Prampolini, Giuseppe Mario

antifascista organizzatore confinato

fu Giovanni e di Maranese Clementina, n. a Nantes (Francia) il 17 novembre 1841, res. a Brindisi, vedovo con due figli, ingegnere, pensionato del Genio civile, comunista.

Arrestato il 30 novembre 1926 in esecuzione dell’ordinanza della CP per propaganda sovversiva.

Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Lecce con ord. del 30 novembre 1926 e liberato il 10 dicembre, a seguito della sospensione dell’esecuzione del provvedimento di confino disposta dal ministero a causa delle precarie condizioni di salute, della tarda età (86 anni) e della quasi cecità.
La C di A con ord. del 15 gennaio 1927 accolse il ricorso e revocò il provvedimento.

Periodo trascorso in carcere; giorni 11.

Nel 1894 si trasferì per lavoro a Venezia dove si fece notare subito per essersi messo in contatto con i massimi esponenti socialisti della città, per cui l’anno successivo fu posto in disponibilità dal ministero dei Lavori Pubblici per riduzione del personale.

Nel novembre 1904 si stabilì a Brindisi e in breve tempo divenne uno dei più attivi propagandisti delle idee socialiste rivoluzionarie e un’instancabile organizzatore delle masse; fu inoltre segretario della locale Camera del lavoro e nell’ottobre 1913 fu candidato socialista nelle elezioni politiche.

L’anno successivo, allo scoppio della prima guerra mondiale, tenne dei pubblici comizi a favore della neutralità dell’Italia e quando nel 1915 anche essa entrò in guerra, il Prampolini si dimostrò un attivo disfattista recandosi in molti comuni della provincia di Lecce per svolgere attiva propaganda
e avvicinare alcuni militari sovversivi della zona.

Nel 1917 tu membro della direzione nazionale dei partito socialista, carica che mantenne fino all’agosto 1918. Dopo l’armistizio, nel novembre 1919, tenne ancora nei comuni della provincia di Brindisi numerosi comizi nei quali attaccava violentemente il governo, la borghesia e coloro che avevano voluto la guerra e prese inoltre parte a molti congressi socialisti tenutisi non solo in Puglia, ma in tutta l’Italia.

Nella notte del 29 giugno 1920 istigò armato i soldati a non partire per Valona (Albania) e per tale reato tu denunziato all’autorità giudiziaria. Sempre nel 1920 divenne convinto assertore dei principi comunisti che cercò con tutti i mezzi di inculcare nelle masse.

Nelle elezioni politiche del 1921 e del 1924 fu infatti candidato nelle liste del partito comunista e assieme ai giovani compagni Domenico Conchiglia, calzolaio, e Teodoro Ostuni, meccanico, riuscì a formare a Brindisi una sezione giovanile comunista.

(b. 823, cc. 28, 1926-1927).

[Massara 1991]

 

Prampolini Giuseppe. Nacque nel 1842 a Nantes da Giovanni e Clementina Maranesi. Le prime notizie precise relative alla sua partecipazione alla vita del movimento operaio italiano risalgono al 1894 allorché, trasferitosi a Venezia, entrò in contatto con C. Monticelli  ed altri,
divenendo un socio influente del locale Fascio dei lavoratori. Già internazionalista, ebbe un ruolo di spicco nella resistenza dei socialisti veneziani alle repressioni crispine e partecipò al congresso regionale di Venezia del 21 giugno 1896. Delegato un mese dopo anche al congresso
nazionale di Firenze, fondò una sezione femminile e svolse una proficua opera di direzione del partito a Venezia, conquistando numerose adesioni specie tra i ferrovieri e i tipografi. Alla sua iniziativa si dovette il numero unico Il Grido dei poveri, subito sequestrato. Alle elezioni del
1897 fu senza successo candidato a Brindisi, raccogliendo 405 voti; in quella occasione svolse in Puglia un giro di propaganda a favore dei combattenti per Creta. Dopo aver partecipato come rappresentante Veneziano al congresso regionale di Treviso (25 luglio 1897) e a quello  nazionale di Bologna (18-20 settembre 1897), subì persecuzioni e arresti nel 1898. Candidato alle elezioni provinciali del luglio 1899, due anni dopo j;u costretto ad espatriare, imbarcandosi da Genova per l’Australia: visse per alcuni anni, lavorando come impiegato del genio civile, a Sidney, dove si iscrisse all’International socialist club, e vi fondò il primo settimanale in lingua italiana, Uniamoci, organo « di un gruppo di emigrati italiani di tendenze radicali che avevano trovato temporaneo rifugio in Australia ». Dalle colonne dell’Uniamoci, combatté una battaglia democratica per contribuire a dare una coscienza politica ai lavoratori italiani (minatori, artigiani, contadini) e per spingerli a federarsi in una « società generale » con il compito di lottare contro lo sfruttamento e le tendenze xenofobe che emergevano nei periodi di crisi. Sull’onda della depressione economica il Labour party australiano fu sospinto al potere e
P., che pure aveva sostenuto la necessità di una svolta, avvertì i limiti di questo movimento tradeunionisrico, privo di una visione internazionalistica. Con la partenza dì P. l’Uniamoci chiuse i battenti e la collettività italiana perdette cosi ama voce ed un punto di riferimento politico.
Al suo ritorno in patria nel novembre del 1904 si stabili a Brindisi, dove già vivevano la moglie e i tre figli, e che fu a partire da quel momento il teatro della sua vira politica. Figura tra le « più romantiche » del socialismo salentino, instancabile organizzatore di scioperi, più volte denunciato e non sempre senza conseguenze per la sua libertà, P. fu a lungo segretario della Camera del lavoro di Brindisi, fondata nel 1904; unica per tutta la Terra d’Otranto. In tale veste fu alla testa di numerose agitazioni, tra le quali un imporrante sciopero di muratori, che condusse mostrandosi flessibile sul terreno delle rivendicazioni, ma durissimo sul nocciolo politico delle trattative, cioè sul riconoscimento della lega come organo di collocamento e come giudice sulla ammissibilità del reclutamento di lavoratori forestieri. Contrariamente a quanto avviene per il gruppo dirigente salentino che privilegiava le « avanguardie » operaie
(edili, portuali, arsenalotti), si dedicò all’organizzazione di leghe nel Brindisino rifiutando accordi con i partiti « operai » di matrice borghese. Promotore con F. Assennato  della campagna antitripolina, che peraltro dette nella zona risultati insoddisfacenti, P. manifestò propensioni anarcosindacaliste e si attirò da parte del riformista V.M. Stampacchia l’accusa di disprezzare il « lavoro minuto » e la « via parlamentare ». Pur essendo effettivamente in contrasto con la sezione socialista per le sue posizioni contrarie ai « blocchi popolari », nel luglio 1910 fu eletto consigliere e assessore comunale nella amministrazione « bloccarda » e nel 1913, riaccostatosi al partito insieme ad altri compagni « rivoluzionari » come E. Sangiorgio  e Andriani, fu candidato alle elezioni politiche nella sua città: al termine di una campagna elettorale caratterizzata da una serie di intimidazioni chiaramente volte a provocarne l’insuccesso (fu anche arrestato, nel corso di uno sciopero degli scaricatori del porto), P. rimase nettamente battuto, pur avendo raccolto il miglior risultato tra i candidati socialisti, con quasi 2.500 voti.

Al congresso di Ancona dei 1914 fu eletto membro della direzione del PSI e poco dopo promosse a Brindisi uno sciopero generale per i fatti di Ancona. Rieletto consigliere comunale nelle amministrative del 1914, dopo lo scoppio del conflitto mondiale fu tra i più decisi sostenitori della neutralità dell’Italia, animando numerose manifestazioni contro la disoccupazione, il carovita e la guerra. Nel gennaio 1916  fu arrestato sotto l’accusa di avere «indebitamente » procurato a diversi lavoratori  i’esonero dal servizio militare e scontò 7 mesi di carcere preventivo, prima di essere assolto per non aver commesso il fatto. Nel dopoguerra passò al PCI subito dopo la sua fondazione: si vuole che aderisse alla frazione astensionista bordighiana, ma al congresso di Bologna del 1919, al quale fu delegato dalle sezioni di Francavilla Fontana e di Oria, i suoi voti andarono all’odg Serrati. Candidato comunista alle elezioni del maggio 1921, venne in questi anni diradando sempre più l’impegno politico:
vecchio e ormai quasi cieco, dopo le leggi eccezionali fu condannato a 5 anni di confino, ma poi prosciolto in considerazione dell’età avanzata e infine, nel 1929, radiato dallo schedario dei « sovversivi» perché ritenuto non più « pericoloso » per il regime. Ciò nonostante continuò a
mantencre contati con i più giovani compagni impegnati nella lotta clandestina, i quali a loro volta — stando alle fonti di polizia — si rivolgevano a lui per averne consiglio. Morì quasi centenario a Genova il 6 febbraio 1938. (F. Crassi)

 

 

 

[fonti e bibliografia: ACS (e Arch. di Stato di Lecce), CPC, ad nomen (alcune notizie si trovano anche nel fascicolo intestato al suo omonimo G.P., nato a Novellara il 16 marzo 1864, socialista e dal  1924 comunista, vissuto a Genova, ove morì il 24 ottobre 1924); Pedone, ad indicem; M. Gilson e J. Zubbrzychi, The Foreignc language press in Australia, Camberra; F. Grassi, il tramonto dell’età giolittiana nel Salento. Bari. 1973, ad indicem; Grassi, Un socialista tra l’Italia e l’Australia, in Affari sociali internazionali, n. 1, 1973; C.G. Donno, Legislazione sociale e organizzazione dei lavoratori in Terra d’Otranto, in MOS, a. XXII, 1976, n. 3, pp. 215-245.]

 

 

Cfr. Franco Andreucci , Tommaso Detti Il movimento operaio italiano Dizionario biografico 1853-1943 IV  Editori Riuniti 1978

 


Fonti:

[Confinati politici] Archivio centrale dello Stato, Confinati politici
[Massara 1991] Il popolo al confino - La persecuzione fascista in Puglia