Gigante, Vincenzo
Immagine da : Stamerra, Maglio, Miano 2006
Vincenzo Gigante (Brindisi, 5 febbraio 1901 – Risiera di San Sabba, 1944) è stato un antifascista e partigiano italiano, comandante partigiano, medaglia d’oro al valor militare.
Antonio Vincenzo Gigante
Nato a Brindisi il 5 febbraio 1901. Operaio muratore, sindacalista, dirigente politico, comandante partigiano. Aderì giovanissimo alla sezione di Brindisi della Federazione giovanile socialista, venendo anche arrestato nel 1920 per aver partecipato alle dimostrazioni di piazza antimilitariste, contro la spedizione di militari italiani in Albania. Trasferitosi a Roma per ragioni di lavoro, aderì al neo costituito Partito Comunista d’Italia. Nella capitale partecipò attivamente al sindacato dei lavoratori edili, sino a diventarne responsabile. Nel 1925 venne inviato in Unione Sovietica, a Leningrado, per frequentare l’università politica internazionale. Da quel momento, essendo state introdotte in Italia dal regime fascista le “leggi eccezionali” per reprimere ogni forma di dissenso politico, Vincenzo Gigante entrò in clandestinità, svolgendo compiti di grande responsabilità nell’organizzazione e nella struttura del Partito comunista italiano, del cui Comitato Centrale era entrato a far parte sin dalla fine degli anni Venti.
Dell’apprezzamento per il lavoro svolto da Gigante, che si spostava continuamente tra l’Italia, la Francia, la Svizzera, il Belgio, il Lussemburgo, la Germania e L’Unione Sovietica, c’è ampia traccia negli alti ufficiali della storia del Partito comunista italiano e nei diari postumi di dirigenti di primo piano del partito, quali Camilla Ravera e Pietro Secchia.
In seguito dalla polizia politica fascista e dagli agenti dell’Ovra, perche ritenuto un pericoloso sovversivo, Gigante riuscì per anni a sottrarsi alla cattura anche grazie all’abilità con cui riusciva a camuffare la sua identità.
Fu arrestato il 6 ottobre 1933 a Milano, alla stazione della Bovisa, si dice perché casualmente riconosciuto da un informatore dell’Ovra, Giudicato dal tribunale speciale l’anno successivo insieme ad un gruppo di militanti ed attivisti del partito comunista, gli venne comminata una condanna a venti anni di carcere. la stessa pena alla quale erano stati condannati dirigenti comunisti del livello di Gramsci, Terracini, Ravera eccetera.
Scontati otto anni di carcere duro nel reclusorio di Civitavecchia, nel 1941 fu assegnato al confino di Ustica. Nel 1943 dopo la caduta del fascismo, invece di essere liberato, venne immotivatamente trattenuto nel campo di concentramento di Anghiari in Toscana, da dove fuggì l’8 settembre insieme ad un gruppo di reclusi politici jugoslavi. Dopo un tentativo, fallito, di scendere a sud e di giungere nella parte della penisola liberata dagli angloamericani, il gruppo guidato da Gigante si diresse verso la Venezia Giulia, per continuare nelle locali formazioni partigiane la guerra contro i nazifascisti.
Fu capo partigiano e operò a cavallo tra i territori italiani e quelli della Jugoslavia. Alla fine dell’estate del 1944 il partito comunista gli affidò il delicatissimo incarico di responsabile del partito per la zona di Trieste. Alla fine di Ottobre, grazie ad una delazione, la polizia nazifascista lo arrestò e lo rinchiuse nel campo di sterminio creato nella Risiera di San Sabba, dal quale non usci più. Le ultime testimonianze lo danno
terribilmente torturato, trascinarsi piegato in due, ma senza avere mai, durante gli interrogatori, aperto bocca.
Alla memoria gli venne conferita una medaglia d’oro al valore militare. Una lapide con testo dettato da Concetto Marchesi, venne scoperta a Brindisi nel 1952 dal senatore Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente, e compagno di carcere dell’antifascista brindisino.
Patrizia Miano, Vittorio Bruno Stamerra : “Brindisi 1945 : l’alba della democrazia” Brindisi editore Hobos anno 2005.
[Miano, Stamerra 2005]
Gigante, Antonio Vincenzo
Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N, a Brindisi il 5.2.1901, m. a Trieste nel novembre 1944.
Operaio, militante nella Gioventù socialista dal 1917, nel 1919 venne arrestato a Brindisi per aver preso parte ai tumulti seguiti al rifiuto dei soldati di imbarcarsi per la Libia. Ritenuto uno dei più attivi organizzatori delle manifestazioni contro la politica di guerra e il colonialismo, fu perseguitato dai fascisti e sottoposto a libertà vigilata.
A Roma
Nel settembre 1922, per sfuggire alle continue vessazioni, da Brindisi venne a Roma, trovando lavoro come manovale edile. Avendo condotto alcune vertenze sindacali con particolare perizia, fu eletto nel comitato direttivo della Lega, Più tardi divenne segretario del sindacato provinciale degli edili.
Dopo la marcia su Roma dei fascisti, entrò a far parte del comitato federale del Partito comunista,al quale si era iscritto nei 1921. Si trovò a fianco di Cesare Massini (per breve tempo segretario), Carlo Farini, Pompilio Molinari, Vincenzo Baccalà e altri, come responsabile del lavoro sindacale.
Nella primavera dei 1923 diede vita a un comitato di agitazione per dirigere lo sciopero degli edili romani, al quale parteciparono compatti i 18.000 lavoratori della categoria.
Lo sciopero sfociò in una grande manifestazione di massa in piazza Vittorio, contro il carovita.
Nei 1924, durante la crisi aventiniana contribuì all’organizzazione dello sciopero antifascista e delle dimostrazioni di via Ripetta e corso Umberto. Ricercato per aver assicurato l’uscita di due numeri del Comunista, da lui curato dopo l’arresto del segretario della Federazione (febbraio 1925), fu inviato dal partito a Mosca. Qui frequentò l’Università leninista per due anni.
Nei 1927 a Parigi, entrò a far parte della Direzione nazionale della Confederazione generale del lavoro, compiendo da allora numerose missioni clandestine in Italia per organizzare la lotta antifascista e il movimento sindacale.
Redattore di « Battaglie sindacali », chiamato a far parte del Comitato centrale del partito (1933), prese parte attiva agli aspri dibattiti che, intorno al 1930 e al IV Congresso si svolsero sui temi della « svolta » e della lotta in Itala, cui diede un appassionato contributo.
Arrestato a Milano nel 1933. durante una missione, e deferito al tribunale speciale nell’ottobre 1934, fu condannato a 20 anni. Dopo 5 anni di carcere, in seguito ad amnistia. Venne confinato nell’isola di Ustica e vi rimase fino alla caduta del fascismo.
L’intellettuale- operaio
Autodidatta assetato di cultura, quello studio che non aveva potuto seguire nell’adolescenza divenne per lui un’attività permanente, quasi assillante. Dell’intellettuale acquistò l’abito mentale, perfino il portamento.
I suoi compagni di lotta ricordano un singolare episodio. Processato nel 1929 a Basilea Insieme a Ruggero Grieco, Giuseppe Bozza, Pietro Secchia e altri, quando il presidente del tribunale gli chiese quale fosse la sua professione, con tutta naturalezza rispose: « Operaio edile». Dato che gli altri Imputati, di aspetto assai meno raccomandabile del suo, piuttosto
sciatti e trasandati, si erano unanimemente qualificati « pubblicisti», i giudici svizzeri non nascosero il loro scetticismo, poco convinti da quelle risposte. Ebbero la chiara impressione, come fecero capire, che si trattasse di operai che cercavano di gabellarsi
per « intellettuali» e, cosa più strana, di un vero intellettuale che per qualche motivo voleva passare per operaio.
Nella Guerra di liberazione
Il 25 luglio del 1943 colse Gigante nel campo di concentramento di Anghiari, internato con altri antifascisti, tra cui numerosi sloveni, Non essendo stati liberati dal governo Badoglio, l’8 settembre gli internati si ribellarono alle guardie di custodia, scalarono i muri di cinta e si dispersero nelle campagne circostanti.
Alla testa di un folto gruppo, Gigante tentò dapprima di spingersi a sud, per raggiungere il fronte e gli eserciti liberatori. L’impresa si dimostrò però impossibile: senza armi, cibo, denaro, il gruppo dovette ritornare sui suoi passi. Attraverso la Romagna, costeggiando l’Adriatico, raggiunse il Veneto e Trieste.
In Istria, Gigante fu tra i primi organizzatori di formazioni partigiane. Combattendo in esse, si spinse in Dalmazia. Con altri, rappresentò il Partito comunista negli incontri politici e militari svoltisi in Jugoslavia per concordare una linea comune di azione nella lotta contro i nazifascisti, accantonando fino al termine della guerra ogni discussione su questioni territoriali (4.4.1944).
Chiamato dal partito a Trieste, alla direzione del movimento comunista della regione, venne presto individuato dalla polizia tedesca come uno dei principali capi della Resistenza. Il 15.11.1944, in seguito alla delazione di un provocatore, fu catturato dalle S.S.. In carcere, resistette stoicamente alla tortura e non si piegò di fronte ai suoi aguzzini.
Si ignorano il luogo, la data e le precise circostanze della sua morte. Si ritiene fondatamente che, come Luigi Frausin e altri patrioti, sia stato ucciso nella famigerata Risiera di San Saba.
( C.Fa.) sta per ( On. Carlo Farini. Volontario delle Brigate Internazionali in Spagna. comandante delle Brigate Garibaldi della Liguria e menbro del Triunvirato Insurrezionale Ligure. Menbro del Consiglio nazionale dell’ANPI[ 1971 n.dr.] )
La città di Brindisi, nel rendere solenni onoranze alla sua memoria, gli ha dedicato una lapide con epigrafe dettata da Concetto Marchesi: « Antonio Vincenzo Gigante —operaio organizzatore partigiano — medaglia d’oro — caduto a Trieste nel novembre 1944 — nella galera fra le torture — con la morte testimoniò ai carnefici fascisti —
la indomabile forza — e la certa vittoria del popolo lavoratore — l’Amministrazione democratica e popolare — del Comune di Brindisi — al glorioso concittadino in ricordo di tanto eroismo — 7 dicembre 1952 .
Da: Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza vol 2: D-G. – Milano : La Pietra, 1971.
Vincenzo Gigante, secondo gli ultimi studi fu catturato a Trieste il 22 settembre del ’44 in un appartamento in via Pacinotti n.5.