallaby era stato catturato dagli uomini del SIM, il Servizio Informazioni Militari, senza neanche essere riuscito a gonfiare il suo piccolo gommone.

Ma come fortuna volle, questo inaspettato inconveniente accadde proprio all’avvio delle trattative segrete per l’armistizio. Inaspettatamente, Mallaby e la sua radio avevano fornito un elemento cruciale all’operazione, mettendo in atto un validissimo collegamento radio tra gli inglesi e gli italiani.
Dall’ultimo piano del quartier generale dell’Alto comando delle Forze Armate Italiane a Roma, Mallaby, assistito da un abile radiotelegrafista italiano, aveva codificato e decodificato le dozzine di messaggi che erano stati trasmessi e ricevuti, usando un cifrario dal nome in codice «Monkey» (scimmia).
A conclusione di tutto questo si era arrivati alla firma dell’armistizio dell’8 settembre. Gli italiani avevano immaginato (e il SOE si era guardato bene dal contrariare queste loro
supposizioni) che l’arrivo di Mallaby nel lago di Como fosse stato programmato come un’astuta mossa «da parte di quei furbacchioni della British Intelligence» per l’apertura di un
possibile dialogo tra le parti.

Mallaby arrivò a Brindisi portando con sé la sua radio e tutti i codici e cifrari del piano «Monkey», che gli avrebberoconsentito sia di mantenersi in contatto diretto con il SOE che di fornire una comunicazione diretta tra l’Alto comandoalleato e il governo italiano. Gli eventi si muovevano molto rapidamente e la situazione generale era ancora molto confusa. Infatti Mallaby ricevette un messaggio (mentre era ancora in navigazione) da Massingham: «Cerca di stabilire immediatamente contatti con tutte le parti d’Italia. Questa è una cosa
urgente e della massima importanza». Ebbene, entro ore dal loro arrivo a Brindisi, Mallaby e la sua radio si erano installati in una torre del castello di Brindisi, dove solo poche ore prima Popski aveva incontrato un ammiraglio italiano.

Due giorni dopo, quattro uomini che indossavano un’uniforme tropicale arrivarono da Taranto, la base navale italiana, e si insediarono nell’Hotel Internazionale. Anche loro facevano parte del SOE, e avevano con loro un’altra radio e un altro set di codici e cifrari che avevano portato posati su un mucchio di paglia, con dei fiammiferi a portata di mano,
se per caso fossero stati fermati da elementi nemici.



David Stafford: le Missioni SOE in Italia 1943-1945- Mursia editrice 2011, pag 32-33- 34

 

Nel sito con la novità di una pagina dedicata alla Resistenza nel Sud

 

Napoli 1943 barricate

 

Una storia organica della Resistenza nel Mezzogiorno non è stata mai scritta. Si ricordano soltanto le quattro giornate di Napoli della fine di settembre e poco più. Eppure nel breve periodo dell’occupazione tedesca, in Campania, in Puglia, in Lucania e negli Abruzzi si verificarono numerosi episodi spontanei di resistenza militare e civile ai tedeschi. Persino in Sicilia ancor prima dell’armistizio, il 2 agosto del ’43 era esplosa la rabbia popolare contro la guerra e contro i tedeschi.

E ancora prima, nell’agosto del ’42, in Puglia a Monteleone, le donne erano scese in piazza, in modo spontaneo contro la guerra, la manifestazione fu soffocata e provocò un centinaio di arresti.

Infine molti luoghi del Mezzogiorno sono avvenute stragi naziste contro civili italiani, stragi spesso sottovalutate o addirittura dimenticate, stragi che hanno sconvolto il Sud dalla Calabria all’Abruzzo.

L’ANPI di Brindisi raccoglie nel sito con la novità di una pagina dedicata a la Resistenza nel Sud, la pagina contiene documenti e testimonianze accaduti in vari luoghi del Mezzogiorno, pezzi e frammenti di storie di Resistenza al Sud, raccontate da autori diversi, per non dimenticare i sacrifici meridionali di sangue, e di eroismo, nella speranza che qualcuno continui a ricercare.

 

 

 

 

Già l’ANPI nel 2012 si era fatta promotrice di una Mostra documentaria e fotografica “VENTO DA SUD”, che partiva dallo sbarco degli alleati in Sicilia e arriva alla liberazione di Roma, con lo sguardo volto al Sud del nostro Paese, gli oltre 300 documenti selezionati raccontano la guerra, le condizioni difficili delle popolazioni meridionali, le atroci rappresaglie e l’orrore delle stragi di civili, commesse dai tedeschi ,in ritirata, ma anche i momenti di lotta e di diffusa attività anti tedesca e antifascista, a partire dalla vittoriosa insurrezione popolare delle “quattro giornate “di Napoli che liberò la città dai tedeschi, a fine settembre del 1943 o alla rivolta della popolazione di Matera del 21 settembre 1943.“VENTO DA SUD” quindi, con i suoi tredici pannelli, densi di immagini storiche, aveva sviluppato un viaggio meridionale di scoperta e di ricerca della nostra memoria, anche locale, delle radici di libertà, pace, dignità, uguaglianza, solidarietà, da cui nasce la nostra Costituzione democratica, che proprio in questo momento presente è più che mai necessario compiere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inoltre nella pagina Indice della Memoria l’ANPI di Brindisi raccoglie da tempo note biografiche degli antifascisti e dei partigiani della terra di Brindisi.

Adesso nel sito con la pagina dedicata a la Resistenza nel Sud, si intende rendere pubblici frammenti di storie di Resistenza del Mezzogiorno.

Il 25 APRILE 2013 A BRINDISI

Il 25 aprile a Brindisi è iniziato il 24 pomeriggio con l’incontro con Miuccia Gigante

Miuccia Gigante

il 24 aprile alle ore 17.30 presso palazzo Granafei- Nervegna , è avvenuto  l’incontro con Miuccia Gigante e la presentazione , a cura del prof Vito Antonio Leuzzi, del catalogo della mostra su Gigante , prodotta dall’Archivio di Stato , nel 2012.
Miuccia Gigante al tavolo della presidenza
il 24 aprile alle ore 17.30 presso palazzo Granafei- Nervegna , c’è stato l’incontro con Miuccia Gigante poi anche la presentazione , a cura del prof Vito Antonio Leuzzi, del catalogo della mostra su Gigante , prodotta dall’Archivio di Stato , nel 2012.

il pubblico presente all'incontro
Il 25 aprile:

1l 25 aprile alle ore 10 l’ANPI era presente con una propria rappresentanza alla cerimonia istituzionale presso Piazza Santa Teresa per il 68° della Liberazione.
Poi alle ore 11.15 in Piazzetta Sottile, De Falco è avvenuto lo scoprimento della lapide a Vincenzo Gigante , alla presenza delle massime autorità il Prefetto e il sindaco Consales

Verso il 25 Aprile nella città di Brindisi

Il Comune di Brindisi, in collaborazione con la Prefettura, il Comando Marina militare, il comitato provinciale dell’ANPI e l’Archivio di Stato di Brindisi, si fa promotore di un programma di iniziative per celebrare il 25 aprile 2013.

Programma

24 Aprile :

– ore 17.30 – Palazzo Nervegna – Incontro con Miuccia Gigante e presentazione a cura del prof. Vito Antonio Leuzzi del catalogo della mostra “Antonio Vincenzo Gigante nelle carte dell’Archivio di Stato di Brindisi”, realizzata nel 2012 .

A seguire, inaugurazione della mostra documentaria “il militante e il dirigente: Umberto Chionna e Antonio Vincenzo

Gigante” allestita a Palazzo Nervegna (piano terreno) dall’Archivio di Stato di Brindisi con l’ANPI.
25 Aprile :
ore 10.00 – Piazza Santa Teresa Cerimonia provinciale del 68° anniversario della Liberazione, alla presenza del Prefetto e della massime autorità cittadine.

– ore 11.15 – Piazzetta Sottile De Falco  Cerimonia di scoprimento della lapide in memoria di Antonio Vincenzo Gigante, alla presenza del sindaco Mimmo Consales e delle massime autorità.

mobilitiamoci tutti

 

Mostra documentaria  palazzo Granafei –Nervegna 24 aprile 12 maggio 2013 :

“Il militante e il dirigente: Umberto Chionna ed Antonio Vincenzo Gigante”

Antonio Vincenzo Gigante, nato a Brindisi il 5 febbraio 1901, cementista, comunista.

Umberto Chionna, nato a Brindisi il 28 gennaio 1911, falegname, comunista.
Perché mettere insieme un personaggio di spessore, medaglia d’oro della resistenza, ampiamente studiato, con uno  sconosciuto?

Cosa hanno in comune questi uomini, oltre alla città natale e alla militanza nello stesso partito durante la dittatura fascista?

Più cose sembrano dividerli di quante li uniscano.

Di certo in comune hanno lo stesso ambiente di formazione e quei legami con i più anziani antifascisti, socialisti o ex socialisti brindisini, come Beniamino Andriani, Arturo Sardelli, Giuseppe Prapolini, che emergono a tratti dai rapporti di polizia che li riguardano.

Ma a dividerli  ci sono i dieci anni di differenza, pesantissimi quando si è ragazzi, per i quali, nonostante amici in comune, anzi compagni, forse non si sono mai incontrati.
Per il primo, lasciata Brindisi a vent’anni, una carriera da dirigente, una vita avventurosa e pericolosa, trascorsa in buona parte a fare, per il partito, la spola dalla Svizzera o dalla Francia, a portare istruzioni, aiutare compagni alla fuga e organizzare i comitati nelle città del nord Italia. Super ricercato dalla polizia fascista, subisce il carcere a trentadue anni, poi il confino, la fuga, la lotta partigiana in Dalmazia.
Il secondo è un semplice militante, arrestato la prima volta a soli 15 anni, tre anni in carcere minorile – nessun pentimento, a vent’anni il confino, poi via da Brindisi a cercare lavoro a Milano, senbra aver messo la testa a posto- ora ha famiglia. Ma in fabbrica, alla Pirelli
Bicocca, continua l’attività clandestina di militante comunista e partigiano, organizza gli scioperi di marzo 1944.
L’accettazione di ogni rischio nel nome della fede nei propri ideali. La morte per la ferocia nazista. Questo accomuna i due brindisini, da tanti anni lontani da casa: destinazione finale la Risiera di San Saba per Vincenzo, il campo di Mauthausen per Umberto.

Ed ecco perché oggi vogliamo ricordare accanto al  “gigante” Vincenzo anche il falegname sconosciuto Umberto.