Il 25 aprile in città

Uno di essi era mio fratello Antonio Ayroldi, maggiore dell’Esercito Italiano

Oggi commemoriamo la liberazione del nostro paese dell’oppressione nazifascista, che si è esplicitata in una molteplicità di tragici episodi in tutta Italia, generando lutti in tante famiglia.

Tra questi drammatici e feroci eventi si inserisce il massacro delle Fosse Ardeatine, avvenuto a Roma il 24 marzo di 70 anni fa.

In questa tragedia italiana sono inserite le singole storie di ognuno dei 335 martiri sepolti nel mausoleo che in loro memoria è stato eretto su luogo dell’eccidio. Uno di essi era mio fratello Antonio Ayroldi, maggiore dell’Esercito Italiano.

Di lui vorrei brevemente parlarvi, perché per noi è stato un esempio, un riferimento della nostra esistenza.

Mio fratello aveva scelto la carriera militare per aiutare una numerosa famiglia orfana di padre, ma anche perché la riteneva coerente con i propri valori. In lui il senso dell’onore e del dovere erano fortissimi, sono stati la guida della sua vita di uomo e di ufficiale.

Ha combattuto in Africa, con una dedizione e una competenza che gli hanno meritato riconoscimenti ufficiali. Lo ha fatto scontrandosi col dualismo che costituiva i dramma di noi tutti, in quell’epoca: l’idea di Patria che non poteva e non doveva essere tradita, da una parte, e il fascismo sempre più liberticida, dall’altra. Mio fratello, proprio per la nobiltà di sentimento del suo amor di Patria, era assolutamente antifascista. In tutti noi è rimasta tatuata la definizione che sinteticamente dava dei fascisti: “Quelli con la camicia e l’anima nera”.

Dopo l’Armistizio, mio fratello si è trovato, in quell’Italia divisa in due, nella parte non ancora liberata. La sua scelta è stata immediata e priva di dubbi: si è unito ai partigiani che operavano nell’Alto Lazio.

Anche nelle battaglie più nobili, non mancano i traditori. Ad uno di essi si deve la cattura di mio fratello, imprigionato e torturato a via Tasso, negli stessi locali in cui oggi ha trovato sede il Museo della Liberazione.

Da lì venne prelevato per essere parte dei 335 martiri dell’infame rappresaglia tedesca, che ebbe tragica conclusione alle Fosse Ardeatine.

Molte bugie si dissero, la peggiore è quella che, consegnandosi, gli autori dell’attentato di via Rasella avrebbero salvato i 335. La Storia non mente: la sentenza infame era già stata eseguita quando apparve sui muri e sui giornali l’intimazione a congegnarsi. Fu un inutile e meschino tentativo di addossare ad altri partigiani le responsabilità che ricadono soltanto sulla coscienza dei nazifascisti.

Non vi dirò dello strazio dei riconoscimento delle salme da parte dei famigliari, a guerra finita. Vi dirò invece che ogni anno il 24 marzo ci ritroviamo presso le tombe dei nostri cari, rinnovando un dolore che il passare del tempo non guarisce.

Il silenzio che regna in quel mausoleo, l’incombere della massiccia copertura di pietra, gli scarsi raggi di luce che a malapena rischiarano l’ambiente mi portano a ricordare mia madre, donna dolcissima e senza sorriso, che cercava, senza riuscirvi, di nascondere a noi figli sopravvissuti il suo pianto disperato.

La generazione testimone di questo sacrificio, la mia generazione, è in via d’estinzione. Nella mia famiglia, sono l’unica rimasta. Però ci sono i miei figli e i miei nipoti, e poi ancora i loro figli.

E’ a voi ragazze e ragazzi qui presenti, che siete parte di quest’ultima generazione, che mi rivolgo.

L’esempio che state ricevendo in questi tempi dominati dal consumismo e dalla precarietà dei valori fondamentali della vita non è dei più incoraggianti.

Ma sono proprio i valori per i quali i nostri martiri hanno sacrificato la vita che potranno essere per voi esempio, guida e conforto nella costruzione di un futuro migliore, in cui la parola umanità acquisti finalmente un significato degno della grandezza del suo nome.

Una società che perde la propria memoria storica è condannata a ripetere errori e drammi: siate sacerdoti della memoria. Come il tedoforo alle Olimpiadi pota la fiamma della pace attraverso il tempo e lo spazio, prendete nelle vostre mani il racconto della nostra storia e fatene luce per le generazioni future. L’oscurità è sempre in agguato, guai a rompere la catena di trasmissione del sapere, soprattutto del sapere storico.

Parlate, studiate, narrate. Mio fratello, e i molti morti sul cui sacrificio si fonda la nostra libertà, ve lo chiedono. Grazie.

Isabella sorella di Antonio Ayroldi

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25 aprile a Brindisi e dintorni

25 aprile a Brindisi:

la festa della Liberazione si svolgerà in città con questo Programma:

Alle ore 10.00 in Piazza Santa Teresa Cerimonia provinciale per il 69° Anniversario della Liberazione alla presenza del Prefetto di Brindisi e delle massime Autorità

 

Alle ore 11.15 in Piazzetta Sottile De Falco Omaggio ai Caduti della Resistenza decorati al Valore Militare a cura della Sezione Provinciale ANPI ed alla presenza delle massime Autorità

 

in Piazzetta Sottile de Falco, presso la lapide dedicata al partigiano brindisino Vincenzo Gigante, quest’anno saranno ricordati alla presenza di alcuni dei loro familiari, le due medaglie d’oro e le tre d’argento dei RESISTENTI e CADUTI per LA LIBERTA’, originari della provincia di Brindisi: De Tommaso Orlando, Gigante Vincenzo Antonio, Gasco Giovanni Mario, Ayroldi Antonio, Faggiano Pompilio.

In questo modo l’ANPI di Brindisi continua l’impegno preso , sin dalla nascita, di promuovere e salvaguardare la memoria dei valori fondanti della nostra democrazia e della Costituzione nata dalla Resistenza, valori inestimabili dai quali il nostro vivere democratico trae forza e vitalità. L’ANPI di Brindisi ricorda il coraggio di quanti hanno lottato per liberare il Paese dalla dittatura, combattendo con forza e generosità, anche fino all’estremo sacrificio della vita, per la pace e la libertà. In questo 25 aprile, bisogna ricordare le centinaia di figli del territorio di Brindisi che in diversi modi (partigiani, patrioti, staffette, militari dell’esercito italiano cobelligerante , ecc), hanno sofferto, e talvolta anche sacrificarono la loro vita per liberare il nostro Paese dal Nazifascismo e garantirci un futuro migliore. L’ANPI di Brindisi è impegnata da tempo nel recupero di questa memoria locale e nella ricostruzione verificata dei movimenti democratici e popolari, delle lotte democratiche contro il regime fascista di questo territorio.

Il sacrificio dei nostri partigiani e dei combattenti della libertà e di generazioni di democratici ed antifascisti non deve essere vano, bisogna fare tesoro di questa esperienza, in modo che sia di esempio per tentare di risolvere le urgenze democratiche che vive il nostro Paese, come quelle del lavoro con la insopportabile e altissima disoccupazione giovanile, come la mancata parificazione tra i sessi e l’allarmante incrudelirsi del terribile fenomeno del femminicidio, con i discutibili tentativi di modificare profondamente la Costituzione e gli organismi democratici rappresentativi senza molto rispetto della volontà popolare e dello stesso spirito costituzionale che in essi dovrebbe essere rappresentato.

Inoltre l’ANPI di Brindisi esprime preoccupazione al riemergere nel Paese e nell’Europa di egoismi particolari, localistici e /o nazionali che si esprimono attraverso squallidi rigurgiti neofascisti e di populismi di vario tipo che minano la convivenza pacifica.

 

LE INIZIATIVE PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE NELLA PROVINCIA DI BRINDISI CON IL PATROCINIO DELL’ANPI:

Quest’anno molte sono le iniziative nelle quali l’ANPI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA) della Provincia di Brindisi , cura il patrocinio e/o è stata invitata a organizzare/partecipare. Questo è il segno dell’interesse e il bisogno della società civile di ritrovarsi in momenti difficili per il nostro Paese intorno a i valori comuni nati dalla Resistenza e dalla lotta la Nazifascismo.

SAN PIETRO VERNOTICO 24 aprile 2014 ore19.00: a cura della locale sezione dell’ARCI (la Factory) e nella sede della stessa in via S.Antonio 2, proiezione del film ENERGIA RINNOVABILE (il messaggio di 4 partigiani su Resistenza e Costituzione) e incontro dibattito con il presidente provinciale dell’ANPI: D.Peccerillo

BRINDISI: ORE 10.30 Cerimonia istituzionale con le rappresentanze militari e associazioni combattentistiche a Piazza Santa Teresa. Ore11,15: presso Piazza Sottile De Falco ( antistante al Palazzo Nervegna) Cerimonia commemorativa dei delle medaglie d’oro e d’argento dei caduti brindisini alla Resistenza , con la presenza di familiari e lettura di lettere del maggiore ostune Ayroldi caduto alle Fosse Ardeatine

FRANCAVILLA FONTANA 25 APRILE ORE 9,30 COMMEMORAZIONE DEL PARTIGIANO ANTONIO SOMMA: presso il cimitero comunale di Francavilla Fontana, una delegazione di giovani militanti di Rifondazione Comunista di Francavilla Fontana, assieme ad un rappresentante dell’Anpi e alla famiglia di Antonio Somma, apporrà una targa sulla tomba del partigiano Antonio Somma.

MESAGNE : La Liberazione sarà ricordata per tutta la giornata con iniziative patrocinate dall’Amministrazione comunale, l’ANPI e l’Associazione Combattenti e Reduci: ore 10.00 corteo musicale per le vie maggiori della città. Ore 17.30 Corteo musicale che partendo da Piazza san Michele Arcangelo terminerà nell’atrio di Palazzo del municipio ex convento dei Cellestini(via Roma 4 ) , ove alle 18,00 sarà inaugurata la Mostra VENTO DA SUD ( su guerra di Liberazione nell’Italia Centro-meridionale 1943-1944)

CEGLIE MESSAPICA 25 APRILE ORE 19 PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU ANTONIO SOMMA A CEGLIE MESSAPICA: Il Circolo “Peppino Impastato” di Sinistra Ecologia Libertà – Ceglie Messapica e la CIA – Confederazione Italiana Agricoltori – organizzano la presentazione del libro di Antonio Somma “La storia di un protagonista del Sud”.

SAN PANCRAZIO 25 APRILE : serata al teatro patrocinata dal Comune e dall’ANPI con la rappresentazione dell’opera teatrale IL RITORNO (del partigiano Brindisi)ideata da Salvatore Arena e interpretata da Massimo Zaccaria ed ispirata dalla storia del partigiano –maratoneta Pietro Parisi di Cisternino.


 

Caduti nella lotta di Liberazione della provincia di BRINDISI (lista provvisoria)

 

ALTAVILLA Raffaele di Albino e di Maria Giovanna. Nato a Tuturano, nel 1920. Partigiano nella Div. Garibaldi in Iugoslavia. Medaglia di bronzo alla memoria.“In territorio scoperto, primo fra i primi, gareggiando tra i più coraggiosi ed incurante della reazione nemica, si portava fin sotto alle postazioni avversaria finché veniva colpito a morte da scheggia di granata. Nonostante le gravi ferite riportate, incitava i compagni a proseguire con la lotta, ed a non curarsi di lui. Nobile esempio di alte virtù militari, di abnegazione e senso del dovere. Serengrad, 12 aprile 1945”. Cfr. G. Scotti, Ventimila caduti, gli italiani in Iugoslavia dal 1943 al 1945, Mursia, Mi, 1970, pag.511; G.U. n. 183 del 24 luglio 1957.

 

ANDRIOLA Giovanni, di Pietro. Nato a Ostuni. Partigiano della Brg. Girolamo cade in combattimento dopo aver combattuto per ben 7 mesi e 22 giorni i nazifascisti. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 73, f. 1.

 

AYROLDI Antonio. Medaglia d’argento al valor militare alla memoria. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..). Collegatosi con il Fronte militare clandestino con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

 

BARLETTA Giuseppe. Nato a Brindisi l’8 aprile 1925 e morto a Sestri Levante il 18 marzo 1945. Partigiano combattente.“Partigiano ardito ed entusiasta si distingueva nel corso di dure operazioni ed in rischiose imprese per capacità, tenacia ed elevato senso del dovere. Comandante di un distaccamento, attaccato di sorpresa da rilevanti forze nemiche, opponeva disperata resistenza, animando i compagni con l’esempio e battendosi sino all’ultima cartuccia. Catturato e sottoposto ad atroci sevizie, manteneva fiero ed esemplare contegno e serenamente affrontava l’estremo supplizio nel nome d’Italia e con il coraggio dei forti. Santa Margherita di Fossa Lupara (Sestri Levante), 18 marzo 1945”.Cfr. Gemelli G., op, cit., pag 361.

 

CALABRETTI Mario o Mariano; – Partigiano – di Angelo e Maria Concetta Mustica, nato il 14 febbraio 1918. Fante in servizio nella 90a Compagnia del 3° Btg. Presidiano. Dopo l’8 settembre 1943 diviene partigiano assumendo il nominativo in codice “Beten”. Combatte nella la Zona Liguria con il 1° Btg. della 5a Brigata, 2a Div. “E Cascione”. Il Ministero della Difesa nell’atto di morte lo dichiara deceduto il 2 febbraio 1945 a Imperia, fucilato in base ad una sentenza del Tribunale Straordinario di Guerra della G.N.R. che lo ha condannato per appartenenza a bande di partigiani. E1 sepolto in una località rimasta tuttora sconosciuta. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

CAMARDA Antonio. Nato a Francavilla Fontana, il 15 agosto 1922. Soldato della Divisione Acqui. Disperso in prigionia, il 15 ottobre, 1943 nell’isola di Cefalonia. cfr.http://www..cefalonia.it/Elenco_CADUTI,html.

 

CAPOCCIA Carmelo, di Aurelio e Angulli Assunta. Nato a Brindisi il 14 gennaio o 18 novembre 1927. Partigiano appartenente al Comando – Centro Miralago Brg. San Giusto e deceduto in seguito a ferite riportate in combattimento il 13 maggio 1945 a Milano. Cfr. Ministero Assistenza Post Bellica, Comm. Ricon. Qual. Part. in Lombardia; op. cit.; provincia di Milano; Elenco 1, f. 2.

CATI Nicola. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 7 ottobre 1943.Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

CHIONNA Umberto di Giacinto. Nato a Brindisi il 29 gennaio 1911 e residente a Milano. Falegname della Pirelli. Comunista. Arrestato il 2 novembre 1926 per organizzazione giovanile comunista e condannato dal T.S.D.S. (Tribunale speciale per la difesa dello Stato) a 3 anni di reclusione, per “organizzazione comunista”, verrà poi prosciolto il 10 novembre 1932. Arrestato con la stessa imputazione il 9 maggio 1931, verrà confinato a Lipari per 3 anni e successivamente diffidato. Denunciato per offese al capo del governo, denunciato al Tribunale speciale. Combatte nella 107 Brg. Garibaldi per un anno e 5 giorni. Arrestato il 17 marzo 1944 e imprigionato a San Vittore. Tra il 5 e l’8 aprile 1944 arriva nel lager di Mauthausen e viene identificato con il numero 61606. Successivamente viene trasferito a Gusen il 18 maggio 1944 ed ancora a Mauthausen il 6 marzo 1945 dove muore il 23 aprile.

 

DE TOMMASO Orlando. Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Capitano dei carabinieri. Cadde alla testa dei suoi uomini, nel tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”.

DEL VECCHIO Michele Armando. Nato a Cisternino, il 17.12.1910. Partigiano morto, in territorio metropolitano, il 2.12.1943.Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in: http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

DELLA PORTA Donato

DI MURI Libero. Nato a Brindisi, il 10 aprile 1922. Partigiano caduto in combattimento nel comune di Paesana. 1 Divisione Garibaldi – 4 Brg. dal 10 settembre 1943 al 30 dicembre 1943. Cfr. BDPP.

EFTIMIADI Marco. Nato a Brindisi, il 24 gennaio 1921. Partigiano dal 9 settembre 1943 nella formazione GAP del IX Corpo dell’ELPJ. Viene impiccato come ostaggio, assieme ad altri 50 martiri, a Trieste, in via Ghega, il 23 aprile 1944. Cfr. C. Ravnich, Martiri ed eroi della divisione Garibaldi, op. cit., Padova, 1950, pag. 91; Brigata d’Assalto Garibaldi – Trieste, Elenco nominativo dei caduti, c/o IFSML.

FAGGIANO Pompilio. Nato a San Donaci (BR) il 4/6/1916, da Vincenzo e fu Sturdà Vita Maria nato il 4.6.16 residente a S. Donaci Via 28 ottobre 3.Arrestato il 27/2/1944. Deceduto assieme ad altri 22 italiani soppressi dalla Gestapo il giorno 12 settembre 1944 a Bolzano e qui sepolti il giorno stesso in una fossa comune. in:http://www.venegoni.it/venegoni_sec.pdf

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli. Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione: “Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie. Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

 

FIORE Luigi. Nato l’8 marzo 1892 a Ostuni. Scrivano. Partigiano in Liguria. Arrestato e deportato in Germania. Giunge nel lager di Mauthausen l’8 aprile 1944. Morto nel sottocampo di Gusen il 3 febbraio 1945. Cfr. Gemelli G., op, cit., pag. 379; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 872.

 

GASCO Giovanni Mario. Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Div. Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli. Cefalonia, 24 settembre 1943”. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani.

 

Gatti Edilio. Partigiano. Nato il 31 agosto 1924, a Brindisi. Nome di battaglia – Flok – combatte nella Brg. Valle Pesto – Gruppo Divisioni R, dal 15 gennaio 1945 al 25 aprile. Fucilato a Cuneo. Cfr. BDPP.

 

GIGANTE Antonio Vincenzo. Nato a Brindisi il 3 febbraio 1901 e residente a Roma. Muratore. Dirigente comunista. Denunciato al Tribunale speciale nel 1934, al termine di una condanna ventennale, per “costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda”, viene internato il 3 gennaio 1942. Evaso nel settembre 1943. Viene iscritto alla Rubrica di frontiera. Catturato dai nazisti nel novembre 1944 ed ucciso nella risiera di San Saba. Medaglia d’oro della resistenza. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

 

GUARINI Enrico, 23 anni di Mesagne in provincia di Brindisi. “Alle 21 del 23 agosto 1944 a Suno (Novara), raffiche di mitra stroncano otto giovani vite. I corpi precipitano nella scarpata e i moribondi vengono finiti con la pistola dal maresciallo comandante il plotone di esecuzione alla presenza del capitano Sciller. Poi i fascisti si rinchiudono nell’osteria a gozzovigliare. Ci vogliono tre giorni per identificare gli assassinati che erano stati prelevati dal carcere di Novara dove si trovavano in attesa di giudizio.” Cfr. 23 agosto 1944 partigiano, pubblicata da 122 brg. d’assalto Garibaldi – A. Gramsci.

 

Laghezza Pietro; di Francesco e Maria Francesca Pizzuto, nato il 26 febbraio 1921. Fante, Matr. 18010, del 225° Rgt. Fanteria della 53a Div. “Arezzo”. Ha combattuto sul Fronte Greco-Albanese. In seguito aderisce alla resistenza nella formazione partigiana “Brigata Stella”. Deceduto il 26 aprile 1945 in via Roma ad Oppeano (Verona) trucidato freddamente dalle truppe tedesche in ritirata. La notizia del decesso viene comunicata dal Comitato Liberazione Nazionale di Oppeano. Il Laghezza, sbandato dopo l’Armistizio, era da poco rientrato in Italia ed aveva trovato ospitalità e sicuro rifugio presso la famiglia del sig. Giacomo Trevenzuoli di Oppeano che fu anch’egli trucidato nella stessa occasione. Viene sepolto nel Cimitero Comunale di Oppeano. Dal 26 febbraio 1993 i suoi resti riposano nel Cimitero Comunale di S. Vito. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MASIELLO Vito. Nato a San Vito dei Normanni. Decorato con Medaglia di bronzo, (alla memoria). Combattente i nazifascisti, in zona La Fratta (Bologna) – 19 aprile 1945. Cfr. ANPI naz. – Archivio – Decorazioni Partigiani. MATARRELLI Infanzio. Nato il 17.2.1883 ad Oria. Partigiano morto in territorio metropolitano il 29.4.1945. Cfr. P. Elia, I caduti di Brindisi e provincia nella seconda guerra mondiale, in:http://www.altosalentorivieradeitrulli.it/studi_e_ricerche_di_pasquale_elia.htm

 

MELLONE Florido. Nato a (BR), il 6 settembre 1923. Studente. Sergio. 10 Divisione Garibaldi, dal 10 marzo 1944 e vice comandante di distaccamento dal 1 dal 12 marzo fino al 29 luglio dello stesso anno, quando cade in Val di Susa. Cfr. BDPP.

 

MICELLI Ferdinando, «Capo», da Vincenzo e Crocifissa Pagliarini; Nato il 5/3/1903 a S. Pancrazio Salentino (BR). Nel 1943 residente ad Anzola Emilia. Licenza elementare. Appuntato dei carabinieri. Militò nel btg Tarzan della 7a brg GAP Gianni Garibaldi e operò ad Anzola Emilia. catturato dai tedeschi il 5/12/44 durante il grande rastrellamento nella zona di Amola (S. Giovanni in Persiceto). Dopo una breve detenzione nel carcere di S. Giovanni in Monte (Bologna), deportato dapprima a Bolzano e poi in Germania. Giunto nel campo di sterminio di Mauthausen (Austria), l’11 gennaiuo 1945, dove morì il 22/4/1945. Riconosciuto partigiano dal 10/5/44 alla Liberazione. Il suo nome è stato dato alla caserma dei carabinieri diAnzola Emilia. [O] Cfr. Albertazzi A. – Arbizzani L. – Onofri N. S., op, cit, 4 vol°, p. 181; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., 1412 – 1413.

 

MINGOLLA V. Antonio; – Partigiano -di Antonio e Maria Roggia, nato il 28 ottobre 1920. Soldato, Matr. 14976. In servizio all’Ospedale Militare di Riserva di Roma ma dislocato a Lubiana (Jugoslavia). E’ dapprima riportato come militare disperso e successivamente è dichiarato deceduto in data 25aprile 1944. Il Soldato Vitantonio Mingolla prestava servizio fino al giorno dell’Armistizio nell’Ospedale di Lubiana in Jugoslavia. Dopo tale data si dette alla fuga verso le montagne e da allora non si ebbero più sue notizie. La famiglia venne a conoscenza della sua sorte attraverso un comunicato datato 19 luglio 1948 pervenutole il 9 novembre dal Distretto Militare di Taranto. (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

MUSTICCHI Giovanni. Di Latiano. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 20 settembre 1944. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

 

PALUMBO Vincenzo Salvatore 226° Reggimento Fanteria . Divisione Arezzo,In seguito agli avvenimenti dell’8 settembre, preso prigioniero, riuscì a scappare e ad unirsi ai partigiani albanesi, dai quali si staccò per passare nelle fila dei partigiani jugoslavi, nella Prima Compagnia, Battaglione “Matteotti”. Con i partigiani rimase a combattere dal 30.10.1944 al 12.04.1945. Morì il 12 Aprile 1945 sul fronte jugoslavo “verso le ore sei in Località Babin Dol nei pressi di Mohovo (Vukovar) mentre trovavasi impegnato in combattimento a seguito di ferite al torace e all’addome prodotte da raffiche di mitraglia nemica” * La salma fu sepolta dalla “Compagnia Genio della Brigata “Italia” in Località (Babin) Boni Dol, nei pressi di Mohovo (Vukovar). I resti del partigiano Palumbo Salvatore, tramite l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Comitato Provinciale di Brindisi-, giunsero il 16 Ottobre 1957, alle ore 16.00 in San Pancrazio Salentino; furono seppelliti nel cimitero comunale. *Registro (G) degli Atti di Morte della Divisione “Garibaldi “Italia” – 2° Battaglione “Matteotti”-Atto di Morte n, 39. Trascrizione: Registro Stato Civile del Comune di San Pancrazio Salentino Atti di Morte – P. II- Serie C – anno 1946 – n. 1 (Pancrazio Stridi Seconda guerra mondiale testimonianze di reduci, caduti militari e civili di San Pancrazio Salentino . Trepuzzi Le ottobre 2012)

 

PENTASSUGLIA Angelo. Nato a Cisternino (BR) il 27 novembre 1912. Partigiano in Jugoslavia, già appartenente al 19 Artiglieria, muore il 15 maggio 1945 nel 38 reparto gulag. Cfr. ANVRG, Caduti della Divisione Italiana Partigiana Garibaldi, op. cit, nr. 65.

 

RE Francesco. Nato il 21 maggio 1897, ad Oria. Meccanico. Partigiano della 7 Brg. Sap De Angeli, dall’ 11 settembre 1943 al 21 ottobre 1944. Arrestato a Torino. Deportato in Germania giunge nel lager di Mauthausen l’11 marzo 1944. Trasferito nel sottocampo di Gusen (Mauthausen), muore il 21 ottobre dello stesso anno nel sottocampo di Erholungsheim – Harteim (Mauthausen). Cfr. BDPP; CPC; Mantelli Brunello – Tranfaglia Nicola, op. cit., pag. 1799.

REMO Italiano. Figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abitava. Di professione era cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. Cfr. http://anpicatania.wordpress.com/2011/01/03/ossario-dei-caduti-partigiani-di-forno-di-coazze-i-98-nominativi-tre-catanesi-e-un-siciliano/(68 Remo Italiano Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in rastrellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze.)da. i 98 caduti di Coazze- Remo Italiano, figlio di Angelo e Tommasina Carone, nasce il 15 ottobre 1916 a Oria in provincia di Brindisi dove abita. Di professione è cavatore. Ucciso a ventotto anni in ra-strellamento il 2 dicembre 1944 a Coazze. (CENTRO DI DOCUMENTAZIONE ANPI SULLA RESISTENZA IN VAL SANGONE rif. Mauro Sonzini, cell.: 335/66.99.043, mail: mauson@libero.it )

SACCHETTINO Vincenzo. Nato a Brindisi, nel 1915. Caduto. – Vince – Calzolaio. Partigiano – Torino – 10 divisione GL dal 10 aprile 1945 al 26 aprile dello stesso anno. Quando ad Alba (CN) muore dopo essere stato ferito in combattimento. Cfr. BDPP.

SANTORO Antonio. Di Mesagne. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 22 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

SCARAFILE Donato. Di Cisternino. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 18 novembre 1943. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI.htm

TEDESCO Gino. Di Brindisi. Combattente contro il nazifascismo nelle isole del Mare Egeo. Caduto il 9 settembre 1943 nell’isola di Leros. Cfr. hppp://www.dodecaneso.org/CADUTI

VALENTE Angelo; – Partigiano – – Decorato al Merito di Guerra di Vito Vincenzo e Maria Luigia Iaia, nato il 19 aprile 1923. Carabiniere del 24° Btg. e in servizio nella la Brigata della Div. “Garibaldi”. Il Ministero della Difesa ne dichiara la morte avvenuta il 20 novembre 1944 in seguito a ferita d’arma da fuoco in parti multiple subite durante un combattimento a Berane (Montenegro). E’ sepolto nel Cimitero di Berane. . (Da Nuccio Carriero: San Vito in guerra – la partecipazione ed i contributo dei Sanvitesi al secondo conflitto mondiale. Ed. Arcobaleno S.Vito dei N. 2012)

 

 

l’ANPI di Brindisi in occasione del il 25 aprile ricorda alcuni suoi figli caduti per la Libertà

l’ANPI di Brindisi in occasione del il 25 aprile ricorda le medaglie d’oro e d’argento della propria terra

Orlando De Tommaso

Nato ad Oria (Brindisi) nel 1897, caduto alla Magliana (Roma) il 9 settembre 1943, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Capitano dei carabinieri, De Tommaso comandava la 4a Compagnia del II Battaglione allievi CC di stanza a Roma. Il giorno dopo l’armistizio, mentre deboli reparti dei “Granatieri di Sardegna” contrastavano paracadutisti tedeschi alla periferia della Capitale, la 4a Compagnia CC fu mandata di rinforzo alla Magliana. De Tommaso cadde alla testa dei suoi uomini, nel vano tentativo di fermare l’avanzata tedesca verso Roma. La massima ricompensa al valore, è stata conferita all’ufficiale con questa motivazione: “Comandante di compagnia allievi carabinieri impegnata per la difesa della capitale, nella riconquista di importante caposaldo che truppe tedesche avevano strappato dopo sanguinosa lotta a reparto di altra arma, mosse all’attacco con slancio superbo, trasfondendo nei suoi giovanissimi gregari grande entusiasmo ed alto spirito combattivo. Dopo tre ore di aspra ed alterna lotta, in un momento decisivo delle sorti del combattimento, per trascinare il suo reparto inchiodato dal fuoco nemico a poche centinaia di metri dall’obiettivo e lanciarlo contro l’ultimo ostacolo, non esitava a balzare in piedi allo scoperto, sulla strada furiosamente battuta, affrontando coscientemente il supremo sacrificio. Colpito a morte da una raffica di arma automatica, cadeva gridando ai suoi carabinieri: “Avanti! Viva l’Italia”. Il suo grido e il suo olocausto, galvanizzando il reparto, lo portarono d’impeto, in una nobile gara di eroismi, alla riconquista dell’obiettivo”. Una via della Capitale è stata intitolata al valoroso ufficiale. Porta il suo nome, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa, anche la caserma nella quale ha sede la Legione Allievi Carabinieri.

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Antonio Vincenzo Gigante

Nato a Brindisi il 5 febbraio 1901, scomparso a Trieste nel novembre del 1944, operaio e dirigente sindacale e politico, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Quella di Antonio Gigante è una tra le più luminose figure dell’antifascismo e della Resistenza italiane. Operaio, militante nella Gioventù socialista, non aveva ancora vent’anni quando fu arrestato per la prima volta a Brindisi per aver preso parte (nel 1919), alle manifestazioni a sostegno dei soldati che rifiutavano di imbarcarsi per la Libia. Sottoposto a libertà vigilata e vessato dai fascisti, nel settembre del 1922 si trasferì a Roma, trovandovi lavoro come operaio edile. Fu presto eletto, per la sua perizia nelle trattative sindacali, membro del Comitato direttivo della Lega e quindi segretario del Sindacato provinciale degli edili. Dopo la “marcia su Roma” fu responsabile del lavoro sindacale nel Partito comunista romano (si era iscritto al partito nel 1921), e nella primavera del 1923, col fascismo già imperante, riuscì a portare in piazza 18 mila edili della Capitale in sciopero contro il carovita. L’anno successivo Gigante fu, durante la crisi aventiniana, tra i principali organizzatori dello sciopero antifascista e delle manifestazioni romane. Nel 1925, dopo essere riuscito ad assicurare l’uscita di due numeri del Comunista, fu costretto a riparare in Unione sovietica, dove frequentò l’Università leninista. Vi rimase due anni. Nel 1927 Gigante è a Parigi, membro della Direzione nazionale della Confederazione generale del lavoro. Dalla Francia passa a più riprese clandestinamente in Italia, per organizzarvi la lotta antifascista e il movimento sindacale. Nel 1929 viene arrestato e processato in Svizzera (a Basilea c’era allora il Centro estero del Partito comunista, che si sarebbe poi spostato a Parigi), insieme a Grieco, Dozza, Secchia ed altri, ma, come i suoi compagni, rimane in carcere pochi giorni. Nel 1933 Gigante entra a far parte del Comitato centrale del Partito comunista e lo stesso anno viene arrestato durante una missione a Milano. Finisce davanti al Tribunale speciale che, nell’ottobre del 1934, lo condanna a venti anni di carcere. Nel ’42 viene confinato nell’isola di Ustica. Il 25 luglio del 1943 coglie Gigante nel campo di concentramento di Renicci presso Anghiari, dove sono internati altri antifascisti, tra cui numerosi sloveni. Sembra l’ora della libertà, ma dal governo Badoglio non arriva l’ordine di scarcerazione. I detenuti pazientano sino all’8 settembre, quindi, guidati da Antonio Gigante, si ribellano alle guardie ed evadono. Gli evasi tentano di spingersi a Sud per raggiungere il fronte ed unirsi agli Alleati, ma non riescono nel loro intento e sono costretti a ritornare indietro. Gigante e i suoi attraversano la Romagna, costeggiano l’Adriatico, raggiungono il Veneto e Trieste. In Istria, Gigante è tra i primi organizzatori di formazioni partigiane. Combattendo con esse si spinge in Dalmazia e qui, in rappresentanza dei comunisti italiani, tratta con quelli jugoslavi gli accordi per la immediata lotta comune contro i nazifascisti accantonando le questioni territoriali. Su decisione del PCI, Gigante passa alla direzione del partito a Trieste, ma qui, in seguito a delazione, viene arrestato. Torturato, non si piega davanti ai suoi aguzzini. Si ignorano il luogo, la data e le circostanze precise della morte di Antonio Gigante: si suppone che sia stato eliminato nella Risiera di San Sabba, tanto che, per decisione unanime della Commissione del Civico museo, il 5 febbraio 2008, all presenza della figlia Miuccia, nella Risiera è stata scoperta una lapide che dice: “Vincenzo Antonio Gigante – detto “Ugo” – nato a Brindisi il 5 febbraio 1901 – assassinato nella Risiera di San Sabba – nel novembre 1944 – dirigente comunista – comandante partigiano – medaglia d’oro della Resistenza – a memoria del suo sacrificio”. Nella città natale, Gigante è ricordato da una lapide con epigrafe di Concetto Marchesi: “Antonio Vincenzo Gigante – operaio organizzatore partigiano – medaglia d’oro – caduto a Trieste nel novembre 1944 – nella galera fra le torture – con la morte testimoniò ai carnefici fascisti – la indomabile forza – e la certa vittoria del popolo lavoratore – L’Amministrazione democratica e popolare – del Comune di Brindisi – al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo – 7 dicembre 1952”.

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Giovanni Mario Gasco

Nato a Brindisi, nel 1904. Già capitano dei complemento dei CC. Della Divisione Acqui. Decorato con Medaglia d’Argento.

“Comandante la compagnia dei carabinieri si schierava decisamente tra i propugnatori della lotta per l’onore delle armi. volontariamente accorreva in soccorso di un battaglione riuscendo a riorganizzare i pochi superstiti e mantenere le posizioni in attesa di rinforzi. Catturato dai tedeschi affrontava la fucilazione con serena dignità, lieto di cadere pur di lasciare un nome incontaminato ai suoi cinque figli.

[ Ministero ella Guerra San Teodoro Cefalonia, 24 settembre 1943”.]


 

Antonio Ayroldi

Di anni 37. Nato il 10 settembre 1906 ad Ostuni, in provincia di Brindisi.  Arruolatosi volontario nel Regio esercito italiano nel dicembre 1925, frequenta con profitto la scuola per allievi sottufficiali di Roma, al termine della quale è aggregato al 71º Gruppo aeroplani osservazione aerea. Nel 1939 entra all’Istituto superiore di guerra di Torino. Inviato in Africa settentrionale nel febbraio del 1941, prende parte alle battaglie di Tobruk, Marsa Matruk ed El-Alamein. Decorato per meriti sul campo con la croce al valor militare italiana e la croce di ferro tedesca, nel 1943 viene rimpatriato ed assegnato allo Stato Maggiore, a Roma. Dopo l’armistizio rifiuta di aderire alla Repubblica sociale italiana (R.S.I..) e trova rifugio alla clinica Villa Bianca Maria. Collegatosi con il Fronte militare clandestino di Montezemolo, entra nelle fila della formazione comandata dal colonnello Ezio De Michelis con compiti di collegamento e trasporto d’armi e di munizioni. Il 2 marzo 1944, durante un incontro con 3 partigiani, Ayroldi viene sorpreso ed arrestato dalle SS, che lo trovano in possesso di alcuni documenti falsi e di un’ingente somma di denaro. Immediatamente tradotto nelle carceri di Via Tasso, subisce numerosi interrogatori e torture, prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine assieme ad altri 334 detenuti.

[INSMLI – Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia]

 

Pompilio Faggiano

Nato a San Donaci (Brindisi) il 4 giugno 1916. Figlio di Vincenzo e di Sturdà Vita Maria. Militare coniugato con due figli.

Medaglia d’argento al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione:

“Repubblica Italiana Ministero della Difesa. Roma 20 maggio 1948. Volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dal nemico, veniva aviolanciato [sbarcato] nelle retrovie avversarie.

Arrestato nell’adempimento del dovere sopportava serenamente lunghi mesi di prigionia. Inviato in un campo di concentramento dell’Italia settentrionale vi cadeva vittime delle barbarie tedesche. Italia settentrionale, 28 febbraio 1944 – 19 settembre 1944.”

particolare del disegno realizzato dal Liceo Artistico Statale "E. Simone"

335 martiri uccisi alle Fosse Ardeatine

l´ordine è già stato eseguito” queste sono le parole con cui si concludeva il comunicato emesso la sera del 24 marzo del 1944 alle ore 22,55 dall’alto comando tedesco di Roma e trasmesso dall´Agenzia Stefani, che appare sui quotidiani romani soltanto il giorno dopo (il 25 di marzo) nella loro edizione di mezzogiorno.

Il comunicato in questione che facendo riferimento all’attentato di via Rasella, l’aveva qualificato come “imboscata eseguita da comunisti-badogliani“, dichiarava la volontà di “stroncare l’attività di questi banditi” e rivelava che “per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati”

Il terribile comunicato dell’alto comando tedesco era stato emesso, senza ombra di dubbio, quando i 335 martiri erano già stati uccisi con un colpo di pistola alla nuca e sepolti nella cava di pozzolana minata dai genieri tedeschi, sulla via Ardeatina poco lontano da Roma.

 

Era accaduto che i giorno prima, il 23 marzo del 1944, una bomba sistemata in via Rasella, da un gruppo di partigiani membri dei GAP ( i Gruppi di Azione Patriottica),aveva ucciso 33 soldati tedeschi e 6 civili italiani.

L’attentato aveva causato la violenta rappresaglia nazista. I tedeschi rastrellarono 335 persone in tutta Roma, e il giorno dopo furono uccise e sepolte nelle fosse Ardeatine. Era stata compiuta una delle stragi più gravi fatte in Italia durante la seconda guerra mondiale e, insieme all’azione di via Rasella, ha continuato a causare polemiche strumentali fino ad oggi.


In realtà nessun annuncio della rappresaglia venne affisso sui muri di Roma e non venne fatta nessuna richiesta di consegnarsi agli autori dell’attentato. La rappresaglia venne portata avanti rapidamente e in segreto. L’annuncio ( come già si è visto) venne dato soltanto il giorno successivo.

Pare che quando gli venne comunicata la notizia dell’attacco, Adolf Hitler chiese una punizione esemplare: cinquanta italiani avrebbero dovuto essere fucilati per ognuno dei soldati tedeschi morti nell’attentato. Scrive infatti Robert Katz, in Roma città aperta,a pag. 265:” Adolf Hitler venne avvertito nel primo pomeriggio, egli dispose una rappresaglia immediata “che avrebbe fatto tremare il mondo”


L’esercito tedesco – come quello italiano quando aveva occupato la Grecia e la Jugoslavia – aveva da sempre praticato la tattica della rappresaglia. Ma una proporzione di uno a cinquanta sembrò eccessiva anche ai militari nazisti. Albert Kesselring, il comandante dell’esercito tedesco in Italia, si oppose insieme a molti degli altri ufficiali e riuscì a persuadere Hitler ad abbassare le sue richieste. Venne deciso che dieci italiani sarebbero stati uccisi per ognuno dei tedeschi morti nell’attentato.

“Alle ore 15.30 arrivarono anche i prigionieri provenienti da Regina Coeli e dopo pochi minuti ebbero inizio le fucilazioni. I prigionieri, suddivisi in gruppi di cinque, vennero condotti nelle gallerie illuminate da soldati tedeschi muniti di torce elettriche; all’entrate del luogo di esecuzione il capitano Priebke richiedeva il nome al condannato e controllava la lista; quindi le vittime venivano fatte inginocchiare e gli esecutori, all’ordine del capitano Schütz, sparavano un colpo di pistola dall’alto in basso all’altezza del collo; in questo modo si riteneva di ottenere una morte immediata. Un soldato accanto all’esecutore illuminava la scena con un’altra torcia. Il colonnello Kappler prese parte al secondo turno di eliminazione; il capitano Priebke invece sparò con il terzo turno. In totale furono effettuati 67 turni di esecuzioni; mentre all’inizio la procedura di annientamento delle vittime sembrò avviarsi con precisione e disciplina, con il passare del tempo la situazione divenne più confusa” (da R. Katz, Roma città aperta, pp. 288-289)



 

Tra le 335 vittime, 16 sono pugliesi:

 

tra cui un prete, don Pietro Pappagallo, medaglia d’oro al merito civile, e un professore di filosofia, Giacchino Gesmundo medaglia d’oro al valore militare, entrambi di Terlizzi. Diversi i decorati con significative onorificenze al valore militare, tra cui gli ufficiali dell’Esercito Antonio Ayroldi di Ostuni e Manfredi Azzarita, nato a Venezia, figlio di molfettesi; Antonio Pisino di Maglie, ufficiale di Marina, e Federico Carola di Lecce, capitano d’aviazione (arrestato e fucilato assieme al fratello Mario, nato a Gaeta); Umberto Bucci un impiegato nato a Lucera e suo figlio Bruno (arrestati perché trovati in possesso di una copia di «Italia Libera»); due artigiani originari di Andria, Giuseppe Lotti e Vincenzo Saccottelli; Teodato Albanese, un avvocato di Cerignola; Gaetano La Vecchia, un ebanista di Barletta; Nicola Ugo Stame, un tenore lirico di Foggia; Ugo Baglivo un giurista e docente universitario di Alessano, tutti protagonisti dopo l’8 settembre della Resistenza militare e civile contro i tedeschi. A questo elenco va aggiunto anche la medaglia d’oro al valore militare, il maggiore dei carabinieri, Ugo De Carolis, nativo di Napoli, ma tarantino di adozione, al quale è stata intitolata, tra l’altro, nell’immediato dopoguerra, la Caserma della Legione dei carabinieri di Taranto.

 

 

Antonio Ayroldi

Antonio Ayroldi, nato a Ostuni (Brindisi) il 10 settembre 1906, ucciso alle Fosse Ardeatine era maggiore dell’Esercito. Nel 1925 era entrato nell’Esercito a Roma, come allievo sottufficiale dell’8° reggimento del Genio, specialità telegrafisti. L’anno dopo guadagnò la prima promozione, a caporale. Fece rapidamente carriera e nel 1933 divenne tenente. Quando scoppiò la guerra, fu inviato in Libia, e impiegato nel Comando del XX Corpo d’armata. Dal febbraio del ‘41 al dicembre del ‘42 partecipò alle operazioni di guerra in Africa settentrionale, meritando sul fronte la Croce al valor militare italiana e la Croce di ferro tedesca. Proprio in Africa maturarono le sue convinzioni antifasciste, come testimoniano le lettere alla famiglia.

Rientrato a Roma allo Stato maggiore, dopo l’8 settembre del ‘43, nonostante i bandi tedeschi e italiani, non si arruolò nell’esercito della Repubblica Sociale e si nascose per qualche settimana nella clinica “Bianca Maria”. A novembre entrò nella banda militare comandata dal colonnello Ezio De Michelis, che faceva parte del Fronte clandestino del colonnello Giuseppe Cordero Lanza Montezemolo.

Il suo ruolo era importante: organizzò una rete di informazioni nella Capitale, teneva i collegamenti con le bande dei Castelli e del Lazio Sud, trasportava documenti e carichi di armi e munizioni.

Ricercato dalla polizia, il 2 marzo del ’44 Antonio Ayroldi fu arrestato dai tedeschi con altri partigiani e rinchiuso nel carcere di via Tasso, nella cella n. 11. Il 24 marzo fu fucilato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine. Dopo la Liberazione è stato decorato “alla memoria” con la medaglia d’argento al valor militare.

Fu scritto sul periodico “La Lanterna”, del 1° maggio 1945: “Pedinato e scoperto viene il 2 marzo arrestato insieme ad altri e condotto nel carcere via Tasso. Interrogatori, torture, sofferenze; ed infine il 24 marzo viene condotto su di un autocarro alle Fosse Ardeatine. Lungo il percorso, tra i passanti, scorge la moglie di un collega e le sorride con rassegnazione ma anche con fierezza.

E’ l’ultimo ricordo che di lui sia restato!

Era un uomo semplice e modesto che dagli affetti concreti e quotidiani, da una vita di lavoro e di onestà ha saputo ascendere alla luce della gloria, esempio di quelle che sono le migliori qualità dei figli della nostra terra.

Onore alla memoria di Antonio Ayroldi. Onore a tutti quanti combattono e muoiono per la libertà della propria Patria.”

Altri militari del fronte clandestino trucidati alle Fosse Ardeatine


Il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo dall’8 settembre 1943, era incaricato di dirigere l’Ufficio affari civili di Roma. Due settimane dopo è già alla macchia, sotto il nome di ing. Giacomo Cateratto. Per quattro mesi organizza l’attività militare clandestina di ufficiali in gran parte di orientamento monarchico, si collega sia con il governo Badoglio sia con il Comando Alleato, tiene contatti con esponenti del Comitato di liberazione nazionale centrale di Roma. I nazifascisti, furibondi, lo cercano dappertutto; mettono su Montezemolo una grossa taglia. Infine riescono a sorprendere il colonnello nella casa del tenente Filippo De Grenet, che è uno dei suoi principali collaboratori. Arrestato con De Grenet, Montezemolo finisce, con il suo subalterno, nel comando della polizia tedesca di via Tasso. I due ufficiali vengono torturati, ma non parlano. Al colonnello vengono strappati ad uno ad uno i denti; poi i carnefici passano alle unghie dei piedi. Nella motivazione della ricompensa al valore è scritto che l’alto ufficiale, “sottoposto alle più inumane torture, manteneva l’assoluto segreto, salvando così l’organizzazione e la vita ai propri collaboratori”. Due mesi è durato il calvario di Montezemolo, poi lui e De Grenet finirono trucidati, con altre 335 persone, alle Fosse Ardeatine.

Sabato Martelli Castaldi, di anni 47 – generale di Brigata Aerea – nato a Cava dei Tirreni (Salerno) il 19 agosto 1896.Generale a 36 anni – decorato di una Medaglia d’Argento e tre di Bronzo nel 1934 collocato nella riserva perchè, in qualità di capo-gabinetto del Ministero dell’Aeronautica, aveva redatto un rapporto a Mussolini denunciando l’effettiva consistenza e la reale efficienza dell’Arma – direttore, con il generale Lordi pure trucidato alle Fosse Ardeatine, del Polverificio Stacchini di Roma, dopo 1’8 settembre 1943 sabota la produzione destinata ai tedeschi, fornisce al fronte clandestino di Roma e ai partigiani del Lazio e dell’Abruzzo forti quantitativi di dinamite, mine, detonatori e armi, esponendosi spesso di persona per il loro trasporto – esegue e trasmette rilievi di zone e installazioni militari – prepara un campo di fortuna per aerei nei dintorni di Roma -compie missioni militari -. Il 16 gennaio 1914, nel tentativo di ottenere il rilascio del titolare del Polverificio Stacchini , che era stato arrestato, si reca con il generale Lordi in via Tasso – E’ fermato dal colonnello tedesco Kappler venuto in possesso di prove schiaccianti sulla attività da lui svolta e gettato nella cella ove rimarrà 67 giorni – molte volte torturato – Trucidato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine fuori Roma per rappresaglia all’attentato di via Rasella, con altri trecentotrentaquattro detenuti politici prelevati dalle carceri di via Tasso e Regina Coeli Medaglia d’Oro al Valor Militare.

 

 

Sabato 25 gennaio 2014 Sala Consiliare del Comune di Bari cerimonia per il 70° anniversario del primo Congresso dei CLN

70° Anniversario

Congresso di Bari dei CLN del 28 e 29 gennaio 1944.

Sala Consiliare del Comune di Bari

Sabato 25 gennaio 2014

Organizzato da: l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, il Comune di Bari, l’ Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea “Tommaso Fiore”, e Istituto Campano per la storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea “Vera Lombardi”

con la collaborazione dell’Istituto Nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia, e la CGIL Camera del Lavoro di Bari

Ore 9,00

Saluti Istituzionali

Antonio Nunziante, Prefetto di Bari

Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia

Onofrio Introna, Presidente del Consiglio Regionale

Francesco Schittulli, Presidente Amministrazione Provinciale

 

Ore 9,30

Apertura dei lavori

Michele Emiliano, Sindaco di Bari

Marta Herling, Istituto italiano studi storici

Gerardo Marotta, Istituto italiano studi filosofici

Giovanni Battafarano, ANPI nazionale

Pino Gesmundo, CGIL Camera del Lavoro di Bari

Francesco Giustino, Fondazione cultura e cooperazione europea

 

Ore 10,15

Relazioni

Guido D’Agostino, Università di Napoli Federico II e Presidente ICSR

Luigi Masella, Direttore Dipartimento Fless Università di Bari Aldo Moro

Vito Antonio Leuzzi, IPSAIC

Letture a cura degli studenti dei Licei Classici “Socrate” e “Orazio Flacco” di Bari

Ore 12,00

Canti che hanno fatto l’Italia “… a conquistare la rossa primavera…” Coro Antiphonia diretto da Francesco Lucatuorto

Con l’adesione dell’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, Dipartimento Fless Università di Bari Aldo Moro, Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, Istituto Italiano per gli studi filosofici di Napoli, Fondazione di cultura e cooperazione europea, Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, Biblioteca Consiglio regionale della Puglia, Fondazione “Giuseppe Di Vagno”, Fondazione “Gramsci di Bari”, “Associazione Casa Di Vittorio”, Associazione mazziniana italiana di Bari, Liceo Classico “Socrate”, Liceo Classico “Orazio Flacco” Istituto studi filosofici e scientifici “G. Tarantino” Gravina.

 


Vite spezzate – Costantino Gargaro – Storia di un’ingiustizia di Stato

“Vite spezzate – Costantino Gargaro – Storia di un’ingiustizia di Stato”, è l’ultimo volume di Alessandro Rodia, pubblicato con il patrocinio della Presidenza del Consiglio Comunale di Francavilla Fontana, riporta alla luce la storia di un fatto di cronaca accaduto novant’anni fa e le mistificazioni messe in atto dal regime fascista per creare il mito del martire caduto sotto il piombo sovversivo per la causa nazionale.

Il 16 agosto 1925, mentre una diecina di giovani avanguardisti percorre le vie di Francavilla Fontana cantando inni fascisti, viene ferito mortalmente, da colpi di pistola, il diciassettenne Elio Galiano. Il dolore per la sua morte porta la fidanzata Laura Del Mare al suicidio, suscitando nella popolazione una palpitante ed enorme commozione.

Di questo assassinio viene incolpato e arrestato un contadino-operaio Costantino Gargaro, fervente socialista.

Il fascismo provinciale e nazionale organizza pubbliche manifestazioni per celebrare e far crescere il mito dell’eroe avanguardista assassinato dalla mano comunista. In onore del martire Elio Galiano vengono innalzati monumenti e intitolate strade e scuole. A Brindisi, il 29 novembre 1931, alla presenza di Renato Ricci, presidente centrale dell’Opera Nazionale Balilla, si inaugura la nuova palestra intitolata a “Elio Galiano”.

Costantino Gargaro subisce anni di durissimo carcere e lotta instancabilmente e disperatamente per affermare la propria innocenza ma la scientifica e mostruosa costruzione di un labirinto processuale, con l’utilizzo di testimonianze false, lo condanna a 18 anni di carcere.

La sua tenacia indomabile proiettata totalmente a dimostrare la propria innocenza e far emergere tutte le manovre poste in essere, soprattutto gli intrighi attuati per “pagare” i testimoni falsi, per incolparlo è, per il regime fascista, un pericolo che bisogna eliminare.

Nel giugno 1932 viene disposta la sua detenzione in un luogo irraggiungibile per la moglie e per i parenti: l’isola dell’Asinara, uno stabilimento penale durissimo fuori dal mondo, un inferno galleggiante e senza speranza di ritorno. La traduzione all’Asinara è la condanna all’emarginazione definitiva di Costantino Gargaro. Quel trasferimento è la sua condanna a morte.

Costantino Gargaro lotta per non soccombere, cerca di aggrapparsi ad ogni speranza per uscirne vivo ma non tornerà mai più. I resti mortali non ritorneranno a casa né durante la dittatura fascista né dopo con la democrazia.

Il 19 ottobre 1960, la Commissione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il riconoscimento delle provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti riconosce alla moglie Maria Fontana Principale l’Assegno vitalizio di Benemerenza, dopo aver accertato che Costantino Gargaro “ noto quale attivo antifascista venne arrestato e processato del reato per il quale fu condannato per motivi politici. Gli accertamenti dei Carabinieri di Bari hanno esplicitamente confermato l’indole politica dei fatti che provocarono l’imputazione del marito dell’instante noto antifascista”.

Una pista d’indagine, mai voluta prendere in considerazione dalla polizia politica fascista, è l’ipotesi inserita nella relazione della Stazione dei Carabinieri di Francavilla Fontana, in data 18 maggio 1959, inviata al Ministero del Tesoro – Ufficio Perseguitati Politici “Dato il lungo periodo di tempo trascorso dalla data in cui ebbe a verificarsi l’omicidio del giovane Elio Galiano, delitto attribuito a Gargaro Costantino, ed anche perché non esiste più il carteggio dell’epoca agli atti di quest’arma, non si è in grado di fornire sufficienti e precisi elementi chiarificatori in merito al fatto di cui innanzi. Tuttavia, secondo quanto è stato possibile appurare mediante accertamenti esperiti fra persone del luogo, degne di fiducia, si è venuto a sapere (…). Siccome il giovane Elio Galiano precedentemente aveva sedotta una certa Del Mare, ragazza che aveva minacciato di abbandonare, la quale dopo la morte del fidanzato si suicidò, si stabilirono due correnti di persone, una delle quali attribuiva l’omicidio del Galiano ad un giovane fratello della Del Mare, il quale giovane avrebbe ucciso per vendicare l’onore della congiunta (…)”.

La vicenda umana di Costantino Gargaro ha stimolato Alessandro Rodia a scavare nella storia di una città del Sud per riportare alla luce e far conoscere fatti politici e sociali accaduti negli anni in cui le squadre fasciste imponevano le dimissioni dei Sindaci eletti democraticamente dal popolo. Molti contadini ed operai meridionali, schedati come “sovversivi”, hanno pagato, con anni di carcere, di confino e con la vita, per difendere ed affermare l’idea di libertà. Libertà di cui, oggi, tutti noi ne godiamo i frutti.

 

Francavilla F. piazza Umberto I° anni '20

Ringraziamenti dell’ANPI di Brindisi a tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita della Mostra documentaria Sovversivi 1900-1943.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Ttu7RVXmHyM[/youtube]

 

Pubblicato in data 24/nov/2013 Il video è stato realizzato per la mostra documentaria “Sovversivi 1900-1943” promossa e organizzata dall’Archivio di Stato di Brindisi e ANPI Brindisi Palazzo Nervegna Brindisi 22 novembre 2013- 9 gennaio 2014.
Ideazione: Associazione AB² – Luoghi di educazione attraverso l’arte. Testi: Vincenza Lodeserto Voci recitanti: Martina Barbagallo, Sara Dadamo, Lorenza Picoco, Federica Viola del Liceo “Ettore Palumbo” di Brindisi. Realizzazione: Emiliano Leo con Chiara Di Presa, Paola Selicato,Sveva Solimene del Liceo Artistico “Edgardo Simone” di Brindisi. Editing: Emiliano Leo

 

A nome del Comitato provinciale dell’ANPI di Brindisi ringrazio tutti coloro che hanno  contribuito alla riuscita della iniziativa  del 22 novembre 2013 che ha inaugurato la Mostra  Sovversivi  1900-1943 a palazzo Granafei – Nervegna.

Innanzitutto si  ringrazia l’Amministrazione Comunale  che ha  dimostrato una sensibilità particolare e dato un sostegno concreto ai temi della salvaguardia della memoria democratica ed antifascista del nostro territorio. Tale azione ha permesso, negli ultimi anni, che  simili iniziative divenissero patrimonio dell’intera collettività e momento di crescita civile e culturale  per le nuove generazioni.

Si ringrazia tutto Il personale  dell’Archivio di Stato di Brindisi, con cui l’ANPI da anni trova il massimo di collaborazione, di competenza e professionalità, l’Archivio di Stato è il  punto di riferimento e luogo di eccellenza   per la costruzione di progetti di ricerca sulla storia locale per valorizzare il patrimonio di documenti della città e del territorio.

Si ringrazia il prof Vitantonio Leuzzi  che a nome dell’ L’ANPI Regionale pugliese e l’IPSAIC  (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) ha svolto la sua articolata  ricostruzione storica, nel solco di una disponibilità sempre pronta  in questa come in precedenti iniziative dell’ANPI di Brindisi.

Si ringrazia per la novità in questa terza mostra l’apporto e  la partecipazione di studenti e professori  del liceo linguistico “E. Palumbo” e  del liceo artistico “E. Simone” che attraverso l’Associazione “AB2-Luoghi di educazione attraverso l’arte” hanno curato gli allestimenti speciali, e i supporti didattici vari e in particolare  con n una performance teatrale  tanto apprezzata che ha  già prodotto delle richieste di replica anche al di fuori della città di Brindisi.

Ricordiamo che il rapporto tra ANPI, Archivio di Stato, Comune di Brindisi è parte integrante del progetto “Prova di Democrazia” che da anni coinvolge il personale insegnate e gli studenti delle scuole superiori brindisine, con l’augurio che sia un elemento integrato  alle attività didattiche dei ragazzi,   che contribuisca, fornendo informazioni sulla storia delle radici democratiche locali, alla  crescita culturale, civica e democratica  delle nuove generazioni alle quali  è affidato il futuro della nostra città.

Ringraziamo anche la presenza di alcuni figli e parenti di quei sovversivi citati nella Mostra. È impegno dell’ANPI  raccogliere e valorizzare il loro contributo di documenti e di memoria  tali da dare una dimensione particolare alle sofferenze e alle battaglie che contraddistinsero  la vita e i sacrifici dei loro parenti.

Donato Peccerillo

Presidente  Comitato Provinciale ANPI ( Associazione  Nazionale  Partigiani d’ Italia) di Brindisi

 

 

 

Sovversivi 1900-1943- Mostra documentaria palazzo Granafei-Nervegna 22 novembre 2013 – 9 gennaio 2014

Le radici dell’antifascismo brindisino, il controllo e la repressione del dissenso politico prima, durante e dopo la dittatura.
Fatti e personaggi attraverso i documenti del casellario politico della questura conservati nell’Archivio dì Stato di Brindisi

mostra documentaria e fotografica “Sovversivi (1900 – 1943)”

Palazzo Granafei – Nervegna – 22 novembre 2013– 09 gennaio 2014

Venerdì 22 novembre alle ore 17.30 sarà aperta al pubblico nelle sale di Palazzo Granafei – Nervegna la mostra documentaria e fotografica dal titolo “Sovversivi (1900–1943)” curata dall’Archivio di Stato di Brindisi, con il Comitato provinciale ANPI e il Comune di Brindisi.

Dopo i saluti del sindaco Mimmo Consales, di Donato Peccerillo presidente provinciale dell’ANPI e di Francesca Casamassima, direttore dell’Archivio di Stato, interverrà Vito Antonio Leuzzi direttore dell’IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea) e coordinatore dell’ANPI Puglia.

 

A seguire, visita alla mostra a cura dei funzionari dell’Archivio di Stato, letture e recitazione da parte di studenti del Liceo artistico “E. Simone” e di studentesse del Liceo linguistico “E. Palumbo”, di testi ispirati alle storie presentate, elaborati dall’Associazione AB²-Luoghi di educazione attraverso l’arte. Alla stessa associazione si deve la cura di allestimenti speciali e attività educative all’interno della mostra, realizzati con gli studenti del Liceo artistico.

Sono previste visite guidate a cura dell’Archivio di Stato e laboratori didattici artistici per le scuole e le famiglie a cura dell’Associazione AB² Luoghi di educazione attraverso l’arte: prenotazione obbligatoria ai numeri 0831 523412/13 e 3487288029.

La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 22 novembre 2013 al 09 gennaio 2014

L’ingresso libero e gratuito dal martedì alla domenica dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 17,00 alle 20,00

 

[..]Sovversivo, secondo il dizionario, è colui che «cospira, minaccia o agisce per distruggere l’ordinamento dello Stato» o chi «professa idee rivoluzionarie o appartiene a movimenti eversivi». Con il nome generico di sovversivi vennero indicati durante il governo di Francesco Crispi gli oppositori politici più pericolosi: i socialisti, i repubblicani ed in particolare gli anarchici

Nel 1894 in seguito ad una serie di attentati di matrice anarchica il governo Crispi emanò una legge speciale (19 luglio 1894, n. 316) intitolata «Provvedimenti eccezionali di pubblica sicurezza», che con l’art. 5 vietava le «associazioni e riunioni che abbiano per oggetto di sovvertire per vie di fatto gli ordinamenti sociali».

Nello stesso anno istituiva presso la Direzione generale della pubblica sicurezza lo Schedario dei sovversivi, in cui vennero raccolte le biografie di socialisti e anarchici segnalati dagli organi di governo locali.[..]

Cancellare subito lo scandalo della Bossi-Fini. Aderisce all’appello Carlo Smuraglia Presidente Nazionale dell’ANPI

 

Cancellare subito lo scandalo della Bossi-Fini

di STEFANO RODOTÀ

Le terribili tragedie collettive sono ormai diventate grandi rappresentazioni pubbliche, che vedono tra i loro attori i rappresentanti delle istituzioni, ben allenati ormai nel recitare il ruolo di chi deve dare voce ai sentimenti di cordoglio, dire che il dramma non si ripeterà, promettere che “nulla sarà come prima”. Il pellegrinaggio a Lampedusa era ovviamente doveroso, arriverà anche il presidente della Commissione europea Barroso, si è già fatta sentire la voce del primo ministro francese perché sia anche l’Unione europea a discutere la questione. Sembra così che sia stata soddisfatta la richiesta del governo italiano di considerare il tema in questa più larga dimensione, guardando alle coste del nostro paese come alla frontiera sud dell’Unione.

 

Attenzione, però, a non operare una sorta di rimozione, rimettendoci alle istituzioni europee e non considerando primario l’obbligo di mettere ordine in casa nostra. Lunga, e ben nota da tempo, è la lista delle questioni da affrontare, a cominciare dalla condizione dei centri di accoglienza dove troppo spesso ai migranti viene negato il rispetto della dignità, anzi della loro stessa umanità. Ma oggi possiamo ben dire che vi è una priorità assoluta, che deve essere affrontata e che può esserlo senza che si obietti, come accade per i centri di accoglienza, che mancano le risorse necessarie. Questa priorità è la cosiddetta legge Bossi-Fini.

 

La Bossi-Fini è quasi un compendio di inciviltà per le motivazioni profonde che l’hanno generata e per le regole che ne hanno costituito la traduzione concreta. Per questa legge l’emigrazione deve essere considerata come un problema di ordine pubblico, con conseguente ricorso massiccio alle norme penali e agli interventi di polizia. All’origine vi è il rifiuto dell’altro, del diverso, del lontano, che con il solo suo insediarsi nel nostro paese ne mette in pericolo i fondamenti culturali e religiosi. Un attentato perenne, dunque, da contrastare in ogni modo. Inutile insistere sulla radice razzista di questo atteggiamento e sul fatto che, considerando pregiudizialmente il migrante irregolare come il responsabile di un reato, viene così potentemente e pericolosamente rafforzata la propensione al rifiuto. Non dimentichiamo che a Milano si cercò di impedire l’iscrizione alle scuole per l’infanzia dei figli dei migranti irregolari, che si è cercato di escludere tutti questi migranti dall’accesso alle cure mediche, pena la denuncia penale.

 

In questi anni sono stati soltanto i pericolosi giudici, la detestata Corte costituzionale, a cercar di porre parzialmente riparo a questa vergognosa situazione, a reagire a questa perversa “cultura”. Già nel 2001 la Corte costituzionale aveva scritto che vi sono garanzie costituzionali che valgono per tutte le persone, cittadini dello Stato o stranieri, “non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”, sì che “lo straniero presente, anche irregolarmente, nello Stato ha il diritto di fruire di tutte le prestazioni che risultino indifferibili e urgenti”. Un orientamento, questo, ripetutamente confermato negli anni seguenti, motivato riferendosi all'”insopprimibile tutela della persona umana”.

 

Le persone che ci spingono alla commozione, allora, non possono essere soltanto quelle chiuse in una schiera di bare destinata ad allungarsi. Sono i sopravvissuti che, con “atto dovuto” della magistratura”, sono stati denunciati per il reato di immigrazione clandestina. Di essi non possiamo disinteressarci, rinviando tutto ad una auspicata strategia comune europea. I rappresentanti delle istituzioni, presenti a Lampedusa o prodighi di dichiarazioni a distanza, non possono ignorare questo problema, mille volte segnalato e mille volte eluso. Così come non possono ignorare il fatto che lo stesso soccorso “umanitario” ai migranti in pericolo di vita è istituzionalmente ostacolato da una norma che, prevedendo il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, fa sì che il soccorritore possa essere incriminato. A tutto questo si aggiunge la pratica dei respingimenti in mare, anch’essa illegittima e pericolosa per i migranti, sì che non deve sorprendere che proprio in questi giorni il Consiglio d’Europa abbia definito sbagliate e pregiudizievoli le politiche italiane nella materia dell’immigrazione.

 

L’unica seria risposta istituzionale alla tragedia di Lampedusa è l’abrogazione della legge Bossi-Fini, sostituendola con norme rispettose dei diritti delle persone. Contro una misura così ragionevole e urgente si leveranno certamente le obiezioni e i distinguo di chi invoca la necessità di non turbare i fragili equilibri politici, di fare i conti con le varie “sensibilità” all’interno dell’attuale maggioranza. Miserie di una politica che, in tal modo, rivelerebbe una volta di più la sua incapacità di cogliere i grandi temi del nostro tempo. Siano i cittadini attivi, spesso protagonisti vincenti di un'”altra politica”, ad indicare imperiosamente quali siano le vie che, in nome dell’umanità e dei diritti, devono essere seguite.

Non è degna di un paese civile una legge che accusa di clandestinità i sopravvissuti di una tragedia e che accusa di complicità i soccorritori. Cancelliamo lo scandalo della legge Bossi-Fini.

L’ANPI di Brindisi aderisce alla raccolta di firme sull’appello di Rodotà pubblicato su la Repubblica

Sottoscrivo l’appello con assoluta e ferma convinzione che occorre compiere al più presto un atto di giustizia e di umanità contro ogni violazione dei diritti umani e contro ogni forma, diretta e indiretta, esplicita o implicita, di razzismo.Un Paese civile non può tollerare ancora lo scempio e i drammi che avvengono sotto i nostri occhi. Ed è tempo anche di riconoscere lo jus soli perché la parola “accoglienza” acquisti finalmente un significato concreto ed esteso. Lo richiede, più di ogni altra cosa, la nostra coscienza civile“.

Carlo Smuraglia Presidente Nazionale dell’ANPI

FRONTE NAZIONALE D’AZIONE Comitato Provinciale di Brindisi (poi Comitato di Liberazione Provinciale) nasce in città il 9 agosto del 1943

Il Fronte Nazionale d’Azione Comitato Provinciale di Brindisi più noto in seguito come Comitato di Liberazione Provinciale, nasce il 9 di agosto del 1943, di seguito sono riportate le trascrizioni dei verbali della prima riunione e quello della riunione del 14 settembre (ottava riunione). Per rendere il clima del periodo sono pubblicate le riproduzioni: del voantino del Fronte Nazionale d’azione del 12 settembre ’43, di un appello ai giovani, un divieto di assembramento e manifestazioni dell’ambiguo e contradditorio regno del sud, un volantino del Comitato di Liberazione di Ostuni, una copia del giornale di Giustizia e Libertà di Brindisi, e infine la copia del volantino del Comitato di Liberazione che chiama alla prima libera manifestazione  indetta per il 19 marzo ’44; e la pagina della Gazzetta del Mezzogiorno sul congresso dei CLN a Bari.

FRONTE NAZIONALE D’AZIONE
Comitato Provinciale di Brindisi

Verbale della prima seduta

L’anno 1943, il giorno 9 agosto, alle ore 15 pomeridiane, nello studio dell’avv. Vittorio Palermo, in Brindisi, si sono riuniti: il sig. Guglielmo Cafiero,il sig. Donato Ruggiero, l’ing. Pietro Sala, l’avv. Giovanni Stefanelli e l’avv.
Vittorio Palermo, (alcuni dei quali erano diggià in intenso e quotidiano contatto da un paio d’anni fra loro ed altri elementi antifascisti pugliesi ed italiani) e, — ritenuta la opportunità di realizzare la formazione dì un Comitato provinciale di concentrazione antifascista —, stabiliscono di costituire nella stessa data un primo nucleo del Comitato stesso e di allargarlo con elementi di sicura fede e di condotta patentemente antifascista che, dalla destra alla sinistra, si
attengano alle direttive seguite dal Comitato Centrale del Fronte Nazionale; e particolarmente:

1°) collaborazione con il Governo di S. E. Badoglio;

2°) contributo all’opera di epurazione degli elementi fascisti o compromessi con il fascismo;

3°) lotta contro il nazismo;

4°) propaganda in favore di una pace separata.

I singoli componenti di questo primo nucleo prendono specifici incarichi di avvicinare altri elementi di sicuro passato antifascista per invitare costoro a far parte del Comitato provinciale del Fronte Nazionale.

Funge da segretario ufficioso l’avv. Vittorio Palermo che fa una relazione sintetica sulla situazione politica italiana raccolta nei suoi ultimi viaggi a Bari, Roma, Milano nel giugno-luglio 1943 a seguito dei contatti presi con alcuni
esponenti (di cui fa i nomi specifici) del movimento antifascista di quelle città.

La seduta si chiude con il formale impegno di riunirsi il giorno 11 agosto.

Brindisi, 9 agosto 1943

Il f. segretario
avv. Vittorio Palermo

Verbale della ottava seduta
Addì 14 settembre 1943 i componenti il Comitato prov. si sono riuniti nello studio dell’avv. Giovanni Stefanelli ed hanno approvato l’ordine del giorno con cui si stabilisce di fornire alle Autorità militari italiane — che lo hanno richiesto — l’elenco dei membri costituenti il Comitato prov. di Brindisi  ed un pro-memoria composto di sei punti nel quale sono elencati i desiderata del Comitato stesso riguardante i termini di collaborazione con il Governo Badoglio per la epurazione da farsi in seno alla provincia ed alle FF.AA. degli elementi fascisti, l’appello di fornitura di armi a lutti gli aderenti al Comitato prov. onde poter combattere, se del caso, il comune nemico, nonché la richiesta di un locale per le riunioni del Comitato stesso. In fine si approva di lanciare un
Manifesto  incitante i Salentini a costituire delle « Legioni Garibaldine » di volontari onde insorgere contro l’eterno nemico dell’Italia.

Si designano l’avv. Palermo e De Tommaso, a diffondere in provincia il Manifesto.

il f. segretario

avv. V. Palermo

PROMEMORIA

1°) Arresto di tutti gli squadristi residenti nel capoluogo e nella provincia.

 

2°) Eliminazione dai ranghi di tutti gli squadristi che prestano servizio e che fanno opera deleteria nelle Forze Armate (in particolar modo nella M.V.S.N.).

 

3°) Permesso di circolazione per tutto il territorio della Provincia di Brindisi al fine di effettuare propaganda pro Legione Salentina. Per tale scopo può essere, previa requisizione, utilizzata la macchina dell’ing. Dall’Olio.

4°) Permesso e fornitura armi ai componenti il Comitato e sottocomitati della Provincia ed a tutti coloro che, sotto la responsabilità dei Comitati, si dichiareranno e saranno ritenuti idonei e pronti a collaborare con le FFAA. per respingere ogni offesa nemica.

5°) Concessione al Comitato Provinciale ed ai sottocomitati della Provincia di locali (possibilmente ex fascisti) ad uso ufficio reclutamento volontari.

6°) Autorizzazione a raggiungere Taranto con auto per incontrare i componenti il Comitato locale e prendere accordi per l’organizzazione del volontariato.
Brindisi 15 settembre 1943